estetici, sociali o morali, ma dalla concezione dell’uomo […] come
elaboratore spirituale del mondo»
1
; la stessa concezione
irrazionalistica, secondo cui la realtà non sarebbe altro che una
visione irrigidita e materiale di una più vera essenza spirituale,
sostiene Schönberg, per il quale semmai i presupposti sociali e morali
appariranno come conseguenze involontarie al suo operare artistico.
Non secondariamente, la forte personalità dei due artisti, unita ad un
estrema coerenza interna alla loro opera tutta, hanno determinato il
reale ‘concretizzarsi’ della loro arte, apparentemente astratta (intesa
come illusoria) e arbitraria, sopravvissuta fieramente all’oblio
destinato alle diverse scuole pittoriche intellettualmente ‘post-
impressionistiche e non’ del primo Novecento
2
, nonché musicali, se lo
stesso Strawinsky, da sempre in antitesi più totale con Schönberg,
adotterà metodi seriali nella Cantata del 1952 e nel suo Settimino del
1953.
Con la loro produzione artistica sia Kandinsky che Schönberg hanno
reso cosciente il fruitore che l’arte e i suoi stessi presupposti estetici
sono concetti «convenzionali»
3
(Hofmann) con cui ogni epoca storica
cataloga ambiti differenti. Assicurando quindi l’autonomia creativa ad
ogni epoca specifica, si vuole derivare il valore artistico di essa
solamente dalle sue «forze interiori»
4
: «l’arte che viene prodotta in
queste condizioni diventa una sfida. Il suo quadro storico muta perciò
in modo essenziale, diventa più oscillante, alterabile, contradditorio
che in passato, in cui ci si dedicava eminentemente all’adempimento
di incarichi precisi e programmi di contenuto piuttosto che al
chiarimento della coscienza creativa».
5
1
W. KANDINSKY, Della spiritualità nell’arte: particolarmente nella pittura, prima versione
italiana di G. A. Colonna di Cesaro, Roma, 1940, p.10.
2
Cfr. W. KANDINSKY, op. cit. p.20.
3
W. HOFMANN, I fondamenti dell’arte moderna, Roma, 1996, p.XXV.
4
W. HOFMANN, op. cit. p.XXXII.
5
W. HOFMANN, op. cit. p.XXXV.
E’ proprio questa sfida a costituire il senso di tutta una vita spesa per
l’arte e per la sua necessaria e storicistica evoluzione, una sfida
vissuta soprattutto nei confronti del pubblico e dei critici,
continuamente scettici ed insensibili all’espressione immediata,
privata della sua oggettualità nei quadri di Kandinsky e della ‘sacra
tonalità’ nei capolavori musicali di Schönberg, quindi privata degli
elementi esterni alla libera volontà della psiche; una ‘pura’
espressione perciò destinata ad essere esclusa dall’immediata
comprensibilità.
Così nell’Introduzione allo Spirituale nell’arte Kandinsky scrive:
«l’armonia d’insieme è la strada che conduce all’opera d’arte. Eppure
quest’opera viene osservata con sguardi freddi e indifferenti. I
conoscitori ammirano la fattura (come si ammira un acrobata) e
gustano la pittura (come si gusterebbe una focaccia)»
6
; nelle Lettere di
Monaco Kandinsky sottolinea come durante una mostra della Nuova
Associazione Artistica Monacense del 1910 «il pubblico si lascia
andare a manifestazioni d’astio, di beffa e di offesa»
7
; e ancora nel
Cavaliere Azzurro commenta sprezzantemente il lavoro del critico nel
saggio Il problema delle forme: «non si deve mai credere a un teorico
(storico dell’arte, critico e così via) quando afferma di aver scoperto
nell’opera questo o quell’errore oggettivo. Ancora: l’unica cosa che il
teorico può legittimamente affermare è di non avere ancora conosciuto
questa o quella applicazione del mezzo. E ancora: i teorici che lodano
o denigrano un’opera partendo dall’analisi di forme già esistite, sono
gli ingannatori più pericolosi, perché erigono un muro tra l’opera e
l’ingenuo osservatore»
8
, ma, con l’ottimismo che lo caratterizza, più
avanti annuncia: «io sono certo che verrà un tempo in cui la critica
ritroverà il proprio impegno non nella ricerca del negativo, nella
denuncia degli errori, ma nella ricerca e nella mediazione del positivo,
6
W. KANDINSKY, Über das Geistige in der Kunst, Milano, 1989, p.19.
7
W. KANDINSKY, Wassily Kandinsky Tutti gli scritti, a cura di P. SERS, Milano, 1989, p.21.
8
W. KANDINSKY, F. MARC, Der Blaue Reiter, Milano, 1988, p.142.
delle cose riuscite. […] Di fronte a un’opera d’arte ci si dovrebbe
comportare in modo diverso da come ci si comporta di fronte a un
cavallo in vendita: nel cavallo basta un solo difetto importante ad
annullare le qualità positive e a privarlo di ogni valore; nell’opera
d’arte accade il contrario: una sola qualità positiva importante oscura
tutte le qualità negative e conferisce all’opera un grande valore».
9
Nel saggio Sulla comprensione dell’arte
10
del 1912 pubblicato a
Berlino sul periodico “Der Sturm” Kandinsky lamenta l’esigenza dei
critici di dare un’etichetta limitativa all’arte moderna, nello sforzo
vano di comprenderla, mentre una spiegazione che dimostri la
comprensione di un’opera d’arte deve risvegliare ‘forze spirituali’ in
grado di alleviare i mali dell’anima e di consentire di «vivere
l’opera»
11
; nell’articolo Il valore di un’opera concreta, datato 1938 e
scritto durante la maturità del pittore, egli invita a diffidare della
ragione come metro di giudizio in arte e a cercare di comprendere di
un autore l’intera opera prima di formulare una qualsiasi opinione
critica.
12
Interessante è riportare le parole del pittore russo in una lettera del
1912 a Franz Marc dove, con una metafora musicale, commenta
l’indifferenza del pubblico: «il ‘cuore’ umano ha corde tanto spesse
che bisogna tartassarlo con bastoni e gran tenacia perché infine si
riesca a percepire un qualche suono (vale a dire una consonanza). Da
quasi un secolo i francesi percuotono talmente i cuori […] che oggi un
martello tedesco non può riuscire a ottenere nulla. Oggi è
‘comprensibile’ un tocco d’archetto francese. Un tedesco può suonare
meglio di quanto crede, tanto forte gli piaccia, raggiungerà solo dei
duri orecchi. Come mai questo tocco vigoroso (a prescindere dal
colore) nelle cose di Ella [riferito a Franz Marc] è udito oltre che da
9
W. KANDINSKY, F. MARC, op. cit. p.150.
10
Cfr. W. KANDINSKY, Wassily Kandinsky Tutti gli scritti, I, a cura di P. SERS, Milano, 1989,
pp.133-136.
11
W. KANDINSKY, op. cit. p.135.
12
Cfr. W. KANDINSKY, op. cit., pp.199-206.
noi solamente dalla signora Kandinsky (russa), da Schönberg (ebreo),
Stadler (ebreo)?».
13
Dal canto suo Schönberg spesso attribuisce i fischi durante le
esecuzioni della sua musica e l’incapacità di comprendere non al
pubblico, bensì ai critici reazionari e a complotti ben precisi pensati
contro di lui. Del resto, gli artisti singoli che vivono drammaticamente
la frattura tra la propria personalità e le esigenze di mercato, non
possono più servirsi delle stesse istituzioni tradizionali che
rappresentano l’egemonia culturale borghese (teatri, agenzie di
concerto), ma rimangono vittime della loro stessa carica rivoluzionaria
provocando una frattura violenta e inevitabile con l’establishment;
appunto nel tentativo di ritrovare un contatto nuovo con il proprio
pubblico, Schönberg fonda nel 1918 l’Associazione per esecuzioni
musicali private, dove la cosiddetta musica nuova ricerca il contatto
con la collettività verso una fruizione meno superficiale dell’opera
d’arte musicale.
In Criteri di valutazione della musica, contenuto in Style and Idea
Schönberg pone l’accento sul giudizio, a suo parere basato su criteri
più validi e meno esteriori, dei musicofili precedenti all’avvento
dell’industrializzazione, considerando «il ruolo della memoria»
14
,
vitale quando si giudica la musica, indispensabile se detta musica è di
ardua comprensibilità
15
: «l’esperto non è in grado di dimenticare ciò
che ha appreso durante gli studi. Il suo senso di rispettabilità, per
esempio, esclude alcune dissonanze ma ne tollera altre, ed esige molte
qualità come base di valutazione. Così apprezza di più una
composizione soltanto se i temi e le melodie sono ben formulati e
organizzati»
16
, poi propone alcuni problemi di stile, materiale
13
W. KANDINSKY, F. MARC, Prima del Cavaliere azzurro: lettere 1911-1914, Milano, 1997,
p.123.
14
A. SCHÖNBERG, Style and Idea, Milano, 1975, p.181.
15
Cfr. A. SCHÖNBERG, op. cit. pp.178-181.
16
A. SCHÖNBERG, op. cit. p.186.
tematico, eccessivo manierismo, che un esperto dovrebbe sondare
nell’opera che intende valutare
17
. Quindi, in sintonia con il Kandinsky
del 1938, esprime tutto il valore dell’«istinto»
18
come base per «un
buon giudizio»
19
, anche se «sarebbe pericoloso ammettere che
chiunque sia appassionato di musica e sensibile al suo fascino abbia
solo perciò il diritto e la capacità di giudicarne il valore
20
. […] Ciò è
probabilmente assai simile all’idea di Schopenhauer quando
domandava che la valutazione delle opere d’arte si basasse solo
sull’autorità. Purtroppo egli non dice a chi spetti questa autorità, né
come si possa acquistarla, né se resterà incontestabile, né cosa
accadrebbe se chi ne è investito commettesse degli errori»
21
.
Ma l’articolo forse più feroce in questo senso è senz’altro A
proposito di critica musicale dove Schönberg, ripercorrendo la storia
della critica, sottolinea quante barriere si erigessero ogni volta contro
le espressioni di novità, così che la critica d’arte di Vienna era
divenuta sempre più sterile e scontata
22
, quindi scrive: «per poter
percepire un’impressione artistica bisogna che la propria fantasia
collabori creativamente. […] Per trasformare un’impressione artistica
in un giudizio artistico, bisogna essere abituati a interpretare le
proprie sensazioni inconsce, bisogna conoscere le proprie inclinazioni
e il modo di reagire alle impressioni esterne
23
. Per dare un giudizio di
valore, bisogna poi essere in grado di paragonare fra loro le
impressioni suscitate dall’opera d’arte, bisogna trovare, in base alla
propria natura […] o almeno in base alla propria cultura […] un punto
di vista da cui avvicinarsi all’essenza dell’opera. Bisogna avere una
sensibilità per il passato e presentimenti per il futuro; e infine si può
17
Cfr. A. SCHÖNBERG, op. cit. pp.186-188.
18
A. SCHÖNBERG, op. cit. p.189.
19
Ibidem.
20
A. SCHÖNBERG, op. cit. p.190.
21
A. SCHÖNBERG, op. cit. p.191.
22
Cfr. A. SCHÖNBERG, Analisi e pratica musicale: scritti 1909-1950,Torino, 1974, pp.6-9.
23
A. SCHÖNBERG, op. cit. p.9.
ben sbagliare, ma in questo caso bisogna almeno essere qualcuno!».
24
In Maturità, scritto nel 1948 a Los Angeles, ripercorrendo le tappe
musicali della sua attività artistica ammette: «sono certo che le
composizioni del mio ultimo periodo sarebbero almeno rispettate come
meritano se il pubblico avesse l’opportunità di veder resa giustizia
alle opere dei miei periodi precedenti»
25
. Del resto si colloca proprio
nel 1948 la violenta polemica con il redattore musicale del “New York
Times” Olin Downes testimoniata da una breve corrispondenza sulla
responsabilità sullo spettatore di un generico giudizio in arte da parte
di un presunto esperto.
26
Sempre in Style and Idea, quando discute sul diritto di proprietà
dell’opera di un artista, nell’articolo Diritti dell’uomo, lo fa
riferendosi proprio al pubblico: «l’interesse del pubblico per l’opera
d’arte è troppo blando per giustificare che gli si accolli la
responsabilità di esporre i discendenti del genio alla miseria già
sofferta dal genio stesso»
27
, d’altronde, come scrive in Successo e
valore, «se consideriamo le opere dei grandi filosofi […] constateremo
che quanto più un’idea è profonda tanto meno può attingere il
successo».
28
Fin da queste premesse è possibile notare un atteggiamento più
idealista in Kandinsky, preoccupato di affermare tutta la forza della
sensibilità nell’arte tralasciando, al contrario del suo corrispondente
viennese Schönberg, proposte teoriche per un miglior livello di critica
e di pubblico. Chiaramente ciò non è dovuto a superficiale leggerezza
per il mondo circostante, ma per marcare un primo gradino attraverso
cui i critici devono passare per aprirsi alle novità con maggior
impegno e competenza storica, per conoscere sì il passato ma anche
24
A. SCHÖNBERG, op. cit. p.10.
25
A. SCHÖNBERG, op. cit. p.287.
26
Cfr. A. SCHÖNBERG, Lettere, Firenze, 1969, pp.271-277.
27
A. SCHÖNBERG, Style and Idea, Milano, 1975, p.203.
28
A. SCHÖNBERG, Analisi e pratica musicale: scritti 1909-1950,Torino, 1974, p.201.
per saper adattare criteri tradizionali a contenuti nuovi. Lo stesso
spirito, sentito più drammaticamente per via di precarie situazioni
personalmente vissute, anima gli scritti di Schönberg, portavoce
anch’egli teorico e pratico di quel principio della necessità interiore,
che è un imperativo all’espressione ‘pura’ di se stesso, con ‘puri’
mezzi artistici, che l’artista consapevole deve rispettare, per non
tradire se stesso, a costo della solitudine e dell’incomprensione più
radicale come prezzo da pagare.
Questa tesi si propone l’illustrazione delle diverse fasi che i due
artisti attraversano parallelamente, dalle prime influenze artistiche con
i primi tentativi creativi, le prime opere e le prime composizioni
sceniche, passando per i rispettivi contributi teorici, la collaborazione
artistica (segnata da un’intensa quanto breve amicizia), fino al periodo
di stasi seguito al primo conflitto mondiale, caratterizzato da un
impegno organizzativo e da problemi artistici, ovvero conflitti
interiori, che inaugurano la nuova fase definita ‘costruttivista’ (nel
senso più generale del termine) con l’Accademia Statale Bauhaus e la
Dodecafonia, per concludere con l’esilio subito da entrambi,
contraddistinto da una nuova stagione creativa e dai tanto attesi
riconoscimenti artistici ufficiali.
Seguendo passo per passo l’avventurosa vita dei due artisti, lo
scritto metterà in evidenza le analogie e le differenze nello sviluppo
artistico, dagli inizi quasi tradizionali (con una predilezione per
l’elemento arcaico originario), dal graduale allontanamento dalle
regole precostituite dell’arte, con l’idea dell’artista come guida-
profeta, il rifiuto del materialismo (teosofia per Kandinsky e religione
per Schönberg) e le teorie sulla sintesi delle arti (applicate nelle
composizioni sceniche), fino al periodo della ricerca di un nuovo
ordine formale in seno ai nuovi contenuti che entrambi esprimono,
anche nell’impegno didattico; senza tralasciare perciò la diversa
condizione sociale, l’ideologia politica, l’ambiguo rapporto con la
scienza e, naturalmente, la loro duplice natura artistica.
29
Nelle linee generali, infine, la tesi si ispira al saggio di Jelena Hahl-
Koch Kandinsky e Schönberg. Documentazione di un’amicizia
contenuto nel volume Musica e pittura: lettere, testi, documenti
(Torino, Einaudi 1988).
29
Per quanto riguarda la grafia dei nomi propri stranieri ho utilizzato la lingua inglese, mentre ho
preferito mantenere la lingua tedesca per Schönberg e per altri illustri artisti suoi connazionali.
Capitolo I
APPRODO ALL’ARTE E PRIME INFLUENZE ARTISTICHE
Wassily Kandinsky nasce a Mosca il 4 dicembre 1866; come racconta
nella sua autobiografia R�ckblick (Sguardi sul passato) gi� all�et� di
tre anni rimane fortemente impressionato dal �verde chiaro vivace, il
bianco, lo scarlatto, il nero e il giallo ocra�
1
e dai colori che i diversi
oggetti della vita quotidiana possiedono: il bianco del quadrante
dell�orologio nella nuova casa, i colori dei cavalli; in un viaggio in
Italia con i genitori viene turbato da �due impressioni nere�
2
: una
carrozza nera nel tragitto per Firenze e una gondola a Venezia. Il
giallo ocra di un cavallo visto nella sua infanzia lega Kandinsky a
Monaco il giorno in cui ne vede uno uguale in questa citt�.
A causa della cattiva salute del padre, originario della Siberia
orientale, si trasferisce con la famiglia nel 1874 ad Odessa (Russia
meridionale), rimanendo legato a Mosca come al proprio �diapason
pittorico�
3
, come �l�origine dei miei tentativi artistici�
4
.
Il tramonto a Mosca viene descritto da Kandinsky come l�ora pi�
bella della giornata, �l�accordo finale della sinfonia che avviva
intensamente ogni colore�
5
, come un�ora cos� emotivamente calda da
risultarne quasi impossibile la riproduzione artistica, e perci�
portatrice di tormento interiore; tormento scaturito dalla
consapevolezza dei limiti propri e dell�arte in generale.
Gi� nei primi quadri, quando lo studente Kandinsky dedica alla
pittura solo le ore libere, l�interesse per il colore significa tentativo di
esprimerne la risonanza interiore.
1
W. KANDINSKY, Wassily Kandisnky Tutti gli scritti, II, a cura di P. SERS, Milano, 1989,
p.153.
2
W. KANDINSKY, op. cit. p.154.
3
W. KANDINSKY, op. cit. p.171.
4
Ibidem.
5
W. KANDINSKY, op. cit. p.155.
Nel 1886 studia economia e legge all�Universit� di Mosca; durante
gli studi a Mosca il suo pensiero viene catturato marginalmente dai
movimenti politici delle nuove associazioni studentesche ed in modo
pi� considerevole dall�economia politica, sotto la guida del professor
A. J. Čuprov; dal diritto romano, per la costruzione elegante e
consapevole del pensiero; dal diritto criminale (le teorie del
Lombroso) e dal diritto russo e contadino (da confrontare con quello
romano) e dall�etnografia per conoscere �l�anima del popolo�
6
; i suoi
lavori scientifici vengono apprezzati e, nonostante l�avversione per
l�aspetto pratico dell�economia politica, si avvia per la carriera di
scienziato.
E� in quel periodo che si collocano due esperienze fondamentali per
Kandinsky: la mostra degli Impressionisti francesi, in particolare Il
pagliaio di Monet, tenuta a Mosca e la rappresentazione del
Lohengrin di Wagner al Teatro di Corte; Monet contribuisce a
permettergli di abbandonare i realisti russi per immergersi nelle
atmosfere fiabesche della sua prima pittura, mentre Wagner riesce ad
esprimere in musica quell�ora struggente del calar del sole; Rembrandt
invece, osservato all�Ermitage di Pietroburgo, esprime la stessa forza
della musica di Wagner tramite l�utilizzo della tecnica del chiaroscuro
e accorgimenti cromatici che conferiscono ai suoi quadri una
sensazione di durata temporale. In Sguardi sul passato sottolinea come
i quadri dipinti successivamente a Monaco volessero avere questa
propriet�.
La maestria di Rembrandt scoraggia Kandinsky timoroso di non
riuscire a trovare mezzi espressivi propri e di non materializzare
sensazioni come �il nascosto, il tempo, l�inquietante�
7
, di non dar vita
alla vera composizione, nata dalla vibrazione interiore. La natura gli
appare allora insuperabile.
6
W. KANDINSKY, Wassily Kandisnky Tutti gli scritti, II, a cura di P. SERS, Milano, 1989,
p.157.
7
W. KANDINSKY, op. cit. p.160.
Dotato di un�eccezionale memoria visiva Kandinsky dipinge spesso
a memoria i quadri delle esposizioni, paesaggi (La citt� vecchia) e si
interessa sempre pi� alla forza vitale che scaturisce dagli elementi
propri della pittura, la tela e la tavolozza di colori.
Nell�articolo I Fauves in Russia, pubblicato nel volume Der Blaue
Reiter (Il Cavaliere Azzurro, 1913) il pittore Burljuk descrive la
situazione artistica russa alla fine del secolo come congelata
nell�esaltazione degli Accademici e dei realisti, i quali ostacolano
qualsiasi movimento di ricerca e creazione, mentre nomina Larionov,
Gončar�va, Kandinsky, Jawlensky come fondatori di nuovi principi
estetici dell�arte; essi infatti, ispirandosi all�arte barbarica degli egizi,
assiri e sciti, hanno rivelato nuove strade per la pittura, liberandola
dalla schiavit� del realismo.
8
Si fa strada in Kandinsky la consapevolezza che la pittura non ha
forze inferiori alla musica; la scoperta della possibilit� di dividere
l�atomo, considerata follia fino a pochi anni prima, rende l�attivit�
scientifica quantomai incerta. Durante il viaggio nel governatorato di
Vologda, dove il pittore � stato inviato come etnografo e giurista della
Societ� Imperiale di Scienze naturali, Antropologia ed Etnografia per
studiare il diritto criminale contadino ed i resti della religione pagana
di quei popoli, ha i primi contatti con l�arte antica delle figure e dei
costumi popolari, estremamente variopinti; entrando in una casa ha la
sensazione di muoversi dentro ad un quadro, provando vibrazioni gi�
sperimentate pi� volte nelle chiese e nella cattedrale del Cremlino.
9
Nel 1895, completati gli studi, sposa la cugina Anja e lavora come
direttore presso la casa editrice d�arte Kuchverev. Nel 1896 rifiuta un
incarico di insegnante di diritto all�Universit� di Dorpart e si
trasferisce a Monaco di Baviera per studiare pittura.
8
W. KANDINSKY, F. MARC, Der Blaue Reiter, Milano, 1988, pp. 37-44.
9
Cfr. W. KANDINSKY, op. cit. pp. 153-183.
Nato a Vienna il 13 settembre 1874 da genitori di religione ebraica,
Arnold Sch�nberg trascorre la sua fanciullezza in condizioni
economiche modeste, ma sufficienti per permettergli di dedicarsi alla
musica.
Nell�Introduzione ai quattro quartetti per archi
10
Sch�nberg racconta
alcuni episodi della sua carriera musicale, soffermandosi sugli inizi: a
meno di nove anni comincia a suonare il violino studiando i duetti di
Viotti e Pleyel fino alla composizione di un piccolo poema sinfonico
ispirato al dramma di Schiller I masnadieri. Pochi anni dopo compone
dei trii per archi, acquista alcune partiture di Beethoven e con l�aiuto
del maestro Oscar Adler impara i primi rudimenti dell�armonia; sulla
scorta dei quartetti di Mozart e Beethoven, ne compone subito dei
suoi.
Determinante nella sua evoluzione artistica � la profonda amicizia
con Alexander von Zemlinsky, direttore dell�orchestra di dilettanti
Polyhymnia, di cui Sch�nberg � violoncellista; una volta composto il
Primo Streichquartett (Quartetto) per archi (eseguito in pubblico sei
mesi dopo la morte di Brahms) subisce una svolta compositiva tanto
improvvisa quanto progressiva influenzata dalla comparsa sulla scena
musicale di Mahler e Strauss.
11
A causa della morte del padre nel 1890 � costretto a lasciare la
scuola per impiegarsi in una banca dove rester� fino al 1895, per
provvedere al sostentamento della famiglia. Le condizioni economiche
del musicista sono precarie e nello stesso 1895 diventa maestro del
coro dell�Unione Corale dei Metallurgici a Stockerau e forse vi � un
timido interesse per le idee del socialismo, siccome sono presenti testi
da lui musicati in cui vengono espresse idee rivoluzionarie solidali
con la classe operaia; questa breve parentesi � integrata da un�intensa
attivit� di strumentatore di operette, immediatamente precedente al
10
A. SCH�NBERG, Analisi e pratica musicale: scritti 1909-1950, Torino, 1974, p.244.
11
A. SCH�NBERG, op. cit. pp.244-278.
suo trasferimento a Berlino nel 1901 e che contribuisce a sollevare le
sue magre finanze.
Sch�nberg giovane si � formato quindi in perfetta sintonia con la
tradizione tedesca, partendo dal contrappunto di Bach, Mozart,
Beethoven fino alla continua variazione motivica di Brahms e
Wagner. Pur riconoscendo a Brahms la capacit� di comprendere a
fondo un�idea musicale e a Wagner l�utilizzo di cromatismi di per s�
non progressivi, solo Sch�nberg porter� la mediazione estetica tra
espressione e forma al punto pi� critico.
12
La Vienna che precede lo scoppio del Primo Conflitto Mondiale �
sull�orlo del collasso politico sociale, per il declino del liberalismo
austriaco, che cerca invano di contrastare l�ascesa dei movimenti di
massa, e per il materialismo dilagante; l�effetto pi� immediato risulta
essere la sovversione dei codici sociali dell�alta borghesia e la totale
disintegrazione sociale.
Gli artisti dell�epoca non solo cercano di denunciare questo stato di
cose, ma propongono anche nuove dimensioni etiche: Karl Kraus
contro i pregiudizi artistici e l�architetto Adolph Loos che rifiuta
l�ornamento divenuto principio estetico della Secessione viennese del
1897, per contrapporre la mancanza di esso come forza spirituale.
Nella Francia simbolista di fine Ottocento le teorie del poeta Mallarm�
indirizzano il teatro musicale di Debussy verso la dissoluzione
dell�azione in allusioni simboliche e verso l�indeterminatezza sonora
della scala per toni interi, che reagisce alla saturazione cromatica di
Wagner; il timbro assume per Debussy una funzione fondamentale
come il colore per gli Impressionisti Manet o Renoir; dal canto suo il
musicista razionalista Satie ricerca un colore antiimpressionista colto
nella vita quotidiana, nei cabaret, nelle fiere e insieme a Jean Cocteau
apre la strada al conformismo neoclassico del modello alla
12
A. P. LESSEM, Sch�nberg espressionista: il dramma, il gioco, la profezia, Venezia, 1988, pp.
13-14.
Strawinsky.
13
La posizione delle avanguardie tedesche, che poi confluiranno
nell�Espressionismo, appare invece assai differente; Beethoven per
primo aveva reso il linguaggio musicale completamente
autosufficiente e soggettivo, ma proprio questa interiorit� viene
esternata edonisticamente da Richard Strauss, che riprende
monumentali organici orchestrali alla Wagner e si cimenta nel poema
sinfonico, legato ad un programma letterario, per affermare la volont�
materialistica di supremazia economica e culturale della borghesia
capitalistica; responsabile di quell�allargamento sinfonico cominciato
con Beethoven � Anton Bruckner, importante proprio in rapporto alla
maggior influenza subita da Sch�nberg: Gustav Mahler. Da tutti
considerato pi� direttore d�orchestra che compositore, Mahler parte
dagli stilemi tradizionali della sinfonia classica per superarli con
continui scossoni all�unit� tonale e con esplorazioni verso timbri
inconsueti, caratteristiche queste che si vedranno presto anche in
Sch�nberg, Webern, Berg. Tipico di Mahler � anche l�utilizzo di canti
popolari e folkloristici da lui rivissuti in chiave sinfonica e che nel
contesto storico di fine secolo acquisiscono in altri musicisti un
significato nazionalistico, rifiutato da Sch�nberg come uno strumento
di manipolazione e di illusoria sicurezza.
Tuttavia politicamente Sch�nberg si manterr� sempre su posizioni
conservatrici e antisocialiste, derivate da premesse culturali piccolo-
borghesi, preferendo operare la sua radicale riforma sociale nel campo
prettamente musicale, mettendo in crisi la prassi comune di godimento
acritico e scialbo dell�esperienza artistica corrente.
14
13
Cfr. L. ROGNONI, La scuola musicale di Vienna. Espressionismo e dodecafonia, Torino, 1974,
pp. 6-10.
14
Cfr. A. SCH�NBERG, Style and Idea, con un saggio di Luigi Pestalozza, Milano, 1975, pp.
220-225.