2
La “Politica Globale Mediterranea” delude i Paesi Terzi del Mediterraneo,
che vedono aumentare il già consistente divario economico che li separa dai
paesi comunitari, senza considerare che i costi sociali di tale politica diventano
insostenibili. La forbice del divario cresce senza sosta creando problemi di
stabilità in una delle aree più a rischio del mondo.
Una cultura profondamente diversa, la struttura economica tipica dei
paesi in via di sviluppo, i flussi migratori che s’intensificano e l’ascesa al
potere di correnti filo-islamiche disposte allo scontro aperto con le democrazie
occidentali, preoccupano la Comunità, fortemente interessata alla stabilità nel
Mediterraneo.
E’ questa situazione critica che induce l’Europa comunitaria, agli inizi
degli anni ‘90, a ripensare e riformulare la propria strategia nel Mediterraneo
inaugurando la “Politica Mediterranea Rinnovata” (PMR). L’obiettivo che la
Comunità intende perseguire attraverso questa PMR non è esclusivamente il
potenziamento degli accordi bilaterali di cooperazione o di associazione già
conclusi, ma anche – ed è questa la novità di rilievo – l’adozione di specifici
progetti di assistenza tecnica e finanziaria, come i programmi MED, con lo
scopo di facilitare lo sviluppo di competenze tecnologiche, economiche e
sociali nei Paesi Terzi del Mediterraneo.
3
Il Consiglio Europeo di Cannes del 26 e 27 giugno 1995, rappresenta una
tappa fondamentale nella costruzione di stabili relazioni con i Paesi Terzi del
Mediterraneo: è in quest’occasione che i partners europei decidono lo
stanziamento di 4,7 miliardi di ECU per la cooperazione finanziaria a favore
di undici Paesi Terzi del Mediterraneo per il periodo 1995-1999. Questi fondi
vanno a sommarsi ai prestiti, per un medesimo ammontare, della Banca
Europea per gli Investimenti ed ai finanziamenti della Banca Mondiale.
Il 27 e 28 novembre 1995, si tiene a Barcellona, in Spagna, la prima
Conferenza Euro-Mediterranea dei Ministri degli Esteri; se fino ad ora la
ricomposizione delle relazioni con i paesi dell’est nati dalla disgregazione del
blocco sovietico, ha posto i rapporti tra Unione Europea e Paesi Terzi del
Mediterraneo in secondo piano, da questo momento il Mediterraneo diventa
per l’Unione Europea una priorità senza precedenti, un obiettivo chiave delle
sue relazioni estere sul quale concentrare ogni sforzo politico, economico e
finanziario.
A Barcellona prende vita un nuovo ed ambizioso progetto: il Partenariato
Euro-Mediterraneo. Per dare concretezza a questa iniziativa, la diplomazia
europea si attiva per trasformare gli ormai obsoleti accordi di cooperazione
degli anni ’70. Il risultato sarà una nuova creatura: gli accordi euro-
4
mediterranei di associazione, in grado di garantire una partecipazione dei paesi
maghrebini più immediata e diretta ai programmi comunitari.
Nel novembre del 1995, a Barcellona, si apre una nuova fase delle
relazioni euro-mediterranee; dalla conferenza dei ministri degli esteri emerge
un punto chiave: l’unico modo per garantire pace, stabilità politica ed
economica, dialogo e sicurezza nell’area mediterranea è la realizzazione di
una zona di libero scambio che abbracci tutto il bacino del Mediterraneo e
l’Unione Europea, un obiettivo questo da raggiungere entro il 2010.
Tenendo continuamente presente questo progetto così ambizioso, l’Unione
Europea propone la realizzazione di un Partenariato Euro-Mediterraneo (PEM)
tra i quindici Stati membri dell’Unione Europea e dodici Paesi partners del
bacino del Mediterraneo (Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Giordania, Gaza,
Israele, Libano, Siria, Turchia, Cipro e Malta). Sempre a Barcellona un
importante passo avanti è fatto in relazione agli aiuti finanziari attraverso
l’istituzione del programma MEDA
1
che trasforma radicalmente il tradizionale
concetto di “aiuto allo sviluppo” attraverso la cooperazione e la diretta
partecipazione dei partners mediterranei, beneficiari di tale sostegno, alla
realizzazione di progetti volti a garantire riforme economiche, apertura
all’economia di mercato, cooperazione sociale, culturale e politica.
1
Regolamento n. 1488/1996 relativo a misure d’accompagnamento finanziarie e tecniche a
sostegno della riforma delle strutture economiche e sociali nel quadro del partenariato
euro-mediterraneo, in GUCE n. L 189 del 30 luglio 1996, p. 1 ss.
5
La seconda Conferenza Euro-Mediterranea dei Ministri degli Esteri si
tiene a Malta il 6 e 7 aprile del 1997. Preso atto dell’avanzamento del
programma lanciato nel ’95 a Barcellona, il documento finale ribadisce con
forza la volontà di creare un’area di prosperità condivisa basata sulla
liberalizzazione degli scambi, le riforme strutturali, il sostegno agli
investimenti privati.
Il 15 e 16 aprile 1999 a Stoccarda, in Germania, la terza Conferenza Euro-
Mediterranea dei Ministri degli Esteri ribadisce la volontà e la necessità di fare
della dichiarazione di Barcellona una Carta Euro-Mediterranea per la Pace e la
Stabilità.
L’ultima Conferenza Euro-Mediterranea dei Ministri degli Esteri
(Marsiglia, 15 e 16 novembre 2000), tenutasi a cinque anni di distanza dal
vertice chiave di Barcellona, testimonia la volontà dei paesi membri
dell’Unione Europea e dei Paesi Terzi del Mediterraneo di dare nuovo slancio
all’euro-partenariato mediante il rafforzamento del Comitato Euro-
Mediterraneo per il processo di Barcellona con l’obiettivo di garantire un
costante impulso nella valutazione delle iniziative intraprese.
Un ruolo fondamentale spetta al dialogo politico, chiave per aprire tutte le
porte, quelle economiche, sociali, finanziarie.
6
Se c’è un insegnamento che possiamo trarre dall’evoluzione delle
relazioni tra Unione Europea e Maghreb nel corso di trent’anni di
collaborazione, è che, in realtà, nel contesto del Mediterraneo si avverte il
bisogno di “un modo comune di pensare”, di un processo di scambi e di
creazione di idee. E’ indispensabile il contatto, il dialogo, la comunicazione,
la conoscenza e la comprensione, in grado di ottimizzare le possibilità di
cooperazione e di minimizzare i rischi di scontri, inevitabili tra paesi
caratterizzati da profonde asimmetrie culturali, economiche, politiche e
religiose.
Nelle relazioni tra paesi, soprattutto così diversi, non sono le armi che
possono procurare la sicurezza; la mutua comprensione, la promozione delle
relazioni economiche, l’assistenza tecnica e finanziaria, gli scambi culturali, la
protezione dell’ambiente comune, sono queste le scelte vincenti, è questo il
“modo comune di pensare”.
L’obiettivo è ambizioso quanto importante: creare una zona di libero
scambio nel Mediterraneo entro il 2010, fare del Mediterraneo una zona di
pace e benessere condiviso.
Ma è veramente possibile, oggi, trasformare il Mediterraneo da mosaico a
regione? Il primo passo è far incontrare culture, religioni, modi di agire e di
7
pensare così diversi e trasformarli in una regione che vive, pensa ed agisce in
modo uniforme.
Di certo è una sfida complessa che richiede impegno continuo, grande
attenzione, partecipazione attiva e costante a tutti i livelli; è un sogno
ambizioso, non privo di ostacoli che impone sacrifici a tutti i partners
comunitari, non solo ai paesi maghrebini. Tanti passi sono stati compiuti dal
Trattato di Roma del 1957, molte sono state scelte vincenti, tanti gli obiettivi
mancati, moltissimi gli sforzi fatti.
La domanda che molti si pongono, alla luce delle scelte condivise con i
paesi maghrebini nel corso di trent’anni di cooperazione, è se oggi il
Mediterraneo è un mare che unisce o che divide, se è possibile creare un ponte
tra l’Africa e l’Europa, tra due sponde così vicine geograficamente eppure così
lontane per cultura, costumi, modelli economici; è questa la domanda che si
pone Bichara Khader, attento studioso delle relazioni tra Occidente e Mondo
Arabo.
2
Il presente lavoro si propone di delineare l’evoluzione delle relazioni euro-
maghrebine dall’indipendenza acquisita dai tre paesi del Nord Africa all’inizio
degli anni ’60 fino ad oggi, partendo dall’esame delle prime forme di
2
KHADER B., Il ponte e il fossato, in Città Nuova, 1989.
8
cooperazione, che coprono il solo settore degli scambi commerciali, fino al
progetto di Euro-Partenariato, inaugurato a Barcellona nel novembre del 1995.
La prima Conferenza Euro-Mediterranea dei ministri degli esteri
(Barcellona 27-28 novembre 1995) punta sulla “istituzionalizzazione” della
cooperazione euro-maghrebina. Realizzare una Zona di Libero Scambio Euro-
Mediterranea che abbracci, entro il 2010, i quindici paesi dell’Unione Europea
e dodici paesi del sud e dell’est del Mediterraneo, è il suo obiettivo più
ambizioso.
Il primo capitolo del lavoro ripercorre l’evoluzione delle relazioni tra i
paesi comunitari e quelli maghrebini, dalle prime forme di cooperazione, che
risalgono agli anni settanta e che non possono ancora essere classificate come
cooperazione in senso stretto – sia perché manca una base giuridica di
riferimento, sia perché improntate su rapporti di tipo coloniale – fino agli anni
’90. Nei venti anni che vanno dal 1970 al 1990, le relazioni euro-maghrebine
crescono senza sosta e, partendo da una comune radice storica, si rafforzano
fino a diventare uno degli assi più importanti delle relazioni estere comunitarie;
se gli accordi del 1969 hanno un contenuto limitato all’aspetto commerciale,
l’inaugurazione della Politica Mediterranea Globale nel 1976, e i nuovi trattati
stipulati nel suo ambito, dimostrano la ferma volontà dei paesi europei di
imprimere una svolta decisiva alle relazioni euro-maghrebine, conferendo loro
9
una connotazione globale. La Politica Mediterranea Rinnovata degli anni ’90, è
frutto di un nuovo modo di concepire il Maghreb ed è in questo contesto che le
tradizionali forme di aiuto allo sviluppo sono sostituite da un nuovo concetto,
quello di cooperazione su un piano paritario in cui ognuna delle parti ha la
possibilità di far sentire la propria voce.
Il secondo capitolo è interamente dedicato alla prima Conferenza Euro-
Mediterranea dei Ministri degli Esteri, tenutasi a Barcellona il 27 e il 28
novembre 1995, proprio perché, la dichiarazione finale adottata a Barcellona ed
il programma di lavoro ad essa annesso, rappresentano il primo passo di una
sfida per trasformare il Mediterraneo da mosaico a regione, e creare entro il
2010 un’area di libero scambio che abbia come fulcro il Mediterraneo e che
coinvolga tutti i quindici paesi dell’Unione Europea e dodici paesi del sud e
dell’est del Mediterraneo. Partendo da questo presupposto, nel secondo
capitolo si analizzano le due forme di cooperazione sviluppate a Barcellona,
quella bilaterale e quella multilaterale o regionale; per poi soffermarsi su
ciascuno dei tre pilastri dell’euro-partenariato, quello politico e di sicurezza,
quello economico e finanziario, quello sociale, culturale ed umano, giungendo
ad un primo bilancio degli obiettivi raggiunti e delle attese mancate.
Nel terzo capitolo è affrontato il tema degli strumenti finanziari di cui la
Comunità si serve, nel corso degli anni, per fornire ai paesi del Maghreb tutta
10
l’assistenza necessaria per favorire la realizzazione dei comuni obiettivi fissati
negli accordi. Passando attraverso quattro generazioni di protocolli finanziari
(1976-1996), i programmi MED (1992-1995), il programma MEDA (1995-
1999) e l’esperienza in corso MEDA II (2000-2006), gli aiuti comunitari
diventano sempre più consistenti senza poi trascurare l’intervento della Banca
Europea per gli Investimenti.
Nei capitoli IV, V e VI sono poste in rilievo le esperienze di cooperazione
sperimentate con ciascuno dei paesi maghrebini (Tunisia, Marocco e Algeria);
per ogni paese è tracciata l’evoluzione dei rapporti con l’Europa comunitaria,
attraverso l’esame delle disposizioni di ciascun accordo stipulato e
focalizzando l’attenzione sugli ultimi trattati, quelli di associazione conclusi tra
il 1995 ed il 1996, inseriti nello spirito di Barcellona.
L’ultimo capitolo, il VII, è incentrato sul progetto condiviso e fortemente
voluto sia dall’Unione Europea, sia dai Paesi Terzi del Mediterraneo: creare
entro il 2010 un’Area di Libero Scambio Euro-Mediterranea che coinvolga tutti
i paesi dell’Unione e non, che si affacciano sul Mediterraneo. Un simile
progetto, porterà alla creazione di una delle aree di libero scambio più grandi
del pianeta. Costruire un’area di libero scambio nel Mediterraneo non è
semplice, perché le scelte da fare sono ancora tante; l’ultimo capitolo è
dedicato proprio al tentativo di illustrare l’evoluzione verso l’Area di Libero
11
Scambio Euro-Mediterranea evidenziando i progressi compiuti, senza
dimenticare gli ostacoli, ancora numerosi, che inducono molti a dubitare della
reale possibilità di rispettare la data del 2010 fissata a Barcellona. La parte
conclusiva del capitolo VII è dedicata all’esame del ruolo che l’Italia riveste
nel processo di Euro-Partenariato inaugurato a Barcellona nel 1995, sia in
funzione di una posizione geografica strategica che la rende “l’avanguardia”
dell’Unione Europea nel Mediterraneo, sia per le relazioni intense che da
sempre la legano ai paesi del Maghreb.
12
C A P I T O L O I
La politica di partenariato dell’UE con i paesi del
Maghreb: evoluzione e prospettive.
1. La cooperazione CEE-Maghreb prima del 1976.
1.1 Europa-Maghreb: le radici di una storia comune.
L’Europa ed i paesi della riva sud del Mediterraneo hanno radici etniche e
culturali comuni, una storia che s’interseca continuamente, economie che si
completano tra loro in importanti aspetti, e prospettive di sviluppo che in una
certa misura dipendono le une dalle altre. Nonostante queste comunanze, le
due aree hanno spesso avuto rapporti difficili.
La cooperazione economica si sviluppa con maggiore regolarità rispetto a
quella politica. Nel dopoguerra, infatti, le relazioni economiche tra le due
sponde di un mare troppo stretto per separare ma troppo ampio per
confondere,
1
crescono senza interruzioni come dimostrano i flussi di
1
KHADER B., Le grand Maghreb et l’Europe enjeux et perspectives, Louvain-la-Neuve,
1992, p. 73.
13
commercio nelle due direzioni, di capitale dall’Europa al Mediterraneo e di
forza lavoro nella direzione inversa.
2
Per ben comprendere il perché delle attuali relazioni tra l’Unione Europea
e il Maghreb,
3
bisogna fare un passo indietro perché sempre, nelle radici del
passato, possiamo ritrovare i motivi e le spiegazioni delle scelte presenti.
Fin dall’inizio del XIX secolo, le relazioni economiche tra paesi del
Maghreb (Algeria, Marocco e Tunisia) ed Europa si basano sulla
necessità di integrare il Maghreb arabo nell’economia della metropoli.
4
Sono tre le conseguenze di una simile politica che “esploderanno” al
momento dell’indipendenza, facendo assumere a questi tre paesi le tipiche
caratteristiche di economie sottosviluppate: disarticolazione, specializzazione,
dipendenza.
5
La disarticolazione, si traduce nell’esistenza di un settore agricolo non
all’avanguardia e strettamente legato ai bisogni della metropoli, la
specializzazione si manifesta a livello della natura dei beni, generi alimentari
prodotti non in relazione alle esigenze delle popolazioni locali, ma in funzione
2
Crescono gli investimenti europei in Nord Africa, soprattutto provenienti da paesi come
l’Italia, la Francia e la Germania, connessi con lo sviluppo della produzione di petrolio.
3
In arabo il termine Maghreb significa “tramonto”, “occidente”; con l’espressione paesi
del Maghreb, si fa riferimento all’insieme dei paesi arabi situati nella zona nord
occidentale dell’Africa, tra il Mediterraneo ed il Sahara (Algeria, Marocco e Tunisia).
4
Durante il periodo coloniale, questi territori sono sotto il controllo della Francia (metropoli) :
il Marocco è protettorato francese dal 1912 al 1956,
la Tunisia è protettorato francese dal 1881 al 1956,
l’Algeria è colonia francese dal 1848 al 1962.
5
MEZDOUR S., Les relations économiques Maghreb-CEE: suggestions pour une novelle
politique, in Revue du Marché Commun et de l’Union Européenne, 1992, p. 300 ss.
14
delle richieste estere che alimenteranno, in una spirale senza fine, il deficit
alimentare del Maghreb; infine la dipendenza, tutto dipende dalla domanda
proveniente dal mercato estero, il mercato nazionale non ha voce ed è troppo
debole per farsi sentire.
Al momento della nascita dell’Europa comunitaria, nel 1957, i tre paesi del
Maghreb si trovano, in ragione dei rapporti privilegiati che da decenni hanno
con la Francia, i paesi mediterranei più prossimi alla Comunità, sia sul piano
politico, sia economico.
Il Trattato di Roma del 1957, riconosce espressamente il principio
dell’associazione economica con i paesi terzi nell’intento di preservare ed
ampliare le vie tradizionali di scambio e di contribuire allo sviluppo delle aree
extra-comunitarie.
6
Il Trattato CEE contiene scarsi riferimenti al tema delle relazioni con i
Paesi Mediterranei: gli articoli 227 (ora articolo 299) e 238 (ora articolo 310),
un Protocollo e due Dichiarazioni sono, tra le varie disposizioni, quelle
giuridicamente più rilevanti.
7
Essendo l’Algeria, al momento della nascita della Comunità Economica
Europea, dipartimento francese; viene di fatto integrata nella Comunità;
6
KHADER B., L’Europa e il Mondo Arabo: le ragioni del dialogo, Louvain-la-Neuve,
1996, p. 156 ss.
7
CAPOTORTI F., I profili giuridici della Politica Mediterranea della CEE, in Rivista di
Diritto Europeo, 1981, p. 1 ss.
15
l’articolo 227 paragrafo 2 si occupa dell’Algeria (oltre che degli altri
dipartimenti francesi d’oltremare), precisando quali disposizioni del trattato
fossero immediatamente applicabili e quali da applicarsi solo in conformità a
successive decisioni del Consiglio.
8
Alle istituzioni comunitarie è affidato, dal Trattato di Roma, un compito
fondamentale, quello di vigilare “nel quadro delle procedure contemplate dal
[…] Trattato, ed in particolare dall’art. 226, a che sia consentito lo sviluppo
economico e sociale di tali regioni”. Il richiamo all’articolo 226, norma
relativa alle misure di salvaguardia, lascia intendere che, in vista delle
difficoltà di questo sviluppo, possano rendersi necessarie anche temporanee
deroghe ai principi del Trattato.
9
8
L’articolo 227 paragrafo 2 del Trattato di Roma del 1957, incluso tra le disposizioni
generali e finali, stabilisce che:”Per quanto riguarda i dipartimenti francesi d’oltremare,
le disposizioni particolari e generali del presente trattato riguardanti:
- la libera circolazione delle merci,
- l’agricoltura, escluso l’articolo 40 paragrafo 4,
- la liberalizzazione dei servizi,
- le regole di concorrenza,
- le misure di salvaguardia contemplata negli articoli 109 H, 1091 e 226,
- le istituzioni,
sono applicabili fin dall’entrata in vigore del presente trattato.
Le condizioni di applicazione delle altre disposizioni del presente trattato saranno definite
al più tardi entro due anni dall’entrata in vigore di esso, mediante decisione del Consiglio,
che delibera all’unanimità su proposta della Commissione. Le istituzioni della Comunità
vigileranno, nel quadro delle procedure contemplate dal presente trattato e in particolare
dall’articolo 226, a che sia consentito lo sviluppo economico e sociale di tali regioni.
9
CAPOTORTI F., op. cit., p. 4 ss.