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Le indicazioni fornite dalla Conferenza vennero riprese dalla Commissione
Europea e tradotte nel primo Rapporto Generale, noto come Primo Piano
Mansholt (1960), al quale aderirono formalmente i sei Paesi membri. Tale Piano
conteneva in dettaglio le regole di funzionamento della Politica Agricola Comune
(PAC) e le proposte operative di regolazione dei prezzi e dei mercati agricoli
comuni. Tali proposte erano articolate per i principali prodotti (cereali, zucchero,
latte, carni, uova, frutta e legumi) e per fasi di applicazione successive
(prevedendo l’entrata in vigore delle prime misure nel 1962 e l’avvio a regime
entro il 1967). Veniva così delineato l’impianto della PAC che sarebbe rimasto
quasi invariato fino al 1992.
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CAPITOLO 1
LA POLITICA AGRICOLA COMUNE (PAC)
1. Le finalità ed i principi fondamentali della PAC
La Politica Agricola Comune (PAC) - in tedesco die Gemeinsame
Agrarpolitik (GAP) - consiste in una serie di norme e di meccanismi che regolano
la produzione, gli scambi e la lavorazione dei prodotti agricoli nell’ambito
dell’Unione Europea (UE), dedicando sempre maggiore attenzione, in particolare,
allo sviluppo rurale.
Tra le politiche dell’Unione Europea la PAC è considerata una delle più
importanti, non solo in ragione del suo peso a livello di bilancio comunitario (essa
infatti ne assorbe circa il 50%, a scalare nel corso degli anni), della parte
consistente di popolazione che si dedica all’agricoltura e dell’estensione del
territorio destinato alle colture, ma anche a causa del suo significato simbolico e
del grado di sovranità che i singoli Stati membri hanno trasferito alla Comunità.
L’importanza della PAC è confermata oggigiorno anche dalla sua stretta
correlazione con il Mercato Unico e l’Unione Monetaria Europea (UME), due
settori chiave dell'integrazione europea.
Le finalità della PAC, secondo quanto stabilito dall'articolo 33 del Trattato
CE, sono i seguenti:
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• incrementare la produttività dell’agricoltura, sostenendo e diffondendo il
progresso tecnico, assicurando lo sviluppo razionale della produzione
agricola come pure un impiego migliore dei fattori di produzione, ed in
particolare della manodopera;
• assicurare così un tenore di vita equo alla popolazione agricola, grazie, in
particolare, all’incremento del reddito individuale di coloro che lavorano
nell’agricoltura;
• stabilizzare i mercati;
• garantire la sicurezza degli approvvigionamenti;
• assicurare prezzi ragionevoli ai beni offerti ai consumatori.
Per raggiungere tali obiettivi, l’articolo 34 del Trattato CE ha previsto la
creazione di una Organizzazione comune dei mercati agricoli (OCM) - in tedesco
Gemeinsamen Organisation der Agrarmärkte (GMO) - che, a seconda dei
prodotti, ha assunto una delle seguenti forme:
• regole comuni in materia di concorrenza;
• un coordinamento obbligatorio delle diverse organizzazioni nazionali del
mercato;
• un’organizzazione europea del mercato.
Le Organizzazioni comuni dei mercati sono state introdotte gradualmente;
attualmente esse esistono per la maggior parte dei prodotti agricoli e costituiscono
gli strumenti di base del mercato agricolo comune in quanto hanno eliminato gli
ostacoli agli scambi intracomunitari dei prodotti, mantenendo invece le barriere
doganali comuni nei confronti dei Paesi terzi.
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Tre principi fondamentali, definiti nel 1962, hanno caratterizzato il mercato
agricolo comune, e quindi le OCM:
1. mercato unificato, inteso come libera circolazione dei prodotti agricoli
nell’ambito degli Stati membri. Premessa per un’adeguata realizzazione
del mercato interno è stata l’applicazione, nell’insieme dell’Unione, di
strumenti e meccanismi comuni. Chiaramente, per conseguire questo
importante obiettivo è stato necessario conseguire anzitutto l’unicità dei
prezzi;
2. preferenza comunitaria: essa significa che i prodotti agricoli dell’Unione
Europea hanno la priorità negli scambi e sono avvantaggiati dal punto di
vista del prezzo rispetto ai prodotti importati. Pertanto il mercato interno è
protetto nei confronti dei prodotti a basso prezzo importati dai Paesi terzi e
delle grandi fluttuazioni che si possono manifestare sul mercato mondiale;
3. solidarietà finanziaria: con essa si intende che tutte le spese ed i costi
inerenti all’applicazione della PAC sono sostenuti dal bilancio
comunitario.
Per quanto concerne il primo punto, e cioè l’unicità del prezzo, si è seguito
un meccanismo di politica dei prezzi basato sulla fissazione di:
• un prezzo obiettivo, che è un prezzo di riferimento teorico per la
regolazione dei singoli mercati dei prodotti;
• un prezzo d’intervento, che è quello effettivo, praticato dalle agenzie
nazionali per la gestione dei mercati agricoli che acquistano i prodotti (nel
caso di ribasso dei prezzi o di surplus produttivi);
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• un prezzo soglia per le importazioni extracomunitarie;
• prelievi variabili sulle importazioni dal resto del mondo;
• restituzioni alle esportazioni a copertura della differenza fra prezzo
mondiale e prezzo soglia.
Questa scelta di affidare alla politica dei prezzi il compito di sostenere
l’agricoltura nel processo di crescita delle economie sviluppate (trascurando quasi
del tutto gli interventi socio - strutturali) ha fondamento su logiche sia
economiche che politiche. Dal primo punto di vista, questo tipo di intervento
assicura un’efficacia straordinaria in termini di aumenti produttivi; dall’altro, la
sua praticabilità politica consiste nella massimizzazione del consenso e
correlativamente nella minimizzazione del dissenso, in considerazione della
grande capacità dell’intervento sui prezzi di soddisfare le istanze dei gruppi
d’interesse organizzati. Inoltre, con tale scelta l’assetto organizzativo ed
istituzionale delle politiche agricole nazionali (specialmente quelle dei Paesi
continentali) è stato trasferito a livello comunitario con pochi aggiustamenti. In
questo modo si evitò lo smantellamento delle strutture esistenti e si ottenne
l’appoggio di tutto il mondo agricolo, elemento questo che risultava oltremodo
importante per tutti i Paesi, visto che l’agricoltura giocava ancora un ruolo
significativo nell’economia e nella società nazionali. Infatti a quei tempi il
contributo dell’agricoltura al prodotto nazionale lordo era pari al 10% in Paesi
come la Francia e l’Olanda, all' 8% in Germania ed addirittura al 20% in Italia;
mentre l’occupazione agricola rappresentava ancora il 23% sul totale in Francia, il
12% in Olanda, il 17% in Germania ed il 34% in Italia.
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Al finanziamento della politica agricola comune si è provveduto con la
creazione del FEOGA.
2. Il Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e di Garanzia (FEAOG)
Le risorse finanziarie della PAC sono state messe a disposizione dal Fondo
Europeo Agricolo d’Orientamento e di Garanzia (FEAOG) - in tedesco der
Europäische Ausrichtungs und Garantiefonds für die Landwirtschaft (EAGFL) -
che rappresenta una parte sostanziale del bilancio comunitario. Il FEAOG è stato
istituito nel 1962 e suddiviso nel 1964 in due sezioni:
• la sezione “orientamento”, che fa parte dei fondi a finalità strutturali e che
contribuisce alle riforme agricole strutturali ed allo sviluppo delle zone
rurali (ad esempio, tramite investimenti nelle nuove attrezzature e nelle più
moderne tecnologie);
• la sezione “garanzia”, che finanzia le spese inerenti all’organizzazione
comune dei mercati (ad esempio, tramite l’acquisto o lo stoccaggio delle
eccedenze e la promozione delle esportazioni dei prodotti agricoli).
In base alle indicazioni del Trattato del 1957, le dette due sezioni
avrebbero dovuto pesare rispettivamente 1/3 e 2/3 del fondo complessivo, ma in
realtà la sezione “orientamento” ha faticosamente raggiunto il 5% negli anni ’80,
aumentando al 7% soltanto dopo le riforme dei fondi strutturali del 1985 e de1
1993. E tutto questo è dovuto al fatto che la sezione “garanzia” è di gran lunga la
più importante e rientra tra le spese obbligatorie nel quadro del bilancio
comunitario, a differenza della sezione “orientamento” che fa parte dei fondi
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strutturali intesi a promuovere lo sviluppo regionale ed a ridurre le disparità
regionali in Europa.
3. Esigenze di cambiamento
La PAC, avviata in un periodo in cui l’Europa si trovava in una situazione
deficitaria per buona parte dei prodotti alimentari, ha contribuito in misura
rilevante a far diventare l’Unione Europea il primo importatore ed il secondo
esportatore (dopo gli USA) di prodotti agricoli del mondo. Il regime dei prezzi
garantiti e di aiuti alla produzione ha costituito un incentivo formidabile per
generalizzati aumenti produttivi, ben superiori alla capacità di assorbimento dei
mercati. Infatti fra gli anni ’70 e ’90 il volume della produzione agricola è
aumentato ad una media annuale del 2%, mentre l’andamento dei consumi
alimentari si è assestato attorno allo 0,5% annuo.
Quindi la politica agraria comune da un lato ha realizzato con successo i
suoi obiettivi iniziali: infatti è riuscita a promuovere sia la produzione che la
produttività, ha stabilizzato i mercati, ha assicurato l’approvvigionamento dei
prodotti ed ha protetto gli agricoltori contro le fluttuazioni dei prezzi sui mercati
mondiali garantendo quindi loro un reddito adeguato. Dall’altro lato però tali
risultati positivi sono stati offuscati da effetti secondari indesiderabili provocati
dagli agricoltori dell’UE che, producendo più di quanto il mercato potesse
assorbire, hanno causato ripetute situazioni di eccedenze produttive e di
conseguenza una crescita esponenziale delle spese agricole dell’UE, determinando
così forti difficoltà nel bilancio comunitario a copertura della spesa agricola
stessa. Inoltre, per garantire un reddito adeguato agli agricoltori, si è mantenuto il
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prezzo dei prodotti alimentari a livelli più elevati rispetto a quelli mondiali
(mediamente de1 20-30%), penalizzando in primis i consumatori europei. Infine
sono da non sottovalutare le difficoltà amministrative legate alla sua complessa
gestione.
Questo è il motivo per il quale la PAC ha dovuto subire, nei quattro
decenni della sua esistenza, numerose riforme.
Il primo tentativo di riforma risale a dieci anni dopo la sua istituzione. Nel
1968, la Commissione ha pubblicato un “Memorandum sulla riforma della PAC”,
comunemente detto “Piano Mansholt”, dal nome del suo promotore, Sicco
Mansholt, all’epoca vice presidente della Commissione e responsabile della PAC.
Il piano prevedeva la riduzione della popolazione attiva in agricoltura e
l’incoraggiamento alla formazione di unità di produzione agricola più grandi e più
efficienti.
Nel 1972 sono state introdotte nella PAC misure strutturali intese a
modernizzare l’agricoltura europea. Tuttavia, nonostante le modifiche a livello
strutturale che si sono susseguite nel corso degli anni, non è stato possibile
eliminare i problemi esistenti; persisteva, infatti, lo squilibrio tra l’offerta e la
domanda di prodotti agricoli, con la conseguente crescita delle eccedenze.
Nel 1983 la Commissione proponeva una riforma sostanziale, proposta che
è stata formulata ufficialmente due anni dopo con la pubblicazione del libro verde
sulle “Prospettive della politica agraria comune” (1985). Con il libro verde si è
cercato di ristabilire l’equilibrio tra l’offerta e la domanda, di formulare nuove
soluzioni per ridurre la produzione nei settori in difficoltà e, in genere, di proporre
possibili alternative per il futuro della PAC.
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Nel 1988 il Consiglio europeo ha raggiunto un’intesa su un insieme di
interventi riformatori, tra cui le linee direttiva sulle spese agricole, che limitavano
la percentuale della spesa della PAC nel quadro del bilancio generale.
4. La riforma della politica agricola
Nel 1991 la Commissione e Ray MacSharry, membro responsabile per
l’agricoltura, hanno presentato due documenti di riflessione sullo sviluppo e sul
futuro della PAC. Tali documenti hanno costituito la base per un’intesa politica
sulla riforma della PAC raggiunta dal Consiglio il 21 maggio 1992.
La riforma rifletteva i grandi principi del “modello agricolo europeo”, fondato
su:
• un’agricoltura moderna e competitiva, capace di imporsi sul mercato
mondiale, garantendo al contempo un equo tenore di vita ed un reddito
stabile agli agricoltori;
• un’agricoltura sostenibile e di qualità, dai metodi produttivi sani, rispettosi
dell' ambiente ed atti a fornire prodotti tali da soddisfare le esigenze dei
consumatori;
• un’agricoltura al servizio delle zone rurali, la quale trae la sua forza dalle
loro diversità e dalle loro tradizioni, e che si propone non solo di produrre,
ma anche di mantenere la campagna attiva e dinamica e di preservare la
qualità dello spazio rurale e del paesaggio;
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• una politica agricola più semplice, che traccia una netta linea di
demarcazione tra ciò che deve essere deciso in comune e ciò che deve
competere agli Stati membri.
Quindi, in sintesi, il modello europeo si è espresso attraverso una politica
agricola più vicina ai cittadini, che ha contribuito a promuovere un’agricoltura più
consona alle esigenze ed alle aspettative della società sia contemporanea che
futura.
La riforma del 1992 ha segnato un’importante svolta verso il
cambiamento, rappresentando il passaggio dalla vecchia alla nuova PAC.
5. Obiettivi della nuova PAC
La nuova PAC si è orientata decisamente verso un’agricoltura europea più
forte e più rispettosa dell’ambiente, capace di mettere a frutto le diversità che la
distinguono e di rispondere alle esigenze della società nel suo complesso.
1. Il ribasso dei prezzi per un’agricoltura europea più competitiva. In
considerazione che una maggiore competitività a livello dei prezzi e della
qualità avrebbe rafforzato la produzione agricola sia sul mercato interno
che sulla scena internazionale, la nuova politica ha previsto un ribasso
progressivo dei prezzi istituzionali su diversi mercati di rilievo (i cereali e
le carni bovine a partire dal 2000, ed il latte a partire dal 2005), ed ha
ripristinato la funzione di rete di sicurezza del regime d’intervento.
Nel contempo sono aumentati i pagamenti diretti ad assicurare agli
agricoltori un reddito stabile ed un tenore di vita più equo. Gli aiuti diretti
sono stati commisurati a fattori rilevanti, quali l’occupazione, gli svantaggi
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naturali ed in particolare i servizi aggiuntivi che gli agricoltori offrono alla
società, come la protezione degli spazi naturali.
2. Un’agricoltura di qualità. La nuova PAC ha tenuto pienamente conto delle
aspettative dei consumatori in materia di qualità alimentare, di tutela
dell’ambiente e del benessere degli animali, ed ha posto la qualità tra le
componenti essenziali della competitività. Il rispetto di norme minime in
tutti questi settori è stato esplicitamente sancito dalle norme che
disciplinano i mercati e lo sviluppo rurale. Inoltre, al fine di controllare la
quantità e la qualità della produzione, il pagamento compensativo è stato
subordinato, nel caso dei cereali e dei seminativi, al ritiro dei terreni dalla
produzione (premio di messa a riposo o set aside), mentre nel caso delle
carni bovine i premi compensativi sono stati assoggettati a massimali
individuali o regionali (in base ad un valore massimo di densità di carico
per ettaro), a sottolineare l’importanza attribuita anche ai metodi di
produzione estensivi.
3. Un nuovo modello di sviluppo. Si tratta di una serie di misure
agroambientali, di rimboschimento e di prepensionamento, in base alle
quali sono stati previsti aiuti agli agricoltori per l’introduzione o per il
mantenimento di metodi di produzione compatibili con la tutela
dell’ambiente, e per il ritiro dall’attività (a favore degli agricoltori di età
superiore ai 55 anni).
L’applicazione di misure ambientali necessarie per la tutela dell’ambiente
e per la conservazione dello spazio rurale è diventata obbligatoria, e gli
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Stati membri sono stati invitati ad attuare le misure di protezione che
ritenevano più idonee.
6. I risultati della riforma e le nuove esigenze dell’agricoltura
La riforma del 1992 è stata considerata in genere un successo, ed i suoi
effetti sono stati giudicati favorevoli per agricoltura europea.
Tuttavia, gli sviluppi negli anni successivi - l’evoluzione internazionale,
l’allargamento dell’Unione ai Paesi dell'Europa centrale ed orientale, i preparativi
per l’introduzione della moneta unica (causa di restrizioni di bilancio), la
concorrenza sempre maggiore dei prodotti provenienti dai Paesi terzi ed i nuovi
cicli di negoziati nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC)
- hanno imposto un’ulteriore adeguamento della PAC, vale a dire una nuova
riforma.
Agenda 2000 ha costituito una tappa in questa direzione.
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CAPITOLO 2
AGENDA 2000
1. Il rafforzamento e l’ampliamento dell’UE
Nel 1999, nel quadro della cosiddetta “Agenda 2000”, l’Unione Europea
ha proceduto a riformare numerose delle sue grandi politiche. Queste riforme,
mirate a trovare soluzioni innovative ed efficaci alle comuni sfide che l’Europa
deve affrontare, si iscrivono anche nello sforzo di preparare l’Unione all’ingresso
di numerosi nuovi Stati membri. I preparativi concreti per cogliere questa
occasione storica di rimarginare le antiche ferite del nostro continente sono già in
corso, ed a questo scopo l’Unione ha provveduto ad incrementare notevolmente il
suo sostegno finanziario ai 13 Paesi candidati, che sono: Bulgaria, Repubblica
Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Romania,
Slovenia, Slovacchia e Turchia.
Per quanto concerne poi la politica agricola comune, la tendenza è che essa
si concentri maggiormente sull’ambiente, sulla qualità dei prodotti alimentari e
sulla vitalità del mondo rurale. La politica regionale dell’UE, da parte sua, deve
continuare a rappresentare uno dei principali strumenti di solidarietà fra i cittadini,
contribuendo a creare posti di lavoro ed a stimolare lo sviluppo economico nelle
regioni meno prospere. Infine, le spese a titolo del bilancio europeo sono
disciplinate da un quadro di riferimento globale valido fino al 2006.
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Per prepararsi al nuovo millennio l’Unione Europea (UE) ha avviato una
fase di costante evoluzione, accrescendo il suo livello di integrazione ed
ampliando le sue competenze. Alcune di queste trasformazioni hanno anticipato le
sfide previste per il successivo ventennio nella sfera politica, nella sfera
economica ed in quella della sicurezza. Invece altre trasformazioni hanno avuto
l’obiettivo di preparare l’Unione ad un aumento senza precedenti del numero dei
suoi membri (sono ben tredici i Paesi interessati), aumento che si prevede che
avvenga nei primi anni di questo secolo.
Inoltre nel 1999 l’Unione ha compiuto diversi passi assai importanti per il
suo avvenire:
• 1° gennaio: nascita dell’euro, con il varo dell’Unione economica e
monetaria;
• 24 - 25 marzo: approvazione, da parte dei capi di Stato e di governo riuniti
per il Consiglio europeo di Berlino, delle riforme dell’Agenda 2000 volte a
modernizzare le grandi politiche ed a preparare l’Unione al suo
allargamento;
• 1° maggio: entrata in vigore del trattato di Amsterdam, che prevede il
rafforzamento dei sistemi di controllo democratico e l’intervento dell’UE
in nuovi settori, quali la creazione di ulteriori posti di lavoro e la tutela dei
Paesi membri contro la criminalità organizzata e l’immigrazione
clandestina;