Introduzione
Introduzione
Negli anni Novanta il crollo del sistema sovietico ha portato rapidamente a processi di
integrazione e disintegrazione internazionale. Nel 1990 la Germania viene riunificata, nel
1991 si disintegra il blocco commerciale comunista (Comecon), seguito dalla stessa Unione
Sovietica; lo stesso anno si dissolve il Patto di Varsavia, esplode sanguinosamente la
federazione Jugoslava e nel 1993 si scioglie pacificamente quella Ceco-Slovacca. Pertanto,
con la crisi dell’Unione Sovietica e la fine dell’area di controllo sovietico in Europa Orientale,
la Germania torna ad essere il centro di una vasta Europa continentale e i Paesi compresi tra la
Germania e la Russia si rivolgono verso occidente per ritrovare linee di crescita e di sicurezza
interrotte per un lungo periodo. Nel versante occidentale del continente, infatti, si assisteva
all’affermarsi della Comunità europea che, abbandonando progressivamente la fase di
coalizione di Paesi usciti sconfitti o fortemente ridimensionati dalla guerra mondiale e
bisognosi di proteggersi a vicenda per ricostruire le proprie economie, mirava a rafforzare il
proprio ruolo nello scenario mondiale e a stabilire condizioni tali da garantirsi un futuro
prospero all’interno e all’esterno dei propri confini.
Venuti meno gli ostacoli politici che fino ad allora avevano impedito qualsiasi tipo di
relazione commerciale tra i due versanti, si avvia un processo di riavvicinamento tra l’Unione
e i Paesi dell’Europa Centro Orientale (PECO), attraverso una serie progressiva di accordi
bilaterali e di strumenti finanziari volti a ricostruire, prima, e a potenziare, poi, i rapporti
economici e politici all’interno dell’area europea.
Il presente lavoro, articolato in tre capitoli, cercherà di ricostruire le tappe attraverso le
quali si sono sviluppate le relazioni esterne dell’Unione europea con i Paesi limitrofi, in
particolare con quelli dell’Est, sia in prospettiva di una futura adesione sia in termini di “buon
vicinato”.
Si analizzerà come tramite l’estensione delle sue regole e dei suoi principi ai nuovi
membri e ai nuovi “vicini”, l’Unione europea si prefigge di rafforzare la pace, la democrazia,
la stabilità e soprattutto la prosperità economica in tutto il continente. Se, da un lato, le
relazioni esterne dell’Unione sono volte allo sviluppo di processi democratici e alla
promozione delle strutture integrative di cooperazione economica e politica che la stessa UE
ha adottato per le proprie politiche interne e che propone ai Paesi terzi come strategia per
conseguire stabilità e prosperità, dall’altro intendono inoltre potenziare i rapporti commerciali
I
Introduzione
con i partner per abolire possibili ostacoli agli scambi di merci e capitali e rafforzare
l’integrazione economica europea all’interno dell’area.
Nel I Capitolo, di carattere storico politico, si ripercorrono i diversi stadi caratterizzanti
il processo di integrazione europea, che ha visto protagonisti prima sei Paesi, poi 12, e
successivamente 15 fino ad arrivare al quarto, ultimo fino ad oggi, allargamento a 27 Paesi.
Dopo aver accennato in maniera generale alla storia dell’integrazione europea, dal primo
Trattato di Roma del 1957 costituente la CECA alla firma dell’accordo istituente una
Costituzione per l’Europa del 2004, vengono messi in rilievo soprattutto le trasformazioni
causate dallo storico crollo del Muro di Berlino del 1989. In particolare, si vuole analizzare la
maniera in cui si vengono a creare i rapporti, prima di interesse politico poi anche di interesse
commerciale, tra la Comunità Europea e i Paesi dell’Est, in considerazione soprattutto dei
cambiamenti anche a livello geo-politico cha hanno caratterizzato l’area europea dai primi
anni Novanta.
Vedremo come la Comunità europea intervenga attraverso l’avvio di un processo di
aiuto alla democratizzazione e alla ricostruzione economica dei Paesi uscenti dal regime
comunista, iter che si trasformerà, per i Paesi che riescono ad allinearsi con i principi e le
politiche europee, in un vero e proprio processo di preparazione all’adesione. Vengono
delineate, pertanto, le caratteristiche del processo di allargamento attraverso tutti i passaggi
che i Paesi “candidati” devono affrontare per diventare membri che ha portato 12 PECO ad
entrare nell’Unione tra gli anni 2005-2007. Si tratta di un allargamento ben diverso dai
precedenti le cui conseguenze hanno ovviamente avuto un grande impatto da tutti i punti di
vista, economico, sociale, politico e territoriale.
Il II Capitolo intende entrare nel vivo del processo di adesione, attraverso l’analisi degli
strumenti finanziari che hanno preparato i dodici Paesi candidati al loro ingresso nell’Unione.
Si procede con l’introduzione alle caratteristiche del bilancio europeo, soffermandoci
soprattutto sulle Prospettive Finanziarie pluriennali che costituiscono la base della
progettazione finanziaria dell’UE per un periodo di sette anni ed analizzando, in particolare, le
Prospettive Finanziarie adottate per il periodo riguardante l’allargamento, Agenda 2000.
Come meglio illustreremo, insieme a tale documento vengono adottati non solo i dati
finanziari cui fare riferimento per il periodo 2000-2006, ma anche una serie di modifiche che
interessano diversi settori delle politiche europee; nel capitolo vengono analizzate le politiche
interne ed esterne dell’Unione che mirano al conseguimento di un allargamento ai Paesi del
Centro-Est europeo senza troppe ripercussioni.
II
Introduzione
Vengono apportate modifiche sia agli strumenti finanziari destinati ai Paesi confinanti
con l’Unione, sia a quelli operanti all’interno della strategia di pre-adesione. Se da un lato,
infatti, è necessario sostenere in maniera più efficiente i futuri Paesi membri, è altrettanto
necessario garantire che le nuove frontiere successive all’allargamento non diventino un
pericolo per la stabilità raggiunta dai Paesi Membri fino a quel momento.
Con Agenda 2000 si assiste pertanto alla creazione dei programmi Sapard e Ispa volti
all’assistenza, rispettivamente, nel settore agricolo e in quello delle infrastrutture per i Paesi
aderenti, e al potenziamento dello strumento Tacis per le relazioni esterne con i “nuovi” Paesi
confinanti.
Il III Capitolo mira a rappresentare la situazione attuale dell’Unione Europea in
conseguenza dell’ampliamento a 27 Paesi Membri conclusosi il 1 Gennaio del 2007: partendo
da un’analisi dei cambiamenti apportati da tale evento, si prosegue attraverso il resoconto del
diverso approccio dell’Unione riguardo alle proprie azioni esterne definito nelle ultime
Prospettive Finanziarie per il periodo 2007-2013.
Vedremo infatti come la Commissione europea mantenga come obiettivi primari delle
proprie politiche la stabilità democratica ed economica con i Paesi “vicini” e con i Paesi terzi
in generale, tuttavia non prevedendo necessariamente una futura adesione degli stessi, come
invece è avvenuto negli anni Novanta. L’allargamento non è più considerato come passo
indispensabile per l’integrazione europea dei Paesi partner: si afferma bensì una “politica di
prossimità” che viene implementata, non più attraverso la strategia di preadesione, ma
attraverso accordi di partenariato e cooperazione e soprattutto con degli accordi di libero
scambio, i quali mirano a creare all’interno dei Paesi partner tutti i presupposti necessari ad
una convergenza verso i principi e valori comunitari, senza però prevederne l’adesione.
Con la recente adozione delle nuove Prospettive Finanziarie 2007-2013, vengono
pertanto ad affermarsi nuovi strumenti di cooperazione con i Paesi terzi e particolare
attenzione sarà rivolta al nuovo strumento di assistenza pre-adesione (SAP, IPA in inglese) -
che va a sostituire i precedenti strumenti adottati prima dell’ultimo allargamento - e
all’innovativo strumento europeo di prossimità e partenariato (SEPP, ENPI in inglese).
Infine, il presente lavoro si conclude con un confronto tra la politica esterna adottata
dall’Unione negli anni Novanta e quella che invece sta caratterizzando gli anni correnti, le
caratteristiche dell’approccio dell’Unione verso i Paesi terzi e soprattutto i principi ispiratori
dei propri metodi d’azione.
III
La politica nei confronti dei Paesi dell’Est dopo la caduta del muro di Berlino
Capitolo I
LA POLITICA NEI CONFRONTI DEI PAESI
DELL’EST DOPO LA CADUTA DEL MURO DI
BERLINO
1.1 L'Integrazione europea: cenni storici
Nel 1945, dopo sei anni di sanguinosi conflitti tra le maggiori potenze del mondo che
causarono più di 52 milioni di morti tra Europa, Asia, Africa e Oceania, era necessario
costruire un ordine internazionale stabile e pacifico.
I Paesi europei, protagonisti di due guerre mondiali in 30 anni, erano uniti da uno stesso
sogno che mettesse fine a tali catastrofi: l’integrazione politica. Tale soluzione avrebbe
permesso agli Stati di avviarsi verso un progresso economico e sociale in grado di risolvere i
conflitti internazionali nell’Europa e, quindi, nel mondo.
Tuttavia, la sicurezza dei Paesi europei alla fine della guerra era ancora legata a due
fattori molto importanti: da un lato, la necessità di una pronta ricostruzione economica che
potesse alleviare gli stenti della popolazione; dall'altro, la necessità della difesa dall'Unione
Sovietica che raggiunse l'Est della Germania occupando e sottomettendo la città di Berlino nel
1948.
La porzione centrorientale dell'Europa, occupata dai Sovietici, poneva dunque a serio
rischio i Paesi occidentali; in particolare, dalle sorti della Germania, la quale rappresentava sia
la posta in gioco sia il terreno di confronto dei due fronti, dipendeva l'equilibrio dell'intero
continente.
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La politica nei confronti dei Paesi dell’Est dopo la caduta del muro di Berlino
Era necessario quindi che tra i Paesi europei il desiderio di cooperazione sormontasse
quello della competizione, i singoli potevano fare ben poco agendo in modo unilaterale,
mentre la diplomazia occidentale doveva trovare il modo per risolvere la situazione.
In tale situazione fu fondamentale la figura di Jean Monnet il quale, insieme al Ministro
degli Esteri francese Robert Shumann, sviluppò l'idea di costituire un'autorità sopranazionale
responsabile della gestione e pianificazione delle risorse europee, permettendo così
un'accelerazione della crescita economica. (Dichiarazione di Shumann, 9 Maggio 1950-
"Europe Day").
Da questa iniziativa, sei Paesi quali Francia, Italia, Germania Ovest, Lussemburgo,
Belgio e Paesi Bassi nel 1951 diedero vita alla Comunità Europea del Carbone e
dell'Acciaio (Ceca), dimostrando la volontà di instaurare un mutuo rapporto di lealtà e
fedeltà come primo passo sia per la costruzione dell'ordine politico in Europa, sia per
l'integrazione dei Paesi europei.
Al Trattato costitutivo della Ceca, firmato a Parigi, seguì la conferenza di Messina
(1955) in cui furono tracciate le tappe necessarie per una maggiore integrazione: lo sviluppo
di istituzioni comuni, una progressiva fusione delle economie nazionali, la creazione di un
mercato comune ed una progressiva armonizzazione delle politiche nazionali. Dopo due anni
di negoziati i sei Paesi si ritrovarono a Roma per firmare il Trattato costitutivo di altre 2
Comunità: la Comunità Europea per l'Energia Atomica (Euratom) e la Comunità
Economica Europea (Cee).
L'istituzione della Cee fu un passaggio molto importante per il processo di integrazione
e diede un impulso notevole allo sviluppo e alla modernizzazione economica dei Paesi
europei. Tuttavia, le sue conseguenze sui rapporti non economici tra i diversi Paesi furono
ben minori poiché le politiche estera e di difesa furono escluse dalle materie che la Cee
avrebbe dovuto regolare. Ciononostante, i Paesi europei divennero una "comunità di
sicurezza", vale a dire un insieme di stati indipendenti che non ritengono possibile o
conveniente il ricorso alla forza tra loro, e che, quindi, possono intraprendere sempre più
stretti rapporti sociali ed economici senza temerne le conseguenze, fino ad arrivare -appunto-
all'integrazione.
Mentre i sei Paesi formavano le Comunità Europee, la Gran Bretagna, che in un primo
tempo si disinteressò agli accordi europei privilegiando quelli con Stati Uniti e Canada, iniziò
a riconsiderare le sue relazioni strategiche nel nuovo scenario internazionale in seguito al
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