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1) POLITICA ESTERA
1.1 INTRODUZIONE
Un elemento da considerare in via preliminare, consiste nel fatto che il Regno Unito è un “global
player” in virtù dei numerosi ruoli rivestiti a livello internazionale (all’interno del Commonwealth,
del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, del G 8 e di altre organizzazioni internazionali) anche se non
ricopre più il ruolo che ricopriva in passato.
La connotazione della politica estera inglese comincia infatti a mostrare segni di
cambiamento proprio a partire dal secondo dopoguerra, quando l’Inghilterra è stata costretta ad
affrontare la crisi della sua rilevanza internazionale e a governare la liquidazione del suo impero. In
politica estera è stato proprio questo il principale problema affrontato da tutti i governi del Regno
Unito.
Contemporaneamente sul vecchio continente si andava sviluppando l’idea di Europa, una
novità assoluta e per certi versi inaspettata, con la quale Londra ha dovuto confrontarsi. Ciò
modificava lo scenario di riferimento e produceva inevitabilmente dei cambiamenti nelle relazioni
politiche tra la Gran Bretagna e i Paesi continentali
A questo punto la posizione che andrà assumendo la politica estera inglese sarà diversa.
Sebbene storicamente incentrata sulla teoria dei tre cerchi ultimamente la linea fondamentale della
politica estera inglese si caratterizza per il fatto di avere una proiezione prevalentemente bifocale
che guarda con un occhio interessato verso le iniziative dell’Europa e con un altro altrettanto
attento verso le azioni intraprese dagli USA.
Ai fini di comprendere la politica estera dei governi laburisti di Tony Blair è opportuno
ripercorrere le tendenze di fondo della politica estera inglese dopo la seconda guerra mondiale.
Come è stato notato le priorità del passato restano le priorità del governo laburista attuale, il quale
non ha abbandonato l’idea classica del Regno Unito quale grande Paese post-imperiale. Con il
termine post-imperiale si intende l’abbandono della concezione di impero ma l’assunzione delle
responsabilità storiche conseguenti alla sua precedente esistenza. Londra infatti dispone ancora di
armi nucleari, interessi globali con responsabilità come membro permanente del Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Uniti e come Paese leader del Commonwealth. Questo è un aspetto di
rilevanza cruciale che non va mai dimenticato e che, più avanti, ci permetterà di comprendere
alcuni atteggiamenti di politica estera dei governi Blair.
Prima di passare all’analisi della politica estera dei governi Blair è però opportuno
ripercorrere brevemente i principali avvenimenti storici successivi alla seconda guerra mondiale.
4
1.2 QUADRO STORICO DOPO LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Il declino della potenza inglese fu reso evidente dalla seconda guerra mondiale ma era già
iniziato da circa mezzo secolo prima. Infatti, sin dalla fondazione dell’Impero tedesco ad opera del
Bismark, il ruolo di Londra quale fulcro dell’equilibrio europeo era stato messo in discussione. Alla
fine della seconda guerra mondiale risulta evidente che l’Inghilterra e tutta l’Europa occidentale era
ridotta in una situazione di completa dipendenza dagli Stati Uniti, sia per quanto riguarda l’aspetto
della ricostruzione economica sia per quanto concerne il settore della sicurezza nazionale. Quindi,
la repentina riduzione dell’influenza britannica nello scacchiere mondiale era parte del più generale
declino dell’Europa quale attore sullo scenario politico internazionale
1
.
Nella corsa elettorale del ’45 due erano gli schieramenti che si fronteggiavano sulla scena
politica domestica. Da una parte si ergeva la figura carismatica di Churchill, appoggiato dai
conservatori, secondo i quali il Regno Unito avrebbe dovuto mantenere i suoi interessi esteri in
tutta la loro ampiezza
2
. Dall’altro lato vi era la posizione di chi si richiamava alla vecchia
tradizione di un pacifico ordine mondiale e che richiedeva migliori condizioni di vita per i cittadini
britannici. I conservatori vennero sconfitti perché la condizione economica e la paura del futuro
non incoraggiava più gli atteggiamenti del governo Churchill. Quindi il partito laburista di Clement
Attlee risultò, sorprendentemente, vincitore alle elezioni nel luglio 1945 e modificò le priorità della
politica inglese ridimensionando le ambizioni della politica estera e coloniale a favore del
risanamento economico e del rinnovamento sociale interno
3
.
Nel valutare questo mutamento di atteggiamento occorre considerare motivazioni di ordine
economico e politico. Con riferimento al primo aspetto giova ricordare che, date le spese di una
lunghissima e costosissima guerra, l’Inghilterra fu finanziariamente insolvente per la prima volta
nella sua storia moderna
4
. Come scrive Paul Kennedy
5
“quando il governo laburista entrò in carica
nel luglio 1945, uno dei primi documenti che dovette leggere fu il terrificante memorandum di
Keynes sulla “Dunkerque finanziaria” che il Paese si trovava ad affrontare: il suo colossale
disavanzo commerciale, la sua indebolita base industriale, il suo enorme apparato coloniale
1
Sul punto, per tutti, F.S. Northedge, Descent from Power, British Foreign Policy 1945-1973, London, George Allen
& Unwin Ltd., 1974, pagg.18 ss.
2
Come Churchill stesso ebbe ad affermare nel 1942, non aveva accettato di essere Primo Ministro per gestire la
liquidazione dell’Impero.
3
La giustificazione teorica a questo cambiamento di linea politica è rinvenibile nella teoria di Lord Beveridge sul
“prezzo della pace” in base alla quale alla conclusione della guerra per il mantenimento della pace, guadagnata con la
vittoria, occorreva pagare un costo. Nel caso del Regno Unito consisteva nell’accettazione di una situazione egemonica
modificata ed una situazione economica diversa da quella di inizio guerra. Sull’argomento vedi, tra gli altri, A. Rizzo,
La fine dell’impero e il declino della Gran Bretagna, in Affari Esteri, n. 116, 1997, pagg. 762 ss.
4
Sul punto, ampiamente, F.S. Northedge, Descent from power, cit., pag. 38.
5
Paul Kennedy, Ascesa e declino delle grandi potenze, Garzanti, Milano, 1989, pag. 504.
5
rendevano disperatamente necessari gli aiuti americani. Per quanto concerne il secondo aspetto
l’opinione di molti parlamentari laburisti era che il sistema delle relazioni internazionali basato
sulle sfere di influenza e sul bilanciamento dei poteri e la rivalità tra Stati aveva condotto al
disastro. Conseguentemente l’opinione dominante era orientata verso un atteggiamento di tipo
cooperativo che sarebbe stato favorito attraverso la mediazione delle organizzazioni internazionali
6
.
In questo momento l’Inghilterra ha, apparentemente, ancora in piedi l’Impero che possedeva
prima dell’inizio della guerra. Geograficamente gli interessi inglesi abbracciano diverse regioni del
mondo
7
. In particolare, sin dal diciottesimo secolo, risultava strategicamente molto rilevante la
posizione detenuta nell’area conosciuta come Medio Oriente. All’inizio l’interesse inglese era
prevalentemente commerciale: preservare la regione come ponte verso i domini del Lontano
Oriente. Questo interesse risultò ancor più accentuato in seguito all’apertura del canale di Suez,
avvenuta nel 1896. Successivamente la rilevanza strategica della regione fu ribadita dalla
accresciuta importanza delle risorse petrolifere (disseminate lungo tutta l’area) come fonte di
approvvigionamento delle industrie occidentali.
Questi interessi avrebbero dovuto rappresentare validi motivi affinché Londra continuasse
con la sua politica imperialista. In realtà, come le elezioni del ’45 avevano dimostrato, la situazione
creatasi con la fine della seconda guerra mondiale non era favorevole alla continuazione di una
politica di potenza.
In questo contesto si spiega l’addio britannico alla maggioranza delle colonie possedute
prima dello scoppio della seconda guerra mondiale. Particolare eco ebbe l’addio all’India che
costituì un evento storico - politico di importanza cruciale. La situazione di questo grande Stato è
per certi aspetti emblematica perché è la testimonianza di un tipo di colonialismo che ha lasciato
una eredità – in termini istituzionali e di civiltà politica – di cui si possono notare ancora oggi i
segni anche in molte altre ex-colonie. Non a caso l’India, a 50 anni dall’indipendenza e nonostante
una molteplicità di problemi interni, può essere definita una nazione democratica. L’episodio
dell’India rappresenta solo il primo passo di un processo che è passato attraverso varie fasi, ma il
denominatore comune di questi episodi risulta essere l’affievolimento della politica imperiale
inglese.
6
L’osservazione è di Sean Greenwood, Britain and the cold war 1945 – 91,Basingstoke, 2000,pag. 13.
7
Nel 1945 il Regno Unito era ancora un impero che abbracciava un quarto della popolazione mondiale e copriva un
quarto della sua superficie terrestre, estendendosi sopra tutti i continenti ed includente popolazioni di varie razze e
lingue. L’impero britannico inoltre si estendeva oltre i territori direttamente governati da Londra: includeva dozzine di
protettorati e Stati semi indipendenti come l’Egitto, sfere di interesse e influenza nelle quali esercitava un controllo
dominante, trattati commerciali con porti formalmente sotto la sovranità di altri Stati, affitti e diritti di concessione in
tutto il mondo. Così F.S. Northedge, Descent from power, cit., pag. 205. Cfr. Paul Kennedy, Ascesa e declino delle
grandi potenze, cit., pagg. .321 ss. Secondo il quale vi erano anche altri indici della forza britannica quali i massicci
potenziamenti della Royal Navy, la rete senza precedenti di basi navali e di stazioni per cavi sottomarini su tutto il
globo, i servizi finanziari della City di Londra, etc.