comunitarie, fra le quali lo Status giuridico dei cittadini di paesi terzi legalmente
soggiornanti sul territorio dell’Unione
9
.
Benché l’opinione comune ritenga che negli ordinamenti giuridici degli Stati membri i
lavoratori stranieri legalmente residenti siano generalmente parificati ai cittadini nel
diritto del lavoro, tuttavia la diversità delle tradizioni ed esperienze migratorie
10
, le
diverse esigenze dei mercati del lavoro nazionali
11
e il distinto peso rappresentato per
gli Stati dal numero molto diverso di ingressi annui di extracomunitari
12
, rendono
ancora difficile riconoscere loro, al livello comunitario, una parità di diritti civili e
specialmente politici; ciò nonostante è oramai pacificamente ammesso che essi sono
necessari all’economia europea
13
nel suo complesso e che di fatto essi contribuiscono
come i cittadini alle spese Comunitarie, attraverso la fiscalità degli Stati membri.
Il crescente contributo economico dei lavoratori cittadini di Stati terzi al reddito
comunitario
14
, e la loro circolazione nel territorio dell’Unione, sono dati di fatto di cui
le politiche europee hanno preso atto e che il diritto comunitario deve regolamentare.
Attualmente le istituzioni comunitarie stanno lavorando su queste materie
15
, anche se la
dottrina lamenta ritardi, derivanti da difficoltà di accordo politico tra gli Stati membri, e
rileva una maggiore attenzione della Comunità ai controlli di polizia piuttosto che agli
aspetti del mercato del lavoro e dell’integrazione.
“No taxation without representation”. Con questo slogan i coloni nordamericani, alla
vigilia della prima rivoluzione “moderna” della storia giuridica occidentale
16
, nel 1776
respingevano la sovranità del Parlamento di Westminster, richiamandosi allo stare
decisis del Calvin Case
i
per rivendicare quella parità di diritti già affermata in
Inghilterra (a favore degli scozzesi) quasi due secoli prima dalla migliore dottrina
costituzionalistica medioevale. La diversità spazio – temporale delle situazioni, non
toglie che il riconoscimento di determinati diritti civili, da parte dell’onnipresente
Leviatano di hobbesiana memoria
17
, a soggetti che non appartengono a quella stessa
“comunità di consociati”, sia un problema che si presenta nella storia con immutata
9
Proposta di direttiva del Consiglio relativa allo status giuridico dei cittadini di paesi terzi che siano residenti di lungo periodo,
Com(2001) 127 def – 2001/0074(CNS) presentata dalla Commissione il 13 marzo 2001, non ancora approvata.
10
Solamente otto Stati membri del Consiglio d’Europa hanno finora ratificato la CONVENZIONE EUROPEA RELATIVA ALLO STATUS
GIURIDICO DEI LAVORATORI MIGRANTI firmata a Strasburgo il 24 Novembre 1977, riguardante le materie: Lavoratori migranti,
Condizioni di lavoro, Servizi di ispezione, Igiene del lavoro, Prevenzione, Visite mediche, Incidenti sul lavoro, Malattie professionali,
Formazione professionale. Ciò indicherebbe le difficoltà che vi sono sul riconoscimento di diritti uniformi e parificati a quelli dei
cittadini, benché tale convenzione prospettasse impegni in materia di lavoratori migranti maggiori delle altre convenzioni internazionali
proprio perché si sarebbe dovuta applicare in un ambito più omogeneo delle altre norme convenzionali, riguardando i soli Stati membri
del Consiglio d’Europa.
11
Comunicazione della Commissione COM(2003)336 su immigrazione, integrazione e occupazione: nella parte dedicata alle politiche
di integrazione degli Stati membri, “Integrazione nel mercato del lavoro”, la Commissione dichiara che per quanto riguarda le misure
per migliorare l’integrazione nel mercato del lavoro, <<dalle risposte pervenute si desume che vi sono notevoli differenze da uno Stato
membro all’altro a causa della grande diversità del profilo dell’immigrazione e delle esigenze del mercato del lavoro dei vari paesi.
Alcuni Stati membri hanno bisogno di lavoratori altamente qualificati ed altri solo di manodopera non qualificata. Al tempo stesso molti
Stati membri si trovano di fronte ad un tasso di disoccupazione relativamente elevato per gli immigrati, specie quelli di seconda e terza
generazione>> Queste differenze sembrano determinanti per la diversità delle soluzioni scelte per affrontare il problema
dell’integrazione ma anche in generale il problema degli ingressi che ad esso sta a monte.
12
Vedi statistica in figura 2
13
Comunicazione della Commissione COM (2003) 336 def. su immigrazione, integrazione e occupazione
14
Vedi figure 7 e 17 nelle Statistiche e relative note; vedi paragrafo 7.2.
15
Comunicazione della Commissione del 3 giugno 2003, COM (2003) 336 def., su immigrazione, integrazione e occupazione
16
Ugo Pagallo, 2002, Alle fonti del diritto, p. 131, Torino. Giappichelli
17
Thomas Hobbes, 1642, De cive, Editori Riuniti, Roma, 1979, p.167. Secondo Hobbes, lo Stato è la fonte del diritto e di ogni legge, a
beneficio di chi è dentro allo Stato: <<Fuori dello Stato è il potere delle passioni, la guerra, la paura, la miseria, la bruttura, la solitudine,
la barbarie, l’ignoranza, la crudeltà; nello Stato il potere della ragione, la pace, la sicurezza, la ricchezza, lo splendore, la società, la
raffinatezza, le scienze, la benevolenza>>.
5
importanza: oggi riguarda gli extracomunitari in Europa e richiede alla Comunità
soluzioni innovative in un ampliamento del concetto di cittadinanza
18
.
Nel diritto comunitario del lavoro sono ben poche le norme che garantiscono, e solo a
limitate categorie di extracomunitari, il diritto al soggiorno, all’accesso al lavoro ed
eque condizioni di lavoro
19
. Il difficile “passaggio obbligato” delle politiche migratorie
dell’Unione, come è stato storicamente per gli Stati membri, rimane la disciplina del
diritto riguardante l’ingresso entro i confini comuni; passo reso malagevole dal fatto
che il connesso diritto del lavoratore migrante da Stati terzi diviene una materia
interdisciplinare, non riguardante la sola disciplina laburistica. Inoltre gli Stati membri
si sono sempre dimostrati restii a rinunciare all’esercizio del proprio controllo sulle
materie migratorie, considerandolo connesso al mantenimento dell’ordine pubblico
20
.
Convivono così, e si sviluppano oggi, due politiche europee predominanti e per certi
aspetti contrapposte, l’una volta a considerare le pressanti necessità economiche, del
mercato del lavoro e dell’integrazione; l’altra molto attenta agli aspetti di ordine
pubblico, amministrativi, ai controlli di polizia e alla valorizzazione del controllo
migratorio nei rapporti con i paesi terzi.
La dottrina rileva ancora
21
che i forti ritardi nel disciplinare le materie migratorie,
incidono sulle stesse necessità comunitarie del mercato del lavoro e della libera
circolazione delle persone, e confliggono con gli impegni assunti dalle politiche
dell’Unione europea
22
sul piano internazionale, in tema di diritti fondamentali delle
persone e dei lavoratori, oltre che con i principi affermati all’interno dell’Unione dalla
Carta dei diritti fondamentali
23
del 2000. La Carta contiene importanti riferimenti ai
diritti dei lavoratori, comprendenti anche gli extracomunitari ed i loro diritti di libera
circolazione, ed è ritenuta da autorevole dottrina
24
di immediata applicabilità tanto alle
Istituzioni comunitarie quanto agli Stati membri.
Tuttavia, nonostante i continui solleciti provenienti dal Consiglio europeo, organo
politico dell’Unione europea
ii
, le diverse tradizioni migratorie e coloniali
25
degli Stati
membri concedono poche possibilità di accordo politico nella sede di adozione finale
delle disposizioni proprie della Comunità europea, il Consiglio
iii
: la grande cautela che
caratterizza l’avanzamento del diritto europeo comune nelle materie migratorie si
traduce in ritardo e sensazioni d’incertezza, stigmatizzati dalla dottrina.
18
Comunicazione della Commissione COM(2003)336 del 3 giugno 2003 su immigrazione, integrazione e occupazione
19
Giorgio Gaja, 1998, Problemi relativi alla differenza di trattamento fra cittadini comunitari ed altri stranieri, in La libera circolazione
dei lavoratori, a cura di Bruno Nascimbene, Giuffrè Milano; per le integrazioni del diritto comunitario intervenute successivamente alle
affermazioni di Gaja si rinvia al seguito.
20
Ugo Draetta e Nicoletta Parisi, 1999, Elementi di diritto dell’Unione europea, Parte speciale, p.83
21
Gianluca Bascherini, 2000, Europa, cittadinanza, immigrazione; Diritto Pubblico; Dondi Germano, 2001, Immigrazione e lavoro:
riflessioni e spunti critici, CEDAM, Padova; Lucia Serena Rossi, Gli Stranieri, in Tizzano, 2000, Il diritto privato dell’Unione europea,
Torino
22
Emanuela Rodeghieri, 2003, I diritti fondamentali dei lavoratori nel commercio internazionale, in Lucia Serena Rossi (a cura di)
Commercio internazionale sostenibile? WTO e Unione Europea, Bologna, Il Mulino
23
Carta dei diritti fondamentali, proclamata solennemente da Parlamento europeo, Consiglio e Commissione il 7 dicembre 2000 a
Nizza.
24
Fausto Pocar, 2002, Diritto dell’Unione e delle Comunità europee, Milano, Giuffrè, pag 100 e seg.
25
Vedi in Appendice: Dagli imperi coloniali ai territori d'oltremare degli Stati membri; Il Commonwealth Britannico; L'Associazione
dei paesi e territori d'oltremare riconosciuta dal trattato di Nizza
6
In linea generale la materia del diritto del lavoro degli extracomunitari non è ancora
regolata dalla Comunità europea
26
e rimane quindi fuori del raggio d’azione della tutela
dei diritti fondamentali assicurata dall’ordinamento comunitario attraverso
l’applicazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo
27
, come ha affermato la
Corte di Giustizia nel caso Annibaldi
28
. Tuttavia dopo l’attribuzione alla Comunità
delle competenze in materia migratoria e di diritto del lavoro degli extracomunitari
29
operata dal Trattato di Amsterdam, il Consiglio Europeo di Tampere, nell’Ottobre ‘99
ha concluso che “l’Unione Europea dovrebbe garantire l’equo trattamento dei cittadini
dei paesi terzi che soggiornano legalmente sul territorio degli Stati membri, garantire
loro diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell’Unione europea, rafforzare la
non discriminazione nella vita economica, sociale e culturale, nonché ravvicinare lo
status giuridico dei cittadini dei paesi terzi a quello dei cittadini degli Stati membri”.
L’immigrazione di lavoratori nell’UE sta assumendo un nuovo profilo
30
, in relazione ad
un contesto generale di mercato del lavoro caratterizzato da carenza di manodopera e di
competenze, dalla competizione per reperire lavoratori qualificati nell’economia
globalizzata, dal processo di invecchiamento della popolazione. Secondo le migliori
proiezioni statistiche
31
mentre ora in Europa ad ogni pensionato corrispondono
mediamente 3 lavoratori, nel 2040 il rapporto calerà ad 1,5 lavoratori per ogni
pensionato. L’immigrazione può aiutare a rallentare il processo di invecchiamento della
popolazione attiva europea e poiché essa è condizionata da fattori di concreta
opportunità, è importante che venga posta in relazione con le prospettive occupazionali
e con le future esigenze del mercato del lavoro. “Flussi migratori più sostenuti saranno
sempre più probabili e necessari ed è fondamentale anticipare questi cambiamenti”
32
.
Autorevole dottrina
33
auspica che con l’approvazione di importanti norme comunitarie
in itinere, quali quella riguardante lo status dei cittadini di paesi terzi residenti di lungo
periodo e quella riguardante le condizioni di ammissione di extracomunitari che
intendono svolgere un’attività lavorativa, si apra la possibilità di occuparsi
dell’immigrazione extracomunitaria <<usando la ragione anziché i toni dell’allarme
sociale>> e guardando ad essa, come vorrebbero gli studiosi più autorevoli, come ad un
<<processo naturale, fisiologico, largamente positivo e nei prossimi decenni inevitabile
…per l’Europa …per il congiungersi di prosperità economica e debolezza demografica
in un mondo sempre più piccolo e integrato>>.
26
Giorgio Gaja, 1998, Problemi relativi alla differenza di trattamento fra cittadini comunitari ed altri stranieri, in La libera circolazione
dei lavoratori, a cura di Bruno Nascimbene, Giuffrè Milano; per le integrazioni del diritto comunitario intervenute successivamente alle
affermazioni di Gaja si rinvia al seguito.
27
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 Novembre 1950 e
integrata dal Protocollo n. 11 firmato a Strasburgo l’11 maggio 1994
28
Nel caso Annibaldi, sent. 18 dic. 1997, causa C-309/96, Raccolta 1997 p. I-1600. La Corte afferma: << Dal momento che una
normativa nazionale entra nel campo di applicazione del diritto comunitario, la Corte, adita in via pregiudiziale, deve fornire tutti gli
elementi di interpretazione necessari per la valutazione, da parte del giudice nazionale, della conformità di tale normativa con i diritti
fondamentali di cui la Corte assicura il rispetto, quali essi risultano in particolare dalla Convenzione. Per contro essa non ha tale
competenza nei confronti di una normativa nazionale che non si colloca nell’ambito del diritto comunitario>>.
29
Si tratta dell’inserimento del titolo IV nel Trattato istitutivo della Comunità europea e del 5° trattino del par. 3°, art, 137 del trattato,
operate dal Trattato di Amsterdam del 97, entrato in vigore il 1 maggio 1999.
30
Come indicava la Comunicazione della Commissione COM(2000)757 del 14 novembre 2000
31
Si vedano per esempio le Statistiche Eurostat: Eurostat - Statistics in focus - demographic estimates for 2002, la relazione congiunta
della Commissione e del Consiglio “Accrescere il tasso di attività e prolungare la vita attiva” e le relazioni sulla situazione sociale
nell’Unione europea per il 2002 e, rispettivamente, 2003.
32
Dalla comunicazione della Commissione COM(2003)336 su immigrazione, integrazione e occupazione.
33
Massimo Rocella, 1998, in La libera circolazione dei lavoratori, a cura di Bruno Nascimbene, Giuffrè, Milano, p.47
7
Nell’ottica “extracomunitari versus lavoro” si è cercato, con questo studio, di fare il
punto della attuale situazione della materia nell’ordinamento comunitario,
inquadrandola nel contesto storico – giuridico dell’Unione, che comprende anche le
relative politiche di cooperazione degli Stati membri e deve tener conto del diritto
internazionale, cercando di intercettare gli agganci con il recente passato delle attuali
fasi evolutive del diritto del lavoro degli extracomunitari nella Comunità.
Metodo espositivo
In diritto del lavoro, i criteri dottrinali di ordinamento delle conoscenze portano
anzitutto ad elencare le fonti ed a parlare delle norme, secondo una sistematica
giuridica che riposa sul presupposto che il diritto deriva dalla norma, nei sistemi di
diritto positivo. Nel rispettare tale criterio, corre l’obbligo di avvertire che il tema
trattato riguarda le politiche comunitarie in materia di lavoro degli extracomunitari; il
diritto comunitario dei lavoratori provenienti da paesi terzi è in uno stadio di sviluppo
iniziale, che si potrebbe definire programmatico: le recenti ed importanti norme dei
trattati sulle materie in esame si rivolgono principalmente alle Istituzioni della
Comunità mentre il diritto derivato dai trattati, regolamenti, direttive e decisioni, ancora
in rari casi riguarda gli extracomunitari. Non siamo difronte ad una disciplina comune
organicamente definita, benchè il tema del lavoro immigrato da paesi terzi sia di grande
attualità nelle politiche dell’Unione. Premetteremo alla trattazione le principali fonti
delle politiche in tema, in particolare la presentazione analitica del nuovo titolo IV del
trattato istitutivo della Comunità europea, modificato dal trattato di Amsterdam del 97,
per l’importanza che esso ha nella materia in esame, introducendo le fonti indirette o
minori all’occorrenza. La comprensione del quadro d’insieme delle politiche della
Comunità nei confronti dei lavoratori extracomunitari sarà tuttavia possibile solo con
una completa considerazione diacronica della materia e con i richiami a norme
derivanti dai settori del diritto internazionale, della politica estera e di sicurezza
comune dell’Unione, delle politiche sulla libera circolazione delle persone.
Assumono importanza nella nostra materia le sentenze della Corte di Giustizia
riguardanti l’interpretazione in via pregiudiziale di accordi di associazione e di
cooperazione, conclusi dalla Comunità europea con Stati terzi ai sensi degli artt. 300 e
133 del trattato CE, in epoche anche molto precedenti all’attuazione delle attuali
politiche. Inoltre, le politiche comunitarie riguardanti il lavoro degli stranieri
oltrepassano l’ambito strettamente laburistico e delle politiche sociali, ricollegandosi
necessariamente al diritto migratorio, alle politiche economiche della Comunità
(preoccupata dall’invecchiamento della popolazione attiva), alla libera circolazione
delle persone, alla politica estera e di sicurezza comune dell’Unione. Anche in questi
campi possiamo parlare di politiche comunitarie, di strategie economiche e
d’integrazione dei lavoratori provenienti da paesi terzi, discendenti da disposizioni
vicine ad un genus programmatico, benchè comportanti obblighi per le Istituzioni
comunitarie, politiche che cercano di sintetizzare le esperienze degli Stati membri e che
derivano da processi storici riguardanti le Comunità europee.
Infine l’esigenza della Comunità, di adottare disposizioni che concilino tradizioni
molto diverse degli Stati membri nei rapporti con i paesi terzi, a volte ex colonie con le
8
quali si erano stabiliti rapporti particolari
34
, ed i loro cittadini, sia in materia migratoria
che di diritto del lavoro, rallenta ulteriormente il processo decisionale delle istituzioni
del resto ispirato a progressività e grande cautela; voler capire le ragioni delle difficoltà
di tali politiche comunitarie e dei ritardi a regolamentare la materia migratoria porta ad
esaminare in chiave storica e comparativa le ragioni che portano oggi l’Europa ad
affrontare, al livello comunitario, le politiche degli extracomunitari.
Una migliore comprensione delle politiche europee nei confronti dei lavoratori non
cittadini, sembrerebbe dunque facilitata da una visione diacronica del diritto dei
lavoratori immigrati da paesi terzi, ossia da una interpretazione cronologica delle
politiche comunitarie che si sono succedute nel tempo nelle materie riguardanti gli
stranieri. Tale esigenza è confermata dall’ordine espositivo generalmente seguito dai
testi di diritto Comunitario che abbiamo preso in esame, considerato che l’ordinamento
giuridico comunitario da un lato ha una natura “stratificata”, come si evince dell’art.5
del Trattato sull’Unione europea
35
; dall’altro si fonda su preesistenti principi comuni
agli Stati membri, su diritti fondamentali riconosciuti dal diritto internazionale e sul
rispetto dell’identità nazionale degli Stati membri, come si ricava dall’art.6
36
dello
stesso trattato UE.
Nel presente lavoro, si cerca di conciliare le due diverse esigenze tassonomiche: quella
di ordinare razionalmente la materia premettendo qualche spiegazione sulle fonti, e
quella di rispettare la collocazione storica dei vari aspetti che compongono il complesso
quadro delle politiche europee in materia di lavoro degli extracomunitari.
Si è affermato
37
, in ambito nazionale, che <<quello tra giuslavoristi e immigrati pare
essere stato, in realtà, un incontro difficile>> e che la disciplina migratoria ha costituito
per molti anni una sorta di «zona franca» del sistema giuslavoristico, <<determinando
evidenti sacche di regressione ed inaccettabili processi di imbarbarimento>>; <<il
nostro diritto del lavoro, è stato detto una decina d’anni or sono, “non riguarda i poveri
cristi” (Ghezzi 1982)>>. <<Lo stesso quadro normativo vigente - che richiede, ancora,
un costante (ed a volte defatigante) coordinamento con una minuziosa
regolamentazione per circolari - è frutto di una serie di aggiustamenti progressivi.
Incerto tra le esigenze di ordine pubblico e quelle di gestione del mercato del lavoro,
esso si presenta, già ad una prima lettura, «frammentato e assai fragile» (Rusciano
1991)>>.
34
Vedi in APPENDICE: Dagli imperi coloniali ai territori d'oltremare degli Stati membri; Il Commonwealth Britannico;
L'Associazione dei paesi e territori d'oltremare riconosciuta dal trattato di Nizza
35
Trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, Articolo 5: Il Parlamento europeo, il Consiglio, la
Commissione, la Corte di Giustizia e la Corte dei Conti esercitano le loro attribuzioni alle condizioni e ai fini previsti, da un lato, dalle
disposizioni dei trattati che istituiscono le Comunità europee, nonché dalle disposizioni dei successivi trattati e atti recanti modifiche o
integrazioni delle stesse e, dall’altro, dalle altre disposizioni del presente trattato.
36
Trattato sull'Unione europea firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992,
Articolo 6
1. L'Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e dello stato di diritto,
principi che sono comuni agli Stati membri.
2. L'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati
membri, in quanto principi generali del diritto comunitario.
3. L'Unione rispetta l'identità nazionale dei suoi Stati membri.
4. L'Unione si dota dei mezzi necessari per conseguire i suoi obiettivi e per portare a compimento le sue politiche
37
Antonio Viscomi, Giuslavoristi ed immigrazione extracomunitaria: un incontro difficile, Lavoro e diritto, anno VI, n.1, inverno 1992
9
In campo europeo, salvo casi particolari che vedremo, non sembra che la dottrina abbia
ancora dedicato puntuale attenzione all’analisi dei modelli di regolamentazione del
lavoro immigrato, né mostrato eccessivo interesse nel verificare l’impatto sul diritto
comune del lavoro della disciplina dell’immigrazione extracomunitaria, ed il lavoro di
coordinamento dell’ampio quadro politico comunitario nel tema esaminato, non è
ancora organicamente definito.
Nel presente lavoro si è cercato infine di raccogliere e ordinare vari contributi, spesso
poco aggiornati, di diritto comunitario sulle politiche europee verso gli extracomunitari,
esaminandoli alla luce delle norme più recenti, delle sentenze della Corte di
Lussemburgo e specialmente delle indicazioni derivanti dalle Comunicazioni del
Consiglio europeo.
Fonti del diritto comunitario in materia di lavoro degli extracomunitari
Presentiamo qui le fonti di diritto più rilevanti per le politiche comunitarie attuali nella
materia in esame. Per una elencazione completa si rinvia all’indice delle fonti.
Nel trattato istitutivo della Comunità europea, versione consolidata, la fonte che
introduce le maggiori novità è il titolo IV° del trattato CE, che riguarda “visti, asilo,
immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone”,
materia attribuita alla Comunità come competenza propria, seppure non esclusiva, ed
inserita ex novo dal trattato di Amsterdam del 97. Il titolo IV trattato CE verrà quindi
esaminato subito nel dettaglio nel paragrafo successivo, salvo richiami di collegamento
e ulteriori approfondimenti che si renderanno necessari nel seguito.
Sul trattamento dei lavoratori extracomunitari, lo stesso trattato ha inserito alcune
norme nel capitolo sulla politica sociale, titolo XI
iv
del trattato CE, all’art. 137, come
competenza sussidiaria della Comunità, in vista del miglioramento delle condizioni di
lavoro e di mercato, prevedendo interventi della Comunità a sostegno e completamento
dell’azione degli Stati membri in materia di “condizioni di impiego dei cittadini dei
paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio della Comunità”; “integrazione
delle persone escluse dal mercato del lavoro, fatto salvo l'articolo 150”; “lotta contro
l'esclusione sociale”.
Le disposizioni per lo sviluppo di un strategia coordinata sulla promozione
dell’occupazione e sull’adattamento dei mercati del lavoro alle esigenze economiche
attuali, sono contenute nel titolo VIII
v
del trattato CE inserito dal trattato di
Amsterdam, e sono rivolte agli Stati membri e alla Comunità. La promozione
dell’occupazione è “una questione d’interesse comune”, ai sensi dell’art. 126 del
trattato e, sulla base giuridica dell’art.128, il Consiglio ha recentemente adottato
decisioni
38
riguardanti gli “orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore
dell’occupazione” che menzionano gli aspetti migratori (13° considerando e punto 7
ultimo trattino dell’allegato), e raccomandazioni sull’attuazione delle politiche degli
Stati membri sullo stesso tema
39
.
38
Decisione del Consiglio del 22 luglio 2003, relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione,
(2003/578/CE).
39
Raccomandazione del Consiglio del 22 luglio 2003, sull’attuazione delle politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione,
(2003/579/CE).
10
Nell’attuale stadio del diritto comunitario riguardante i lavoratori extracomunitari,
particolare importanza assumono i lavori della Commissione
40
che esamina
annualmente la situazione dell’Unione
41
europea e dei paesi membri anche con
riguardo alle politiche occupazionali, secondo quanto prevede l’art. 128 del trattato e
propone orientamenti politici in tema di occupazione degli extracomunitari nelle
proprie comunicazioni al Consiglio e al Parlamento europeo. In coerenza con gli
orientamenti dei Consigli europei di Amsterdam del 97, di Tampere del 99, e di
Lisbona del 2000 per quanto riguarda i livelli occupazionali, gli orientamenti più
recenti della Commissione considerano i flussi migratori uno strumento di strategia
economica
42
comune, che tiene conto delle politiche proprie degli Stati membri nella
materia in base a relazioni annuali rivolte al Consiglio e alla Commisisone stessa. La
Commissione invia dettagliate relazioni tecniche di tipo economico e giuridico, in
forma di Comunicazioni, al Consiglio, al Parlamento europeo e alla Commissione per
l’occupazione e le politiche sociali, sulla situazione attuale degli extracomunitari
nell’Unione e sui possibili sviluppi che possono avere i problemi che li riguardano. Da
da tali relazioni scaturisce un importante aspetto delle politiche dell’Unione sulla
materia di cui ci occupiamo, sia per il carattere tecnico delle comunicazioni stesse che
per la connotazione apolitica della Commissione
43
, organo comunitario composto da
persone e non da Stati, che opera nell’interesse esclusivo della Comunità ed in piena
indipendenza, secondo quanto prescrive l’art.213 del trattato CE. Le comunicazioni
tecniche della Commissione e le comunicazioni contenenti proposte di direttive del
Consiglio, verranno quindi prese in esame nel presente lavoro poiché, oltre ad avere
una importanza fondamentale nel processo decisionale della normativa derivata,
affrontano e analizzano i problemi degli extracomunitari che necessitano di soluzione
da un punto di vista tecnico, basandosi su dati reali, e derivandone delle proposte di
normativa comunitaria. Le comunicazioni della Commissione, relazioni tecniche o
40
Trattato istitutivo della Comunità europea, versione modificato dal trattato di Nizza, IT 24.12.2002 Gazzetta ufficiale delle Comunità
europee C 325/119; Articolo 211: Al fine di assicurare il funzionamento e lo sviluppo del mercato comune nella Comunità, la
Commissione:
— vigila sull'applicazione delle disposizioni del presente trattato e delle disposizioni adottate dalle istituzioni in virtù del trattato stesso,
— formula raccomandazioni o pareri nei settori definiti dal presente trattato, quando questo esplicitamente lo preveda ovvero quando la
Commissione lo ritenga necessario,
— dispone di un proprio potere di decisione e partecipa alla formazione degli atti del Consiglio e del Parlamento europeo, alle
condizioni previste dal presente trattato,
— esercita le competenze che le sono conferite dal Consiglio per l'attuazione delle norme da esso stabilite.
41
Trattato CE, Articolo 212: La Commissione pubblica ogni anno, almeno un mese prima dell'apertura della sessione del Parlamento
europeo, una relazione generale sull'attività della Comunità.
42
Comunicazione della Commissione del 3 giugno 2003, COM (2003) 336 def., su immigrazione, integrazione e occupazione.
43
Trattato CE, Articolo 213:
1. La Commissione è composta di venti membri, scelti in base alla loro competenza generale e che offrano ogni garanzia di
indipendenza. Il numero dei membri della Commissione può essere modificato dal Consiglio, che delibera all'unanimità. Soltanto
cittadini degli Stati membri possono essere membri della Commissione. La Commissione deve comprendere almeno un cittadino di
ciascuno Stato membro, senza che il numero dei membri cittadini di uno stesso Stato sia superiore a due.
2. I membri della Commissione esercitano le loro funzioni in piena indipendenza nell'interesse generale della Comunità.
Nell'adempimento dei loro doveri, essi non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo né da alcun organismo. Essi si
astengono da ogni atto incompatibile con il carattere delle loro funzioni. Ciascuno Stato membro si impegna a rispettare tale carattere e
a non cercare di influenzare i membri della Commissione nell'esecuzione dei loro compiti. I membri della Commissione non possono,
per la durata delle loro funzioni, esercitare alcun'altra attività professionale, rimunerata o meno. Fin dal loro insediamento, essi
assumono l'impegno solenne di rispettare, per la durata delle loro funzioni e dopo la cessazione di queste, gli obblighi derivanti dalla
loro carica, ed in particolare i doveri di onestà e delicatezza per quanto riguarda l'accettare, dopo tale cessazione, determinate funzioni o
vantaggi. In caso di violazione degli obblighi stessi, la Corte di giustizia, su istanza del Consiglio o della Commissione, può, a seconda
dei casi, pronunciare le dimissioni d'ufficio alle condizioni previste dall'articolo 216 ovvero la decadenza dal diritto a pensione
dell'interessato o da altri vantaggi sostitutivi.
11
proposte di direttive, incontrano poi inevitabilmente nel Parlamento europeo e
specialmente nella sede decisionale politica, il Consiglio, difficoltà interpretative o di
adozione delle misure proposte collegate alle diverse convenienze politiche degli Stati
membri, ma ciò non toglie il loro valore tecnico e di studio. Abbiamo creduto utile
inserire nella trattazione alcune statistiche sintetiche riguardanti i flussi migratori, e i
rapporti tra questi e l’economia europea, su cui si basano recenti considerazioni della
Commissione nelle materie in esame. (Ex facto oritur ius).
Altre norme, contenute nel Trattato sull’Unione europea firmato a Maastricht nel 92 nel
Trattato istitutivo della Comunità europea (versione consolidata dopo il Trattato di
Nizza del 2000), riguardanti le politiche europee sui temi esaminati saranno richiamate
nel corso della trattazione; fra essi citiamo: l’art.10 trattato CE (obblighi di esecuzione
degli Stati membri); l’art.14 (instaurazione del mercato interno); l’art.17 e 18
(cittadinanza); l’art.39 (libera circolazione dei lavoratori); l’art.94 (ex art.100 CEE,
ravvicinamento delle legislazioni); l’art.95 (ex art.100° CEE, deroghe al principio
dell’unanimità per la realizzazione del mercato interno); l’art.136 (disposizioni in
materia di politica sociale).
I regolamenti del Consiglio 1612/68 (libera circolazione dei lavoratori) e 1408/71
(regimi di sicurezza sociale) e successive integrazioni saranno visti nel corso della
trattazione, così come alcune direttive sulla circolazione e il soggiorno dei lavoratori
nelle parti riguardanti i lavoratori extracomunitari.
Numerosi accordi di associazione e di cooperazione con paesi terzi (elencati nell’indice
delle fonti) stipulati sulla base giuridica dell’art.310
44
del trattato CE, e le Convenzioni
internazionali costituiscono la “parte speciale” del diritto comunitario del lavoro degli
extracomunitari, parte che riveste un valore particolare poiché su tali atti comunitari si
basano importati sentenze interpretative della Corte di Giustizia delle Comunità
europee
45
, che saranno a loro volta richiamate nella trattazione, che fin dagli anni 80
hanno costituito la fondamentale fonte di diritto europeo in questa materia.
Gli accordi di associazione vincolano direttamente la Comunità al loro rispetto
46
secondo il diritto dei Trattati, sul quale è competente a giudicare la Corte di Giustizia di
44
Trattato CE, modificato dal trattato di Nizza, Articolo 310:
La Comunità può concludere con uno o più Stati o organizzazioni internazionali accordi che istituiscono un'associazione caratterizzata
da diritti ed obblighi reciproci, da azioni in comune e da procedure particolari.
45
Trattato CE: LA CORTE DI GIUSTIZIA, Articolo 220: La Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado assicurano, nell'ambito
delle rispettive competenze, il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione del presente trattato.
Al Tribunale di primo grado possono inoltre essere affiancate, alle condizioni di cui all'articolo 225 A, camere giurisdizionali incaricate
di esercitare, in taluni settori specifici, competenze giurisdizionali previste dal presente trattato.
46
Trattato CE, PARTE SESTA, DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI, Articolo 300:
1. Quando le disposizioni del presente trattato prevedano la conclusione di accordi tra la Comunità e uno o più Stati ovvero
un'organizzazione internazionale, la Commissione sottopone raccomandazioni al Consiglio, che la autorizza ad avviare i necessari
negoziati. I negoziati sono condotti dalla Commissione, in consultazione con i comitati speciali designati dal Consiglio per assisterla in
questo compito e nel quadro delle direttive che il Consiglio può impartirle. Nell'esercizio delle competenze attribuitegli dal presente
paragrafo, il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, salvo nei casi in cui il primo comma del paragrafo 2 richiede l'unanimità.
2. Fatte salve le competenze riconosciute alla Commissione in questo settore, la firma, eventualmente accompagnata da una decisione
riguardante l'applicazione provvisoria prima dell'entrata in vigore, e la conclusione degli accordi sono decise dal Consiglio, che delibera
a maggioranza qualificata su proposta della Commissione. Il Consiglio delibera all'unanimità quando l'accordo riguarda un settore per il
quale è richiesta l'unanimità sul piano interno, nonché per gli accordi di cui all'articolo 310. …
…
6. Il Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione o uno Stato membro possono domandare il parere della Corte di giustizia circa
la compatibilità di un accordo previsto con le disposizioni del presente trattato. Quando la Corte di giustizia abbia espresso parere
negativo, l'accordo può entrare in vigore soltanto alle condizioni stabilite dall'articolo 48 del trattato sull'Unione europea.
7. Gli accordi conclusi alle condizioni indicate nel presente articolo sono vincolanti per le istituzioni della Comunità e per gli Stati
membri.
12
Lussemburgo per quanto attiene all’interpretazione delle clausole degli accordi del
diritto dei Trattati.
Il diritto internazionale vincola la Comunità in quanto direttamente riconosciuto, ed è il
caso delle Convenzioni OIL e dei Trattati in cui la Comunità è direttamente
rappresentata, o indirettamente nel caso dei Trattati internazionali sottoscritti da tutti gli
Stati membri e che rientra nel rispetto delle tradizioni di diritto comuni ad essi ai sensi
dell’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea firmato a Maastricht nel 92.
Fra le convenzioni multilaterali di diritto internazionale che rilevano nelle materie del
lavoro degli immigrati da paesi terzi, vi sono anzitutto le convenzioni OIL: n.19/25
sull’uguaglianza di trattamento dei lavoratori stranieri e nazionali; n.48/35 sui diritti dei
lavoratori; n.87/48 sulla libertà sindacale; n.97/49 sulle migrazioni per motivi di lavoro;
n.102/52 sul trattamento minimo di sicurezza sociale; n.103/52 sulla protezione della
maternità; n.111/58 sulla discriminazione in materia di lavoro; n.118/62 sulla
uguaglianza fra cittadini e stranieri in materia di sicurezza sociale; n.143/75 sulle
migrazioni abusive e la parità di trattamento dei lavoratori migranti; n.157/81 in
materia di sicurezza sociale.
Tra gli altri atti convenzionali multilaterali, i più rilevanti per i temi trattati sono: la
Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950; la Convenzione relativa ai
lavoratori frontalieri del 1950; la Convenzione di New York sullo stato degli apolidi
del 1954; la Convenzione istitutiva dell’OCSE
47
; la Carta sociale europea del 1961; il
Patto sui diritti civili e politici dell’ONU del 1966; il Patto sui diritti economici, sociali
e culturali dell’ONU del 1966; la Convenzione europea di sicurezza sociale del 1972;
la Convenzione europea sullo status giuridico dei lavoratori migranti del 1977; la
Convenzione europea sulla tutela dei dati personali del 1981; l’Accordo europeo sulla
concessione di cure mediche alle persone in soggiorno temporaneo del 1985; l’Accordo
di Schengen sulla soppressione graduale dei controlli alle frontiere comuni del 1985 e
la Convenzione complementare sulla attuazione dell’Accordo di Schengen del 1990; la
Convenzione della Nazioni Unite sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti del
1990; la Convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti del fanciullo del
1990; la Convenzione europea sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica del
1992.
Struttura e finalità del Titolo IV° del Trattato CE
Gli art. da 61 a 69
vi
del trattato istitutivo della Comunità europea sono stati introdotti
dal Trattato di Amsterdam del 97 ed attribuiscono alla Comunità la competenza ad
attuare misure sulle materie di visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con
la libera circolazione delle persone, al fine di istituire progressivamente uno spazio di
47
OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), in inglese OECD “Organization for economic cooperation
and development”, è nata il 14 Dicembre 1960 quando la OECE (Organisation for European Economic Co-operation), che era stata
formata nel 1948 per amministrare gli aiuti del Piano Marshall al fine della ricostruzione dell'Europa dopo la II guerra mondiale, venne
ricostituita in OECD con un nuovo obiettivo: incrementare gli scambi commerciali nei paesi occidentali e far crescere la loro economia.
In seguito gli obbiettivi OCSE si estesero: ad essa aderiscono 30 paesi membri, fra cui Usa e Canada, ha relazioni attive con altri 70 altri
paesi, con le ONG e la societa' civile.
Le sue pubblicazioni e le statistiche coprono macroeconomia, commercio, istruzione,sviluppo, scienza e innovazione
13
libertà, sicurezza e giustizia, espressione mutuata dal linguaggio politico
48
per indicare
la libera circolazione delle persone e la cooperazione di polizia, amministrativa e
giudiziaria in materia civile e penale. Strumenti idonei a combattere la criminalità e
collaborazione tra le autorità amministrative e giudiziarie sono considerati presupposti
necessari alla realizzazione della libera circolazione che è “libera” cioè, se non è
condizionata da volontà diverse da quella del diritto comune europeo. In altre parole, la
circolazione intracomunitaria è libera solo se c’è rispetto delle regole comuni. E’
evidente che la libera circolazione delle persone tra i paesi membri dell’Unione europea
non può essere pienamente realizzata fin tanto che gli stessi diritti non vengano
attribuiti ai cittadini di Stati terzi regolarmente soggiornanti entro il territorio
comunitario, la maggioranza dei quali sono lavoratori attivi, come si evidenzia nelle
statistiche (figura 7). Inoltre la libera circolazione dei lavoratori cittadini di Stati terzi è
vista dalla Commissione come un vantaggio competitivo che può conferire dinamicità
ai mercati del lavoro comunitari (dettagli nel capitolo 7).
Obbiettivo primario del titolo IV è l’attribuzione alla Comunità dei poteri necessari per
realizzare la libera circolazione dei cittadini degli Stati membri; ciò è confermato
dall’art 61 par.1 lett. a) che considera le “misure volte ad assicurare la libera
circolazione delle persone a norma dell’art.14”, che parla di mercato interno e si
riferisce principalmente ai lavoratori di cui al titolo III (Libera circolazione delle
persone, dei servizi e dei capitali), e a tale scopo si dispone, all’articolo successivo,
l’abolizione dei controlli sulle persone alle frontiere sia per i cittadini dell’Unione che
per quelli di paesi terzi. Questa prima norma è l’unica, nel titolo IV, che riguardi i
cittadini europei; le altre norme del titolo riguardano infatti soltanto i cittadini
extracomunitari.
La libertà di circolazione dei cittadini comunitari non potrebbe essere realizzata senza
abolire anche i controlli personali sugli extracomunitari. Al fine di raggiungere tale
obbiettivo si prevede
49
l’adozione di misure volte a garantire l’assenza di controlli sulle
persone all’attraversamento delle frontiere interne. Tale assenza di controlli di per sé
comporterebbe uno scompenso perché gli Stati membri che esigevano controlli più
rigorosi potrebbero vedersi inermi di fronte all’invasione di stranieri transitanti
attraverso paesi membri con sistemi di controllo meno severi. Viene prevista dunque
l’adozione di misure
50
compensative di controllo sulle persone alle frontiere esterne che
garantiscano un grado di efficacia approvato da tutti gli Stati membri ed alle quali essi
dovranno attenersi. L’ingresso di clandestini viene contrastato sia attraverso la
cooperazione di polizia prevista nel quadro del terzo pilastro al titolo VI del trattato
UE, sia con le misure in materia di politica migratoria previste
51
per il settore
“immigrazione e soggiorno irregolari compreso il rimpatrio delle persone in soggiorno
irregolare” come competenze “concorrenti” purché compatibili col diritto comunitario,
dando così la possibilità per gli Stati di irrigidire i controlli. La competenza della
Comunità è estesa all’espulsione, senza però che sia precisato se tale competenza
riguardi le sole misure che disciplinano i presupposti o anche eventualmente i
48
A.Adinolfi, La libertà di circolazione delle persone, in G.Strozzi, a cura di, Diritto dell’Unione europea, Torino, Giappichelli
49
Trattato CE art.62 par.1
50
Trattato CE art.62 par.2 lett.a
51
Trattato CE art.63 par.3 lett.b)
14
provvedimenti di allontanamento, lasciando poi agli Stati il procedimento di
esecuzione, la regolamentazione delle modalità esecutive e la disciplina delle garanzie,
quali il ricorso giurisdizionale, nei confronti dei provvedimenti di espulsione.
L’art.61 svolge una funzione di introduzione e di collegamento, elenca le materie che
sono assegnate alla competenza normativa della Comunità unitamente agli articoli del
Trattato che ne costituiscono la base giuridica specifica, consentendo così l’immediata
individuazione dei fondamenti normativi delle future “misure” che verranno adottate
dal Consiglio nei nuovi settori. Le misure riguardanti la libera circolazione e le materie
migratoria compresi i controlli di frontiera dovranno essere adottate secondo le regole
stabilite dagli art. 62 e 63; le misure di collaborazione amministrativa e giudiziaria in
materia civile sono regolate dagli art.65 e 66; infine la lotta alla criminalità
52
e la
cooperazione giudiziaria in materia penale dovranno seguire le disposizioni del titolo
VI° del trattato istitutivo dell’Unione europea.
L’art. 65 precisa che le misure da adottare nel settore della cooperazione giudiziaria in
materia civile (che presenti implicazioni transfrontaliere), includono il miglioramento e
la semplificazione di: _notificazione transnazionale degli atti giudiziari ed
extragiudiziali;
_cooperazione nell'assunzione dei mezzi di prova; _riconoscimento e dell'esecuzione
delle decisioni in materia civile e commerciale, comprese le decisioni extragiudiziali.
Inoltre la cooperazione giudiziaria in materia civile promuoverà la compatibilità delle
regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di competenza
giurisdizionale;
l'eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili anche
rendendo compatibili, se necessario, le norme di procedura civile applicabili negli Stati
membri.
L’art. 66 prevede l’adozione da parte del Consiglio di misure a garanzia della
cooperazione reciproca tra i servizi amministrativi degli Stati e tra essi e la
Commissione, nelle materie migratorie, dei visti e nelle altre politiche di libera
circolazione. Il Consiglio delibera secondo la procedura di cui all'articolo 67 fino al 1°
maggio 2004; a decorrere da tale data, il Consiglio delibera a maggioranza qualificata,
su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo.
Per quanto non previsto dal titolo IV, è possibile che un’azione normativa suppletiva
possa essere svolta utilizzando l’art.308 del trattato (procedura di miniemendamento)
ed individuando nell’art.61 l’area di competenza della Comunità. Le disposizioni del
titolo IV non sono ritenute idonee a produrre effetti diretti, slla base dei criteri accolti
dalla Corte di Giustizia
53
mentre può ritenersi operante l’obbligo delle istituzioni ad
attivarsi e la mancata adozione delle misure entro il termine dei cinque anni potrebbe
dare luogo ad un ricorso in carenza.
Il titolo IV non indica al Consiglio principi particolari da seguire nello svolgere la sua
attività di disciplina delle materie assegnate, per cui esso dispone di un ampio spazio
discrezionale, che dovrà comunque conformarsi al rispetto diritti fondamentali
enunciati dall’art. 6 del trattato UE, “garantiti dalla Convenzione europea per la
52
le misure per combattere la criminalità fanno riferimento all’art.31 lett. e) del Trattato sull’Unione europea firmato a Maastricht nel
1992.
53
A.Adinolfi, op.citata, pag.80
15
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata il 4 novembre
1950 e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri in
quanto principi generali del diritto comunitario”. Per quanto riguarda ad esempio la
libertà di circolazione dei lavoratori extracomunitari, assumono rilievo i limiti derivanti
dal diritto internazionale riguardanti i provvedimenti di espulsione, come la possibilità
di far valere le ragioni che si oppongono all’espulsione
54
; la tutela della vita privata e
familiare
55
; il divieto di espulsione in uno Stato nel quale lo straniero potrebbe essere
sottoposto a provvedimenti proibiti dalla Convenzione europea
56
. Tali limiti debbono
ritenersi operanti nel trattato CE e nelle norme derivate anche in mancanza di espresso
riferimento in forza dell’art.6 del trattato UE.
La mancata previsione di quali “misure” il Consiglio debba adottare, apparentemente
accresce il potere discrezionale del Consiglio. Tuttavia la competenza attribuita nel
titolo IV alla Comunità è di natura concorrente
57
, e nell’adottare le misure il Consiglio
è limitato dal principio di sussidiarietà che, ai sensi dell’art.5 c.2 del trattato CE,
vincola all’adozione di quegli atti che sia necessario adottare <<soltanto se e nella
misura in cui gli obbiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente
realizzati dagli Stati membri e possono … essere realizzati meglio a livello
comunitario>>. Inoltre <<L’azione della Comunità non va al di là di quanto necessario
per il raggiungimento degli obbiettivi del presente trattato>>. Ciò implica che debba
essere lasciato all’azione degli Stati membri uno spazio normativo il più ampio
possibile.
In alcune materie del titolo IV la lettera delle disposizioni definisce una competenza
concorrente della Comunità e degli Stati: come risulta dall’attribuzione ad adottare, in
materia di asilo, “norme minime”; come appare anche dalle misure previste per la
politica dell’immigrazione dove si precisa
58
che <<le misure adottate dal Consiglio …
non ostano a che uno Stato membro mantenga o introduca, nei settori in questione,
disposizioni nazionali compatibili con il presente trattato e con gli accordi
internazionali>>; così infine l’art.64 par.1, dispone che il titolo IV <<non osta
all’esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento
dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna>>, con la conferma
indiretta della natura concorrente della competenza proveniente dall’art.68 par.2, il
quale esclude la competenza della Corte rispetto alle disposizioni adottate dagli Stati
nell’esercizio delle responsabilità di ordine pubblico e sicurezza interna esercitate
nell’ambito dell’art.61 par.1 (controlli sulle persone all’atto di attraversamento delle
frontiere).
La competenza concorrente degli Stati consente loro certamente di introdurre misure
restrittive, giustificate da esigenze di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza
interna, in deroga alla normativa comunitaria, mentre invece gli spazi normativi di
maggiore elasticità sono limitati dal requisito della compatibilità con le norme
54
Prot.7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e art.13 del Patto sui diritti civili e politici delle Nazioni
Unite.
55
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; vedi interpretazione della Convenzione
della Corte europea dei diritti dell’uomo, sent. 18 febr.91, Moustaquim c. Belgio, Arrets e decisions, 1991, n.193
56
Corte europea dei diritti dell’Uomo, sent. 20 mar.91, Cruz Varas, Arrets et decisions, serie A, 191, n.201
57
G.Gaja, op.citata, vol.I p.91
58
Trattato CE, art.63, par.4
16
comunitarie: eventuali deroghe in materia di ingressi potrebbero riguardare
l’ammissione sul solo territorio nazionale, senza contraddire il diritto comune. Il
“Protocollo sulle relazioni esterne degli Stati membri in materia di attraversamento
delle frontiere”, allegato al Trattato CE, precisa però che le disposizioni comunitarie
sull’attraversamento delle frontiere esterne non pregiudicano la competenza degli Stati
membri a concludere, con paesi terzi, accordi compatibili con il Trattato e con
preesistenti accordi internazionali, confermando la competenza concorrente e
configurando una deroga dal principio enunciato dalla Corte di Giustizia secondo il
quale una competenza comunitaria esterna diviene esclusiva allorché siano state
adottate normative comuni nella materia oggetto dell’accordo esterno
59
.
L’art.67 disciplina la progressività delle procedure di adozione degli atti: nei primi
cinque anni la Commissione e gli Stati membri propongono l’adozione delle misure ed
il Consiglio delibera all’unanimità dopo avere consultato il Parlamento
60
. Gli Stati
acquistano, nelle materie contemplate dal titolo IV del trattato, un potere ulteriore nella
partecipazione al procedimento normativo, essendo già rappresentati entro il Consiglio;
viene meno invece, nelle materie in discorso, la funzione di garanzia rappresentata
dalla Commissione, istituzione indipendente che nel sistema comunitario ha il
monopolio dell’iniziativa nella formazione degli atti normativi. Tale ruolo degli Stati,
peraltro transitorio fino ad un graduale passaggio della materia all’ambito comunitario,
non è che l’eco del metodo intergovernativo da loro utilizzato per le stesse materie
migratorie nell’ambito della cooperazione di 3° pilastro prima del trattato di
Amsterdam. La gran parte dell’attività normativa dovrebbe pertanto essere svolta entro
cinque anni
61
, periodo nel quale perdura il maggior peso degli Stati e durante il quale il
procedimento decisionale, caratterizzato comunque dalla severità del requisito
dell’unanimità, è nel complesso velocizzato lasciando al Parlamento un semplice ruolo
consultivo; trascorsi cinque anni il Consiglio, sempre all’unanimità, decide quali
settori
62
sottoporre alla procedura di codecisione, ex art.251 trattato CE, dove il
Parlamento interviene nel processo decisionale.
Nel “protocollo relativo all'articolo 67 del trattato che istituisce la Comunità europea”,
protocollo allegato al trattato di Nizza
63
del 2000, le “Alte parti contraenti”, hanno
convenuto di bypassare la possibile decisione unanime del Consiglio di affidare alla
procedura di codecisione le materie di cui all’art.66 (cooperazione reciproca tra i
servizi amministrativi degli Stati e tra essi e la Commissione su immigrazione, visti
d’ingresso e altre politiche di libera circolazione) intrucendo il seguente Articolo unico:
<<A decorrere dal 1° maggio 2004 il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, su
proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, per
adottare le misure di cui all'articolo 66 del trattato che istituisce la Comunità
europea>>. La disposizione toglie la possibilità d’iniziativa lasciata agli Stati membri
59
Giorgio Gaja, Introduzione al diritto comunitario, Vol.I p. 145; Conforti, Diritto internazionale, Napoli, 1997, p.170
60
salvo le deroghe che prevedono la maggioranza qualificata per l’adozione dell’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono avere il
visto per l’ingresso e per l’adozione del modello uniforme di visto.
61
A.Adinolfi, op. citata
62
Una deroga è prevista per l’adozione di misure riguardanti procedure e condizioni per il rilascio di visti di breve periodo e per le
relative norme sul visto uniforme, per le quali il passaggio alla procedura di codecisione ex art. 251 trattato CE avviene invece
automaticamente .
63
Trattato di Nizza che modifica il trattato sull'Unione europea, i trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi,
adottato a Bruxelles il 14 febbraio 2000
17
nel periodo transitorio e riduce a maggioranza qualificata la gravosità della
deliberazione per l’adozione delle misure, che richiedevano l’unanimità nel periodo
transitorio. Il Trattato di Nizza ha inteso conferire certezza al procedimento di adozione
di misure nella cooperazione amministrativa tra Stati membri nelle materie disciplinate
dal titolo IV, nonché nel lavoro di coordinamento della Commissione verso tali servizi.
Ciò può rendere più agile la possibilità di trovare un accordo sulle misure di
cooperazione im materia migratoria, snellendo di conseguenza tutto il processo di
comunitarizzazione del diritto migratorio degli Stati.
Le competenze della Corte di Giustizia risultano ridotte, in deroga alle disposizioni
poste dal trattato CE in via generale poiché ai sensi dell’art. 68, il dovere di domandare
alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale sulle questioni sollevate in giudizio e
concernenti l’interpretazione del titolo IV, oppure la validità o l’interpretazione delle
norme da esso derivate, spetta alle sole giurisdizioni nazionali di ultima istanza. Tale
riduzione mira ad evitare i ritardi dovuti al rinvio alla Corte di procedimenti nazionali,
quali l’espulsione, che richiedono rapidità; per contro, la novità della materia, su cui
non ci sono ancora pronunce della Corte, e la riserva all’ultimo grado di giudizio della
facoltà di rinvio alla Corte, rischiano di mantenere per lungo tempo una difformità di
interpretazione del diritto migratorio nei vari Stati membri dell’Unione. In compenso il
Consiglio, la Commissione o uno Stato membro possono chiedere alla Corte di
pronunciarsi sull’interpretazione del titolo IV o degli atti derivati; la decisione della
Corte non si applica alle sentenze passate in giudicato degli organi giurisdizionali degli
Stati membri. La dottrina ritiene sussista l’obbligo dei giudici nazionali di ultima
istanza di proporre la questione pregiudiziale alla Corte così come avviene sulla base
dell’art.234 del trattato. La norma dice che il giudice “domanda” alla Corte di
pronunciarsi (mentre ai sensi dell’art.234 è tenuto) ma ciò non toglie l’esistenza di un
obbligo; in secondo luogo la norma dice che la domanda è proposta dalla giurisdizione
di ultima istanza “qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione”.
Ciò implica un potere discrezionale di valutare se la necessità vi sia
64
ma una volta
deciso a favore della necessità, il giudice ha l’obbligo di rivolgersi alla Corte di
Giustizia. Sono sottratte alla competenza della Corte le misure “concorrenti” adottate
dagli Stati in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e salvaguardia della
sicurezza interna nei controlli personali effettuati alle frontiere interne sui cittadini ed
extracomunitari a norma dell’art. 61 par.1., delle quali i giudici nazionali valutano
anche i profili di legittimità col trattato. Tuttavia l’art. 68 parla genericamente di misure
o decisioni sulle quali la Corte non è competente a pronunciarsi, senza dire esattamente
quali tipi di atti e, poiché lo stesso art.68 non è sottratto alla competenza interpretativa
della Corte, il giudice nazionale dovrebbe rivolgersi alla Corte perché essa determini se
l’atto in questione sia, oppure no, sottratto alla sua competenza.
64
G.Gaja, op. citata, pag.61; Corte di Giustizia, sentenza CILFIT sulla interpretazione art. 234
18