5
INTRODUZIONE
Lo Stato di Israele nasce il 15 maggio 1948, dopo trent’anni di mandato britannico, che
permise al Regno Unito di governare la Palestina. Gli Stati Uniti d’America sono fra i suoi
più accesi sostenitori. Oggi, dopo più di sessant’anni, gli Stati Uniti , nonostante i
problemi causati dal rapporto esclusivo con lo Stato ebraico, continuano ad approvare
quasi incondizionatamente le decisioni politiche israeliane, finanziano il suo sviluppo
economico, fornendogli assistenza militare e appoggio diplomatico in guerra e in pace.
Le ragioni che si celano dietro questo sostegno sono molteplici, ed è vasta la letteratura
che tratta questo argomento.
Questa tesi mette a confronto due opere, fra le più esplicative, che approfondiscono i
fattori che condizionano non solo la politica americana verso Israele, ma tutta la politica
estera degli USA in Medio Oriente, mettendo in luce come essa sia volta sempre a favore
dello Stato ebraico. La prima opera è una monografia di John Mearsheimer e Stephen
Walt, intitolata The Israel Lobby and U.S. Foreign Policy; la seconda è invece un saggio dello
studioso israeliano Ilan Pappé, «Clusters of History: U.S. involvement in Palestine
question». Più specificamente, attraverso l’analisi di questi testi, la tesi analizza il potere
della lobby filoisraeliana in America, il più potente gruppo di pressione a sostegno di
Israele, ragione per la quale, secondo molti, i politici statunitensi sono così deferenti
verso lo Stato ebraico. La tesi osserva inoltre i processi storici che hanno portato questo
organismo ad avere una fortissima influenza sulle istituzioni statunitensi, dal Congresso
al Presidente, in modo da condizionare la politica estera americana secondo modalità che
compromettono gli interessi stessi degli Stati Uniti.
Per raggiungere questi obiettivi, la tesi è organizzata in quattro capitoli. Nel capitolo I
traccia inizialmente un profilo degli autori dei testi analizzati e una breve presentazione
di questi ultimi, approfondendoli in ogni parte e chiarendo le posizioni degli autori, in
riferimento alla questione della lobby.
Nel secondo capitolo, attraverso l’analisi dell’opera di Mearsheimer e Walt, è esaminato
lo speciale rapporto che gli Stati Uniti hanno con lo Stato ebraico, sono esposte le
motivazioni che spingono gli USA a un sostegno incondizionato a Israele, a partire da
ragioni di ordine economico, militare e diplomatico, per arrivare a quelle di ordine
strategico e morale. Tutte queste giustificazioni sono confutate con argomenti chiari ed
6
evidenti, che risultano dall’analisi degli eventi stor ici. L’analisi si sposta quindi su un
altro fattore, che sembra essere la causa del supporto americano: la lobby filoisraeliana
che agisce negli USA.
Il capitolo continua con un quadro completo della politica estera americana, per ciò che
riguarda il Medio Oriente, con particolare riferimento alla questione palestinese. Inoltre,
chiarisce la posizione degli USA nei recenti conflitti mediorientali: l’invasione americana
dell’Iraq del marzo 2003, la minaccia proveniente dalla Siria e dall’Iran, la guerra di
Israele contro il Libano del 2006.
Nel terzo capitolo, è analizzato l’articolo di Ilan Pappé, che offre un attento esame di tutti
i fattori storici che hanno avvalorato il potere della lobby. Sono cinque, secondo Pappé,
gli elementi che hanno influenzato la recente politica estera americana e che hanno
permesso alla lobby israeliana di crescere e affermarsi negli USA.
Il capitolo IV offre una selezione ragionata di altri testi che approfondiscono la natura
del rapporto speciale tra USA e Israele. Molto è stato scritto sull’argomento e d esistono
diverse opinioni e tesi che supportano o confutano il ruolo svolto dalla lobby
filoisraeliana; particolare attenzione è data ai testi in lingua araba che danno un quadro
più completo della situazione attuale.
Per quanto riguarda le fonti utilizzate, l’analisi è partita dai testi sopraccitati, ed è stata
ampliata attraverso fonti a stampa, soprattutto riviste e periodici che si occupano
specificamente di affari mediorientali e internazionali, come il Journal of Palestine Studies,
rivista arabo-inglese dell’Istituto di Studi Palestinesi, e Š u’ūn Arabiyya, periodico della
Lega degli Stati Arabi. Ulteriori ricerche sono state svolte attraverso fonti internet,
tramite siti web e blog, che permettono di approfondire gli eventi più recenti.
La stesura di questo elaborato è stata svolta in collaborazione con la professoressa Laura
Guazzone, che ne ha seguito la ricerca e gli sviluppi.
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CAPITOLO 1 - TESTI A CONFRONTO
1.1 GLI AUTORI
Nel marzo 2006 la rivista London Review of Books pubblica un articolo di John Mearsheimer
e Stephen Walt, intitolato «The Israel Lobby», riguardante l’influenza della lobby
filoisraeliana nella politica estera degli Stati Uniti. Nel gennaio dell’anno successivo sulla
rivista Race&Class viene pubblicato un articolo di Ilan Pappé, in cui l’autore cerca di
spiegare l’origine dell’odierna politica americana in Medio Oriente.
Gli autori del primo saggio sono entrambi statunitensi: il primo, John Mearsheimer, è
professore di scienze politiche presso l’università di Chicago, teorico delle relazioni
internazionali, si è specializzato al Centro di Relazioni Internazionali dell’Università di
Harvard. Fra i suoi scritti menzioniamo Conventional Deterrence (1983), Nuclear Deterrence:
Ethics and Strategy (1985), Liddell Hart and the Weight of History (1988), The Tragedy of Great
Power Politics (2001) e un numero rilevante di articoli per le maggiori riviste statunitensi.
Mearsheimer ha assunto una posizione contraria alle politiche di Israele, dalla guerra
contro il Libano nell’estate de l 2006 all’ offensiva israeliana nella Striscia di Gaza del
dicembre 2008.
1
Egli ritiene che l’unico modo per arrivar e alla pace fra Israele e Palestina
è la possibilità di costituire uno Stato palestinese a Gaza e in Cisgiordania. Se ciò non
avverrà, Israele diventerà uno «Stato di Apartheid», con conseguenti danni non solo
verso lo Stato stesso, ma anche per gli Stati Uniti e soprattutto per i Palestinesi.
2
Egli è il
principale promotore di una teoria delle relazioni internazionali, detta «realismo
offensivo», basata sull'idea secondo la quale l'anarchia internazionale obbliga gli stati a
massimizzare il proprio potere relativo ai fini della sopravvivenza. In questo modo, non
esiste uno status quo di potere, poiché «una grande potenza che ha uno spiccato
vantaggio di potere sui suoi rivali, è probabile che si comporti in modo più aggressivo,
perché ha la capacità e l’incentivo per farlo.»
3
1
JOHN J. MEARSHEIMER, “Another War, Another Defeat,” American Conservative, Gennaio 2009.
JOHN J. MEARSHEIMER, “Responses to Gaza,” London Review of Books, Gennaio 2009.
2
JOHN J. MEARSHEIMER, “Saving Israel from Itself,” American Conservative, Maggio 2009.
3
JOHN J. MEARSHEIMER, The Tragedy of Great Power Politics, New York, WW Norton, 2001, p.35.
8
Il coautore, Stephen Walt, è professore di Politica Internazionale presso la John F.
Kennedy School of Government dell’Università di Harvard. Si è laureato in Scienze
Politiche presso l’Università californiana di Berkeley e ha com pletato i suoi studi presso
la Stanford University. Walt modifica l’ipotesi neorealista fondamentale elaborando la
«teoria dell’equilibrio della minaccia»
4
(1987), suggerendo che gli stati realizzano
l’equilibrio contro uno sfidante nascente, che però non è identificato solo in base alla sua
forza materiale, ma anche in base alla minaccia politica che quello Stato può
rappresentare. La minaccia, come la definisce Walt, è una combinazione di potere
aggregato, prossimità geografica, potere offensivo ed intenzioni aggressive. In altri
termini gli stati non si schierano contro le nazioni più potenti, bensì contro quelle più
minacciose, dato che il potere può essere usato in vari modi, non solo per arrecare offesa.
Egli è l’autore di Revolution and War (1996), Taming American Power (2005) e The Origins of
Alliances (1987), che ha ricevuto il premio Edgar S. Furniss National Security Book Award.
L’autore del saggio “Cluster of History: U.S. involvement in Palestine question” è di
diversa formazione. Ilan Pappé è israeliano, nasce a Haifa, nel 1954; si ritrova quindi al
centro delle vicende riguardanti lo Stato d’Israele, poiché i genitori sono ebrei- tedeschi
che sfuggono alle persecuzioni naziste, e lui stesso, all’età di 18 anni fu arruolato nelle
Forza di Difesa Israeliane (FDI). Nel 1984 ha conseguito il dottorato in storia presso l'
Università di Oxford e attualmente è docente di Scienze Sociali e Studi Internazionali
presso l’Università di Exeter, nel Regno Unito; egli dirige il Centro Universitario Europeo
per gli Studi sulla Palestina. Ha insegnato scienze politiche presso l' Università di Haifa
dal 1984 al 2007, anno in cui ha lasciato la nomina, dopo la sua approvazione della
campagna internazionale per il boicottaggio delle università israeliane, che ha portato il
rettore a chiedere le sue dimissioni.
Pappé è uno dei «nuovi storici» di Israele che, nei primi anni Ottanta, dopo la
pubblicazione di documenti riguardanti il governo israeliano e inglese, hanno riscritto la
storia della creazione di Israele nel 1948, e la corrispondente espulsione, o fuga, di
700.000 palestinesi nello stesso anno. Ha scritto che le espulsioni non sono state decise su
4
STEPHEN M. WALT, The origins of alliances, Ithaca, Cornell University Press, 1987.
9
una base ad hoc, come altri storici hanno sostenuto (ad esempio Benny Morris
5
), ma
hanno rappresentato il risultato di una politica di «pulizia etnica» della Palestina , in
conformità con il Piano Dalet , redatto nel 1947 dal futuro leader di Israele, David Ben-
Gurion.
6
Pappé sostiene che la creazione di Israele è la causa della mancanza di pace in
Medio Oriente, affermando che il sionismo è più pericoloso della militanza islamica; è un
sostenitore della soluzione dello Stato unico che prevede un unico Stato per Palestinesi e
Israeliani.
7
Egli è stato un membro di spicco di Hadash (Fronte Democratico per la Pace e
l’Uguaglianza), il Partito politico israeliano di ispirazione comunista. Nel 1999, Pappé
partecipò alle elezioni per la Knesset, il parlamento israeliano, con il Partito comunista.
Dopo anni di attivismo politico, sostiene il boicottaggio economico e politico di Israele,
affermando che la riconciliazione con il popolo palestinese comporta il riconoscimento
da parte dello Stato ebraico dei crimini di guerra e atrocità collettive. Prima di lasciare
Israele nel 2008, era stato condannato dalla Knesset, il ministro della pubblica istruzione
aveva chiesto che fosse licenziato, la sua fotografia era apparsa in un giornale al centro di
un bersaglio e aveva ricevuto diverse minacce di morte. Egli è l'autore di The Ethnic
Cleansing of Palestine (2006), The Modern Middle East (2005), A History of Modern Palestine: One
Land, Two Peoples (2003), e Britain and the Arab-Israeli Conflict (1988).
1.2 THE ISRAEL LOBBY AND U.S. FOREIGN POLICY (LA LOBBY ISRAELIANA E LA POLITICA
ESTERA AMERICANA)
Mearsheimer e Walt pubblicano il loro primo articolo riguardante la lobby filo-israeliana
nel marzo 2006 sulla rivista London Review of Books e contemporaneamente rendono
disponibile su internet, sul sito del Faculty Working Papers della John F.Kennedy School
of Government di Harvard, una versione con tutte le note di documentazione.
8
La
reazione dei lettori fu tale da suscitare un dibattito internazionale e portare
5
ARI SHAVIT, “Survival of the fittest? an interview with Benny Morris” in Ha ’ a r e t z F r i d a y M a g a z i ne , Gennaio
2004.
6
ILAN PAPPÉ, The Ethnic Cleansing of Palestine, Oxford, Oneworld, 2006.
7
ILAN PAPPÉ, “Programma per il movimento dello Stato Unico” , in Ultima Fermata Gaza, Milano, Ponte alle
Grazie, 2010, pp.145-166.
8
JOHN J. MEARSHEIMER AND STEPHEN M. WALT, «The Israel Lobby and U.S. foreign policy»,
http://web.hks.harvard.edu/publications/workingpapers/citation.aspx?PubId=3670, (ultimo accesso
settembre 2011).
10
all’attenzione di un pubblico più vasto l’influenza della lobby. Gli autori decidono allora
di completare la loro opera e l’anno successivo scrivono un libro , The Israel Lobby and U.S.
Foreign Policy
9
(La lobby filo-israeliana e la politica estera americana), che approfondisce il
comportamento degli Stati Uniti verso Israele, permette agli autori di rispondere alle
critiche che avevano precedentemente ricevuto e ampliare l’analisi ai fatti accaduti
successivamente alla pubblicazione del primo articolo, come la guerra del Libano del
luglio 2006.
La tesi sostenuta dai due autori parte dalla descrizione del notevole livello degli aiuti
materiali e diplomatici forniti dagli USA a Israele, affermando che tali aiuti non possono
essere spiegati su un piano strategico né tantomeno morale, ma che sono, invece, il
risultato del potere politico della «Israel Lobby»: un gruppo informale di persone e
organizzazioni che cercano di influenzare la politica americana in modo che lo Stato
ebraico ne tragga beneficio. Molte strategie politiche apparivano inoltre in contrasto con
gli interessi nazionali degli Stati Uniti.
Il saggio è suddiviso in due parti: la parte prima tratta in modo approfondito il rapporto
tra la lobby, gli Stati Uniti e Israele, analizzando il sostegno militare, economico e
politico dello Stato americano verso lo Stato ebraico; la lobby in quanto tale, il suo potere
e le origini di esso, il suo rapporto con le istituzioni e il suo modus operandi. La parte
seconda tratta invece nello specifico il ruolo avuto dalla lobby nella politica estera
americana, con particolare riferimento agli avvenimenti recenti (2001-2006), il rapporto
tra la lobby e i Palestinesi, la guerra in Iraq e il sogno della trasformazione del Medio
Oriente, la minaccia siriana, il difficile rapporto con l’ Iran e la guerra del Libano.
Nell’ultima parte dell’opera, gli autori ipotizzano una soluzione per porre fine al conflitto
israelo - palestinese, cambiando le strategie politiche statunitensi e trattando Israele
come un paese normale: compito, questo, non facile.
Il libro originale, in inglese, è fornito di un consistente apparato di note, che consente al
lettore un’eventuale verifica di ogni argomento a favore della tesi esposta. In Italia è
9
JOHN J. MEARSHEIMER AND STEPHEN M. WALT, The Israel Lobby and U.S. Foreign Policy, New York, Farrar Straus
Giroux, 2007.