4
A questo punto l’analisi si sposta verso l’approccio dell’istituzionalismo di
rational choice che, attraverso l’introduzione della principal-agent theory, ha soffermato
i suoi studi sia sul processo decisionale tout court, sia, in particolare, sul processo
legislativo che caratterizza i rapporti fondamentali fra i principali attori europei: la
Commissione, il Parlamento, la Corte di Giustizia e gli Stati membri. In ultimo, si
analizza la situazione degli approcci construttivisti i quali, attraverso una forte
contrapposizione con le teorie razionaliste, sembrano dar vita ad una nuova dicotomia
nel campo della integration theory fra construttivismo/razionalismo. Questo verrà
approfondito sia nelle conclusioni del primo capitolo che in quelle finali.
Nel secondo capitolo, invece, si prenderà in esame lo sviluppo che ha avuto la
moderna teoria di Public Choice, a partire da uno dei suoi principali esponenti,
Buchanan, fino ad arrivare agli ultimi approcci che utilizzano strumenti di studio come
la teoria dei giochi o i dilemmi sociali. In particolare si vedrà come la public choice
abbia dato maggior accento allo studio del sistema politico attraverso strumenti che
sono, invece, di natura economica. Questo ci servirà per introdurre la spiegazione della
principal-agent theory, sia attraverso la costruzione di un modello matematico, sia
delineando quelle che sono state alcune sue applicazioni in campo economico e di
scienza politica.
Nel terzo e ultimo capitolo, infine, si prende in esame la parte applicativa di
questo lavoro. Si inizia mostrando il ruolo che rispettivamente i principals (gli Stati
membri) e l’agent (la Commissione) hanno nella politica commerciale comune, finendo
con l’analisi dell’intero processo di decision-making commerciale e prendendo come
esempi applicativi due questioni abbastanza centrali del Doha Development Agenda: la
negoziazione in materia agricola e quella in materia delle c.d. “Singapore issues”. Si
vedrà, quindi come il problema principale che rischia di inficiare la posizione dell’U.E.
durante le negoziazioni internazionali riguarda proprio il rapporto conflittuale che può
nascere fra principal e agent nel caso in cui debbano massimizzare due diversi obiettivi.
Il rimedio viene trovato in una migliore coordinazione sia a livello nazionale, sia a
livello comunitario, dei vari obiettivi lasciando a tal punto maggiore discrezionalità alla
Commissione in sede di negoziazione.
5
A questo, si accompagna un conseguente problema che riguarda, invece, il
rapporto fra efficienza e responsabilità. Attraverso l’analisi di queste due variabili,
vengono intravisti quattro possibili scenari che possono caratterizzare il futuro sviluppo
dell’U.E., e in particolare della politica commerciale comune.
Concludendo, mi pare doveroso fare alcuni ringraziamenti. Il primo grande
ringraziamento va sicuramente ai miei genitori che, attraverso i loro sforzi, mi hanno
permesso di poter giungere fino a questo punto. Il secondo ringraziamento va, invece,
all’aiuto concessomi dal prof. De Luzenberger, il quale, nonostante i suoi molteplici
impegni lavorativi che lo tengono quasi sempre a Bruxelles, con dedizione è riuscito a
trovare il tempo per aiutarmi e migliorare il presente lavoro. In ultimo vorrei ringraziare
la direzione e tutti i residenti della Residenza Universitaria Monterone che mi hanno
accompagnato nei giorni di stesura.
CAPITOLO PRIMO: LE TEORIE DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA
6
CAPITOLO PRIMO
LE TEORIE DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA
1. Introduzione.
Il processo di integrazione europea sin dal suo inizio è stato oggetto di
studio. L’analisi si è andata suddividendo in due filoni principali
1
. Il primo, di più
recente data, detto di “top down” o di “analisi dall’alto al basso”, esaminando
l’impatto dell’integrazione europea sulla politica e sui processi sociali degli Stati
membri, si è focalizzato sulla c.d. Europeanization
2
. Il secondo filone, invece, di
maggiore importanza in questa tesi, si è focalizzato sul processo di integrazione
europea, usando quindi un’analisi di c.d. “bottom up
3
” o di “analisi dal basso
all’alto”. Durante i primi decenni del processo di integrazione la letteratura in questo
settore era principalmente suddivisa fra i neo-funzionalisti, i quali teorizzavano un
processo di integrazione graduale e auto-sostenentesi (si veda ad esempio il concetto
di spillover
4
), e gli inter-governamentalisti, che invece enfatizzavano il ruolo di
custodi dei governi nazionali.
1
Per questa suddivisione si veda l’EUI warking paper di Tanja A. Borzel e Thomas Risse “When Europe
Hits Home: Europeanization and Domestic Change”, 2000 (http://www.iue.it/RSCAS/WP-
Texts/00_56.pdf)
2 Per Europeanization si intende quella “variabile indipendente che si scontra con i processi, le politiche e
le istituzioni nazionali”; Tanja A. Borzel e Thomas Risse; op. cit.
3 In questo campo gli studi sono andati sempre più specializzandosi fino ad assumere il nome di
“integration theory”, la quale è stata largamente dominata da studiosi americani di relazioni internazionali
come Ernst Haas, Leon Lindeberg e Stanley Hoffmann.
Per un approfondimento si vedano: Haas Ernst, 1958, “The Uniting of Europe”, Standford University
Press; Lindberg Leon, 1963, “The Political Dynamics of European Economic Integration”, Oxford
University Press; Hoffman Stanley, 1995, “The European Sisyphus: Essays on European Union”, New
York: St. Martin’s.
4 Il concetto di spillover sostiene che l’obiettivo iniziale di integrazione economica può essere raggiunto
promuovendo il trasferimento di competenze di altre politiche dagli Stati membri verso la Comunità
Europea. In particolare Ernst Haas applicava il concetto di spillover alla CECA, affermando che la
creazione di un mercato comune nel settore del carbone e dell’acciaio creava la necessità di integrare
anche l’intera energia della Comunità (CECA) e avrebbe probabilmente indotto alla creazione di un
mercato comune per tutti i beni e i servizi.
CAPITOLO PRIMO: LE TEORIE DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA
7
Successivamente, il nuovo corso dell’integrazione, che ha condotto alla
creazione dell’Unione Europea (U.E.), all’introduzione di una moneta unica (Euro)
e in quest’ultimo periodo all’elaborazione di una Costituzione Europea, ha attirato
l’attenzione di vari studiosi che si sono dedicati all’elaborazione di diverse teorie.
Vediamo qui di seguito quali sono le principali.
1.1 L’approccio realista e neorealista.
Nell’ambito della teoria realista, con la sua enfasi sulla guerra di tutti contro
tutti per l’ottenimento del potere e sulla priorità della sicurezza nazionale, solo un
esiguo numero di studiosi è riuscito a produrre uno sforzo significante per predire o
spiegare il corso futuro dell’integrazione europea o il suo funzionamento in quanto
istituzione internazionale. Agli occhi dei realisti l’integrazione europea può essere
giustificata solo dal fatto che una organizzazione internazionale integrata e
istituzionalmente elaborata può meglio garantire gli interessi nazionali: in questo
modo, però, la creazione di una confederazione di Stati diventa lo strumento degli
Stati membri per raggiungere il loro obiettivo. Ancora più evidente è stato l’esplicito
disinteresse degli studiosi neorealisti verso le istituzioni internazionali come l’U.E.
considerate come riflessi epifenomenali della sottostante distribuzione del potere
materiale nel sistema internazionale (S.I.). Questo, per esempio, si ritrova nel
pensiero di Kenneth Waltz il quale attribuisce l’irregolare progresso
dell’integrazione europea al fatto che gli U.S.A. sono emersi dalla Seconda Guerra
Mondiale come i garanti della sicurezza nell’Europea occidentale, lasciando gli
Stati liberi di attuare l’integrazione senza preoccupazione alcuna riguardo minacce
alla sicurezza dai loro partners europei
5
. In seguito al rilancio del processo di
integrazione europea, lo studioso neorealista che ha dedicato grande attenzione alla
questione è senza dubbio Joseph Grieco
6
.
5
Waltz, Kenneth, 1979; Theory of International Politics; pagg. 70-71
6
Naturalmente questo non significa che non ci siano stati altri realisti che si sono dedicati alla medesima
causa. Fra questi possiamo ricordare Randall Schweller e David Preiss.
CAPITOLO PRIMO: LE TEORIE DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA
8
Secondo questo autore, per il quale la ripresa dell’U.E. durante gli anni 80 è
servita solo a controbilanciare le minacce economiche degli Stati Uniti e del
Giappone
7
, bisognerebbe portar avanti una ipotesi neorealista di “possibilità di
voci”, intesa come possibilità di protesta per gli Stati; ipotesi che serve anche ad
aprire nuove visioni all’interno della “integration theory”. Nell’elaborazione della
sua teoria, Grieco riprende quelle che sono le idee basilari del pensiero economico
di Hirshman: per questo ci pare doveroso soffermaci su questo economista.
Lo sforzo principale di Hirschman è sempre consistito nel formulare un buon
modello ermeneutico
8
(o storico interpretativo) nel campo dell’economia:
quest’ultima necessita quindi di un approccio che consideri le scelte degli individui
come limitate dal sistema di valori da cui dipendono. Nel suo libro forse più famoso,
“Exit, Voice and Loyalty. Responses to Decline in Firms, Organizations and States”
9
Hirschman osserva come il singolo possa avere diverse reazioni rispetto ad un
evento esterno, indagando a tale scopo sulla differenza fra razionalità individuale e
razionalità sociale. La costruzione teorica di Hirschmann parte dalla insoddisfazione
di un soggetto verso una particolare situazione, insoddisfazione che può essere
espressa in due diversi modi: 1) attraverso la c.d. opzione exit, 2) attraverso la c.d.
opzione voice
10
. Entrambe fanno parte della dicotomia che caratterizza la vita
dell’uomo: la realtà privata (massimizzazione della propria utilità individuale) e
pubblica (cittadino, cioè “essere sociale”). Analizziamo adesso le due opzioni
distintamente.
L’opzione exit consiste in una possibile reazione individuale messa in opera
da un soggetto insoddisfatto dalla fruizione di un bene o di un servizio sia privato
7
Grieco, Joseph, 1996; State Interests and Institutional Rule Trajectories: A Neorealist Reinterpretation
of the Maastricht Treaty and European Economic and Monetary Union; pagg. 262-305
8 Per modello ermeneutico si intende un modello che focalizza la centralità fra lo studioso e il suo
oggetto, individuando ciò che in un certo momento storico li unisce più che dividerli. Il punto
fondamentale per Hirschman diventa pertanto valutare l’incerto, agire nella consapevolezza che il corpo
sociale non risponde agli stimoli in maniera meccanica, così come veniva affermato da numerose altre
teorie.
9
“Exit, Voice and Loyalty. Responses to Decline in Firms, Organizations and States” Harvard University
Press, Cambridge, Mass. 1970; trad. it. “ Lealtà, Defezione, Protesta. Rimedi alla crisi delle imprese, dei
partiti e dello Stato” Bompiani Milano 1982.
10
Entrambe le opzioni sono collegate ad un fallimento del bene.
CAPITOLO PRIMO: LE TEORIE DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA
9
che pubblico
11
. La sanzione si presenta come indiretta, cioè i due agenti dell’azione
non si confrontano reciprocamente effettuando le proprie azioni indipendentemente
dalle azioni altrui (in questo modo ognuno può agire senza dover sapere nulla l’uno
dell’altro).
Per questo la sanzione, attraverso un meccanismo indiretto di selezione
evoluzionista, migliora indirettamente la qualità dei beni e dei servizi. In particolare
l’opzione exit da un lato diventa lo strumento autoregolatore del mercato, nel senso
che nel lungo periodo le imprese sanzionate dalle defezioni dei consumatori sono
costrette o ad aumentare la qualità dei propri prodotti o ad uscire dal mercato stesso,
dall’altro lato mette in funzione un meccanismo automatico di controllo della qualità
dei beni offerti, ponendo l’accento sulla sovranità del consumatore.
L’opzione voice
12
, (che viene ripresa da Grieco) si presenta come una
protesta verso l’impresa, come una espressione di una identità collettiva
contestualizzata in un sistema di regole, diritti ed aspettative ad essa collegata. E’
importante sottolineare l’importanza del termine “identità collettiva”: mentre
l’opzione exit si presenta come un’azione individuale, cioè un’azione che può essere
intrapresa anche dal singolo individuo; l’opzione voice diventa sostanziale solo
qualora sia espressione di una volontà collettiva, nel senso che deve incorporare una
concezione collettiva di valori e un sentimento di giustizia collettivamente
riconosciuto
13
e deve essere accompagnata da una protesta latente di un numeroso
gruppo silenzioso. In questo modo la voice, presentandosi semplicemente come una
protesta, risulta essere meno forte come soluzione rispetto all’opzione exit,
concedendo la possibilità all’impresa di rimediare ai disservizi o alla scarsa qualità
dei beni prodotti.
11
A titolo di esempio, possiamo considerare un consumatore che, insoddisfatto dell’acquisto di un bene
prodotto da una certa impresa, defeziona nell’acquisto successivo, a favore del bene prodotto dall’impresa
concorrente. In questo modo sanziona l’impresa privata.
12
Secondo Hirschman la voice può essere manifestata in due diverse modalità: una detta “orizzontale”,
che consiste in uno scambio di opinioni e critiche tra cittadini; ed una detta “verticale”, che è una effettiva
comunicazione o lagnanza o protesta rivolta alle autorità da un cittadino.
13
Tutto questo rientra in quello che Hirschman chiama aspettative ragionevolmente fondate, che sono la
diretta conseguenza di uno schema di valori sociali e regole collettive internalizzate dai soggetti: in questo
modo la voice è storicamente condizionata.