5
L’introduzione e la diffusione delle reti telematiche,
delle quali Internet è l’emblema, viene segnalata dagli
studiosi di scienze sociali come la transizione ad una
nuova era. Il termine stesso di “transizione” indica l’idea
di un passaggio tra un prima e un dopo, tra una visione
politica, sociale ed economica riconoscibile nella (e per
mezzo della) tradizione ed un riassetto che può solo
essere rilevato, esaltato o paventato, ma non definito in
tutti i suoi aspetti. Quando l’era di Internet avrà assunto
un contorno definito e saranno nette le sue implicazioni
di ordine socio-politico, allora la transizione sarà
terminata e l’era tecnologica avrà una sua tradizione.
6
È questo il motivo per cui questo lavoro propone più
dubbi che certezze, si sforza di approfondire delle
problematiche alle quali non riesce a fornire una risposta
precisa, piuttosto che formulare proposizioni definitive e
suffragate da evidenza empirica. La stessa definizione
del campo di ricerca è complessa: le reti telematiche si
inscrivono nell’ambito della rivoluzione informatica
degli ultimi due decenni ma le implicazioni sociali e
politiche che portano con sé hanno una radice ancora più
antica e risalgono al dibattito sulla società
postindustriale
1
, al postmodernismo
2
, ed a tutti quegli
ambiti di ricerca che recano il segno del “dopo”, del
superamento: fine della storia
3
, fine del lavoro e della
proprietà
4
, fine dello stato-nazione
5
, fine del senso del
corpo e dello spazio
6
, fine del senso del tempo
7
. La
1
Cfr., A. Touraine, La società post industriale, il Mulino, Bologna, 1970.
2
Cfr. J.F. Lyotard, La condizione postmoderna, Feltrinelli, Milano 1986.
3
Cfr. Fukuyama, La fine della storia. L’ultimo uomo, Rizzoli, Milano, 1992.
4
Cfr. J. Rifkin, La fine del lavoro, Baldini & Castoldi, Milano, 1997; id., L’era dell’accesso, Mondadori,
Milano 2000.
5
Cfr. Z. Bauman, Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Laterza, Bari-Roma 1999.
6
Cfr. J. Meyrowitz, Oltre senso del luogo, Baskerville, Bologna, 1995.
7
Cfr. G. O. Longo, Nel mare dell’iper-letteratura si sente solo un anonimo brusio, in Telèma, 17/18,
anno V, estate/autunno 1999, pp. 49-52; “Democrazia e Diritto”, fascicolo monografico Spaziotempo, n.4,
1996.
7
società contemporanea sembra definirsi in absentia di
alcuni concetti e problematiche cardine dell’epoca
moderna ma non sembra aver trovato un linguaggio del
tutto nuovo per “parlarsi”.
Sotto quest’aspetto la metafora della navigazione
8
risulta la migliore definizione dell’era segnata dalle reti
telematiche. Si procede attraverso i porti costruiti dalla
società moderna senza trovare un approdo definitivo in
alcuno di essi. Il senso del vagare implicito nella
navigazione segnala precisamente la difficoltà a trovare
una definizione dopo il superamento delle istituzioni
8
Proprio sulle metafore utilizzate per descrivere Internet e la realtà virtuale si depositano le differenti
posizioni degli studiosi sulla natura del nuovo mezzo telematico, se, cioè, si tratti di una inedita
dimensione percettiva del tempo e dello spazio oppure di una versione informatica di un bisogno
“immaginifico” caratteristico della specie umana e variamente soddisfatto nella storia. T. Maldonado,
che, in Italia, è il più scettico tra gli sudiosi sulla cosiddetta “rivoluzione” informatica, a proposito della
navigazione, sostiene che essa non possa essere considerata una novità assoluta e che si tratti più
semplicemente di un “costrutto virtuale” diverso rispetto ad altri costrutti elaborati in epoche passate
mediante la strumentazione tecnica a disposizione: “Notoriamente, il concetto di navigazione, un’efficace
metafora di carattere marittimo, viene attualmente usato soprattutto per descrivere la deambulazione
all’interno delle realtà virtuali modellate dal computer. Credo, tuttavia, che adoperarla anche nel campo
delle realtà virtuali create con tecniche tradizionali può gettare luce sul rapporto di continuità tra le due
specie di realtà virtuali. Ovverosia, tra il virtuale pre-informatico e quello informatico. È stato spesso
rilevato dagli storici dell’arte[…], dagli psicologi dell’arte […] nonché dagli psicologi e dagli studiosi
della visione […] che il comportamento percettivo di un osservatore dinanzi a una immagine figurativa,
di qualunque tipo essa sia, consiste in un incessante andirivieni in superficie e in profondità, un continuo
inseguire i più svariati richiami all’attenzione e curiosità dell’osservatore, insomma una sorta di
navigazione. Una navigazione, certo, debole, in quanto non è, sensu stricto, né interattiva né immersiva.
Ma comunque una navigazione”. T. Maldonado, Possiamo vivere in un sogno ma alla fine dobbiamo
svegliarci, in Telèma, 16, primavera 1999.
8
tradizionali (stato-nazione, sfera politica, famiglia)
9
. Ma
segnala anche un mutamento profondo verificatosi nella
sfera dei rapporti umani. La distanza tra i soggetti non è
più misurata dai corpi e dai rapporti tra individui come
accadeva in epoca pre-moderna. Il processo di
costruzione dello stato moderno ha costretto il potere
centralizzato ad unificare lo spazio sottoposto alla sua
guida diretta ed a cancellare le categorie e le distanze
locali che il potere statuale non poteva controllare
10
.
Modernizzazione significò anche rendere il mondo
accogliente ai fini dell’amministrazione dello stato e,
contemporaneamente, renderlo leggibile razionalmente
(attraverso le mappe e la pianificazione urbanistica) e
perciò controllabile. È in questo contesto di sollecitazioni
culturali che J. Bentham ha elaborato la metafora del
Panopticon, la costruzione ideale, razionalmente
strutturata, che consentisse ai detentori del potere di
9
Cfr. A. Giddens, Il mondo che cambia. Come la globalizzazione ridisegna la nostra vita, il Mulino,
Bologna, 1999; il sociologo inglese offre una panoramica dei mutamenti intervenuti in tali istituzioni.
10
Cfr. Z. Bauman, op. cit., p. 35.
9
osservare e ai sorvegliati di non accorgersi di essere
osservati. Le banche dati elettroniche e le reti telematiche
hanno rinnovato l’efficacia della metafora del
Panopticon ma in direzioni opposte. C’è chi sostiene che
le banche dati rappresentino la riproposizione del
Panopticon in chiave moderna
11
ma ci sono anche
studiosi che individuano nelle reti telematiche un
sostanziale rovesciamento delle finalità del Panopticon:
mentre questo aveva la funzione di assicurare che
nessuno evadesse dallo spazio vigilato, le reti vigilano
affinché nessun intruso possa entrarvi senza essere
ammesso
12
. Ed è proprio questo ambito della riflessione
socio-politica contemporanea ad avere la rilevanza
maggiore e a suscitare perplessità sulla acclamata (da
molti studiosi) “democrazia” delle reti. La rete telematica
è un elemento di unificazione, di uniformizzazione o crea
nuovi steccati tra i soggetti? È un medium interattivo “a
11
Cfr. M. Poster, citato in Z. Bauman, op. cit., p. 57.
12
Cfr. Z. Bauman, op. cit., p. 58.
10
due sensi” oppure “a senso unico”, aperto, cioè, alla
comunicazione all’interno dell’elite globale escludendo
gli altri?
13
Siamo, insomma, nell’alveo delle questioni
legate tradizionalmente alla politica (democrazia,
uguaglianza, rappresentanza) e le “autostrade
informatiche”, lungi dall’essere semplicemente la nuova
frontiera tecnologica della comunicazione, rappresentano
il catalizzatore di fermenti culturali legati ad una
ristrutturazione della sfera sociale e politica.
In questo lavoro cercheremo di presentare e di
articolare alcune delle implicazioni politiche delle reti
telematiche. Le forme di intervento e di organizzazione
politica rese possibili dalle reti telematiche costituiscono
il tema del quarto capitolo. Prima di arrivare ad
analizzarle, infatti, ci è parso opportuno proporre una
panoramica del dibattito tuttora in corso sulla
“democraticità” della rete e mostrare il nesso che
intercorre tra innovazione tecnologica e rinnovamento
11
della politica (capitolo primo). La spazio collettivo
nuovo aperto dalle reti è variamente denominato
ciberspazio o realtà virtuale: ma, posto che non si tratta
di un luogo “reale” con una sua geografia fisica, in che
cosa consiste e come può assumere un’accezione
latamente politica (capitolo secondo). Nel terzo capitolo
esamineremo le specifiche modalità comunicative
espletate attraverso il computer nel tentativo di mostrare
quali occasioni queste possano fornire per
un’aggregazione ed una mobilitazione attorno a
problematiche politiche. Nell’ultimo capitolo ci è
sembrato importante fornire una descrizione, sebbene
sommaria, del contesto globalizzato all’interno del quale
le nuove prospettive offerte dalle reti telematiche si
insinuano fornendo di senso ad un’apparente paradosso:
come mai alla riconosciuta disaffezione verso la politica
(tradizionale) mostrata nei paesi industrializzati si
affianca una mobilitazione crescente nello spazio
13
Cfr. Z. Bauman, op. cit., p. 60.
12
“irreale” creato dalle reti. La risposta va individuata nella
complessa relazione che intercorre tra globalizzazione e
localizzazione, tra distanza e prossimità.
CAPITOLO I
LA DEMOCRAZIA IN RETE
14
FINE DELLA STORIA?
Uno degli elementi che ha maggiormente caratterizzato il
dibattito politico degli Anni '90 è stato l'illusione della "fine della
storia"
1
. La scomparsa dell'alterità sovietica al sistema socio-
politico-economico occidentale è stata osservata da taluni studiosi
come la fine della dialettica storica, il termine di un meccanismo
implacabile che, favorendo il confronto (spesso lo scontro) tra due
concezioni diverse della vita sociale e politica, ha garantito la
prosecuzione della dinamica storica.
Il dato rilevante del "crollo del muro" del 1989 è stato
l'impatto che la visione di quelle macerie ha avuto sui media e sul
linguaggio rendendoli incapaci di pronunciarsi chiaramente sulla
"diversità". L'U.R.S.S. ha costituito il polo dialettico di fronte al
1
F. Fukuyama, La fine della storia. L'ultimo uomo, Rizzoli, Milano, 1992.
15
quale il sistema occidentale ed il suo linguaggio politico trovava
la sua identità, fondava la sua necessità storica.
Con la dissoluzione del blocco sovietico, il linguaggio politico
ha dovuto tornare a riflettere su sé stesso, a cercare e a rifondare i
capisaldi teorici della sua legittimità. Sono così emerse le
contraddizioni interne all'Occidente e quelle relative al suo
rapporto con i paesi cosiddetti "in via di sviluppo" o
"sottosviluppati", in definitiva si è aperto un immenso spazio
problematico che esigeva una rinnovata attività teorica. Sotto
quest'aspetto, il 1989, ben lungi dal costituire il momento iniziale
di un processo di omologazione mondiale al sistema occidentale,
ha rappresentato la ripresa di un pensiero progettuale che ha
trovato vigore nel confronto con la cultura politica occidentale.
Dall'ecologia
2
alla nuova frontiera telematica, il "genere" (anche
letterario)
3
dell'Utopia ha ritrovato uno spazio per dispiegarsi.
2
Cfr. E. Goldsmith, La grande inversione, Franco Muzzio editore, Padova, 1992; Devall-Session,
Ecologia profonda, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1989.
3
Il riferimento è a quella narrativa "futuristica" in cui l'interazione uomo-macchina non solo emerge a
livello tematico ma anche ad un livello linguistico-espressivo, come nel romanzo di U. Eco Il Pendolo di
Foucault (1988), ma si pensi anche a tutta la produzione narrativa cosiddetta "pulp". Per una breve ma
esauriente introduzione a quest'argomento cfr. M. Sinibaldi, Pulp, Donzelli, Roma, 1996.
16
È bene chiarire che col termine "utopia" non intendiamo
l'oggetto di un'ispirazione ideale non suscettibile di realizzazione
pratica bensì la ripresa di un pensiero teorico radicalmente "altro"
rispetto al sistema socio-politico occidentale: utopia intesa più
come genere letterario piuttosto che come ideale perseguito da un
movimento dalle precise coordinate politiche.
Paradossalmente, la conclamata "fine della storia" ci
risospinge verso una costruzione politica nuova, ideale solo
perché una determinata Cultura (quella occidentale) ci ha abituati
a considerare eterne le categorie di pensiero tradizionali.
Senza dubbio le innovazioni compiute nell'ambito della
tecnologia hanno influito fortemente nel campo della politica più
di altre innovazioni apportate in settori di ricerca differenti. Ciò
che ha reso così irresistibile l'ascesa della tecnologia informatica
negli ultimi due decenni è stata l'intuizione che il computer
potesse venire progettato a misura d'uomo, cioè creando
un'interfaccia uomo-computer che consentisse l'utilizzo della
17
macchina mediante dei gesti piuttosto che attraverso complicati
codici di programmazione.
4
Questa fondamentale intuizione non ha trovato solo
un'applicazione nella ricerca sulla realtà virtuale. La creazione di
un linguaggio simbolico che attraverso un'immagine suggerisse
l'operazione da svolgere è il fulcro della rivoluzione attuatasi col
sistema operativo ideato da Steve Jobs nel 1984 per il computer
Macintosh di Apple che ha introdotto le ormai ben note “finestre”
sullo schermo. L'icona rappresenta figurativamente l'azione ed il
cursore mosso dal mouse (che riproduce il movimento del braccio
sul monitor) sceglie quale sia l'azione da compiere. Il clic, il
particolare suono emesso dal mouse, scandisce il ritmo delle
operazioni effettuate al computer ed il neologismo cliccare
rappresenta il gesto unico che ci consente di dialogare con la
macchina.
4
"I funzionamenti interni della maggior parte dei computer sono accessibili soltanto agli esperti di codici
di comunicazione noti come linguaggi di programmazione. Una domanda fondamentale si impose ad uni
sparuto gruppo di persone una quarantina d'anni fa: invece di addestrare la gente a comprendere i
linguaggi segreti dei calcolatori, perché non progettare calcolatori capaci di comunicare con la gente
senza bisogno di linguaggi segreti? I personal computer e i simulatori personali sono entrambi risposte
potenziali a quella domanda." ( H. Rheingold, La realtà virtuale, Baskerville, Bologna, 1993, p. 90).