1
Capitolo I
Edward Christie Banfield
I. 1. 30 Settembre 1999
Il 30 Settembre 1999, nella sua residenza estiva ad Est di Montpelier, nel Vermont
(Stati Uniti), Edward Christie Banfield, ottantatreenne, consumato dall‟età, si spegneva
serenamente, lasciando vedova, dopo sessantuno anni di matrimonio, Laura Fasano. Nella
vita Edward era stato afflitto da diverse malattie, ciò nonostante aveva avuto il beneficio di
una vecchiaia sana
1
. Sua moglie visse ancora fino al 20 Agosto del 2006, quando, lontana
dalla residenza estiva, rese lo spirito, mentre era nella città di New York.
L‟accogliente fattoria del diciottesimo secolo, dove i Banfield trascorrevano un lungo
periodo ogni estate, era luogo d‟incontri amichevoli, di pasti conviviali in buona
compagnia, di momenti familiari intimi e di frequenti visite di conoscenti ed ex allievi del
professore, il quale s‟intratteneva volentieri nel gustare i piaceri della tavola e
nell‟esercitare il suo spiccato humour. Sul carattere, sulla personalità e sulle qualità
intellettuali di Banfield se ne dicono tante. Secondo diverse testimonianze, aveva un
carattere duro ma il cuore buono. Risoluto e determinato, spiritoso e intelligente, faceva
sempre un‟ottima impressione a chi lo avvicinava. Amante del senso dell‟umorismo, viene
testualmente citato da Bagnasco, nel suo saggio, “Ritorno a Montegrano”, introduttivo alla
più recente edizione italiana dell‟opera che intendiamo analizzare:
“Alcune sue affermazioni sono rimaste famose e rendono bene la tempra del
personaggio. Questa, per esempio: << A good professor is a bastard perverse enough to
think what he thinks is important, not what government thinks is important >> ”
2
Unanime è il parere secondo cui il politologo nutrì amore per la sua famiglia e per
amici, parenti e compagni di lavoro a lui più vicini. Diversi colleghi di Banfield, tra i quali
anche personaggi illustri, si recavano alla fattoria a far visita agli sposi. La coppia aveva
quattro nipoti: lo scrittore era diventato nonno. La vita gli aveva dato il piacere di vedere
crescere la propria stirpe. Sua moglie aveva partorito due discendenti: una figlia, Laura
Banfield Hoguet, avvocato, ed un figlio, Elliot A. Banfield, artista grafico. I coniugi
avevano ben coltivato le loro abilità sociali, ed erano altrettanto abili nella cura della terra.
1
Cfr Memoral Minutes: Edward C. Banfield, Harvard University Gazette, 2000-10-17
2
A. Bagnasco, Ritorno a Montegrano, in E.C. Banfield, Le basi morali di una società arretrata, il Mulino,
Bologna, 2010 (p. 13)
2
Si sapeva che ad Est di Montpelier si fossero impegnati, con buoni risultati, nella
cerealicoltura.
I. 2. Famiglia e lavoro
Un saggio di James Q. Wilson
3
, ex allievo e successore di Banfield all‟Harvard
University, ci fornisce diversi dettagli biografici
4
. Un certo attaccamento alle attività
tradizionali di famiglia è innegabile, ma i Banfield non possono essere descritti con
aggettivi simili a “statici” o “abitudinari”. In modo particolare la coppia, soprattutto
agl‟inizi dell‟unione, fu costretta a muoversi e a cambiare ripetutamente domicilio. I due,
da giovani, viaggiarono e si stabilirono là dove era loro garantita un‟occupazione che li
sostentasse.
Alla fine degli anni trenta erano entrambi prossimi a terminare i loro studi al
Connecticut State College. Laura era un anno avanti rispetto ad Edward il quale, già ai
tempi dell‟Università dimostrava attitudini spiccate per il suo futuro lavoro di scrittore,
tanto da ottenere un ufficio come redattore del giornale del College. Essendosi conosciuti
all‟università, terminati gli studi con la cerimonia del conferimento delle lauree, nel
Settembre del 1938 Laura Fasano ed Edward Christie Banfield si sposarono. L‟autore
aveva guadagnato la qualifica in Inglese. Era un periodo di ripresa dopo la Grande Crisi e,
oggettivamente, in America c‟era pochissimo lavoro per gli scrittori. I novelli sposi diedero
inizio ai loro spostamenti trattenendosi in varie località. Laura trovò un impiego
nell‟Animal Disease Laboratory (ufficio malattie animali) facente capo al Dipartimento per
l‟Agricoltura degli Stati Uniti, mentre Edward iniziò con una sistemazione nel giornale di
Rockville
5
, un piccolo centro del Connecticut.
Apriamo una parentesi riguardo al Connecticut. Il legame di Banfield con questa area
Nordamericana non è connesso solo ad un breve periodo di lavoro. Il professore aveva già
vissuto nel Connecticut durante la sua infanzia: quella terra gli aveva dato i natali.
Bloomfield era la sua città d‟origine: venne al mondo nella piccola fattoria di famiglia, il
19 Novembre 1916. A casa di Banfield si professava l‟Unitarianismo (questa dottrina
cristiana nega la Santissima Trinità: secondo questa fede, Dio è una sola persona e Gesù
Cristo e lo Spirito Santo non sono di natura Divina), certamente fin da piccolo Edward fu
educato secondo i valori di questo credo. Lungo tutta la sua vita, tuttavia, egli non professò
alcuna fede religiosa e ammise di fare fatica a conciliare, nei confronti del trascendente, un
3
J. Q. Wilson, The indipendent mind of Edward Banfield, Public Interest, Wednesday, January 1, 2003
4
Una lista di biografie, necrologi e articoli che riguardano E.C. Banfield sono on-line presso
http://edwardcbanfield.wordpress.com
5
Cfr J. Q. Wilson, The indipendent mind of Edward Banfield, Public Interest, Wednesday, January 1, 2003
3
certo ossequio d‟impronta civile con il suo scetticismo di natura intellettuale. Il suo rispetto
per la religione, come avviene per molti altri non credenti, derivava dal pensare che il
Sacro, con i suoi valori e le credenze connesse, fossero elementi vantaggiosi per la vita
della società. Quanto al nucleo della famiglia d‟origine: il padre fu un contadino verace,
legato alla terra e alla campagna, con carattere e gusti d‟agricoltore, molto diversi da quelli
della madre che, invece, preferiva la città. I genitori di Edward trovarono una soluzione di
compromesso a queste divergenze: il papà e l‟intera famiglia si dividevano tra Hartford
(Connecticut), dove questi lavorava, e Bloomfield, dove passavano la maggior parte del
loro tempo. Aver vissuto in due luoghi con caratteristiche diverse gli permise di ampliare
le sue capacità d‟adattamento e di osservazione; in questo modo il nostro autore si trovò a
suo agio nel descrivere tanto i problemi e i caratteri della vita cittadina quanto le questioni
peculiari della vita rurale.
Terminata l‟esperienza di Rockville, nel 1939 lo scrittore fu assunto al New
Hampshire Farm Bureau Federation, cosicché, lui e la moglie si spostarono fino a Concord,
nel New Hampshire. L‟anno seguente fu preso alle dipendenze della Farm Security
Administration (F. S. A.), un‟importante agenzia del New Deal (programma di governo
avviato successivamente all‟elezione del Presidente Democratico F. D. Roosevelt nel
1932). Questa assunzione significò doversi muovere ancora: direzione Upper Darby, in
Pennsylvania. Un paio d‟anni più tardi, pur mantenendo lo stesso lavoro giunsero ad
Indianapolis, per spostarsi pochi mesi dopo a Washinghton D. C. (District of Columbia),
capitale degli Stati Uniti.
Dal 1940, come accennavamo sopra, per alcuni anni, Banfield prestò servizio come
addetto alle pubbliche relazioni presso la F.S.A. (Farm Security Agency), un ente preposto
ad agire per il compimento del New Deal a sostegno degli addetti al settore primario.
Apprese i meccanismi della burocrazia, maturando, attraverso tal esperienza, un principio
di repulsione verso il pensiero pianificatore. Lo scrittore, pur frenato dalla difficoltà di
trovare un‟altra occupazione, era intenzionato a lasciare questo lavoro. Ritenendo che
l‟agenzia con le sue linee politiche danneggiasse coloro ai quali avrebbe dovuto offrire
aiuto, era oramai disincantato riguardo alla politica economica del governo, sebbene fosse
ancora radicato in una mentalità favorevole ad interventi di regolamentazione.
L‟occasione che aspettava, volendo migliorare professionalmente, si concretizzò
attraverso una serie di eventi favorevoli: Banfield conosceva il professor Paul S. Taylor,
docente d‟Economia presso l‟Università della California a Berkeley. Taylor riferì di essere
interessato ad alcuni vecchi fascicoli appartenenti alla Farm Security Administration. Alla
4
F.S.A., probabilmente, avrebbero avuto intenzione di distruggere questi documenti. Allora
Banfield si assunse l‟incarico di scrivere un memorandum per Taylor riguardo a tali
fascicoli. Il suo scritto, grazie alla mediazione di Taylor, giunse presso Rexford Guy
Tugwell, importante membro di un gruppo d‟esperti, detto il “trust dei cervelli”, che
ruotavano attorno al Presidente Democratico Franklin Delano Roosevelt (eletto nel ‟32,
insediatosi nel ‟33 e morto nel 1945 poco dopo la quarta rielezione). Tugwell apprezzò
l‟intelligenza e la preparazione di Banfield, cosicché invitò l‟autore presso l‟Università di
Chicago per seguire il nuovo programma sulla pianificazione che questi avrebbe condotto.
Lo scrittore colse l‟occasione e, ammesso presso l‟Università di Chicago, divenne
dottorando in Scienze politiche.
6
I. 3. Una metamorfosi
Il suo mutamento intellettuale non fu dunque istantaneo, come una conversione
fulminante, bensì graduale. Ogni giorno di più Banfield rivalutava le sue originarie
posizioni di “New Dealer”. Lungo tutto l‟arco degli anni quaranta e fino ai primi del
cinquanta, però, scrisse e pubblicò stampe nelle quali difendeva il punto di vista dei
pianificatori. La rottura con la fede nella pianificazione si realizzò con “Politics, Planning
and the Public Interest”, un libro pubblicato nel 1955 con Martin Meyerson.
Banfield, a maggior ragione nel periodo del Dottorato in Scienze politiche a Chicago,
deve essere considerato uomo in continua formazione; sebbene le sue posizioni si stessero
orientando verso un indirizzo di stampo conservatore oltre che palesemente polemico, egli
non mancò di tornare sui suoi passi nel momento in cui ritenne di doverlo fare. Le sue
stesse esperienze di ricerca contribuirono talvolta a farlo ricredere, talaltra a rendere
radicali le sue posizioni, ma il più delle volte a fargli sviluppare idee ed intuizioni sempre
più innovative ed originali:
“[…] sono importanti al riguardo due ricerche sul terreno. La prima, la tesi di
dottorato, riguarda le misure federali per sostenere la trasformazione in cooperative di
aziende contadine rovinate dalla grande crisi. Lo studio su una di queste fattorie, a Casa
Grande, in Arizona, convince Banfield che quella politica non funziona, perché i contadini
non hanno atteggiamenti cooperativi, e mostrano invece una conflittualità rancorosa, nei
confronti reciproci e con l’esterno, in cerca dello status perduto.
La seconda ricerca, non pubblicata, ma subito successiva, riguarda una ventina di
famiglie di Mormoni a Gunlock, nello Utah; si tratta di contadini poveri, in una zona
6
Cfr. J. Q. Wilson, op. cit.
5
appartata e arretrata, e l’intenzione di Banfield è all’inizio chiara: vedere se contadini
poveri, non aiutati dal governo, cooperano fra loro più dei contadini di Casa Grande. La
conclusione sarà che i contadini Mormoni non cooperano, come avrebbero potuto, in
azioni comunitarie”
7
I. 4. Influenze e formazione
Il politologo si era forgiato in un background intellettualmente prospero,
sufficientemente vario per essere ritenuto politicamente libero, indipendente e, senza
dubbio all‟avanguardia sotto il profilo formativo. Banfield era particolarmente interessato
al corso guidato da Herbert Blumer, un sociologo che lo introdusse agli scritti di William
Graham Sumner e George Herbert Mead. Imparò la sociologia della conoscenza nei corsi
guidati da Louis Wirth. Un‟altra importante influenza fu il teorico sociale Edward A. Shils,
con il quale collaborò scrivendo alcuni modelli concettuali su temi d‟attualità come
autorità ed influenza. Attraverso questi studi iniziò ad acquisire una più vasta visione di
come lavorava la società e come si formavano le personalità umane. Non seguì corsi con
Frank Knight, mentre ritenne molto importanti i corsi guidati dall‟economista agrario
Theodore W. Schultz. Banfield, però, sottolineò più tardi che dagli scritti di Knight gli
provenivano molte idee. Egli non si interessò, finchè restò a Chicago, delle teorie del libero
mercato, nonostante il dipartimento economico fosse decisamente orientato in tal senso.
Piuttosto, Banfield si interessò alla pianificazione di mercato durante un soggiorno con due
giovani studenti di Chicago: l‟economista Julius Margoles e l‟urbanista Martin Meyerson.
Il nostro autore ricevette il dottorato in Scienze politiche dall‟Università di Chicago
nel 1952 e subito iniziò a lavorare per quella stessa Università che lo aveva accolto. A quel
tempo Chicago era un baluardo per la politica del “laissez faire”; Milton Friedman e Leo
Strauss furono colleghi di Banfield, il quale, nel tempo, instaurò con entrambi un rapporto
d‟amicizia. Tuttavia, non conobbe bene Milton Friedman finchè, dopo essersi trasferito ad
Harvard, non acquistò una casa ad una relativa distanza dalla residenza estiva dello stesso.
Il periodo professionale presso Chicago terminò nel 1959, anno in cui Banfield si trasferì
nell‟antica Università di Harvard. I colleghi se ne dispiacquero; in particolare Leo Strauss
salutò pubblicamente il compagno di lavoro in partenza avvertendolo che passare ad
Harvard non sarebbe stato sinonimo di miglioramento. Strauss descrisse Harvard con
comparativi simili a “più sovvenzionata” e “più antica” rispetto a Chicago, reputandola, in
tutto il resto, comunque, inferiore alla loro Università. Va da sé che il giudizio di Strauss,
7
A. Bagnasco, Ritorno a Montegrano, in E.C. Banfield, Le basi morali di una società arretrata, il Mulino,
Bologna, 2010 (p. 11)
6
benché di parte, deve essere considerato valido anche in relazione agli anni degli studi e
della formazione di Banfield.
Nelle vesti di docente egli ha formato numerosi studenti, fra i quali James Q. Wilson,
che gli è subentrato ad Harvard, e Cristopher De Muth, presidente dell‟American
Enterprise Institute in Washington.
Il politologo fu uno dei leader intellettuali dell‟Harvard – Massachussets Institutes of
Tecnology Joint Center for Urban Studies negli anni „60 e ‟70, quando i problemi delle
città erano rilevanti sull‟agenda politica nazionale. Negli stessi anni Banfield resse per un
certo tempo la Henry Lee Shattuck Chair in Government ad Harvard.
I. 5. La ricerca in Italia
Quando Laura ed Edward soggiornarono in un piccolo comune dell‟Italia
Meridionale, lo fecero nell‟arco di circa nove mesi, a cavallo tra il 1954 ed il 1955. Da
questo viaggio scaturì l‟opera più importante di E. C. Banfield: “The moral basis of a
backward society” (“Le basi morali di una società arretrata”). Laura contribuì a tale
impegno: la donna, dalle chiare origini italiane, aveva acquisito padronanza della nostra
lingua e si prestò ad intrattenere relazioni interpersonali e a sottoporre, con l‟assistenza di
uno studente, gli abitanti di Chiaromonte (questo il nome della piccola, isolata e povera
località in provincia di Potenza, nella Basilicata) ad interviste e test utili ai fini della
ricerca.
La signora Fasano Banfield, a riprova della qualità del suo italiano, cooperò
successivamente con Harvey Mansfield per una traduzione, per gli Stati Uniti, delle
“Istorie fiorentine” di Niccolò Macchiavelli.
La “backward society”, a cui si riferisce il titolo del libro di Banfield, trova in
Chiaromonte, mascherata dall‟autore con il fittizio nome di Montegrano, un modello tipico
d‟arretratezza. Nell‟indagine dei coniugi si evidenziano l‟incapacità politica, la struttura
economica, i rapporti di classe e, soprattutto, il sostrato culturale caratteristico dei
“montegranesi”: un “ethos”, nelle parole del politologo, denominato “familismo amorale”.
Per descrivere le peculiari caratteristiche dell‟ethos familista, Banfield dedica un intero
capitolo del libro a quella che egli chiama “Un‟ipotesi predittiva”
8
. In diciassette punti
riassume le convinzioni ed i comportamenti che un “familista amorale” adotta in diverse
circostanze, sostenendo che la presenza contemporanea di ogni parametro descritto su
ciascun cittadino è l‟unica condizione per definire “familista amorale” qualsiasi società.
8
E.C. Banfield, Le basi morali di una società arretrata, il Mulino, Bologna, 2010 (cap. quinto pp. 101-118)
7
Appare dunque evidente: il comune lucano presentò, punto per punto, agli occhi di
Banfield ciascuna delle suddette caratteristiche. La comunità cittadina di Chiaromonte, con
il suo tipico “ethos”, strutturato sul perseguimento dell‟interesse immediato della sola
famiglia nucleare a discapito dell‟interesse generale e del bene comune, determinò una
netta svolta per il pensiero politico di Banfield e per le sue credenze. In Italia trovò
conferma dell‟importanza basilare della cultura nei complessi processi di sviluppo di una
società. “The moral basis of a backward society” fu pubblicato nel 1958.
I. 6. L‟opera
In meno di duecento pagine, il testo presenta insieme dati oggettivi e personali
riflessioni dello statunitense. Le sue opinioni avevano avuto, in precedenza, un mutamento
graduale; con l‟esperienza italiana il politologo si convinse in modo definitivo:
“Dopo Montegrano, Banfield passerà ad altri temi, principalmente la politica
urbana, la povertà in ambiente urbano, e i rimedi possibili. La centralità della cultura
nella spiegazione dei fenomeni è ormai acquisita, e il tema del familismo amorale sarà una
specie di conferma del decisivo significato appunto della cultura, trovata in condizioni
estreme e per così dire originarie.”
9
Una fondamentale profezia di Banfield, rimasta inascoltata ma approvata da altri
studiosi più tardi, riguardò il ruolo della cultura, e della cultura della cooperazione in
particolare. Secondo il politologo essa è il fondamento su cui si devono muovere la politica
e l‟economia. “Le basi morali di una società arretrata”, in tal senso, può considerarsi, nel
contesto storico in cui fu scritto, come una possibile ricerca causale alternativa: tanto alle
teorie del Comunismo Marxista quanto alla politica di pianificazione proposta dagli
economisti a cui si ispirava il New Deal. Il Comunismo Marxista, infatti, dinanzi alla
povertà e all‟arretratezza puntava il dito contro le strutture di classe; mentre gli economisti
del New Deal ritenevano che le cause dell‟arretratezza fossero da ricercarsi nell‟assenza di
regolamentazione e pianificazione economica nazionale. Banfield si piazza in posizione
trasversale proponendo la mancanza di una cultura della cooperazione, non come causa
storica di povertà e arretratezza, ma come presupposto per la persistenza delle condizioni
di svantaggio. Il dato rilevante, ad oggi, è che la sua risposta alla domanda
“[…] qual è la ragione dell’incapacità politica del paese?”
10
9
A. Bagnasco, Ritorno a Montegrano, in E.C. Banfield, Le basi morali di una società arretrata, il Mulino,
Bologna, 2010 (p. 12)
10
E.C. Banfield, Le basi morali di una società arretrata, il Mulino, Bologna, 2010 (p. 57)