stato in gran parte ispirato dall’amore e dal profondo interesse che ho sempre nutrito
per questo paese.
La prima volta che ho visitato la Russia è stato qualche anno fa, in occasione di uno
scambio interuniversitario tra la mia Università e il MGIMO di Mosca. A primo
impatto ho subito notato come la moderna Russia si sia sempre più
“occidentalizzata”, malgrado le inevitabili difficoltà che sono sorte dalla caduta del
sistema comunista in poi.
Per capire queste difficoltà e giungere alle mie conclusioni mi propongo qui di
iniziare un’analisi storica, e procedere in seguito con quella politologica, analizzando
più nello specifico la politica estera russa e le sue ripercussioni mondiali nei rapporti
con gli Stati Uniti.
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Capitolo I
L’Unione Sovietica nell’analisi storica
della politica estera fino a Gorbacëv
La Russia: un diverso universo
Si racconta in un simpatico aneddoto russo che un ebreo moscovita che viveva a Tel
Aviv, poiché aveva raccontato di non avere fratelli all’estero si giustificò per aver
ricevuto la lettera di un suo fratello dalla Russia dicendo: “Voi non capite! E’ lui che
è in patria! Io sono all’estero.”.
L’aneddoto è significativamente efficace nel chiarire il forte senso di appartenenza e
di distacco dal mondo esterno che i russi hanno sempre provato. Questo, secondo
alcuni autori, è dovuto, anche ed in parte, al fatto che si trova in uno spazio
geografico ampio e marginale, molto esteso ma in qualche modo logisticamente
esclusivo. Il clima è un’altra ragione che, in qualche modo, ha contribuito a fare della
storia russa una specie di capitolo “a parte”, separato sia dall’Occidente europeo che
dall’Oriente cinese.
Ma non dimentichiamo che a questo va aggiunta la separazione ideologica che ha
contrapposto per molti decenni il blocco dei paesi occidentali al blocco dei paesi
sovietici.
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Questo mio lavoro si concentra in particolare su un periodo che va dalla fine della II
Guerra mondiale ed arriva quasi ai giorni nostri. Per motivi di correttezza
storiografica tralascerò le analisi troppo recenti che non mi concedono una visione
allargata e comprensiva di tutti i fatti.
La Russia sovietica: dagli albori al declino
Com’è noto, la storia della Russia sovietica ha inizio con la famosa Rivoluzione
d’Ottobre del 1917. Da allora l’istituzione primigenia di una Repubblica Federale
Socialista Sovietica Russa
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, avvenuta nel 1918, si è trasformata in seguito, il 30
dicembre del 1922 nella più nota Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche o
URSS quale federazione delle repubbliche russa, ucraina, bielorussa e
transcaucasica. Questo nuovo stato aveva naturalmente perso, a causa degli eventi
bellici della prima guerra mondiale, gran parte di quei possedimenti che erano stati
dell’Impero dei Romanov
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, ma nonostante tutto rimaneva sempre un vastissimo
paese.
2
La RSFSR, ovvero in lingua russa “Rossijskaija Sovetskaija Federativnaija Socialističeskaija
Respublica”. N.V. Riasanovsky, op. cit., Parte VI, pag. 550
3
Il nuovo stato aveva perso la Finlandia, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, i territori polacchi,
l’Ucraina, la Bielorussia, la Bessarabia e la regione di Kars-Ardahan, N.V. Riasanovsky, op. cit., pag.
540.
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1.1. La politica estera sovietica negli anni Venti
Nel 1918 Trockij divenne commissario alla Guerra e Georgij Čičerin prese il suo
posto come Commissario degli Affari Esteri fino al 1930.
Ma a causa della cagionevole salute di Čičerin in pratica fu il suo successore Maksim
Litvinov a svolgere l’incarico sin dal 1928. Il controllo vero della politica estera,
però, fu sempre esercitato sotto lo stretto controllo di Lenin, di Stalin e del
politbjuro. Tuttavia Čičerin ottenne, durante il suo mandato, il riconoscimento
dell’Unione Sovietica dal punto di vista internazionale e affermò la posizione di
questo nuovo stato nel mondo. L’Unione Sovietica sosteneva la posizione della
Terza Internazionale, il cosiddetto Komintern, formato dai partiti comunisti di tutto il
mondo, costituito nel 1919 sotto la presidenza di Zinov’ev e si rifiutava di pagare i
debiti zaristi o di indennizzare gli stranieri per le proprietà confiscate, anzi chiese
delle riparazioni sostanziose per l’intervento alleato. Moltissimi stati erano sospettosi
ed ostili all’Unione Sovietica anche a causa di queste sue posizioni.
L’URSS tentò di rompere l’isolamento partecipando nel 1922 per la prima volta ad
una conferenza economica internazionale a Genova, anche se questa non fu
particolarmente rilevante. I rappresentanti sovietici però colsero l’occasione di
concludere un accordo con la Germania: il Trattato di Rapallo del 16 aprile del 1922,
che prevedeva una cooperazione economica tra le due. La Gran Bretagna riconobbe
l’URSS nel 1924 ed in seguito anche l’Italia, la Francia, l’Austria, la Svezia, la
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Norvegia, la Danimarca, la Grecia, il Messico e la Cina la riconobbero entro la fine
dello stesso anno. Nel 1925, a fine della contesa tra URSS e Giappone causata
dall’occupazione di una parte dell’isola di Sachalin da parte russa, si instaurarono
nuovamente rapporti normali tra i due paesi. Tutti questi riconoscimenti furono delle
azioni il cui intento era prendere atto politicamente del regime bolscevico, fino ad
allora volontariamente ignorato e visto come una minaccia rivoluzionaria alle porte
dell’Europa, e, possibilmente, migliorare i rapporti commerciali con un gigante come
l’URSS. Lungi da ciò, il sospetto e l’ostilità da parte di molti stati permanevano. Di
questo è testimonianza il fatto che sia gli Stati Uniti, che gran parte dei paesi slavi
dell’Europa Orientale, continuarono a rifiutarsi di riconoscere il nuovo regime russo.
Ma ciò non toglie che l’abile azione di Čičerin inserì a pieno titolo l’Unione
Sovietica nella comunità diplomatica delle nazioni.
Sempre in questo periodo si colloca un altro caso significativo: il rapporto con la
Cina. Stalin decise di sostenere il Kuo Min Tang
4
, inviando centinaia di esperti
militari a dar man forte al movimento nazionalista cinese. Per qualche tempo la
manovra dell’infiltrazione funzionò e l’URSS godette di altissimo prestigio in Cina.
Ma nel 1927 Chiang Kai-shek, ormai convinto della vittoria, si scagliò contro i
comunisti espellendo i consiglieri sovietici e massacrando i restanti a Shangai. Fu
organizzata da mano russa una ribellione a Canton, che fu presto soffocata nel
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Il movimento nazionalista cinese guidato da Sun Yat-sen ed in seguito dal suo successore Chaing
Kai-shek, G. De Rosa, Il Novecento, pagg. 341-342.
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sangue. Tuttavia rimase in mano all’Unione Sovietica il controllo sulla Mongolia
esterna ed alla fine degli anni venti si conclusero trattati di amicizia e neutralità con
la Turchia, l’Afghanistan e la Persia
5
.
1.2. La politica estera sovietica negli anni Trenta
Naturalmente la politica ambiziosa del nuovo regime muoveva con attenzione i suoi
primi passi nella comunità internazionale. Dal 1930 al 1939 fu commissario agli
Affari Esteri Maxim Litvinov, il quale, sotto la guida di Stalin si occupò di realizzare
più strette alleanze con i suoi vicini europei: è infatti di questo periodo l’adesione
alla Società delle Nazioni, che allora era vista come il centro nevralgico
dell’imperialismo militante della Gran Bretagna e della Francia. Fu un periodo in cui
da Mosca si sperò in un prossimo scontro tra la potenza degli Stati Uniti e la Gran
Bretagna. In tali circostanze l’aggressione giapponese alla Cina del 1931 e l’ascesa al
potere di Hitler in Germania nel 1933 furono due duri colpi. Il governo moscovita fu
lento ad intuire e valutare i concreti pericoli che si stavano sviluppando in seno alla
nazione tedesca, e non appena se ne avvide, la dirigenza bolscevica si scagliò
aspramente in campagne denigratorie contro il “nemico fascista”, mobilitando i
partiti comunisti di tutto il mondo e facendo ricorso a mezzi diplomatici ortodossi.
Da qui lo strano avvicinamento alle potenze occidentali che si riconvertirono in
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Il regime bolscevico rinunciò alle concessioni ed ai diritti speciali che gli zar avevano ottenuto in
alcuni paesi asiatici come la Cina e la Persia, ma mantenne il possesso della Ferrovia della Cina
orientale, questione per la quale nel 1929 si avrà ancora un conflitto con Pechino, G. De Rosa, op. cit.,
pagg. 342-343.
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alleati, nonché l’amicizia ritrovata col vicino Chiang Kai-shek. Questi rapporti non si
basavano certo sulla fiducia né sulla comprensione, bensì sulla mera utilità. Le
conseguenze non si fecero aspettare dal momento in cui nel 1938 e nel 1939 si
crearono le condizioni dello scoppio della seconda guerra mondiale.
Già negli anni precedenti anzi, nel 1929 per la precisione, si sfruttò l’occasione
offerta dalla firma del patto Kellog-Briand, che metteva fuori legge la guerra, per
produrre il protocollo Litvinov, in forza del quale il patto veniva applicato su base
regionale. Polonia, Romania, Lettonia, Estonia, Lituania, Turchia, Persia e la città
libera di Danzica si dimostrarono disponibili a sottoscrivere il protocollo con
l’Unione Sovietica. Nel 1932, l’URSS concluse trattati di non aggressione con la
Polonia, l’Estonia, la Lettonia e la Finlandia, oltre che con la Francia. Nel 1933 gli
Stati Uniti riconobbero l’URSS ottenendo in cambio da Mosca la promessa non
rispettata di rinunciare alla propaganda comunista in America. Nel 1934 i patti di non
aggressione si trasformarono in accordi decennali e si aggiunsero dei trattati con la
Cecoslovacchia e la Romania
6
. Sempre nel 1934 si ebbe l’adesione alla Società delle
Nazioni. L’anno successivo fu dedicato alla costruzione di alleanze militari con la
Cecoslovacchia
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e la Francia che prevedevano clausole di mutuo soccorso nel caso di
invasione da parte di uno stato non europeo. Significativo è il fatto che né la Polonia
6
L’instaurazione di rapporti diplomatici con questo paese segnò la temporanea rassegnazione per la
perdita del territorio della Bessarabia, N.V. Riasanovsky, op. cit., pag. 581.
7
Il trattato sovietico-cecoslovacco prevedeva l’obbligo di aiutare la Cecoslovacchia solo qualora
anche la Francia, la quale aveva già concluso un accordo con Praga, corresse a darle man forte, N.V.
Riasanovsky, op. cit., pag. 581.
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né la Romania si dimostrarono disposte a concedere che l’Armata Rossa
attraversasse i propri territori per prestare questo soccorso.
In questo stesso anno, l’URSS vendette la sua cointeressenza di maggioranza nella
Ferrovia della Cina Orientale al Manciukuò
8
, per dileguare una grossa causa di
conflitti, ma i rapporti con il Giappone rimasero ugualmente tesi. Tra il 1938 e il
1939, si ebbero scontri frequenti tra truppe nipponiche e sovietiche nelle zone della
Manciuria e della Mongolia, anche se l’Armata Rossa ne uscì spesso vincitrice.
Sempre nel 1935 la Terza Internazionale, ridimensionata ormai come forza della
rivoluzione, proclamò durante il suo settimo congresso la nuova politica dei fronti
popolari
9
.
In sede di Società delle Nazioni si chiesero aspre sanzioni verso gli Stati che
portavano avanti politiche contro la pace e l’ordine internazionale, ma come ben
sappiamo, l’Italia in quegli stessi anni portò a termine l’occupazione dell’Etiopia
senza che alcun provvedimento potesse arrestare le sue mire. Il Giappone continuò
imperterrito la sua invasione con le forze di terra in Asia. Nel 1936 in Spagna
scoppiò la guerra civile, sotto gli occhi di tutta l’Europa, senza che nessuno Stato
intervenisse ufficialmente per limitare le forze fasciste: mentre truppe tedesche ed
italiane accorrevano a rafforzare la rivolta, si formò un nuovo governo sotto gli
auspici di un regime filo-fascista. Soltanto dalla Russia furono inviate alcune truppe
8
Lo stato marionetta creato da Tokyo in Manciuria, N.V. Riasanovsky, op. cit., pag. 582.
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I partiti comunisti, secondo questa nuova linea, erano chiamati a collaborare nei rispettivi Paesi con
altri gruppi politici interessati a fermare la minaccia nazi-fascista, ed era fatto loro obbligo di
sostenere il riarmo.
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a sostegno del governo legale
10
.
Nel 1936, la Germania ed il Giappone firmarono il patto anti-Komintern, rivolto
appositamente contro Mosca. L’Italia si aggiunse al patto nel 1937 e la Spagna nel
1939. Come se ciò non bastasse il Fürer pensò bene in quell’anno di rimilitarizzare la
Renania, e nel marzo del 1938 annesse l’Austria al Terzo Reich, facendo così a
brandelli il Trattato di Versailles. Il culmine della politica di conciliazione
(appeasement), venne raggiunto nel 1938 quando a Monaco di Baviera, le guardiane
d’Europa, Gran Bretagna e Francia capitolarono di fronte alla pretesa nazista di
annettere la regione dei Sudeti
11
, allora appartenente alla Cecoslovacchia.
Chamberlain e Deladier, allora ministri degli esteri delle due nazioni si incontrarono
con Hitler e Mussolini a Monaco per siglare un accomodamento. A questo incontro
non furono convocati affatto i rappresentanti sovietici. L’URSS era rimasta pertanto
spettatrice di questa condizione e Praga era stata costretta a chinare il capo di fronte
al tradimento delle grandi potenze. Dopo Monaco l’alleanza franco-sovietica perse di
credibilità e l’URSS si venne a trovare in uno stato di pericoloso isolamento. Hitler
intanto progettava la scalata alla vetta del mondo e nel 1939 liquidò completamente
la questione cecoslovacca annettendo Boemia, Moravia e Slovacchia come
protettorati tedeschi. Quindi si avventò contro la Polonia, esigendo la cessione di
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Indagini compiute da Cattel provano la serietà dell’intervento russo in Spagna. La guerra civile ebbe
esito fortunato per il generale Franco e si concluse nella primavera del 1939. N.V. Riasanovsky, op.
cit., pag. 582.
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Questa regione era in larga misura tedesca sotto il profilo etnico. N.V. Riasanovsky, op. cit., pag.
583.
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