CAPITOLO 1
IL RISPARMIO GESTITO
1. Definizione di risparmio gestito
Il risparmio gestito
1
è la quota di accantonamento personale affidata
dal risparmiatore ad uno o più gestori professionali che, nell’ambito di un
mandato ricevuto, provvedono ad amministrare le risorse loro conferite.
Con l’espressione risparmio gestito
2
si fa dunque riferimento alle attività di
gestione professionale del risparmio operate dai fondi comuni di
investimento mobiliare e dalle SICAV
3
, all’attività di gestione di patrimoni
mobiliari individuali (comunemente definita GPM
4
) effettuata da banche e
da società d’intermediazione mobiliare (SIM), nonché alle attività di
investimento per conto dei risparmiatori operate dai fondi pensione e dalle
compagnie di assicurazione nell’ambito della cosiddetta previdenza
complementare.
I prodotti finanziari rientranti nell’ambito del risparmio gestito si
distinguono da quelli dell’intermediazione bancaria tradizionale, che
mediante la raccolta di depositi e l’erogazione di impieghi, attua una
trasformazione delle caratteristiche degli strumenti finanziari
5
(sotto il
1
Metelli F., Manuale del risparmio gestito, Il Sole 24 ore, Milano 1998, pag. 37.
2
Anfossi C., Mientini M., "Il risparmio gestito in Europa: tendenze e prospettive" in Borse Valori in
Italia ed in Europa: analisi e prospettive a cura di Camaiti R., Cedam, Padova, 1996, pag. 259.
3
Società d’investimento a capitale variabile. Fondi comuni di investimento e SICAV rappresentano gli
OICR – Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio - disciplinati dal Titolo III – Gestione
collettiva del risparmio – del Testo Unico dell’Intemediazione Finanziaria, Parte II.
4
O GPF quando l’investimento ha per oggetto quote di fondi comuni.
5
Il decreto legislativo n. 58 del 24/02/1998 , all’art. 1 – comma 2 – definisce come strumenti finanziari:
1. IL RISPARMIO GESTITO
6
duplice profilo del rischio di credito e delle scadenze
6
): nel caso dei fondi
comuni e delle gestioni individuali di patrimoni mobiliari si realizza una
completa traslazione sugli investitori del rischio proveniente dalle
oscillazioni di valore dei titoli detenuti in portafoglio e dalle possibili
discrasie temporali tra le esigenze finanziarie dei soggetti in deficit ed in
surplus.
Accanto alla nozione più ampia di risparmio gestito
7
, usualmente
utilizzata nelle statistiche internazionali, che ricomprende le gestioni di
patrimoni individuali, gli OICR (fondi comuni di investimento e SICAV),
le assicurazioni sulla vita e i fondi pensione, spesso ci si richiama ad una
nozione più ristretta (secondo alcuni più significativa, con riguardo al
mercato italiano) comprendente le sole gestioni di portafogli, collettive e
individuali. Con il termine gestioni collettive sono da intendersi le gestioni
dei fondi comuni di investimento mobiliare e le SICAV.
8
1. le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali;
2. le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali;
3. le quote di fondi comuni di investimento;
4. i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;
5. qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli strumenti indicati nelle
precedenti lettere.
Tecnicamente, "per strumento finanziario si intende qualsiasi attività finanziaria che sottintende un
contratto, indicando che la definizione contrattuale è strumentale alla realizzazione dello scambio
finanziario, cioè al trasferimento delle risorse finanziarie dal soggetto investitore a quello prenditore".
Forestieri G., Mottura P., Il sistema finanziario. Istituzioni, mercati e modelli di intermediazione, EGEA,
Milano, 1998, pag. 129 e segg.
6
La banca trae le sue origini dall’esigenza di coniugare le richieste espresse dalle unità in surplus
monetario con quelle di soggetti che presentano necessità di finanziamento, esigenza che essa soddisfa
attraverso la trasformazione qualitativa e temporale delle disponibilità raccolte. Lo svolgimento di tale
funzione di intermediazione creditizia comporta, per la banca, la possibilità che i soggetti finanziati non
adempiano puntualmente alle obbligazioni assunte (rischio di credito) e quella di mancata
sincronizzazione dei flussi di cassa in entrata ed uscita (rischio di liquidità).
Cenderelli E., L’attività bancaria, Giappichelli, Torino, 1998.
Tali rischi si trasferiscono, senza dubbio, anche sulla posizione dell’investitore, ma solo indirettamente e
limitatamente ad ipotesi estreme (default dell’azienda di credito).
7
Consob, Quaderni di finanza, n. 28, Lavori preparatori per il Testo Unico della finanza, 1998, pag. 18.
8
Anche rispetto alla definizione di "gestione collettiva", in una accezione più ampia si possono includere
le gestioni assicurative del ramo vita e i fondi pensione. La disciplina prevista dal nostro ordinamento,
peraltro, non consente al fondo pensione di gestire direttamente il proprio patrimonio - se non per una
quota destinata ad investimenti di tipo immobiliare-, ma impone convenzioni di gestione con soggetti
abilitati.
1. IL RISPARMIO GESTITO
7
Dal punto di vista normativo, l’intero universo del risparmio gestito
9
è oggi disciplinato dal TUIF (Testo Unico delle disposizioni in materia di
Intermediazione Finanziaria, decreto legislativo n. 58 del 24/02/1998) e dai
relativi regolamenti attuativi emanati dalla Consob e dalla Banca d’Italia. In
passato le gestioni individuali erano assoggettate agli articoli del codice
civile relativi al mandato ed alla legge bancaria, mentre quelle collettive
sono state per decenni sconosciute al nostro ordinamento. Successivamente,
a partire dalla legge 77/83 relativa ai fondi comuni, una serie di
provvedimenti ad hoc ha accompagnato l’introduzione dei nuovi strumenti
finanziari, dando luogo ad una disorganicità cui il Testo Unico ha cercato
di porre rimedio.
2. Il mercato
Il ricorso al risparmio gestito da parte delle famiglie italiane è
aumentato, nel corso degli ultimi anni, al di là di qualsiasi previsione: in
meno di un quinquennio il patrimonio complessivo dei fondi comuni di
investimento e delle SICAV in Italia risulta essere quintuplicato, passando
dai circa 100 miliardi di euro del 1996 agli oltre 500 del 2001. Il totale
delle attività gestite, che include le gestioni patrimoniali, le polizze vita e i
fondi pensione, ammontava, a fine 2001, a 982 miliardi di euro, contro i
357 del 1996 (Tab. 1.1). Secondo una recente stima di Eurisko-Prometeia
(marzo 2001), nel 2003 la consistenza del risparmio gestito in Italia sarà
cresciuta a circa 1300 miliardi di euro e, soprattutto, rappresenterà ben il
42% delle attività finanziarie delle famiglie. Già oggi tale rapporto è del
38%, valore pressoché raddoppiato rispetto a cinque anni addietro.
9
Permane la rilevante eccezione dei prodotti "previdenziali": fondi pensione e polizze assicurative vita.
1. IL RISPARMIO GESTITO
8
Tab. 1.1: Patrimonio gestito dagli investitori istituzionali
1996 1997 1998 1999 2000 2001
FONDI COMUNI
D’INVESTIMENTO E
SICAV
109.019 202.882 395.561 552.291 577.873 546.502
Fondi/SICAV italiani aperti 102.023 190.279 372.274 475.298 453.224 -
Fondi comuni mobiliari chiusi n.d. n.d. n.d. 697 751 -
Fondi comuni immobiliare
chiusi
n.d. n.d. 459 1.410 1.601 -
Fondi lussemburghesi storici 6.996 12.603 19.748 30.385 34.345 -
Fondi/SICAV esteri
(appartenenti a gruppi italiani)
n.d. n.d. 3.080 31.722 60.449 -
Fondi/SICAV esteri
(appartenenti a gruppi esteri)
n.d. n.d. n.d. 12.779 27.503 -
In % of households financial
savings
6,23 9,84 17,05 22,00 22,21 21,43
GESTIONI PATRIMONIALI
INDIVIDUALI
134.580 193.911 280.530 370.292 392.112 415.000
Gestioni patrimoniali al netto
delle quote di fondi comuni
129.993 158.995 187.539 199.945 186.335 207.500
Banche 96.821 134.515 191.533 222.390 213.367 -
Sim 27.196 59.397 88.997 48.761 39.346 -
SGR (prima del 1997
Fiduciarie)
10.564 n.d. n.d. 99.141 139.399 -
Su tot. attiv. famiglie (in %) 7,69 9,40 12,09 14,75 15,07 16,27
Su tot. attiv. famiglie (in %) al
netto delle quote di fdi comuni
7,42 7,71 8,08 7,97 7,16 8,14
ASSICURAZIONI - riserve
tecniche ramo vita
67.599 85.224 106.098 137.627 165.398 180.000
Assicurazioni al netto delle
quote di fondi comuni
67.323 84.430 101.588 123.684 141.348 149.000
Su tot. attiv. famiglie (in %) 3,86 4,13 4,57 5,48 6,36 7,06
Su tot. attiv. famiglie (in %) al
netto delle quote di fdi comuni
3,84 4,09 4,38 4,93 5,43 5,84
FONDI PENSIONE 51.081 53.757 56.276 72.944 76.494 79.000
Fondi pensione di enti di
previdenza e di fondi creditizi
51.081 53.757 56.276 72.166 74.752 -
Fondi pensione aperti e
negoziali
n.d. n.d. n.d. 778 1.742 -
Su tot. attiv. famiglie (in %) 2,92 2,61 2,43 2,91 2,94 3,10
TOTALE RISPARMIO
GESTITO
357.417 500.065 740.964 948.864 982.050 982.002
Su tot. attiv. famiglie (in %) 20,41 24,25 31,94 37,80 37,75 38,51
TOT. ATTIVITA’
FINANZIARIE FAMIGLIE
1.751.155 2.062.168 2.319.973 2.510.243 2.601.669 2.550.000
Dati in milioni di euro. I dati relativi al 2001 sono stimati. Il patrimonio gestito dalle Compagnie
Assicurative si riferisce alle riserve tecniche al netto delle cessioni per riassicurazione. Le attività
finanziarie delle famiglie sono al lordo delle passività.
Fonte: Assogestioni, Guida a dati e statistiche, 2002, pag. 7
Il dato è ancora più significativo se rapportato a quanto è avvenuto in
Europa nello stesso periodo
10
: considerando anche la quota dei fondi
10
L’analisi è qui limitata ai fondi armonizzati (cioè conformi alla Direttiva europea 611/85 sugli
OICVM) in modo da poter confrontare prodotti le cui politiche di investimento siano regolamentate su
basi comuni.
1. IL RISPARMIO GESTITO
9
Fig. 1.1: Patrimonio dei fondi in Europa (mld euro)
3.500
3.000
2.500
2.000
1.500
1.000
500
0
1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001
Fonte: Assogestioni, Guida a dati e statistiche, 2002, pag. 14
promossi in Lussemburgo riferibile ad operatori Italiani
11
, la nostra
industria rappresenta oggi il 15% circa di quella europea, percentuale più
Fig. 1.2: Patrimonio nei diversi Paesi europei (mld euro)
Fonte: Assogestioni, Guida a dati e statistiche, 2002, pag. 15
800
700
600
500
400
300
200
100
0
2000 2001
F
R
A
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O
N
I
A
11
Come si vedrà meglio in seguito, sia per ragioni storiche che di tipo normativo e fiscale, il
Lussemburgo offre da sempre sede amministrativa a fondi la cui gestione vera e propria e il cui
collocamento avvengono nei diversi Paesi dell’Unione.
1. IL RISPARMIO GESTITO
10
che raddoppiata rispetto a quella del 1996, collocandosi al terzo posto come
massa di ammontare gestito, o al secondo, dopo la Francia, se si esclude il
Lussemburgo. A livello mondiale gli USA sono al primo posto (circa 7.000
mld. di euro il NAV, net asset value, dei fondi statunitensi) e l’Italia al
quarto.
Le cause della crescita sono da ricercarsi, secondo il parere pressoché
unanime degli operatori del settore e della stampa specializzata:
nel calo dei rendimenti dei titoli di Stato, tradizionale strumento di
risparmio degli Italiani;
nel buon andamento del mercato azionario che, soprattutto sul
finire degli anni ‘90, ha influenzato i comportamenti di
investimento;
nella globalizzazione finanziaria, di cui l’avvento della moneta
unica europea ha rappresentato un passaggio fondamentale;
nella crisi del welfare State, che ha reso non più sufficienti le
coperture previdenziali pubbliche, favorendo lo sviluppo delle
forme complementari (polizze vita e fondi pensione);
nella scelta strategica delle istituzioni finanziarie e degli operatori,
primi fra tutti le banche, di sviluppare l’offerta di servizi di
investimento;
nella maggiore consapevolezza e conoscenza dei mercati da parte
del risparmiatore-investitore.
Più analiticamente, per comprendere i motivi di questa prodigiosa
crescita e del fatto che l’Italia sia stato uno degli ultimi Paesi, in ordine di
tempo, in cui tale sviluppo si sia verificato, occorre soffermarsi brevemente
sull’evoluzione che il sistema finanziario e, di conseguenza, la relativa
disciplina normativa, hanno subito negli ultimi decenni.
1. IL RISPARMIO GESTITO
11
3. La storia
Il funzionamento del sistema finanziario (inteso come insieme di
mercati, intermediari finanziari e strumenti finanziari) e la dinamica
complessiva dei fenomeni finanziari trovano origine nelle decisioni e nei
comportamenti posti in essere dagli operatori presenti nel sistema
economico relativamente alla produzione e distribuzione del reddito, al
consumo ed al risparmio.
Il mercato finanziario, cioè l’insieme delle negoziazioni di strumenti
finanziari, opera come collegamento tra i settori in surplus, caratterizzati
dagli operatori che presentano un avanzo finanziario, ed i settori in deficit,
caratterizzati dagli operatori che evidenziano un disavanzo finanziario,
canalizzando le risorse disponibili verso forme adeguate di impiego; esso
deve essere in grado di offrire ai risparmiatori ed agli utilizzatori finali
risorse finanziarie in grado di rispondere alle loro esigenze future in termini
contrattuali (scadenza) e di un adeguato rapporto di rendimento – rischio.
Gli scorsi decenni, anche a causa di scelte di politica economica,
hanno visto le imprese impegnate a fronteggiare un andamento altalenante
del proprio disavanzo finanziario mediante il ricorso all’indebitamento
verso il sistema bancario, prevalentemente pubblico. A fronte di ciò le
statistiche della Banca d’Italia (disponibili dalla metà degli anni ‘60)
evidenziano come, a partire dal periodo immediatamente successivo al
"miracolo economico", gli Italiani abbiano destinato al risparmio quote
delle proprie disponibilità finanziarie ben al di sopra della media dei Paesi
industrializzati, con una propensione media al risparmio che solo
recentemente si è allineata a quella europea, scendendo dai valori superiori
al 20% dei primi anni ‘90 all’ 11 – 12% circa degli ultimi anni.
12
12
Nel 2000 il rapporto tra il risparmio delle famiglie e il reddito è sceso all’11,3 per cento, dal 17,2 nel
1993. Il rapporto è più elevato in Francia e in Giappone, dove si commisura rispettivamente al 15,6 e al
1. IL RISPARMIO GESTITO
12
Venendo all’aspetto che ci interessa più da vicino, e cioè alle forme
assunte dal risparmio delle famiglie, possiamo individuare alcune grandi
fasi contrassegnate da comportamenti di massa largamente condivisi.
13
Negli anni cinquanta e sessanta le banche e, nei piccoli centri, gli
uffici postali, dominano incontrastate il mercato con i propri strumenti di
raccolta diretta (libretto di deposito, conto corrente, cartelle fondiarie,
buoni fruttiferi)
14
. Mancano un positivo clima di concorrenza (il sistema
bancario è quasi del tutto di proprietà pubblica), ogni forma di trasparenza
(la vigilanza della Banca d’Italia ha come finalità preminente quella di
evitare dissesti; la Consob è stata istituita solo nel 1974), i controlli
"sociali" (stampa specializzata, associazioni dei consumatori). Agli inizi
degli anni settanta, con la crisi petrolifera e l’innescarsi della spirale prezzi-
salari, la situazione cambia notevolmente. Lo scenario economico-
finanziario instabile, il tasso di inflazione particolarmente elevato
15
, i
mercati mobiliari con pochi titoli quotati e scarso flottante
16
spingono i
risparmiatori verso i beni rifugio: gli immobili (prime e seconde case) o,
con le limitazioni di una fattispecie allora vietata dalla legge, le valute
estere, in primo luogo il franco svizzero. Ma la tendenza delle istituzioni
bancarie a privilegiare e proteggere i mercati di raccolta nei confronti di
prodotti sostitutivi accusò un primo vero cedimento solo di fronte
12,8 per cento; è più basso in Germania e nel Regno Unito dove è pari rispettivamente al 10,1 e al 3,9 per
cento; si è ridotto fino ad annullarsi negli Stati Uniti. Relazione Banca d’Italia, anno 2000.
13
Ma anche dalla presenza di pratiche di "avanguardia"
A. La prima fase partì una dozzina di anni dopo la fine della guerra quando, a ricostruzione del Paese
ormai avviata, divenne finalmente possibile destinare qualcosa al risparmio.
B. La seconda fase comprende all’incirca il ventennio che va dai primi anni Settanta alla seconda metà
degli anni Ottanta: a dominare sono i titoli di Stato.
C. La terza fase inizia con la lunga marcia verso l’Europa e arriva ai giorni nostri: sono gli anni della
rivoluzione finanziaria culminata con la dispersione dei Bot people: sono gli anni del successo del
risparmio gestito. Maggi G., da www.nextonline.it
14
Contemporaneamente, si mantiene elevata e, dove possibile, in crescita, l’attenzione per la casa.
15
Dal 2,8% nel 1969, sale a 5% nel 1971, raddoppia al 10,4% nel 1973 e raggiunge il 19,4% nel 1974.
Per tutto il decennio si manterrà elevata fino a superare, nel 1980, il 21%.
16
Il flottante è costituito dai titoli azionari che compongono il capitale sociale ma che sono
adeguatamente diffusi tra il pubblico degli investitori, evitando il "congelamento" degli stessi nel
portafoglio dei soci di maggioranza e garantendo almeno potenzialmente un’adeguata fluidità alle
transazioni, quindi circolanti ed effettivamente negoziabili. Forestieri G., Il sistema finanziario.
Istituzioni, mercati e modelli di intermediazione, op.cit., pag. 171.
1. IL RISPARMIO GESTITO
13
all’affermarsi, nel gradimento dei risparmiatori, dei titoli del debito
pubblico, il cui fattore di successo era fondamentalmente costituito dagli
elevati rendimenti nominali
17
. In questo contesto, caratterizzato, tra l’altro,
da scarsa informazione
18
; normativa carente e di matrice pubblicistica;
disinteresse verso gli strumenti finanziari alternativi (i cui volumi
apparivano trascurabili al Tesoro, che ragionava in termini delle proprie
maxi-emissioni) fanno la loro comparsa, con grande ritardo rispetto ai Paesi
economicamente e finanziariamente più sviluppati
19
, le prime
sperimentazioni, relativamente di massa, di risparmio gestito. Si tratta di
alcune tra le tante iniziative promosse, in quegli anni, da grandi gruppi
finanziari (Ras, IMI) come pure da avventurieri senza scrupoli, facendo
leva sulla volontà di una parte dei risparmiatori di contrastare l’erosione del
potere d’acquisto della moneta ricorrendo a strumenti alternativi a titoli di
stato e depositi bancari; questi primi strumenti di risparmio collettivo,
organizzati e gestiti seguendo i principi mutuati dall’esperienza del mondo
finanziario anglosassone, sono detti fondi atipici
20
. Dopo questo avvio (in
molti casi disastroso per i risparmiatori che vi riposero fiducia e risorse) e
nell’attesa di una regolamentazione ufficiale dell’intera materia, furono
promossi dei fondi con sede legale stabilita nel Lussemburgo (i cosiddetti
Lussemburghesi Storici), antesignani dei fondi comuni di diritto italiano
21
.
17
L’Indice Rendistato riporta un tasso del 7% nel 1972, che sale al 10% nel 1975 e al 19-20% nel biennio
1981-82. Il rendimento reale risultava comunque molto basso e spesso negativo, a causa del tasso
d’inflazione a due cifre.
18
La stampa cominciava ad interessarsi di questioni finanziarie (in particolare dei titoli pubblici) ma con
discontinuità.
19
Investment funds are not an invention of the financial engineers of the late 20
th
Century. The first
investment fund was set up in 1849 in Switzerland and was called: "Société civile Genèvoise d’emploi de
fonds". In 1868 the British followed suit with the "Foreign & Colonial Government Trust", which for the
first time defined what investment funds stood for: "…vehicles, which provide the investor of moderate
means with the same advantage as large capitalists in diminishing risk in foreign and colonial stock by
spreading the investment over a number of stocks." The first US fund, the "Boston Personal Property
Trust" was set up in 1894 and the Germans followed in 1923 with the "Zickert’sche Kapitalverein".
Da www.fefsi.org
20
Tra i primi, quelli proposti da una rete di venditori (i precursori degli attuali promotori finanziari)
raccolti sotto le insegne dell’americana IOS, facente capo al finanziere Bernie Cornfeld.
21
Tra le poche disposizioni normative vanno ricordate quelle che obbligarono questi fondi ad investire
nel nostro Paese prima il 50% delle risorse raccolte in Italia (1969) e poi il 100% (1973).
1. IL RISPARMIO GESTITO
14
Si arriva così alla Legge 77/83 ("Istituzione e disciplina dei fondi
comuni d’investimento mobiliare"), vero atto di nascita dell’industria del
risparmio gestito nel nostro Paese, ed al lancio, nel 1984, del primo
prodotto conforme alla nuova normativa, da parte della Ras. Tuttavia,
ancora per diverso tempo (in pratica fino ai primi anni ‘90), non c’è un
vero impegno dei proponenti, né investimenti nella formazione del
personale e nella qualità della gestione.
La vera svolta si ha con l’inizio della marcia verso l’Euro, con i suoi
effetti di concreta possibilità di diversificazione sui mercati internazionali
22
e del ribasso degli interessi sui titoli di Stato
23
in primo luogo. La
conseguente ricerca di alternative ha avuto come punti di riferimento
l’investimento azionario
24
; le obbligazioni atipiche (quali le "strutturate"
index bond e reverse floater) e i titoli pubblici emessi dai Paesi
"emergenti". Ma il principale protagonista del processo di riallocazione
delle attività finanziarie delle famiglie è stato il risparmio gestito.
4. Lo scenario e le prospettive
L’attuale distribuzione delle risorse finanziarie tra le varie forme
d’investimento è, in definitiva, il risultato degli eventi qui sinteticamente
illustrati ed è, insieme, causa ed effetto di un mutato clima nei rapporti tra
risparmiatori-investitori ed operatori professionali del settore finanziario,
22
La quota delle attività finanziarie estere sul totale è vicina al 24% nel 2000, mentre non raggiungeva il
7% nel 1995.
23
Da rendimenti medi annui intorno al 12% nel 1992, BOT, BTP e CCT sono scesi al 7% circa nel ‘96,
fino ad arrivare al 3-4% dei nostri giorni.
24
Ancora una volta è il Tesoro a fare da innovatore: iniziato con il processo di privatizzazioni avviato nei
primi anni ‘90, il fenomeno della riscoperta dell’investimento in titoli azionari ha assunto dimensioni
notevoli: nel 2000 il 30% delle attività finanziarie delle famiglie era costituito da azioni direttamente nei
portafogli degli investitori (si supera il 40% considerando la quota investita in azioni del risparmio
gestito); anche segmenti tipicamente "d’élite" come quello dei derivati hanno registrato una crescita
grazie, soprattutto a nuovi prodotti (covered warrants) e strumenti (minifib).
1. IL RISPARMIO GESTITO
15
istituzioni e media, nell’ambito di un processo che ci avvicina ai mercati
finanziari più evoluti. In particolare, per i fondi, le gestioni e per tutti i
servizi nei quali il valore è la professionalità del team di gestione, il ricorso
ai benchmark
25
di riferimento determina il coinvolgimento a priori degli
operatori nelle fortune del prodotto, responsabilizza nelle scelte e crea un
rapporto di collaborazione tra professionista e cliente, rendendo più
agevole la descrizione delle caratteristiche di rischio-rendimento. La nuova
sfida per istituzioni, mezzi d’informazione e per gli stessi operatori alla
ricerca di elementi di differenziazione e di valore rispetto alla concorrenza
è proprio quella di guidare l’investitore all’acquisizione di questa
consapevolezza, illustrando le caratteristiche dei prodotti, i costi, le
opportunità, i vantaggi, i rischi, e sottolineando che le decisioni in materia
di investimenti vanno prese sulla base di informazioni accurate e di una
consulenza qualificata.
L’evoluzione del mercato finanziario (e, in primo luogo, la riduzione
dei tassi dei titoli pubblici) ha costretto tutti gli investitori ad assumere
maggiori dosi di rischio alla ricerca di combinazioni di prodotti finanziari
in grado di offrire potenzialità di rendimento superiori. Gli intermediari
finanziari hanno rinnovato la propria struttura organizzativa e la gamma di
offerta nel settore degli investimenti per soddisfare la domanda della
clientela e lucrare i margini connessi allo sviluppo degli strumenti di
gestione del risparmio. Per i prossimi anni, essendosi quasi completata la
conversione del risparmio amministrato in risparmio gestito, è ragionevole
attendersi una dinamica più matura per fondi e gestioni patrimoniali, che
sposterà il baricentro dell’attenzione degli intermediari verso la relazione e
la gestione dei clienti nel tentativo di massimizzare la soddisfazione dei
25
Come si vedrà meglio in seguito, il benchmark, il parametro oggettivo di riferimento che dal 1° luglio
2000 viene obbligatoriamente indicato nel prospetto informativo dei fondi comuni di diritto italiano, è un
indice, oppure una composizione di indici finanziari, che aiuta il risparmiatore a comprendere qual è
l’identità del prodotto offerto dal fondo e qual è la valutazione del rischio di quel tipo di investimento.
1. IL RISPARMIO GESTITO
16
risparmiatori nei confronti del settore finanziario. La fine del millennio
segna quindi un’evoluzione importante del mercato del risparmio gestito in
Italia con il progressivo spostarsi dell’attenzione degli operatori dalla
"quantità" (volumi delle attività finanziarie gestite) alla "qualità"
(soddisfazione complessiva per il servizio di gestione del portafoglio
finanziario). La diffusione sempre maggiore di conoscenze in materia
finanziaria trasformerà gradualmente il risparmiatore italiano (unicamente
volto ad accumulare risorse finanziarie) in investitore, orientato ad
impiegare le proprie disponibilità secondo la specificità dei propri bisogni
e sempre più esigente in termini sia di qualità del servizio che di riduzione
dei costi. L’attività degli intermediari, ed in primo luogo delle banche
26
,
dovrà spostarsi soprattutto sul presidio della clientela in essere, favorendo
politiche di segmentazione in grado di ampliare e personalizzare il
portafoglio dei prodotti offerti per far fronte a una domanda
complessivamente più sofisticata ed esigente.
5. L’evoluzione normativa
La legge n. 77 del 23 marzo 1983
27
("Istituzione dei fondi comuni
d’investimento mobiliare") disciplinò un fenomeno che, di fatto aveva
avuto la sua prima, timida apparizione nel nostro Paese (attraverso i fondi
atipici e quelli di diritto lussemburghese) e favorì l’accesso di larghe masse
26
Sono ancora le banche a poter contare, al momento, su un forte vantaggio competitivo legato alla loro
capacità operativa e al riconoscimento da parte della clientela del loro ruolo di orientamento delle
decisioni finanziarie delle famiglie. Tale placing power potrebbe, tuttavia, essere compromesso
dall’interazione di molteplici fattori, tra i quali un quadro concorrenziale più aspro; l’ascesa del risparmio
previdenziale; la difficoltà crescente nel diversificare il portafoglio su scala globale; lo sviluppo del
cosiddetto "parabancario" (reti di vendita, assicurazioni) e l’affermazione crescente del canale
informatico. Ghiraldelli M., Languanti E., L’Asset Management per gli investitori privati, Il Sole 24 Ore,
Milano, 2000, pag. 11.
27
Ne restano in vigore gli artt. 9 e 10 ter, contenenti disposizioni di carattere tributario.
1. IL RISPARMIO GESTITO
17
di risparmiatori alla proprietà azionaria
28
, contribuendo a determinare un
consistente aumento della numerosità e dei settori di appartenenza dei titoli
quotati alla borsa valori. Essa sanciva l’esclusività dell’oggetto sociale
delle società di gestione, limitandolo al fondo comune di investimento
mobiliare aperto
29
e creava un nesso inscindibile tra tipo di gestore e tipo di
prodotto (fondo) che è stato completamente superato solo dal Testo Unico
della finanza.
In seguito, i decreti legislativi n. 83 e n. 84 del 25 gennaio 1992 hanno
recepito con notevole ritardo le Direttive Comunitarie n. 611/85 e 220/88,
emanate per armonizzare la disciplina che regola gli organismi di
investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) negli Stati membri
30
.
La società di gestione, che assume la forma di società per azioni, può essere
autorizzata a gestire più fondi (rimuovendo, anche se nell’ambito di un
regime autorizzatorio e di deroga al principio generale della esclusività, il
divieto preesistente). In particolare, il decreto lgs. n. 84/92 allargava i
confini delle possibili scelte d’investimento, istituendo le SICAV, un
istituto completamente nuovo per il nostro ordinamento, che consentiva
agli investitori di diventare azionisti della società di gestione e non più
semplicemente partecipanti al patrimonio di un fondo dotato di autonomia
giuridica rispetto alla stessa.
28
"La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme (…) favorisce l’accesso del
risparmio popolare (…) al diretto ed indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del
Paese". Cost., art. 47.
29
Tale impostazione ha influenzato tutta la legislazione successiva sulle gestioni collettive: per consentire
nuove forme di gestione in monte si resero necessari ulteriori interventi legislativi.
30
Con esclusione degli OICVM di tipo chiuso e di quelli che raccolgono capitali senza promuovere la
vendita delle loro quote fra il pubblico della Comunità Europea.
Con la Dir. 611/85 vengono poste, per gli OICVM di tipo aperto situati negli Stati membri della CEE,
norme minime comuni, volte a determinare l’armonizzazione delle diverse discipline nazionali per quanto
attiene al regime autorizzatorio e alla struttura, all’attività, agli obblighi di informazione ed al controllo.
I fondi (e le SICAV) rientranti nel suo ambito di applicazione vengono appunto definiti "armonizzati" e
sono sottoposti alla disciplina dello Stato membro di origine (principio del mutuo riconoscimento);
l’OICVM che intenda commercializzare le proprie quote in uno Stato membro diverso da quello in cui ha
sede è tenuto, per gli aspetti relativi all’operatività degli OICVM non contemplati dalla direttiva
(essenzialmente gli aspetti relativi alla commercializzazione delle quote), ad osservare le disposizioni
legislative, regolamentari ed amministrative vigenti in tale Stato.