4
ducato di Normandia, la quale in quell’epoca stessa compiva la
conquista dell’Inghilterra. Inteso a consolidare con ogni mezzo la
sua nuova creazione, il primo re normanno sentì presto il bisogno di
legiferare: grande era, come dirà poi egli stesso, la “varietas
populorum nostro regno subiectorum”
1
, e altrettanto grande la
varietà dei diritti. La legislazione bizantina, la longobarda, la
musulmana, a cui poi s’era aggiunto il diritto franco dei
conquistatori stessi, si mischiavano disordinatamente ai diritti
locali, le consuetudines loci, moltiplicatesi soprattutto a causa di
questa confusa varieta’ di legislazioni, la cui conseguenza più
immediata era la incertezza del diritto.
I riflessi politici di tale instabile situazione, potevano essere gravi
per la nuova compagine creata da Ruggero II, e ad essi volle
ovviare il monarca, pubblicando nel 1140 un piccolo codice, detto
1
Francesco Calasso - Medio evo del diritto – pag. 440
5
comunemente delle Assise. Con questa parola solevano designarsi i
parlamenti dello Stato feudale, ai quali partecipavano, oltre ai
signori feudali, i grandi ecclesiastici e i rappresentanti delle città:
per deduzione, Assise si sarebbero dette anche le leggi promulgate
in questi parlamenti: sembra infatti che Ruggero II abbia colto
l’occasione di un Parlamento generale ( o Curia ) celebratosi in
Ariano di Puglia in quell’anno, per pubblicare le sue leggi. Si usa il
termine pubblicare per lasciare intendere con esso, come le suddette
leggi venissero in quell’occasione annunciate e rese note, e non
certo fatte oggetto di alcuna pubblica discussione, perché non
sembra che nello Stato normanno, fortemente accentrato, potesse
trovar posto un’assemblea che discutesse la volontà del sovrano.
Delle sue norme, alcune erano state composte direttamente dal
sovrano, ed altre, che preesistevano, semplicemente promulgate.
Queste ultime sono infatti nella maggior parte frammenti o
6
rimaneggiamenti di costituzioni del codice di Giustiniano, con
intercalati pochi passi del Digesto.
Nel suo complesso, il diritto delle Assise è diritto generale del
Regno, valido cioè per tutti i sudditi: e questo è un passo importante
sulla via della unificazione legislativa, verso la quale i Normanni
tendevano come a una meta di valore altamente politico. Questo
diritto generale lasciava peraltro sopravvivere i diritti preesistenti,
purché non contenessero norme in contrasto con esso.
7
CAPITOLO I
LA FIGURA DI FEDERICO II “LEGISLATORE”
La sua idea di uno Stato forte e accentratore ed il modello
formativo dei Cesari.
Spentasi senza eredi maschi la dinastia normanna, successe la
sveva: a questa, e in particolare al suo rappresentante più
importante, che con la sua potente personalità riempie la scena della
vita politica italiana per quasi tutta la prima metà del Duecento,
Federico II, è dovuta la più importante opera legislativa di cui il
Regnum Siciliae sia stato dotato negli otto secoli della sua storia.
Protagonista di una “via nuova” Federico II traccia un linguaggio
politico ancora oggi vivo e palpitante attraverso i fondamenti
8
giuridici delle sue “Costituzioni”, vero magma di interessi che
avviano fermenti nuovi in tutti i campi.
2
Un tempo magico, quello federiciano, per tutto il meridione,
interessato a trasformare la preesistente società feudale ed
assimilare quegli elementi più moderni dettati dal nuovo,
compattato e rafforzato potere imperiale.
L’ascesa al trono di Federico II apre una parentesi nuova nella
storia della società feudale preesistente.
Federico, cresciuto in un arricchimento culturale che spaziava nel
suo regno meridionale in un crogiuolo di civiltà, quali l’arabo-
sicula, la greca, l’italiana, la normanna e la tedesca, sentì sempre
viva la ricerca creativa. Questa naturale costante del suo carattere,
sommata alle molteplici esperienze vissute sin da adolescente nei
2
Carmine de Leo, “L’Amministrazione Giudiziaria nelle Costituzioni di Federico II di Svevia”, pag.25
9
vari campi culturali, si concretizzò in seguito in una viva
propensione per il diritto.
La personalità poliedrica dell’imperatore non poteva certamente
rifuggire, fra i suoi svariati interessi, il campo del diritto; settore
fondamentale per la gestione del regno, che figurava, attraverso un
equilibrio di poteri ed una azione egualitaria, la presenza costante
della stessa curia imperiale pure mediante la più periferica delle
magistrature del regno svevo.
La gestione di uno Stato forte e accentratore presupponeva in primis
una efficace macchina amministrativa e burocratica, la cui presenza
doveva essere capillare e funzionale in tutti i territori della nazione,
anche quelli più periferici.
Le direttive della corte sveva vengono attivate in tutte le branche
della pubblica amministrazione; fra i vari settori della presenza
statale quello dell’organizzazione giudiziaria acquista
10
un’importanza particolare in quanto costituisce una occasione
privilegiata per affermare con maggior credito la presenza
dell’imperatore stesso, attraverso i suoi giudici e l’equità delle
leggi, anche nelle contrade più sperdute del regno.
Nell’ambito di questa strategia, l’imperatore ebbe modo, più volte,
nell’esercizio del suo potere, di promulgare importanti leggi e
decreti indirizzati verso un senso più moderno del diritto, inteso
come tutela egualitaria di tutti i cittadini, garantita da strumenti
normativi in vigore in ogni parte del regno.
Garanti di questa certezza giuridica non potevano essere che delle
leggi scritte, raccolte in un corpo organico unitario, che desse
concretezza all’applicazione uniforme delle norme in tutto il
territorio soggetto all’imperatore, senza dispersione di procedure e
pene comminate o dettate dalle tradizioni e consuetudini locali,
molte volte finalizzate ad avvantaggiare e permettere i soprusi dei
11
feudatari e dei signorotti di provincia. Fervida, dunque, fu l’attività
legislativa di questo sovrano, che aveva un concetto altissimo della
propria maiestas
3
; concetto che gli derivava dal sentirsi l’ultimo
depositario di quella grande eredità spirituale che avevano lasciato
dietro di sé i più grandi imperatori romani.
Come legislatore ebbe la possibilità d’accostarsi effettivamente ai
Cesari, al di là degli onori dell’ufficio: laddove non poteva certo
compararsi a loro per fatti d’armi. Ma nell’ agire spirituale e
materiale ( la formula dei Cesari era arma et leges) doveva
avvicinarsi a quelli come nessun altro principe cristiano d’occidente
prima di lui.
Tre furono gli imperatori romani su cui parve talora modellarsi:
Giustiniano, Augusto e Cesare.
3
Francesco Calasso, “Medio evo del diritto”, pag.441
12
Giustiniano, “ministro del Signore” in quanto raccoglitore del
diritto romano, e come tale santo anche per Dante, fu logicamente il
modello di Federico legislatore. Subito dopo la pace col papa,
Federico si rivolse a unificare le leggi siciliane, e le costituzioni
pubblicate a Melfi costituirono il risultato d’un lungo e attivissimo
lavoro della gran corte imperiale.
La raccolta, una sorta di corpus di diritto pubblico e amministrativo,
constava in parte di leggi normanne, in parte di decreti rilasciati
dall’imperatore nei primi anni di regno, e infine di un gran numero
di leggi nuove che, con l’aggiunta di altre promulgate in seguito,
furono riunite in un tutto dall’imperatore e dai suoi collaboratori.
Questa grande codificazione, la prima dopo Giustiniano e l’unica in
tutto il medioevo, riscosse l’ammirazione del mondo intero e fu
glossata dai dotti; ed essendo durata in vigore per tutto un secolo, la
13
sua influenza sulla formazione del diritto degli stati assoluti
d’Europa è tutt’altro che trascurabile.
4
Il desiderio di emulare Giustiniano non risiede tanto nel fatto in sé
della raccolta - benché anche questo abbia il suo peso -, quanto
nell’aspetto formale di quest’opera sbalorditiva.
Cosi come il Digesto anche il codice dello Staufen si apre con un
elenco magnificamente fastoso:
IMPERATOR FRIDERICUS SECUNDUS
ROMANORUM CAESAR SEMPER AUGUSTUS
ITALICUS SICULUS HIEROSOLYMITANUS ARELATENSIS
FELIX VICTOR AC TRIUMPHATOR
4
Ernst Kantorowicz, “Federico II imperatore”, pag.208
14
Lo stile dell’intestazione non importa tanto per l’orgoglioso sentirsi
pari a Giustiniano legislatore, quanto perché Federico II vuole
esprimere l’importanza di sé e dell’opera propria, anche se il corpus
non doveva servire all’impero romano, bensì soltanto al regno di
Sicilia.
5
Accanto a Giustiniano, imperatore del diritto, servì come modello a
Federico II l’imperatore della pace, Augusto: sotto il suo imperare
si ebbe la “pienezza dei tempi”, e, per la prima volta l’aurea aetas
della pace.
Sotto quest’imperatore, contemporaneo di Cristo, s’era compiuto
l’ordine del mondo, poiché Augusto dava a ciascuno il suo, onde
sotto di lui regnava la pace.
Rinnovare la pax augustea e l’ordine divino del mondo, fu da
Federico II riguardata come missione propria; poiché se
5
Ernst Kantorowicz, “Federico II imperatore”, pag.208
15
quell’ordine divino fosse stato ripristinato, anche il suo tempo
sarebbe stato “compiuto”, e la pax e la iustitia – unico senso dello
stato terreno – sarebbero tornate sulla terra come già con Augusto.
6
Giustiniano, l’imperatore del diritto, e Augusto l’imperatore della
pace, furono i modelli di Federico; pax et iustitia la formula più
volte, e variamente, ripetuta: quella che racchiudeva il significato
dello stato terreno. E codesta diade penetra tutto il corpus iuris
siciliano, il cui primo e più importante libro è diviso, dopo i decreti
introduttivi, in due parti ben distinte: la prima – che tocca la
tranquillità pubblica – riguardante la pax, la seconda – che
stabilisce l’ordinamento del diritto – la iustitia.
Il codice stesso fu poi chiamato dall’imperatore Liber augustalis, e
pur essendo stato reso noto nel Settembre 1231, fu datato dal mese
di Agosto.
6
Ernst Kantorowicz, “Op.cit.”, pag.209
16
Se Giustiniano ed Augusto furono dunque per Federico II la
personificazione e il simbolo d’un certo modo di reggere lo stato,
della giustizia e della pace, si sente però in lui anche l’influenza di
Cesare, il ritratto umano del dominatore.
Diritto, ordine, umanità erano dunque per Federico II simboleggiati
dalle figure dei tre Cesari; in questo trinomio si esaurisce anche il
suo senso dello stato.
7
Il codice siciliano, il Liber augustalis dell’imperatore, ci insegna a
conoscere le forze che determinano la situazione statale; e queste
forze che stanno alla base dello stato, anche se se ne parla
nell’involuto stile scolastico-giuridico del tempo, sono tanto più
importanti in quanto creano il primo stato puramente laico, che
contribuirà a rinfocolare maggiormente la letale avversione del
papato.