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INTRODUZIONE
L’obiettivo che ci si propone di raggiungere con il presente lavoro è quello di
indagare sulle cause della nascita della pirateria nel Golfo di Aden e sulle
misure di contrasto adottate dalla comunità internazionale per affrontare il
fenomeno.
La prima parte della trattazione è incentrata sulla storia politica della Somalia,
al fine di comprendere come si sia potuto creare un vuoto istituzionale per oltre
venti anni nonostante gli sforzi internazionali e nazionali di istituire un
governo. In seguito alla caduta della dittatura di Siad Barre nel 1991, la
Somalia si è ritrovata frammentata da un punto di vista politico e sociale,
sull’orlo del baratro economico, priva di un governo legale e governata dai capi
dei clan più influenti del Paese. Queste problematiche hanno spinto la comunità
internazionale ad intervenire per cercare di ristabilire l’ordine attraverso
diverse missioni umanitarie su iniziativa dell’ONU (UNOSOM, Unitaf-
“Restore Hope”, UNOSOM II). Tuttavia l’inefficacia di questi interventi ha
portato i paesi regionali del Corno d’Africa ad organizzare alcune conferenze
di pace per la Somalia. Tali iniziative hanno dotato il Paese di un esecutivo
provvisorio (Governo Federale di Transizione) che, sebbene godesse del
riconoscimento internazionale, non veniva riconosciuto da tutte le parti sociali
somale. Questa situazione rappresenta una delle cause dell’origine del
fenomeno piratesco, in quanto la lunga assenza di una forte autorità statale che
garantisse il controllo delle coste somale e la mancanza di un sistema
economico che garantisse la sussistenza della popolazione hanno contribuito
alla nascita della pirateria nel Golfo di Aden.
Nel secondo capitolo, in seguito ad un breve profilo giuridico del fenomeno, si
da spazio alle altre cause favorevoli all’origine e crescita della pirateria. Ci si è
soffermati sulla duplice immagine dei pirati, i quali giustificano le loro azioni
ricorrendo a temi quali la pesca illegale ed il rilascio di rifiuti tossici da parte di
compagnie straniere nelle acque territoriali somale. Queste pratiche sono
2
emerse quando il Paese ha perso ogni capacità di controllo costiero nel 1991, e
i pirati ritengono di aver svolto un ruolo di guardiacoste per sopperire al vuoto
lasciato dalle autorità. Tuttavia dal punto di vista della comunità internazionale
la pirateria costituisce un semplice business criminale, sebbene si riconosca che
povertà e difficile situazione economica abbiano incentivato il fenomeno.
Un’altra condizione favorevole consiste nella posizione geografica strategica
della Somalia. Le coste somale si affacciano sul Golfo di Aden il quale offre
una conformazione molto favorevole agli attacchi grazie alla presenza di un
insidioso stretto, una sorta di collo di bottiglia che rallenta la navigazione. Il
golfo è di particolare importanza per le navi mercantili in quanto è uno dei
corridoi più utilizzati per gli scambi commerciali tra Asia e Europa. Infine
come ultima causa ci si è soffermati sull’alta frammentazione della società
somala. Questa è infatti divisa in clan a loro volta suddivisi in sotto-clan, una
situazione che rende complicato fare della Somalia uno stato forte in grado di
ottenere un efficace controllo sul territorio e contrastare l’azione dei pirati.
Nel terzo capitolo l’analisi si è concentrata sugli strumenti utilizzati per
contrastare il fenomeno piratesco e sulle conseguenze che tali misure hanno
portato. In seguito all’aggravarsi della situazione, la comunità internazionale ha
infatti dato vita ad operazioni di contrasto alla pirateria: l’ U.E. ha lanciato
l’Operazione Atalanta, gli Stati Uniti la Combined Task Force 151 e la NATO
l’Operazione Ocean Shield. Tuttavia i risultati di questi sforzi si sono rivelati
efficaci solo dal 2012, ottenendo inizialmente l’effetto di estendere il raggio
d’azione dei pirati che, per evitare le aree pattugliate dalle flotte internazionali,
si sono spinti fino al cuore dell’Oceano Indiano.
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CAPITOLO I
IL CROLLO DELLO STATO SOMALO
1. Siad Barre al potere e la battaglia dell’Ogaden
Nella notte tra il 20 e il 21 ottobre 1969 un gruppo di militari somali
conquistarono il potere grazie ad un colpo di stato privo di spargimenti di
sangue sfruttando il vuoto istituzionale creatosi con la morte del presidente
Shermarke
1
. Il golpe poteva essere imputabile all’estrema frammentazione che
caratterizzò le elezioni politiche del 1969. Il sistema di rappresentanza
democratico iniziò ad essere accusato di essere strutturalmente debole e
incapace di guidare lo sviluppo e così la partecipazione politica, la democrazia
e l’idea di uno stato post-coloniale
2
, riformista e progressista, furono
rimpiazzate dalla necessità di individuare attori capaci, come gli apparati
militari o i partiti unici, di contenere le minacce portate dalla frammentazione e
dalla corruzione
3
. Il primo provvedimento adottato dalla nuova giunta fu la
sospensione della Costituzione, della Corte Suprema e dell’Assemblea
Nazionale. I partiti politici vennero dichiarati illegali e vennero trasferiti pieni
poteri al Consiglio Rivoluzionario Supremo (CRS) il quale poté così gestire
tutto l’apparato statale senza dover trattare con nessuna forza politica di stampo
civile
4
.
Il punto del programma che per primo venne attuato fu la lotta al tribalismo,
accusato di aver portato il sistema politico alla degenerazione durante la fase
democratica
5
. Il nuovo nazionalismo si concentrava su un’unica fratellanza
sulla base di un’ipotetica identità nazionale somala omogenea, a differenza di
1
Abdirashid Ali Shermarke è stato un politico somalo e secondo presidente della Somalia dal 1967 al
1969.
2
Dopo la Seconda guerra mondiale, il nord del Paese rimase protettorato britannico, mentre la restante
parte fu affidata a una amministrazione fiduciaria italiana. Nel 1960, le due regioni furono unite nella
Repubblica somala.
3
A. Triulzi, M.C. Ercolessi (a cura di), State, Power, and New Political Actors in Postcolonial Africa,
Fondazione Giacomo Feltrinelli Annali, Anno Trentottesimo, Milano, 2002.
4
M. Guglielmo, Somalia, le ragioni storiche del conflitto, Edizioni Altravista, Torrazza Coste, 2008,
p.60.
5
M. Guglielmo, op. cit. p. 62.
4
quello passato che faceva riferimento alla trascendentale fratellanza dei somali
fusa a delle concezioni di clan e lignaggi
6
. Uno dei principali scopi politici
della Rivoluzione fu dunque portare tutte le autorità del Paese sotto il potere
centrale della giunta militare. Una volta al potere la leadership militare abolì la
legge clanica. Il primo passo dello Stato per acquisire legittimità politica, fu
dunque quello di negare e cancellare quei legami comunitari (che in Somalia
erano rappresentati dal clan), perché considerati un ostacolo alla costruzione di
un’identità nazionale. Il multipartitismo venne associato al tribalismo,
giustificando l’inasprimento delle politiche antidemocratiche di Siad Barre
soprattutto sul finire degli anni Settanta. Il dissenso politico fu presto
considerato come fonte di disordine e fazionalismo, lo Stato e la leadership di
estrazione militare apparvero come l’unica forza in grado di assicurare ordine e
unità
7
. Ben presto i principali obiettivi del CRS si tradussero nell’estrema
militarizzazione degli apparati di governo e nella progressiva concentrazione di
potere nelle mani del presidente Siad Barre e di membri riconducibili alla sua
cerchia parentale. Qualsiasi tipo di dissenso politico fu negato, ed il concetto di
unità nazionale si identificò con l’obiettivo pan-somalo di riunificazione delle
“Cinque Somalie”
8
, ovvero l’unificazione dei cinque territori del Corno
d’Africa abitati per la maggior parte da somali: l’ex Somalia italiana, l’ex
British Somaliland, l’Ogaden in Etiopia, il Northern Frontier District in Kenya
e la regione di Gibuti.
Dalla seconda metà degli anni Settanta riprese vigore la questione delle “terre
irredente”
9
, in particolare nei confronti dell’Ogaden, regione sotto
amministrazione etiopica nella quale in seguito alle rivendicazioni del regime
si costituì il Western Somali Liberation Front (Wslf). Il Wslf iniziò con
successo le prime operazioni in territorio etiope nel 1976
10
. Tuttavia
l’avvicinamento dell’Etiopia al Blocco Orientale e gli aiuti militari che vennero
6
I.M. Lewis, A Modern History Of The Somali: nation and state In the Horn Of Africa, Ohio University
Press, Oxford, 2002.
7
M. Guglielmo, op. cit. p. 69.
8
M. Guglielmo, op. cit. p. 70.
9
M. Guglielmo, op. cit. p. 71.
10
C. Clapham (a cura di), African Guerrillas, Indiana University Press, Indianapolis, 1998.
5
forniti bloccarono la conquista dei territori etiopi da parte dei somali,
ribaltando le sorti del conflitto e incrinando sensibilmente i rapporti tra Mosca
e Mogadiscio
11
. Siad Barre cercò allora il sostegno arabo, tuttavia ciò non fu
sufficiente ad evitare al WSLF una serie di sconfitte che portarono, nei primi
mesi del 1978, alla completa disfatta e a un numero di sfollati superiore al
mezzo milione. La maggior parte della popolazione somala dell’Ogaden finì
per affluire nei campi profughi in Somalia, causando molti problemi per la
stabilità e per l’economia del nord del paese
12
.
Con la sconfitta nella Guerra dell’Ogaden il sostegno al generale venne meno,
provocando una svolta nel regime di Siad Barre: la Somalia era scossa al suo
interno da una gravissima crisi economica e attraversata dal risveglio e dal
dissenso del mai sopito ordine clanico. Questo dissenso si manifestò nel tentato
colpo di stato del 1978, per il quale Siad Barre incolpò il clan dei Mejerteen
contro il quale attuò una durissima repressione
13
. “Questo fu il primo segnale
evidente di una certa clanizzazione delle politiche del regime”
14
. Si trattò di
uno dei primi tentativi di clanizzare l’opposizione con il fine esplicito di
delegittimarla.
La Somalia si ritrovava isolata sul piano internazionale, abbandonata da Mosca
e non ancora accolta dagli Stati Uniti a causa dell’inasprimento della
repressione delle opposizioni da parte del regime. Inoltre subì la condanna
dell’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA) per non aver rispettato il
principio dell’inviolabilità delle frontiere esistenti al momento del
conseguimento dell’indipendenza di ogni Paese coloniale
15
. Falliva così il
progetto di ampliamento dei confini somali di Siad Barre.
11
M. Guglielmo, op. cit. p. 73. L’Etiopia si era da poco avvicinata al blocco sovietico e poteva contare
sull’appoggio di URSS e Cuba.
12
D. Compagnon, “Dinamique de mobilisation, dissidance armée et rebellion populaire: le cas du SNM
(1981-90)”, in Africa, 1992, pp. 503-530.
13
Tuttavia sembra sbagliato riferirsi al tentato golpe come esclusiva espressione dei Mejerteen, anche se
buona parte degli ufficiali coinvolti apparteneva realmente a tale clan. Fu Siad Barre a porre una
questione “migiurtina” per giustificare una serie di epurazioni nell’esercito e nel partito.
14
A. I. Samatar, Socialist Somalia, rhetoric and reality, Zed Books, Londra, 1988, p. 138.
15
M. Guglielmo, op. cit. p. 73.