9
generale dalla valutazione delle attivit� finanziarie. Un fondo comune di 
investimento, essendo un portafoglio di attivit� finanziarie, pone problemi 
valutativi analoghi a quelli di una attivit� finanziaria.  
Tradizionalmente una attivit� finanziaria viene valutata lungo due 
dimensioni: la dimensione del rendimento atteso in un dato arco temporale e 
la dimensione dell�incertezza associata al rendimento atteso. Questa 
incertezza si traduce in un rischio finanziario per l�investitore che acquista 
l�attivit�. Il rischio consiste nel veder verificato ex post un rendimento 
differente da quello previsto ex ante. 
La valutazione dei fondi comuni non pu� prescindere da questi due 
elementi: il rendimento ed il rischio ad essi associato. Una misura di 
performance pu� essere definita come una metodologia per correggere il 
rendimento di una attivit� finanziaria per il rischio ad essa inerente, al fine 
di ottenere un valore omogeneo, confrontabile con altre opportunit�  di 
investimento.  
Pi� precisamente il processo di elaborazione di una misura di 
performance necessit� di tre elementi tra loro connessi: una teoria 
economica che spieghi il comportamento degli agenti di mercato e che 
definisca una misura di rischiosit� per la attivit� finanziarie e la relazione 
che intercorre in equilibrio tra i prezzi delle attivit�  ed il rischio definito 
(modello di asset pricing); la formulazione sulla base dei risultati teorici di 
una misura di performance, che corregga il rendimento ottenuto per la 
misura di rischio rilevante; una tecnica econometria idonea 
all�implementazione delle misura ideata. Questa terza fase riguarda 
l�applicazione della misura dal punto di vista empirico, al fine di ottenere 
informazioni sui dati storici che possano guidare le scelte del valutatore. 
La seconda ragione dell�interesse del mondo accademico al tema della 
valutazione dei fondi comuni risiede nel fatto che esso ha implicazioni 
rilevanti per l�efficienza dei mercati. Ammettere l�esistenza di gestori in 
possesso di informazioni che consentono di ottenere sistematici extra 
rendimenti significa accertare la violazione degli assunti teorici sottostanti 
alla misura di performance impiegata, oppure accertare la violazione 
 10
dell�ipotesi di efficienza del mercato, qualora si ritenga corretta la teoria 
sottostante.  
Gli studi sulla valutazione della performance hanno manifestato una 
continua e progressiva evoluzione che ha seguito parallelamente i 
cambiamenti del consenso scientifico in merito ai diversi modelli di asset 
pricing. Si possono individuare quattro generazioni di misure.  
La prima generazione di misure di performance nasce con i contributi di 
Treynor (1965), Sharpe (1966) e di Jensen (1968). Alla base di queste prime 
ricerche  vi � il modello teorico del Capital Asset Pricing Model (CAPM). 
La seconda e la terza generazione di misure di performance nascono 
come risposta ad alcune critiche agli studi iniziali riguardanti, in particolare, 
la distorsioni generate dall�abilit� di market timing dei gestori e la 
problematica relativa all�efficienza del benchmark nelle regressioni alla 
Jensen. 
La quarta generazione di misure di performance si ispira ai modelli 
multifattoriali di asset pricing derivanti dalle teorie ICAPM e APT. I contributi 
pi� rilevanti in materia sono quelli Connor e Korajczyk (1986) di Fama e 
French (1996) e di  Karhart (1997). Pu� essere considerato una estensione 
dell�aproccio multifattoriale anche il modello con il beta condizionale 
proposto da Ferson e Shadt (1996) e l�analisi degli stili di gestione basata sui 
rendimenti di Sharpe (1992).  
Vi sono due principali vantaggi nell�impiego dei modelli di pricing 
multifattoriali. Il primo vantaggio consiste nel fatto che essi consentono  una 
misurazione della performance pi� accurata, permettendo di controllore le 
anomalie del CAPM. Il secondo vantaggio consiste nel fatto che essi 
forniscono maggiori informazioni sul comportamento dei gestori e sullo stile 
di investimento adottato. 
Il presente lavoro propone una analisi delle quattro generazioni di 
misure di performance proposte, concentrando l�attenzione in particolare 
sull�approccio valutativo multifattoriale. Alla parte d�analisi di tipo teorico fa 
seguito una verifica empirica condotta su un campione di fondi italiani. 
 11
L�articolazione del lavoro � la seguente. Nel primo capitolo  vengono 
ripresi ed estesi alcuni concetti sulla valutazione della performance che qui 
abbiamo introdotto brevemente. In particolare viene posta in luce la 
distinzione tra gestione attiva e gestione passiva dei fondi.  Una parte del 
capitolo � dedicata ad illustrare la teoria delle scelte di portafoglio e la 
formulazione del modello CAPM.  
Il secondo capitolo  analizza le prime misure di performance basate su 
questo modello: l�indice di Sharpe, l�indice di Treynor e l�alfa di Jensen. 
Vengono successivamente esposte le difficolt� inerenti alla regressione di 
Jensen, ovvero la presenza dell�abilit� di market timing e la scelta del 
benchmark di riferimento.  
Il terzo capitolo illustra le due principali alternative proposte dalla 
letteratura per superare queste difficolt�. Riguardo alla prima difficolt�  sono 
proposti i modelli di Treynor e Mazuy (1966) e di Henriksson e Merton (1981) 
che tentano di catturare congiuntamente l�abilit� di timing e di selectivity dei 
gestori. Il problema della scelta corretta del benchmark viene superato 
mediante il ricorso a misure di performance che sono basate sulla 
composizione del patrimonio del fondo e che non richiedono la definizione di 
un portafoglio di riferimento. 
Il quarto capitolo  analizza le misure di valutazione multifattoriali. La 
prima parte del capitolo � dedicata alle due teorie sottostanti ai modelli di 
asset pricing multifattoriali: l�ICAPM di Merton (1973) e l�APT di Ross (1976). 
Successivamente viene descritto il modo in base al quale diviene possibile 
costruire, da un punto di vista teorico, misure di performance simili a quella 
originariamente proposta da Jensen, impiegando le relazioni multifattoriali. 
La seconda parte del capitolo si apre con una riflessione sui principali 
studi che evidenziano le anomalie del CAPM: l�effetto dimensione, l�effetto 
book-to-market e l�effetto momento. In questo contesto � introdotto il 
modello di Fama e French (1996) che permette di catturare gran parte delle 
anomalie. L�analisi  si concentra sul dibattito sorto intorno al modello e sul 
suo impiego in ambito della valutazione della performance.  
 12
Infine sono presentati i contributi sull�approccio condizionale di Ferson 
e Schadt (1996) e l�analisi degli stili di gestione basata sui rendimenti di 
Sharpe (1992).  
Il quinto capitolo  presenta la valutazione della performance dei fondi 
comuni italiani appartenenti alla categoria azionari Area Euro ed azionari 
Europa, mediate l�impiego dei modelli con  dati panel.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 13
Capitolo I 
Introduzione alla performance dei fondi e al 
CAPM. 
1. La gestione collettiva del risparmio. 
Il servizio di gestione del risparmio ha acquistato una crescente 
rilevanza in Italia, sul piano economico e finanziario, a partire dalla seconda 
met� degli anni �90. In precedenza, il mercato finanziario italiano era 
prevalentemente dominato dall�offerta di titoli di stato e i risparmiatori 
prediligevano questa tipologia di investimento diretto, perch�  essa garantiva 
alti  rendimenti e un livello di rischio contenuto. 
Tuttavia, nel corso di questo stesso decennio, i tassi di interesse 
nominale sono progressivamente diminuiti. A questa discesa ha contribuito 
l�autorit� di politica economica con il controllo del tasso di inflazione  al fine 
di costituire i requisiti per l�entrata dell�Italia nella U.M.E..  
La riduzione dei tassi ha  indotto i risparmiatori ad una ricomposizione 
dei loro portafogli  in direzione di attivit� pi� remunerative (tipicamente titoli 
azionari), a cui � associato, per�,  un profilo di rischio superiore e una 
maggiore complessit� gestionale.  
Nello stesso tempo le banche hanno constatato che esisteva 
convenienza ad aumentare l�offerta dei servizi di gestione del risparmio 
tramite i loro sportelli. Gli intermediari creditizi stavano sperimentando in 
questo periodo una sensibile riduzione dei profitti derivanti dalla tradizionale 
attivit� di erogazione dei prestiti, finanziati mediante raccolta di depositi.  
La gestione del risparmio prevede che l�investitore affidi una parte del 
suo patrimonio a uno o pi� gestori professionali e questi, nei limiti del 
mandato ricevuto, provvedano ad amministrare le risorse conferite. Essa 
 14
nasce con l�obbiettivo di  garantire i risultati reddituali dell�investimento 
finanziario, pur esonerando il risparmiatore dalla gestione diretta.  
Il servizio pu� essere esercitato sia su  base individuale che collettiva. 
Nel primo caso, viene delegata l�amministrazione del patrimonio di un 
singolo soggetto; nel secondo caso, oggetto di gestione � un patrimonio 
costituito dai versamenti di una molteplicit� di risparmiatori. 
Questa seconda modalit� di gestione del risparmio rende accessibile il 
servizio anche agli investitori  che dispongono di risorse finanziarie limitate. 
Ad essa si accede mediante gli Organismi di Investimento Collettivo del 
Risparmio (OICR). La normativa vigente
1
 definisce tali i fondi comuni di  
investimento e le societ� di investimento a capitale variabile (sicav).  
Qualitativamente il prodotto finanziario offerto dalla SICAV e dai fondi 
comuni non presenta differenze notevoli. In entrambi i casi si tratta di un 
patrimonio raccolto tra i risparmiatori, gestito in monte e investito in altre 
attivit� finanziarie; ci� che cambia � lo status del risparmiatore. 
Quando si investe in un fondo comune si acquistano quote di 
sottoscrizione che rappresentano frazioni dell�ammontare complessivo 
accumulato.  Sottoscrivendo una quota si accetta di delegare al gestore 
l�amministrazione del patrimonio che resta di propriet� dei risparmiatori. Il 
valore della quota varia nel tempo e dipende dal valore e dai flussi di denaro 
prodotti dalle attivit� finanziarie,  presenti nel bilancio del fondo, che sono 
scelte dal gestore. I sottoscrittori, conservando la titolarit� del patrimonio, 
sono i destinatari degli effetti reddituali (positivi o negativi) del fondo, ma � 
escluso un loro qualsiasi intervento nella scelta degli investimenti, con netta 
separazione tra gestore ed investitore. 
Quando si investe in una SICAV, invece, non si acquista soltanto la 
titolarit� di una frazione del patrimonio societario, ma anche tutti i diritti 
connessi all�assunzione del ruolo di azionista, primo fra tutti il diritto di voto 
nelle assemblee. Investire in una sicav equivale  a comprare azioni di una 
societ� il cui oggetto sociale riguarda esclusivamente l�impiego del capitale in 
                                       
1
 Attualmente la materia trova disciplina nel Testo Unico delle Disposizioni in Materia di Intermediazione 
Finanziaria emanato con D.LGS 24 Febbraio n. 58 (TUF). 
 15
valori mobiliari, al fine di gestirlo nel modo migliore possibile  nel rispetto 
degli azionisti stessi. In questo caso, a differenza del fondo, l�investitore � 
coinvolto anche nelle vicende gestionali della societ�.  
La particolarit� di una SICAV � che il suo capitale � variabile, nel senso 
che esso varia, oltre che per l�effetto dei risultati di gestione, anche per il 
numero delle azioni in circolazione. 
I fondi comuni, dal canto loro, si distinguono tra fondi aperti e fondi 
chiusi. Coloro che acquistano quote di fondi aperti hanno la possibilit�, in 
ogni momento, di chiedere il rimborso delle quote alla societ� venditrice.  
Per questo motivo, come le SICAV, un fondo aperto ha un patrimonio 
che fluttua non soltanto per il variare dei corsi delle attivit� finanziarie in cui 
investe e dei risultati reddituali conseguiti, ma anche in base alla quantit� di 
quote in circolazione. Il loro numero, infatti, varia a seconda della prevalenza 
delle sottoscrizioni o dei rimborsi.  
Ogni giorno la societ� di gestione del risparmio calcola il valore della 
quota, il NAV (Net Asset Value) e lo pubblica il un prospetto redatto secondo 
i criteri stabiliti dalla Banca d�Italia. Sulla base di questo valore avvengono le 
sottoscrizioni e i rimborsi giornalieri delle quote.  
In un fondo chiuso, invece, il patrimonio non � variabile, nel senso che i 
partecipanti non hanno il diritto  di ottenere, nel periodo di attivit� del fondo, 
il rimborso delle quote di partecipazione. Questo tipo di fondo, una volta 
terminata la fase costitutiva di sottoscrizione, mantiene immutato il numero 
delle quote fino alla data di scioglimento. 
Il fondo comune di investimento aperto, nell�ambito della gestione 
collettiva del risparmio,  rappresenta il tipico strumento di impiego che si � 
diffuso in Italia e negli altri paesi. 
L�esposizione che segue si concentra su questo organismo di 
investimento e sar� articolata nel seguente modo: il paragrafo 2  � dedicato 
ad illustrare le principali fasi gestionali di un fondo comune, soffermandosi,  
in particolare, sul concetto di gestione attiva e di gestione passiva; Il 
paragrafo 3 introduce il problema della valutazione della performance dei 
fondi. 
 16
2. Caratteristiche gestionali dei fondi comuni 
aperti. 
Un fondo comune di investimento �, dunque, un patrimonio, costituito 
dai conferimenti dei singoli risparmiatori, che viene gestito in monte da 
figure professionali con l�obbiettivo di ottenere, mediante una congrua 
diversificazione degli investimenti, la crescita del valore dell�ammontare 
gestito nel tempo.  
L�attivit� di gestione del fondo consiste nell�acquisto di attivit� 
finanziarie appartenenti a differenti classi; le attivit� sono detenute in 
portafoglio per un certo periodo di tempo e poi sono vendute al fine di 
realizzare eventuali plusvalenze e sostituite con altri strumenti finanziari. 
L�intero processo costituisce la gestione dell�attivo patrimoniale  (asset 
management). Esso � composto da tre momenti decisionali tra loro connessi 
che riguardano: 
1. la ripartizione del patrimonio del fondo per classi di attivit� (asset 
allocation strategica); 
2. la selezione delle attivit� finanziarie nel breve periodo (asset allocation 
tattica); 
3. la valutazione della performance conseguita. 
Nel paragrafo seguente sono delineati i tratti essenziali delle prime due 
fasi del processo di gestione e le diverse modalit� di svolgimento. 
2.1.1 Asset allocation strategica e tattica. 
Seguendo l�analisi del processo gestionale effettuata da Musile Tanzi 
(1999) e da Barbato (2002), le decisioni di asset allocation strategica  
riguardano la composizione del portafoglio del fondo, per classi di attivit�, 
nel medio-lungo periodo (di solito 3 o 5 anni). Il gestore, in questa fase, 
definisce i pesi ottimali da attribuire alle diverse tipologie di investimento, 
determinando la struttura del portafoglio e il grado di specializzazione e di 
diversificazione dello stesso. 
 17
La composizione
2
 ottimale del portafoglio deve specificare la ripartizione 
essenzialmente per: 
• tipologia di valore (azioni, obbligazioni, monetario, liquidit�); 
• area geografica e paese oggetto dell� investimento.  
• la durata media finanziaria (duration) dell�esposizione obbligazionaria; 
• i settori merceologici dell� esposizione azionaria. 
Uno dei fattori che influiscono sulle scelte in merito alla  struttura del 
portafoglio del fondo, per un dato orizzonte temporale, � la propensione al 
rischio del gestore. Si deve tenere in considerazione, tuttavia, che la 
rischiosit� dell�investimento, accettata dal gestore, � condizionata anche 
dalle preferenze dei risparmiatori, ai quali � rivolta l�offerta delle quote. In 
altri termini, il rischio del fondo deve essere coerente con le caratteristiche 
del segmento di mercato di destinazione. 
Questo problema decisionale viene normalmente risolto  mediante un 
processo di ottimizzazione media-varianza
3
 (MVO). Ci� richiede, per ogni 
                                       
2
  Il Regolamento del Ministero del Tesoro del 24 Maggio 1999 n. 228 determina i beni in cui pu� essere 
investito il patrimonio di un fondo aperto, distinguendpo tra fondi armonizzati e fondi non armonizzati. I primi 
sono costituiti dai fondi comuni di investimento rientranti nell�ambito di applicazione delle direttive comunitarie 
in materia e che possono essere commercializzati nel territorio dell�Unione Europea in regime di mutuo 
riconoscimento.  
A norma dell�art. 8 comma 1 del Regolamento il patrimonio dei fondi armonizzati � investito nei beni previsti 
dalle stesse direttive comunitarie, con rispetto dei limiti e dei criteri stabiliti dalla Banca d�Italia in attuazione 
delle medesime. La disciplina attuale, relativa all�oggetto di investimento di un fondo armonizzato deve 
ricercarsi nell�art. 19 della direttiva comunitaria 611/85. Secondo questa direttiva gli investimenti del fondo 
devono essere effettuati esclusivamente in strumenti finanziari quotati e, entro il limite del dieci per cento del 
totale delle attivit� del fondo, in strumenti finanziari non quotati. Per i fondi non armonizzati, invece, le 
possibilit� di  investimento sono definite dall�art. 9 comma 1 del Regolamento, ai sensi del quale il patrimonio di 
detta categoria di fondi � investita, nel rispetto dei limiti e dei criteri stabiliti dalla Banca d�Italia, esclusivamente 
in strumenti finanziari quotati, in strumenti finanziari non quotati e in depositi bancari.  
Inoltre dal combinato disposto degli art. 9 e 12 comma 1 del Regolamento emerge un ulteriore limite specifico 
alla possibilit� di un fondo comune non armonizzato aperto di investire in strumenti finanziari non quotati. 
Difatti, poich� l�investimento in misura superiore al dieci per cento in strumenti finanziari non quotati, diversi 
dalle quote di OICR aperti, costituisce una ipotesi per la quale l�art. 12 comma 1 prescrive l�obbligo di adozione 
della forma chiusa, ne discende che tale limite risulta invalicabile non solo per gli armonizzati aperti, ma anche 
per i non armonizzati aperti. 
Infine, ai fondi non armonizzati aperti, attraverso il rinvio operato dall�art. 9 comma 3, all�art. 12 comma 3 del 
regolamento, si applica la disciplina in tema di conflitto di interessi prevista per i fondi chiusi. Ai sensi di tale 
disciplina, il  patrimonio del fondo non pu� essere investito in beni direttamente o indirettamente ceduti da un 
socio, amministratore, direttore generale o sindaco della SGR, o da una sociat� del gruppo, n�  tali beni possono 
essere direttamente o indirettamente ceduti ai medesimi soggetti. L�opinine prevelente di Assogestioni � che il 
richiamo dell�art. 9 comma 3si riferisca all�acquisto o vendita di beni nei quali pu� essere investito 
esclusivamente il patrimonio di un fondo chiuso, tra i quali non sono compresi gli strumenti finanziari quotati. 
Questa considerazione obbliga a restringere il disposto dell�art. 9 comma 3, ai soli strumenti non quotati, diversi 
dalle quote di OICR nei quali il fondo � eventualmente investito.  
 18
classe di attivit�, la stima preventiva, nell�intervallo di riferimento, di un 
certo numero di parametri. La loro determinazione rappresenta, la parte pi� 
delicata dell�allocazione strategica, in quanto i pesi attributi in portafoglio 
alle diverse classi di attivit� dipendono dai loro valori, e una valutazione 
errata  potrebbe condurre ad una allocazione non efficiente ex post.  
Le decisioni di allocazione strategica permettono, dunque, al gestore del 
fondo di individuare l�asset mix che meglio soddisfa le esigenze di 
rendimento, dato l�orizzonte temporale considerato e il grado di rischio 
assunto.  
Il portafoglio del fondo viene successivamente caratterizzato attraverso 
l�individuazione di un parametro di riferimento (benchmark). Questo indice 
svolge due funzioni: sintetizza le caratteristiche di composizione del prodotto 
offerto alla clientela e rappresenta un termine oggettivo di valutazione, con 
cui confrontare il rendimento del fondo. Il benchmark � costituito, 
generalmente, da un indice di mercato o da un paniere ponderato di indici 
che rappresentano i mercati di riferimento delle classi in cui verr� investito il 
patrimonio del fondo. La sua determinazione, in sede di asset allocation 
strategica, assicura che esso abbia una composizione coerente con la 
struttura ottimale di lungo periodo del portafoglio.  
La fase successiva del processo gestionale riguarda l�asset allocation 
tattica. A questa fase del processo di investimento corrispondono due 
distinte attivit� decisionali: la composizione del portafoglio nel breve periodo 
e la selezione delle singole attivit� finanziarie all�interno di ciascuna classe. 
Il risultato di queste decisioni si traduce operativamente 
nell�implementazione di tecniche gestionali
4
 che si distinguono per il diverso 
grado di attivismo. Estremizzando, vi possono essere due differenti approcci 
gestionali alla base dell�asset allocation tattica. 
                                                                                                                       
3
 La selezione ottimale di portafoglio mediante il criterio media-varianza sar� analizzata dettagliatamente nel 
prossimo paragrafo. 
4
 Esistono molteplici metodologie di investimento che possono essere attuate. Ai fini espositivi , tali criteri 
vengono tralasciati, poich� l�interesse � di porre enfasi sugli approcci gestionali seguiti e sui diversi obbiettivi 
che tali  approcci si  prefiggono. 
 
 19
Una gestione passiva consiste nel replicare la composizione  del 
benchmark determinato in sede di allocazione strategica e ritenuto essere un 
portafoglio efficiente in media-varianza. Questa metodologia prende il nome 
di indexing. A livello operativo verranno impiegate tecniche allocative che non 
prevedono un elevato turnover del portafoglio, se non per ribilanciare 
periodicamente i pesi delle diverse attivit�,  e che minimizzano i costi di 
gestione, mantenendo i rendimenti del fondo molto vicini a quelli del 
portafoglio benchmark.  
Con una gestione passiva, qualora un certo comparto si trovi in una 
fase ribassista, non � possibile evitare il deprezzamento di tale parte del 
patrimonio. In tali casi se l�asset allocation strategica � stata effettuata 
correttamente, il valore complessivo del portafoglio non dovrebbe essere 
turbato eccessivamente, data la presenza di altre classi di attivit� poco 
correlate o addirittura correlate negativamente. 
La gestione attiva, al contrario, � propria del manager che cerca di 
ottenere rendimenti pi� elevati del parametro di riferimento sfruttando 
eventuali condizioni di mispricing dei titoli. Poich�, tuttavia il gap che 
intercorre tra il prezzo di mercato  e il valore di equilibrio dei titoli tende a 
non persistere a lungo nel tempo, le tecniche attive comportano un maggiore 
turnover di portafoglio nello sforzo di battere il benchmark che � ritenuto 
essere inefficiente. I costi di gestione sono, quindi, pi� elevati rispetto ad una 
politica passiva. 
Ferretti e Murgia (1990) ritengono che in una gestione attiva, il 
contributo pi� significativo al differenziale di performance rispetto al 
benchmark viene apportato dal corretto svolgimento di due attivit�:   
1. l�anticipazione dei movimenti di mercato (market timing); 
2. la selezione dei titoli (security selection). 
In queste due attivit� i gestori professionali attivi dovrebbero sviluppare 
abilit� di gran lunga superiori a quelle dei normali risparmiatori. 
Il market timing si identifica con una politica di � redesign sistematico 
del portafoglio attraverso un processo di manipolazione del profilo di 
 20
rischio/rendimento del fondo, compatibilmente con le previsioni circa le 
presumibili tendenze e dinamiche di mercato. � (Barbato, 2002). 
 Questa attivit� decisionale riguarda, dunque, la scelta tattica della 
composizione del portafoglio nel breve periodo, che viene modificata rispetto 
alla struttura ottimale, a seconda delle previsioni sull�andamento di mercato.  
Nell�ipotesi di bull market, si tender� ad aumentare il rischio 
sistematico
5
 del fondo, in modo da amplificare l�impatto che l�oscillazione 
positiva del mercato produce sul tasso di rendimento; in caso contrario, 
qualora la previsione sia di bear market, si provveder� a ridurre il rischio 
sistematico per comprimere gli effetti negativi sul tasso di rendimento atteso 
del fondo. 
A livello operativo, qualora abbia l�aspettativa di un rialzo del mercato, il 
gestore tender� a diminuire,  all�interno del portafoglio, la percentuale 
rappresentata da titoli obbligazionari e dalla liquidit�. Per quanto riguarda 
invece la componente di natura azionaria, verranno selezionati titoli i cui 
rendimenti sono sensibili in misura maggiore alle oscillazioni di mercato; il 
gestore potr� ricorrere altres�, se consentito dalla normativa vigente e dal 
regolamento del fondo, alla vendita allo scoperto di titoli a reddito fisso ed 
all�acquisto di strumenti derivati su indici di borsa. 
Se invece l�ipotesi sull�andamento del mercato � pessimistica, si 
proceder� a modificare la struttura del portafoglio, incrementando 
l�incidenza percentuale dei titoli obbligazionari e delle disponibilit� liquide, a 
scapito della quota azionaria, e in particolare, di quei titoli molto sensibili ai 
movimenti del mercato; se si utilizzano strumenti derivati, verranno venduti 
contratti futures e acquistate opzioni put su indici di borsa. 
Un gestore, in possesso di una elevata abilit� di market timing, otterr� 
un incremento del tasso di rendimento del portafoglio gestito pi� che 
proporzionale rispetto all�incremento di rendimento del mercato di 
riferimento, in ipotesi di mercato sostenuto, mentre, il rendimento del fondo 
                                       
5
 Per  rischio sistematico, misurato dal beta, si intende quella parte di rischio che non pu� essere eliminata 
tramite la diversificazione di portafoglio. Il concetto sar� spiegato nei prossimi paragrafi. 
 21
diminuir� meno che proporzionalmente rispetto al rendimento del mercato, 
in una situazione di ribasso. 
La security selection, o stock picking, riguarda la scelta delle singole 
attivit� da inserire in portafoglio. Il gestore effettua un�analisi per 
individuare titoli mispriced, per i quali vi � una dissociazione tra valore 
intrinseco e prezzo corrente. In questo modo � possibile ottenere rendimenti 
sistematicamente superiori al mercato modificando i pesi dei titoli all�interno 
del portafoglio, per avere maggiori quantit� di quelli considerati sottovalutati 
rispetto alle tendenze attuali di mercato.  
A differenza del market timing, che riguarda la macroprevisione 
effettuata dal gestore sull�andamento del mercato, la security selection � un 
esercizio di previsione microeconomica avente per oggetto il prezzo futuro 
delle singole attivit� finanziarie. Ad essa fanno riferimento strumenti quali 
l�analisi fondamentale e l�analisi tecnica. 
Il riflesso di entrambi le attivit� sulla composizione del fondo comporta 
naturalmente una rinuncia pi� o meno marcata alla diversificazione ottimale 
specificata in sede di allocazione strategia. 
3. Valutazione delle performance: aspetti 
introduttivi. 
La terza fase del processo di gestione del  fondo riguarda la valutazione 
dei risultati reddituali  conseguiti nell�intervallo temporale di riferimento. 
Quali sono i soggetti coinvolti nel processo di valutazione dei fondi? Il 
problema riguarda, in primo luogo, i managers ed i risparmiatori che 
investono nelle quote,  ma anche altre classi di operatori sono interessate ai 
risultati dell�industria dei fondi comuni. Ad esempio, gli organi istituzionali, 
che definiscono le modalit� operative dei fondi comuni e che operano a tutela 
del buon funzionamento del mercato, possono considerare la performance 
del settore come un indicatore del grado di efficienza complessiva dei 
mercati, utilizzando i dati per comprendere i meccanismi di formazione dei 
prezzi dei titoli.