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Premessa
Oggi più di ieri si pronuncia sempre più spesso la parola
“femminicidio”, un neologismo per dire basta a ogni forma di
discriminazione e violenza contro ogni donna perché donna, esse
pagano con la vita, in una società sempre più disponibile ad accettare
che questi fatti accadano, non bisogna sottovalutare i dati allarmanti
delle uccisioni sempre più frequenti, delle denunce, dei casi di
stalking finiti in tragedia.
Il problema della violenza è principalmente un fattore culturale,
essa fa la sua prima comparsa nel 2006-2007, per poi diffondersi solo
negli ultimi anni, non che prima non si consumassero femminicidi ma
non se ne parlava sotto il nome propriamente detto, centrale nella sua
definizione è il concetto di stereotipo di genere, che riguarda i ruoli
che uomini e donne dovrebbero avere per natura, intrappolati in questi
stereotipi non sono solo le donne ma anche gli uomini, la violenza si
alimenta da un idea di aggressività naturale da parte degli uomini, e
una remissività sempre naturale da parte della donna, per cui fin da
piccoli si è educati a questa differenza di genere con l‟utilizzo dei
giochi tipici, legati al ruolo. Non si uccide perché si ama ma perché
non si riesce a concepire la propria donna al di fuori dalla funzione
che le è stata assegnata, fino al 1981 il “delitto d'onore” era una
fattispecie del nostro ordinamento che concedeva attenuanti agli
assassini, e fino al 1996 lo stupro era rubricato dal nostro codice
penale tra i delitti contro la moralità e il buon costume anziché contro
la persona.
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La violenza contro le donne, dunque, non è affatto un'emergenza,
altra parola abusata dai media, ma è un evento improvviso, imprevisto
e imprevedibile. La violenza sulle donne fa parte della nostra
“civiltà”, è strutturale e non emergenziale, perchè alle emergenze si
risponde con interventi emergenziali, ai problemi strutturali con
cambiamenti culturali.
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Introduzione
L‟obbiettivo della mia tesi di laurea, è stato quello di mettere in
risalto il concetto tanto discusso oggi, il “femminicidio”,
sottolineando gli aspetti che delineano il profilo psicologico
dell‟aggressore. La donna il più delle volte subisce in silenzio anni di
violenza, che sia psicologica, fisica, economica, tutti aspetti che, se
non caratterizzati da ribellione da parte della donna a lungo andare,
portano la stessa a uno stato di annientamento e perdita totale di sé.
La ribellione da parte di quest‟ultima, non è sempre facile, perché
l‟uomo in questione non sopporta l‟abbandono e riversa su di lei
vendetta, finendo il più delle volte in omicidio.
Il femminicidio non è solo un problema di violenza intrafamiliare
ma è anche un problema culturale, che tramanda da secoli un sistema
patriarcale, dove la donna, pur avendo acquisito la parità dei sessi,
non ha ottenuto il rispetto da parte dell‟uomo. Quando si parla di
“parità”, stiamo parlando di diritti da prima negati alla donna, la
cultura e la società in cui viviamo dovrebbero mettere in risalto il
fatto che la donna non sia un oggetto, ma un soggetto che ha libertà
e parità di ruolo.
Per questo motivo è bene evidenziare che, nonostante, la donna sia
diversa per “natura” dall‟uomo dovrebbe essere messa su uno stesso
piano dal punto di vista sociale.
Nel primo capitolo, ho messo in risalto l‟antecedente al
femminicidio ossia la violenza di genere, evidenziandone gli aspetti
più nascosti e le motivazioni più cruente, parlando del femminicidio
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ho trattato soprattutto il pensiero della Russell, che evidenzia come il
responsabile dell‟omicidio non è solo l‟uomo che lo compie ma è la
società maschilista e misogina che ne ha creato le premesse e per
troppo tempo lo ha tollerato; e il pensiero di Marcela Lagarde che
analizzando le morti di Ciudad Juàrez, afferma che non si tratta di
crimini isolati, ma di uno strumento di oppressione e controllo sulle
donne in una società patriarcale.
Nel secondo capitolo, ho delineato gli aspetti psicologici
dell‟aggressore che facilitano il ciclo della violenza, quali sono i modi
nascosti che fanno silenzio alla violenza, un ciclo di confusione per la
stessa donna che si sente mortificata e umiliata, pronta sempre a
giustificare tali comportamenti da parte del suo uomo, perché
quest‟ultimo è in grado attraverso la menzogna e la manipolazione a
mostrarsi una persona alla fine del tutto accettabile anche a livello
sociale.
Nel terzo capitolo, ho delineato gli aspetti psichiatrico-forensi
dell‟autore di reato di femminicidio, una persona incapace di amare e
sopportare l‟abbandono, esercita soltanto potere sulla donna per
sentirsi sicuro e superiore; bisogna eliminare il concetto “passionale”
da questi delitti , perché la maggior parte sono conseguenti a lunghi
maltrattamenti e violenze, sono persone disturbate ma in modo così
sottile e nascosto da far credere agli altri che non è così, molti
campanelli di allarme, scaturiti da alcuni tratti di personalità,
dovrebbero invece far capire alla donna che l‟uomo che hanno
accanto è una persona molto violenta, è compito anche della società
abolire un sistema dove, si parla di femminicidio, ma dove non si
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interviene in modo efficace, in risposta ad un sistema giudiziario e
penale che non applica sistemi di sicurezza adeguati.
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CAPITOLO 1
FEMMINICIDIO: ORIGINE E SIGNIFICATO
1.1 L’ANTECEDENTE AL FEMMINICIDIO: LA VIOLENZA DI
GENERE
La violenza di genere comprende una vasta gamma di
comportamenti, ripetuti nel tempo, da uomini diversi per età,
nazionalità, religione, condizione sociale ed economica; essa non
comprende solo l‟aggressione fisica di un uomo contro una donna ma
include anche percosse, ricatti, persecuzioni, compiute da un uomo
verso una donna in quanto “donna”.
L‟assemblea generale delle Nazioni Unite afferma che:
“La violenza contro le donne è, forse, la violazione dei diritti umani più
vergognosa. Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin
tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali
progressi verso l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace”.
1
.
In realtà, in Italia è stato rivelato che 1 donna su 3, tra i 16 e i 70
anni è stata oggetto di violenza, e hanno provato il sentimento della
paura di perdere i figli, difficoltà economiche, isolamento e
stigmatizzazione sociale.
2
1
Cit. Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, 1993, Kofi Annan, segretario
generale delle Nazioni Unite. www.centropariopportunita.regione.umbria.it
2
I dati istat del 2007, hanno rivelato che il 14,3% delle donne ha subito violenza e solo il 7% lo ha
denunciato. www.abcpsy.it
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1.1.1 IL CICLO DELLA VIOLENZA
Il ciclo della violenza
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, elaborato da Leonore E. Walker negli anni
settanta, spiega che le donne maltrattate si innamorano di persone
affascinanti e romantiche, in un periodo di tensione crescente, tutto
inizia con il fidanzamento, la coppia inizia a condividere certe
premesse sui ruoli maschile e femminile tradizionali. La caratteristica
del loro rapporto è la non reciprocità, è un rapporto asimmetrico.
Dopo un po‟ di tempo le cose cominciano a funzionare male, un
problema economico, una gravidanza, le gelosie o, magari, motivi
futili, danno il via ad aggressioni di tipo psicologico, a critiche o a
derisioni. La studiosa ha descritto delle fasi che si manifestano
all‟interno del ciclo della violenza e sono:
Fase della tensione: caratterizzata dall‟irritabilità dell‟uomo,
inizia con frasi minacciose, sguardi e timbro di voce cupo,
tutto quello che fa la donna diventa movente di fastidio,
durante questa fase la donna cerca di essere il più possibile
gentile e accondiscendente, ma tutta la frustrazione
dell‟uomo si riversa lo stesso sulla donna, che rischia di
sentirsi responsabile di tutto ciò che gli accade intorno;
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Secondo l’autrice è un ciclo caratterizzato da tre fasi: la fase crescente di tensione che è quella
più lunga, la fase della violenza fisica o verbale, e la fase della luna di miele; quest’ultima fase è
quella che mette in trappola la vittima, perché permette alla violenza di ripresentarsi.
Mastronardi, Vincenzo M.; Mastroeni W.; Trojani A.; Stupro? Processi perversi, il caso parlanti,
Armando, Roma, 2010.
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Fase di attacco: l‟uomo perde il controllo e passa all‟attacco
con urla e minacce, fino ad arrivare gradualmente alla
violenza fisica fino ad arrivare all‟uso di armi;
Fase di scuse: in cui l‟uomo cerca di giustificare e
minimizzare quello che è accaduto, facendo in modo che le
scuse siano accettate, la donna di solito accetta con il
perdono;
Fase di riconciliazione: detta anche luna di miele, l‟uomo si
mostra gentile, carino e premuroso, con lo scopo di
riconquistare di nuovo la fiducia in lui.
Vediamo che ad ogni fase il ciclo si presenta sotto una forma
ancora più violenta, nella donna rimane la speranza che l‟uomo stia
cambiando, aumentando così il livello di tolleranza dagli attacchi
4
.
Apparentemente non sembra violenza eppure nella donna
provocano lentamente un senso d‟inadeguatezza, facendole perdere
l‟autostima
5
e le sue sicurezze.
Olivier Clerc sottolinea le due facce della violenza, quella yang e
quella yin, la prima è la parte denominata tigre, che ferisce fino ad
uccidere fisicamente, mentre la seconda, denominata ragno, è la parte
più nascosta, quella della violenza psicologica, della manipolazione;
la nostra società mette in risalto solo quella yang, che per la maggior
4
www.cepic-psicologia.it
5
Considerazione che un individuo ha di se stesso, viene meno negli stati di depressione in cui
l’individuo si svalorizza ma è presente in modo eccessivo nelle fasi maniacali, dove si ha un
ipertrofia del soggetto rispetto al mondo circostante. Galimberti U., Enciclopedia di Psicologia, Le
Garzantine, 1999.
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parte delle volte è il risultato di quella yin, difficilmente
dimostrabile
6
.
Dopo le violenze verbali o psicologiche arriva il momento in cui
l‟uomo l‟aggredisce fisicamente, questa imprevedibilità
dell'aggressione è forse la componente psicologica più pesante della
violenza fisica, qualsiasi motivo può essere un pretesto scatenante e
questo induce la donna ad impiegare le sue energie nell‟evitare
accuratamente ogni comportamento che potrebbe provocare una
reazione aggressiva verbale o fisica del partner. La vergogna ed il
fallimento la portano a nascondere una violenza che resta privata e a
muoversi in conformità con quello che le norme o codici sociali
richiedono.
L‟Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la violenza
come:
“L’uso intenzionale della forza fisica o del potere, minacciata o attuata,
contro se stessi, un’altra persona, un gruppo o una comunità, che determini
o che abbia un elevato grado di probabilità di determinare lesioni, morte,
danno psicologico, cattivo sviluppo o deprivazioni”.
In poche parole è un fenomeno sociale, e riguarda ogni
comportamento messo in atto con l‟intendo di causare danno fisico o
psicologico mediante l‟utilizzo della forza fisica o del potere.
7
Quando si parla di violenza sulle donne, distinguiamo vari tipi di
violenza:
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Clerc O., La tigre e il ragno, le due facce della violenza, Urra, 2005.
7
Bruno C, Gargiullo e Rosaria D, Vittime di un amore criminale, la violenza in famiglia: natura,
profili tipologici, casistica clinica e giudiziaria, Franco Angeli, 2010, pag. 11