5
tormenti dell’animo di un uomo del Seicento, prima ancora che di un poeta,
tuttavia essa non può non influenzare la sua produzione letteraria. Ma se da
una parte la conversione fu un vero punto di svolta, dall’altra essa è
strettamente correlata con la vera e propria catastrofe della sua vita: il
matrimonio con Anne More.
Durante gli anni giovanili e gli anni della maturità, Donne era ambizioso, vittima
del piacere sessuale e desideroso di diventare uomo di stato, ottenendo un
impiego duraturo a corte o in qualche apparato pubblico. Questa smania di
potere non lo abbandonò mai e perdurò sino alla sua ordinazione, ma fu
contrastata proprio da quella passione amorosa di cui Donne era vittima in
quegli anni e che lo condusse ad un matrimonio affrettato, che fece precipitare
ogni possibilità di carriera, portandolo alla rovina. La carriera religiosa era ora
l’unica che gli rimaneva aperta, ma che Donne esitò a lungo, prima di
intraprendere, consapevole dell’aridità del proprio cuore.
Per la biografia di Donne ho fatto riferimento a diverse fonti, ma una, in
particolare, si è dimostrata insostituibile e preziosissima: si tratta The Lives of
John Donne, Sir Henry Wotton, Richard Hooker, George Herbert, and Robert
Sanderson di Isaak Walton
3
. Isaak Walton è il biografo che conobbe Donne
durante gli ultimi anni della sua vita e ci fornisce particolari e descrizioni di
grande importanza sulla vita del poeta inglese. Altre fonti altrettanto rilevanti,
per questa parte, sono il testo di Mario Praz, La Poesia Inglese del Seicento e
la raccolta di saggi curata da Frank Kermode, The Metaphysical Poets: Key
Essays in Metaphysical Poetry and the Major Metaphysical Poets
4
.
Nel secondo paragrafo della premessa, ho voluto presentare l’intera produzione
di John Donne, sacra e profana. A questo proposito, ho suddiviso il paragrafo in
dodici sottoparagrafi ognuno dei quali prende il titolo da una specifica raccolta
od opera del poeta, seguendo l’ordine cronologico di composizione. Per ogni
sottoparagrafo ho voluto evidenziare:
ι possibili connessioni tematiche con poeti contemporanei, e non, di Donne –
Petrarca, Ovidio, Sidney;
ι possibili connessioni tematiche con altre opere di Donne;
3
Isaak Walton, The Lives of John Donne, Sir Henry Wotton, Richard Hooker, George Herbert,
and Robert Sanderson, Oxford, Oxford Unviersity Press, 1962.
4
Mario Praz, La Poesia Inglese del Seicento: John Donne, Roma, Edizioni Italiane, 1945; Frank
Kermode (cur.), The Metaphysical Poets: Key Essays in Metaphysical Poetry and the Major
Metaphysical Poets, Greenwich, Fawcett, 1969.
6
ι contesto, circostanze e data di composizione, oltre che modalità di
circolazione;
ι principali temi e caratteristiche dell’opera o della raccolta in questione.
In questo caso, la fonte principale utilizzata è stata la monografia di Arthur
Marotti, John Donne: Coterie Poet
5
.
Il lettore non può che provare meraviglia, trovandosi di fronte ad una
produzione letteraria così composita – in uno stesso autore – sia per temi e
tono che per metro; per ogni componimento e per ogni periodo di
composizione, infatti, Donne utilizza una diversa forma metrica. Basti pensare
che egli abbandonò la produzione in versi, quando venne ordinato, per investire
gran parte della propria energia creativa nella composizione di opere in prosa,
quali i Sermons. Si passa quindi dalle Elegies e dai Songs and Sonets – due
raccolte di liriche amorose, molto simili per toni e temi ed altamente eterogenee,
agli Epigrams, componimenti da collegarsi sempre agli anni giovanili, trascorsi
agli Inns of Court.
Si procede, presentando i Verse Letters e le Satyres. Le prime sono un
documento molto prezioso perché ci introducono direttamente nell’animo e nella
mente di Donne: si tratta infatti di lettere in versi indirizzate agli amici più intimi
del poeta e, proprio per questo motivo, esse includono le riflessioni morali e
filosofiche più personali di Donne, e ci permettono di conoscere qualcosa di più
della sua personalità. Fra queste, spiccano quelle indirizzate a due delle figure
femminili chiave nella vita del poeta: la signora Herbert, sua amica, e Lady
Bedford, sua mecenate. Il tono di queste lettere è confidenziale, appassionato,
lusinghiero – per le lettere indirizzate alla signora Herbert – rispettoso, intenso,
elogiativo – per quelle indirizzate a Lady Bedford. Per entrambi i gruppi di
lettere, è pressoché naturale chiedersi quale sia il confine tra amicizia ed
amore, nel rapporto tra uomo e donna.
Le Satyres, invece, riassumono quel sentimento di amore/odio per l’ambiente
cortigiano presente in tutta la produzione di Donne. Si tratta di cinque satire,
composte sempre nel periodo giovanile, che si propongono di criticare
satiricamente le principali istituzioni dell’epoca, quali la corona, la corte, la
chiesa ed i sistemi sociali, in generale, mettendone in evidenza vizi e
5
Arthur Marotti, John Donne: Coterie Poet, Wisconsin, The University of Wisconsin Press,
1986.
7
corruzione. La quinta satirica, in particolare, oltre ad essere la più famosa, è
anche la più dura ed amara. Tematiche quali l’avidità di potere, di denaro e di
prestigio, ma anche la corruzione e la depravazione politica, si ritrovano in
Metempsychosis, poema satirico ed oscuro, che si propone di attaccare Robert
Cecil
6
.
Seguono due opere che si inquadrano perfettamente nell’ambito delle mutate
condizioni sociali in cui Donne si trovava a vivere: si tratta di Conclave Ignatii e
Pseudo-Martyr. Nel 1615, infatti, ritornato da un periodo trascorso all’estero,
Donne riprende contatto con una società londinese, che ha subito importanti
mutamenti: alla regina Elisabetta I è succeduto il re Giacomo I, ed un cambio
così drastico di sovrano non poteva che avere conseguenze rilevanti
nell’ambiente sociale. Con i Problems, poi, Donne riprende parte delle
tematiche già affrontate nelle Satyres e nella Metempsychosis, ma le adatta alle
mutate condizioni sociali, descritte nelle due opere precedenti.
Biathanatos continua ad essere un lavoro marcatamente giacomiano, che si
posiziona all’estremo opposto di quella che sarà la vocazione religiosa di
Donne: l’opera, infatti, si presenta come un’evidente difesa del suicidio, ed è
stata probabilmente scritta sotto l’influsso degli anni di miseria e d’angoscia che
il poeta dovette affrontare e che lo trascinarono molto lontano dalla fede
religiosa. Una difesa così dichiarata del suicidio non poteva che suscitare orrore
nel futuro decano di St. Paul.
L’ambizione di Donne ottiene la sua massima espressione con gli
Anniversaries. Si tratta di due poemi che hanno lo scopo di commemorare la
morte di Elizabeth Drury, figlia di Sir Robert Drury, cortigiano di Giacomo I e
patrone di Donne. Il primo poema è intitolato An Anatomie of the World e
rappresenta una commemorazione iperbolica delle qualità e delle virtù della
defunta; il secondo è intitolato The Progresse of the Soule, ed insieme al primo
anniversario, appartiene alla produzione più concettosa e marcatamente
metafisica di Donne. Ma il coinvolgimento di Donne nella società cortigiana, il
suo bisogno di avanzamento secolare ed il suo desiderio di beneficiare del
complesso sistema del patronato si ritrovano, sotto diversa forma, anche negli
Epithalamia, che fanno parte della produzione meno conosciuta di Donne.
6
Marotti, John Donne: Coterie Poet, cit., p. 35-seguenti.
8
L’undicesimo e penultimo sottoparagrafo è l’unico, il cui titolo non richiama
un’opera letteraria del poeta, ma rimanda a tutta quella produzione religiosa che
si è soliti attribuire al periodo più maturo della sua vita, agli anni, cioè, della sua
ordinazione e della sua conseguente “carriera religiosa”; tuttavia, sembra che
un certo numero di Holy Sonnets risalgano al 1609, o forse anche prima, quindi
Donne, in realtà scrisse liriche religiose anche prima di prendere i voti. Sotto la
denominazione “produzione religiosa” ho incluso:
ι gli Essays in Divinity, che riassumono le idee di Donne a proposito della
possibilità di intraprendere una carriera ecclesiastica;
ι La Corona, un gruppo di sette sonetti di tematica religiosa, che sembrano
risalire alla morte di sua moglie Anne;
ι gli Holy Sonnets, che mostrano il profondo dolore e tutta la disperazione
personale che Donne provò per gran parte della sua vita;
ι i Divine Poems, che anatomizzano non tanto la corruzione del mondo
esterno, quanto quella del mondo interiore.
Tutti questi lavori sembrano essere il preambolo per quella che sarà l’ultima
produzione del poeta inglese, i Sermons, tra cui non si può trascurare il Death’s
Duell, il suo sermone funebre, che il poeta recitò poco tempo prima di morire,
quasi prefigurandosi questo momento
7
.
Il primo capitolo doveva originariamente costituire il secondo capitolo, mentre
quello sulla poesia metafisica, che è ora diventato il secondo capitolo, era stato
progettato come primo. Questa diversa organizzazione del lavoro dipende da
un fatto puramente tematico: mi è sembrato infatti molto più logico, dal punto di
vista dei contenuti, ravvicinare il capitolo sulla trasmissione dei testi di Donne
alla premessa, poiché questa sezione riprende, in parte, quanto detto nella
premessa a proposito della vita e della produzione di Donne. Il capitolo sulla
poesia metafisica, al contrario, trattando le caratteristiche della lirica del
Seicento ed in particolare di quella di Donne, può essere considerato non solo
come un’introduzione all’arte del poeta inglese, ma anche come una
presentazione della poetica dei Songs and Sonets, tema del terzo ed ultimo
capitolo.
7
Marotti, John Donne: Coterie Poet, cit., p. 151-168.
9
Questo primo capitolo si divide in tre paragrafi, di cui i primi due presentano due
sottoparagrafi ciascuno. Il primo paragrafo rappresenta una necessaria
introduzione al resto del capitolo, trattando di una scienza, la filologia, che ha
come fine la ricostruzione di un testo letterario nella sua forma più vicina
all’originale dell’autore, indagandone la genesi e la struttura. Per far questo,
quattro sono i fattori principali da considerare: il contesto in cui un’opera
letteraria è stata composta, l’evoluzione del testo stesso, la trasmissione
dell’opera e la sua circolazione presso i contemporanei. A questo scopo,
fondamentali sono le nozioni di “contesto fisico” di un testo e di terminus ante
quem e post quem, che sono state qui definite. Si è poi passati ad analizzare il
concetto di copy-text: la problematica individuazione di questo fondamentale
“testo-base” ha necessariamente chiamato in causa due dei principali studiosi
di filologia. Si tratta di Lachmann e di Greg; il lavoro di quest’ultimo, in
particolare è stato continuato principalmente da Bowers, pertanto si può parlare
di una vera “scuola testuale” Greg-Bowers. Non mancano tuttavia riferimenti
accidentali a Philip Gaskell e James Thorpe, le cui teorie si sono sviluppate in
opposizione al lavoro di Bowers.
Verso la metà del capitolo, si parla di varianti, in particolare di varianti di
composizione e di trasmissione e mi è sembrato doveroso approfondire questo
concetto, poiché sono proprio queste varianti a determinare come un testo è
giunto fino a noi ed a creare così tanti problemi ai filologi che cercano di
ricostruire quella versione di un’opera letteraria più fedele alle intenzioni
dell’autore. La nozione di variante ricompare nel primo sottoparagrafo e sarà
approfondita ed esemplificata nel secondo sottoparagrafo
8
.
Il primo sottoparagrafo introduce un particolare oggetto di studio, il “libro
manoscritto”, un oggetto questo di particolare interesse per introdurci nel
mondo della circolazione e della trasmissione dei testi di Donne e della lirica
rinascimentale più in generale. Punto focale della trasmissione manoscritta
erano i copisti, prima scribi-monaci, poi copisti di professione stipendiati da
nobili facoltosi.
Ma i copisti, in quanto uomini, non mancavano di compiere errori. Proprio questi
errori del copista, per i quali Eugène Vinaver ci fornisce un‘interessante
8
Si faccia riferimento a P. Gaskell, From Writer to Reader: Studies in Editorial Method, Oxford,
The Clarendon Press, 1978, p. 45-seguenti.
10
spiegazione, ci ricollegano al concetto di variante, già affrontato, ed in
particolare ci si concentra qui su di un particolare tipo di variante, propria del
copista. Si tratta delle varianti meccaniche, che si suddividono in
fraintendimenti, omissioni ed aggiunte. Ognuno di questi tre gruppi comprende
diversi tipi di errori del copista. Dalla circolazione manoscritta si passa poi alla
stampa di un testo, metodo utile per fissare e stabilizzare un testo che
cambiava in continuazione, nella trasmissione manoscritta, anche se pratiche
editoriali poco precise potevano a volte essere l’origine di nuove varianti
testuali. Altre volte, poi si poteva avere una sorta di circolazione parallela tra
versione manoscritta e versione a stampa delle opere di uno stesso autore.
La questione delle varianti è particolarmente interessante per il caso di Donne,
la cui poesia è l’esempio più chiaro di malleabilità testuale. Si sono quindi
considerati i documenti dei testi di Donne di cui disponiamo – i tre gruppi di
manoscritti dei suoi lavori – la natura dei vari tipi di corruzioni testuali, in essi
presenti, e le principali ragioni di simili corruzioni. Infine, si sono forniti alcuni
esempi di varianti che interessano alcuni poemi dei Songs and Sonets e
soprattutto “A Valediction: forbidding mourning”.
Nel secondo sottoparagrafo, la questioni delle varianti d’autore – e non – è
messa in relazione al difficile compito del curatore di un testo letterario. Uno
degli stadi particolarmente interessanti del lavoro del curatore, comporta la
scelta tra una versione “puramente testuale” ed un testo inclusivo; una volta
definite queste due tipologie testuali, si è voluto considerare un oggetto di
studio particolarmente interessante: il testo genetico. In chiusura di paragrafo,
poi, al fine di mostrare come la prima stesura di un testo non sia assolutamente
quella definitiva, si è voluto fornire, a titolo esemplificativo, un esempio “non-
donniano” di varianti testuali. Si sono presi in considerazione alcuni testi
appartenenti a quel gruppo di sonetti contenuti nel Canzoniere petrarchesco,
che, per continuità di simboli e di tono, sono detti sonetti dell’”aura” e si è fornita
la prima redazione e quella definitiva di tre sonetti petrarcheschi, appartenenti a
questo ciclo. Sono i sonetti CXCIV, CXCVI e CXCVII
9
.
Con il secondo paragrafo del primo capitolo, il discorso passa dal generale al
particolare e non si parla più tanto di trasmissione manoscritta in generale,
9
Si faccia qui riferimento a D.C. Greetham, Textual Scholarship: An Introduction, New York e
Londra, Garland Publishing, 1992, p. 305-358.
11
quanto di trasmissione manoscritta applicata allo specifico caso di John Donne.
Egli infatti fu un poeta che relegò la propria opera prevalentemente alla
circolazione manoscritta ed era solito scrivere per un pubblico di amici,
conoscenti e mecenati, oltre che per sua moglie. Da questo fatto, deriva
l’appellativo di coterie poet, o coterie literature, con cui Arthur Marotti apostrofa
il poeta inglese e la sua produzione letteraria e che è stato qui impiegato come
titolo del paragrafo. La fonte principale di questo paragrafo, così come dei due
sottoparagrafi che seguono, è infatti la stessa utilizzata nella premessa: la
monografia di Marotti, John Donne: Coterie Poet
10
.
Seguendo il punto di vista della monografia di Marotti, la vita e la produzione di
Donne sono inscindibili e, proprio per questo motivo, si può affermare che
Donne è un coterie poet. Tre ambienti hanno svolto un ruolo determinante nella
vita del poeta:
1) la corte, attorno a cui ruotavano tutti i suoi interessi, ma a cui egli non
appartenne mai veramente, non diventando mai un “courtier poet”;
2) l’università, ambiente a lui molto vicino;
3) gli Inns of Court a Lincoln’s Inn, istituzione che formava la classe dirigente
dell’epoca e che Donne frequentò durante gli anni giovanili.
Sono tre ambienti che presentano punti di contatto evidenti ed in cui era diffusa
la pratica della compilazione di antologie e della raccolta di versi di diversi autori
in miscellanee o in “quadernetti” per uso privato. La modalità di circolazione
delle liriche, diffusa in questi ambienti, era il manoscritto ed è questa la modalità
di circolazione anche dei versi di Donne.
Nel sottoparagrafo successivo si riconsidera tutta la produzione di Donne, in
ordine cronologico e si cerca di mettere in evidenza, per ogni raccolta od opera,
le particolari circostanze di composizione – coterie circumstances – la modalità
di circolazione e il coterie audience che Donne si prefissava di raggiungere.
Egli, infatti, tentò sempre, per quanto possibile, di definire le circostanze socio-
letterarie della circolazione delle proprie opere, tanto di quelle in prosa che di
quelle in versi, evitando il più possibile che esse potessero raggiungere persone
non appartenenti al ristretto gruppo di intimi, che costituivano i lettori usuali dei
suoi lavori. L’unica eccezione è rappresentata dagli Anniversaries, che sono gli
10
Arthur Marotti, John Donne: Coterie Poet, Wisconsin, The University of Wisconsin Press,
1986.
12
unici lavori ad essere pubblicati (1611-1612), mentre il poeta era ancora in vita
e che quindi sono i soli ad essere conosciuti da un vasto pubblico, all’epoca.
Con il terzo ed ultimo paragrafo del primo capitolo, si passa dal contesto del
manoscritto a quello della stampa, ed si fa riferimento in particolare ad un anno-
spartiacque: il 1633. Questo fu l’anno della pubblicazione simultanea e postuma
dei Poems di John Donne e di The Temple di George Herbert e questo evento
fu determinante per rafforzare la relazione tra la poesia lirica e la stampa,
aiutando a normalizzare la pubblicazione delle raccolte poetiche ad opera di
singoli autori. All’edizione autorevole dei Poems di Donne del 1633, ne
seguirono altre: nel 1635, 1639, 1649, 1654 e 1669; nel 1719, si è avuta una
settima edizione, di autorevolezza decisamente inferiore alle precedenti. In
questo paragrafo, si fornisce un commento per ognuna delle sette edizioni, oltre
che il frontespizio, per confrontare i cambiamenti che si sono avuti nell’arco
degli anni
11
.
I primi due paragrafi del secondo capitolo si propongono di definire il termine
“metafisico” ed il concetto di “wit”, mettendoli in rapporto con il secentismo
europeo ed in particolar modo inglese. Con il primo paragrafo, si comprende
come questo “gusto per i concetti”, prevalso nel Seicento, non sia un fenomeno
isolato, ma si sia diffuso in tutta Europa, assumendo forme diverse a seconda
del paese, in cui si è manifestato. Si sono quindi descritte le principali
caratteristiche di questa nuova “moda”, il concettismo, che interessò non solo la
poesia, ma tutte le arti plastiche, e che può essere riassunta nella figura di un
poeta italiano: Giovan Battista Marino. Secondo Marino, infatti, il fine ultimo del
poeta è quello di suscitare meraviglia e stupore nel lettore, e scoprire
l’argutezza nelle cose inanimate e negli avvenimenti. Non è difficile riscontrare
come questa frase sia stata presa alla lettera dai poeti secentisti e non solo,
non ultimo John Donne. E proprio per il ruolo chiave svolto da questo poeta
napoletano, e per la sua vicinanza con Donne, ho deciso di approfondire
brevemente l’arte e la vita di Marino. In questo modo, è nato il primo
sottoparagrafo 2.2.a.
E l’Inghilterra? L’effetto della prima fase del Rinascimento italiano, denominato
11
Marotti, John Donne: Coterie Poet, cit., p. 45-73.
13
Umanesimo, non tardò a farsi sentire anche qui, ma l’effetto dell’Umanesimo
sulla letteratura fu estremamente lento in Inghilterra e gli inglesi non colsero che
la fase conclusiva del Rinascimento italiano, quando era già spuntato
all’orizzonte l’astro di Marino. Da questo deriva il carattere esuberante e
barocco di tanta poesia elisabettiana ed il fatto che quel tardo Rinascimento con
caratteristiche medievali potesse facilmente innestarsi in Inghilterra, rimasta
medievale fin sulle soglie del regno di Elisabetta I
12
.
Fatte queste necessarie premesse storiche, il secondo paragrafo introduce e
definisce il termine “metafisico”. Se da una parte vi è una pressoché unanime
accettazione su chi siano i poeti cosiddetti metafisici – John Donne, George
Herbert, Henry Vaughan, Richard Crashaw, Thomas Carew, Henry King e
Thomas Traherne – non si può dire lo stesso del significato attribuibile al
termine “metafisico”. Di certo, questo termine, riferito al suddetto gruppo di
poeti, che scrisse sotto l’influenza di Donne, è stato consacrato dall’uso, da
quando Dryden ha per la prima volta impiegato il termine, nella sua dedica a A
Discourse Concerning the Original and Progress of Satire (1693).
Prima di passare ad esaminare i commenti mossi contro e a favore dei poeti
metafisici, ho ritenuto necessario approfondire la natura del “wit”, che sarà il
termine chiave dei paragrafi successivi. Si tratta di quell’arguzia, tipica dei poeti
metafisici, che permette a Donne di forgiare immagini, che il lettore percepisce
come sorprendenti, ma anche, paradossalmente, profondamente appropriate e
che rendono la sua poetica facilmente riconoscibile, in quanto unica. Questo è il
contenuto del sottoparagrafo 2.2.b,
Per il primo ed il secondo paragrafo e per il sottoparagrafo 2.2.b, ho fatto
particolare riferimento a due fonti, già ricordate: La Poesia Metafisica Inglese
del Seicento: John Donne, di Mario Praz e la raccolta di saggi Metaphysical
Poets: Key Essays on Metaphysical Poetry and the Major Metaphysical Poets,
a cura di Frank Kermode. Per il sottoparagrafo dedicato a Giovan Battista
Marino, mi sono invece riferita all’antologia di letteratura italiana, Testi nella
Storia: La Letteratura Italiana dalle Origini al Novecento, a cura di Cesare Segre
e Clelia Martignoni
13
.
12
Mario Praz, La Poesia Inglese del Seicento: John Donne, Roma, Edizioni Italiane, 1945, p.
54-82.
13
Cesare Segre e Clelia Martignoni (cur.), Testi nella Storia: La Letteratura Italiana dalle Origini
al Novecento, Milano, Mondadori, 1992.
14
I paragrafi 2.3, 2.4, 2.5, 2.6, 2.7 costituiscono un blocco unico e si propongono
di essere una sorta di riassunto delle principali recensioni critiche nei confronti
dei poeti metafisici, da parte di grandi scrittori e critici, quali:
ι Samuel Johnson – 2.3;
ι T.S. Eliot – 2.4;
ι Elizabeth Barrett Browing – 2.5;
ι Coleridge, Hazlitt, De Quincey e Symons – 2.6.
Il paragrafo 2.7, invece, presenta alcune delle principali teorie moderne sui
poeti metafisici e conclude questa “carrellata critica”. Epilogo di quanto è
esposto in questi cinque paragrafi è il paragrafo 2.8, in cui si precisa il momento
in cui non si può più parlare di poesia metafisica, per il fatto che lo stile
metafisico ha ormai perso tutte quelle connotazioni che lo rendevano tale, ed ha
così subito una vera e propria degradazione.
La critica avversa di Samuel Johnson è certamente una delle più famose ed è
servita da catalizzatore per le teorie successive. Egli, infatti, definisce il “wit”
come discordia concors, come unione, cioè, che enfatizza la diversità, dato che,
due cose dissimili sono unite dalla somiglianza o dalla similitudine, che è il
punto o il significato della loro unione. In realtà, Johnson non ha veramente
compreso in che cosa consistesse la poesia metafisica, poiché, notando la
differenza tra questa “nuova poesia cerebrale” e la poesia, basata sulle
generalizzazioni poetiche, allora alla moda, ha pensato che la prima fosse ciò
che viene dopo la natura, e che quindi non è spontanea, ma artificiale ed
affettata
14
.
La critica di T.S. Eliot, altrettanto nota, ruota attorno ai concetti di sensibilità
unificata e dissociazione della sensibilità. La sensibilità unificata è propria di
Donne, ed è opposta a quella dei poeti suoi successori, nei quali sarebbe
avvenuta una scissione, o dissociazione della sensibilità, cioè, una troppo netta
separazione tra pensiero, sensazione e sentimento. Ma se il diciannovesimo
secolo ha accettato il verdetto di Johnson, secondo cui i poeti metafisici erano
una deviazione dalla norma della poesia inglese, a T.S. Eliot va il merito di aver
“riabilitato” questi poeti, considerandoli una continuazione in linea diretta della
poesia inglese. E’ questo il punto di partenza del saggio di Elizabeth Barrett
14
Frank Kermode (cur.), The Metaphysical Poets: Key Essays in Metaphysical Poetry and the
Major Metaphysical Poets, Greenwich, Fawcett, 1969, p. 135-180, soprattutto.
15
Browing, la quale sostituisce il concetto di dissociazione della sensibilità, con
quello di mancanza di ispirazione. Ma prima di concludere le teorie critiche sui
poeti metafisici, il paragrafo 2.6, propone tre commenti positivi sulla poetica di
Donne, quelli di Coleridge, De Quincey e Symons, ed uno negativo, quello di
Hazlitt, secondo cui Donne non ha fatto altro che confondere l’erudizione con la
poesia.
Gli anni che vanno dal saggio di Samuel Johnson all’ascensione al trono della
regina Vittoria, mostrarono un crescente interesse nei confronti dei poeti
metafisici, un interesse che è continuato durante il vittorianesimo e che è
culminato con la redazione di antologie ed edizioni il più possibile complete dei
poeti metafisici. Anche i romantici hanno risposto entusiasticamente alla poesia
metafisica, ma il vero “revival metafisico” della poesia di Donne si è avuto in
epoca moderna, e precisamente nel 1921, con i saggi di T.S. Eliot. Da quel
momento i critici moderni si sono preoccupati di escogitare sempre nuovi
strumenti per valutare, interpretare ed assaporare l’incanto della poesia
metafisica, specialmente quella di Donne. Il revival moderno è cominciato. Sono
proprio alcune di queste teorie critiche moderne che sono il soggetto del
paragrafo 2.7.
La crescente enfasi sul realismo psicologico dei poeti metafisici da parte della
critica moderna, ha fatto sì che Donne e la sua scuola diventassero
rappresentativi del temperamento moderno. Infatti, se all’inizio del
diciannovesimo secolo si pensava che la complessità, l’oscurità e la durezza
dei metafisici impedisse la piena manifestazione dei sentimenti personali, con la
prima decade del ventesimo secolo, queste qualità sono divenute sempre più
simbolo di esperienze reali, quotidiane. Questa consapevolezza ha condotto ad
un continuo paragone tra Browing e Donne ed al riconoscimento di una stretta
parentela con la poesia simbolista francese e con la poesia inglese
contemporanea, evidenziata da Eliot
15
.
Ma quando ha avuto inizio la degradazione dello stile arguto di Donne e quindi
di tutta la poesia metafisica? La risposta è contenuta nel paragrafo 2.8. Sono
stati gli accademici, quali Cleveland e Austin, a determinare la degradazione
dell’arguzia. Al fine di sfoggiare la propria erudizione, essi hanno ridotto
l’arguzia ad una serie di formule tecniche, dando così vita – soprattutto
15
Kermode (cur.), The Metaphysical Poets, cit., p. 210-258.
16
Cleveland – ad una poetica decisamente non-drammatica. L’esatto opposto
della poesia di Donne.
A questo punto, dopo aver parlato di poesia metafisica da un punto di vista
“teorico”, ho voluto entrare nell’ambito “pratico” e considerare nello specifico la
tipologia di immagini utilizzata da questo tipo di poesia, oltre a vedere in
particolare come è rappresentata la donna. Impossibile far questo, senza
riferirsi alle immagini utilizzate da Donne ed alla sua rappresentazione della
donna. In ogni caso, gli esempi tratti da Donne, si limitano ai Songs and Sonets,
come ad introdurre l’argomento che sarà ampiamente trattato nell’ultimo
capitolo, il terzo.
Quando si parla di aspetto visuale della poesia metafisica ci si riferisce alla
tradizione dell’emblema, ma anche a tutto quello sconvolgimento
epistemologico, avvenuto tra il sedicesimo ed il diciassettesimo secolo, e che
ha avuto un profondo effetto sulle immagini visuali della poesia metafisica. In
generale, i poeti metafisici, posti tra un periodo che enfatizzava l’approccio
platonico all’epistemologia, ed un periodo che seguiva un approccio più
aristotelico, si ritrovavano in una posizione alquanto singolare, tra un’antica
concezione ed una nuova. Basta riferirsi al vasto uso delle immagini del
microcosmo-macrocosmo di Donne, per capire che egli, nato agli inizi del 1570,
ha assimilato la credenza platonica di un universo fatto di corrispondenze
terrestri-celesti: questo è proprio il concetto d’universo dal punto di vista
dell’emblema, concetto che si ritrova nella poesia elisabettiana
16
.
La caratteristica delle immagini rinascimentali è il fatto di richiedere, da parte
del lettore, quella specifica abitudine mentale secondo cui l’intelligibile è
osservabile nel visibile; si tratta di un’abitudine di derivazione medievale.
Questa tendenza, portata all’estremo, dà origine all’emblema. Gli emblemi
circondavano l’uomo rinascimentale in ogni aspetto della sua vita che potesse
essere sottoposto a visualizzazione, quindi il linguaggio degli emblemi era
automaticamente riconoscibile – e comprensibile – per tutti coloro che vivevano
in quel periodo. L’emblema amoroso associava l’amore profano con quello
divino, ed il linguaggio e l’iconografia dell’amore erano utilizzati da Donne per
attirare il lettore nel proprio mondo meditativo. L’emblema del cuore, in
16
Si faccia qui riferimento a Mary Cole Sloane, The Visual in Metaphysical Poetry, Atlantic
Highlands, Humanities Press, 1981, p. 15-110, soprattutto.
17
particolare, è una delle immagini più utilizzate per la rappresentazione
dell’amore secolare. La rappresentazione della donna nella poesia metafisica –
sottoparagrafo 2.9.a – rientra in questa tradizione emblematica.
Dopo aver esaminato le caratteristiche visuali della poesia metafisica, con i
paragrafi successivi, si entra ancora più nello specifico, e viene presentata la
poesia metafisica di Donne, facendone prima un’analisi generale e poi
considerando più da vicino l’aspetto metrico ed il linguaggio figurativo. Si tratta
infatti di una poesia che è stata subito apprezzata dai contemporanei per la sua
originalità e che deriva dalla metafisica dantesca, pur rielaborandola alla luce
delle nuove concezioni copernicane.
La rozzezza di certi versi, così come le apparenti infrazioni d’accento e di ritmo
di alcune poesie di Donne non appaiono più tali quando si tiene presente che
l’unità della sua lirica non è il verso, e neppure la strofa, ma l’intero poema e
che le leggi che la regolano non sono tanto quelle del canto, quanto quelle
dell’eloquenza. Per approfondire questo ed altri aspetti trattati in questo
paragrafo dell’arte di Donne, ho deciso di inserire, a questo punto, due
sottoparagrafi, uno sulla metrica e sul ritmo della lirica di Donne e l’altro sul
linguaggio figurativo da lui adottato.
L’ultimo paragrafo deriva da un’esigenza “linguistica”. Più volte, infatti, nel corso
del capitolo, si è fatto riferimento alle diverse figure retoriche, impiegate da
Donne nelle sue liriche e si sono anche forniti esempi al proposito tratti dai
Songs and Sonets. Con quest’ultimo paragrafo, quindi, desidero chiarire quanto
le figure retoriche, ed in particolare la metafora, non appartengano
esclusivamente al mondo della poesia, ma siano parte integrante della nostra
esperienza quotidiana, nel modo in cui percepiamo gli oggetti che ci
circondano
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.
Il terzo capitolo oltre ad essere quello più lungo, è sicuramente anche quello più
complesso e costituisce il corpo centrale di questo lavoro, nonostante sia
l’ultimo di tre capitoli. Per la sua complessità, questa parte del lavoro ha
richiesto anche l’intervento diretto del Prof. Hutchings, che mi ha aiutato nella
selezione dei Songs and Sonets da commentare. Si sono scelti i seguenti
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George Lakoff e Mark Johnson, Metaphor We Live By, Chicago, Chicago University Press, p.
35-220.
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poemi sull’amore reciproco: “The Good-morrow”, “The Sunne Rising” e “The
Canonization”. A questi vanno aggiunti due poemi di tematica analoga, che,
tuttavia, costituiscono un gruppo a sé stante per il fatto di collegarsi con la
tradizione dei commiati; si tratta di “A Valediction: forbidding mourning” e “A
Valediction: of weeping”.
Tuttavia, nel corso della stesura, pur mantenendo fede a quanto accordato
insieme, mi sono presa la libertà di aggiungere il commento di alcuni altri poemi
dei Songs and Sonets. La scelta di queste liriche non è stata casuale, ma
segue un preciso filo logico: ho infatti raggruppato tre poemi tra loro molto
dissimili, ma che costituiscono un blocco unico per il fatto di essere indirizzati
alla stessa donna, Lady Bedford. Si tratta di: “Twicknam garden”, “Aire and
Angels” e “A Nocturnall upon S. Lucies day, Being the shortest day”. Il secondo
gruppo, invece, è stato unanimamente riconosciuto dalla critica come tale, per
somiglianza di tema e di tono, e contiene tre poemi indirizzati alla signora
Herbert. Sono “The Blossome”, “The Funerall” e “The Relique”. A questi, si
aggiunge il commento di un ultimo poema: si tratta di “The Extasie”, che ha la
funzione di riassumere e completare la tematica dell’amore reciproco, inteso
come unione di due persone, presente in alcuni dei poemi precedentemente
trattati.
Vissuto in un clima culturale pieno di fermenti e di incertezze, Donne si trova in
bilico tra due opposti – Rinascimento e Riforma, cattolicesimo e
protestantesimo, intelletto e senso, peccato e morte – e tende a conciliarli in
una poesia che accolga come legittima ogni forma di esperienza. La
drammaticità della situazione e del ritmo, il carattere discorsivo di certi
passaggi, gli attacchi iniziali di tipo colloquiale, l’apparente inarmonicità di un
linguaggio volutamente aspro, fanno della lirica di Donne l’espressione più
autentica della crisi di una cultura e di un’epoca. I Songs and Sonets sono una
chiara testimonianza di tutti questi elementi
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Mario Praz, La Poesia Inglese del Seicento: John Donne, Roma, Edizioni Italiane, 1945, p.
48.