con tutti gli errori e scarti.
Nella costruzione di un modello cognitivo vi sono poi molteplici
variabili da individuare; 'l’immagine dipende a un tempo dalla
psicologia individuale, dalla cultura appresa (archetipi), dalle
riflessioni socio-economiche e professionali, dalle code di
comunicazione (code sociali, linguaggio), dall'esperienza vissuta, dallo
sua originalità biologica, ma anche dall'informazione che è suscettibile
di ricevere...... (Bailly, 1974); ai problemi metodologici si affiancano
problemi di linguaggio, superabili con la proposta di un modello
specifico di ricerca, come quello presentato da Brunet, che tiene conto
di alcuni canoni dello teoria dei sistemi (Brunet, 1974), o con l'idea
della "mappa" o "carta mentale", proposta originariamente da Tolman
(1948) e poi filtrata ed imposta nell'ambito geografico (Claval, 1980).
Per l'analisi del vissuto ambientale dobbiamo rifarci alle due
diverse e principali impostazioni che riguardano la ricerca psicologica:
quella della psicologia-sociale e quella cognitiva; sia l'una che l'altra
hanno cercato dl evidenziare "la strutturazione individuale di un
ambiente collettivo" (Perussia, 1980a), ponendo a proprio oggetto
l'uomo e costruendosi su un continuo riferimento al collettivo.
Ritroviamo contributi eterogenei in quanto le ricerche sono state
condotte da chi proveniva da àmbiti diversi, interessati sia ad una
ricerca sull'uomo che sull'ambiente, e questo ha reso più difficile il
riconoscimento dell'oggetto di ricerca da parte di chi non ha una reale
conoscenza operativa.
I contributi esistenti possono essere divisi in due grandi blocchi:
I) Ricerche sulle influenze che i vari ambienti possono avere
sull'uomo e sul suo comportamento (ambientalismo);
Il) Ricerche che tentano di definire la strutturazione cognitiva dello
spazio da parte e dell'individuo e dei gruppi (percezione
ambientale);
la tradizione italiana ha preferito quest'ultimo àmbito, filone che,
tuttavia, è soltanto agli inizi come può evidenziarsi da alcune rassegne
critiche (Bonnes-Dobrowolny, 1980; Perussia, 1980a-b-c).
La principale modalità di approccio all'ambiente in psicologia è
stata caratterizzata dalla riduzione dell'ambiente a spazio,
privilegiando così lo studio di singoli elementi anziché la
rappresentazione totale e trasgredendo il fatto che "per ciò che
riguarda l'elaborazione dell'informazione, il tutto precede le parti"
(Neisser, 1967). Delle due vie scelte (Cesa Bianchi, Beretta e Luccio,
1970) una non prende in considerazione l'habitat, riducendo il tutto ad
un contesto interpersonale, l'altra riduce lo spazio a qualcosa di
simbolico, conducendo studi sulla percezione in laboratorio; anche se si
sono raggiunti risultati notevoli in entrambi i casi, si è perso il rilievo
che il contesto ambientale può avere come problema psicologico.
"La schiacciante massa delle ricerche sulla percezione è stata
convogliata nel contesto della percezione dell'oggetto anzichè
dell'ambiente"
(Ittelson,
1973);
secondo
le
concezioni
elementaristiche della percezione ed il concetto che un errore è
sempre insito nel soggetto percipiente, il fine di queste ricerche è
andare a trovare quelle deformazioni che sono sempre presenti nel
momento della percezione.
D'altra parte autori come Gibson, Neisser, Ittelson, stanno a
sottolineare la svolta che si è andata sempre più verificando e cioè la
maggiore importanza che sempre più viene data alla realtà esterna,
all'ambiente, all'approccio ecologico della percezione che viene ad
essere caratterizzato dalla suddivisione tra spazio e luogo, intendendo
designare con il primo termine 'l'ambiente' della fisica, e con il
secondo 'lo spazio' della psicologia ecologica.
Koffka fu tra i primi ad operare una distinzione tra l'ambiente
geografico come spazio assoluto, e l'ambiente comportamentale come
spazio relativo, seguito a sua volta da Lewin (Spazio di Vita) e dalla
rivalutazione del processo dinamico che viene a crearsi nella
interazione dei soggetti con il mondo esterno, al di là di qualsiasi
impostazione soggettivistica, in quanto "è perfettamente possibile che
la forma e l'organizzazione di alcune strutture cognitive, specialmente
quelle di spazio, tempo e linguaggio, siano determinate... prima ancora
che si accumuli qualsiasi esperienza". (Neisser, 1967).
Si tratta di sottolineare un qualcosa di banale, e cioè che il mondo
percepito non è quello che viene fuori dalle misurazioni fisiche,
certamente un problema non nuovo, ma il compito di una psicologia
ecologica è proprio quello di chiarire i termini di questa soggettività e
definire meglio non tanto ciò che l'ambiente sembra, quanto ciò che
esso è per il nostro comportamento. Se "l'attività dei sistemi
percettivi è adatta per cogliere le informazioni ambientali utili
all'animale" (Warren, 1978), questo può valere anche per le
rappresentazioni cognitive; lo scopo della ricerca è proprio quello di
trovare la classe di rappresentazioni cognitive che risultano dalla
trasformazione dell'informazione riguardo ai fenomeni spaziali da un
insieme di relazioni spaziali assolute in un insieme che è adattivo o
utile in termini di comportamento spaziale umano (Downs e Stea,
1973).
La geografia della percezione viene presentata come
l'opposizione e la reazione all'interesse che si era avuto per questa
durante gli anni sessanta a fini behavioristici (Downs, 1970); gli
approcci
inizialmente
furono
caratterizzati
soprattutto
dall'applicazione di alcuni strumenti psicologici quali il T.A.T., ma
soltanto recentemente, negli Stati Uniti prima, in Europa e in Italia
dopo, si è arrivati a definire una vera e propria collaborazione fra
psicologi e geografi, caratterizzando e unificando le ricerche.
Se da una parte si adottavano criteri e metodi di una psicologia
scientifica, dall'altra si studiava la percezione al di là del solo aspetto.
sperimentale; ricerca in laboratorio e ricerca sul territorio si
ponevano come aspetti integranti di un unico indirizzo metodologico il
quale riconosceva che i dati raccolti in laboratorio dovessero essere
integrati con quelli provenienti dalle ricerche effettuate sul campo.
Da una psicologia elementaristica o atomistica (Weber, Fechner,
Wundt) si arriva ad una impostazione strutturalista con la Gestalt, fino
alla posizione funzionalistica di Harvard, il New Look on perception
che tiene conto dei fattori funzionali o personali; la percezione appare
quindi come la risultante dei fattori autoctoni o culturali, legati alle
caratteristiche degli stimoli provenienti dall'ambiente esterno, e dei
fattori personali che derivano dal soggetto che percepisce.
In questa evoluzione, particolare significato assume l'indirizzo
separatosi dal funzionalismo e realizzato all 'Università di Princeton,
quello "transazionale" ad opera di Ames, Cantrill ed Ittelson. La
dicotomia esistente tra ambiente e organismo viene a cadere,
l'adattamento non è più analizzato in termini di stimolo-risposta, ma
come organizzazione totale dell'organismo che si connette ad una
organizzazione totale dell'ambiente: la percezione, l'individuo,
l'ambiente sono strettamente correlati, per cui si agirà sull'ambiente
in base alla percezione e si percepirà in funzione dell'azione.
L'ambiente diventa così un elemento fondamentale della psicologia, un
costrutto che influisce in maniera determinante su tutto il
comportamento dell'individuo e sulla sua percezione.
Nella storia della psicologia sperimentale, la ricerca della
percezione dell'oggetto ha avuto come risultato la costruzione di teorie
nel suddetto àmbito, con il successivo trasferimento di queste nel
contesto ambientale; conseguenza dovuta anche alla concezione che la
percezione é da considerarsi come una singola, immediata e unitaria
risposta di un sistema nervoso (Gestalt).
‘Il percepire è sia un'esperienza fenomenica, sia la direttiva per
una azione" ( Ittelson, 1973), si è passati quindi da una visione
aristotelica della percezione ad un sistema molto più complesso; se
Wundt riteneva che "per ogni tipo di conoscenza sono necessari due
fattori: il soggetto che conosce e l'oggetto conosciuto, indipendente dal
soggetto" (1912), Whitehead sostiene che "non dobbiamo cullarci
nell'errore di supporre che stiamo confrontando un mondo specifico con.
specifiche percezioni su di esso" (1957) e Bridgam afferma che è "una
cosa senza senso cercare di separare chi osserva dall'oggetto
osservato, o parlare di un oggetto indipendente dall'osservatore, oppure
di uno che osservi in assenza di oggetti da osservare’ (1954).
Analoghe considerazioni possono essere fatte per quel che
riguarda il ruolo dello stimolo; la posizione tradizionale è stata quella
di affermare il completo controllo dello stimolo sugli eventi
psicologici, cosa che può essere considerata storicamente solo come
un'inevitabile conclusione; la percezione non può essere capita solo
facendo riferimento allo stimolo, chiaramente questo è coinvolto nel
processo percettivo, il problema è definire in maniera esatta il suo
ruolo. Recentemente il termine stimolo è stato legato a quello di
informazione che viene a dipendere dall'ambi ente in cui l'individuo vive
ed adempie alle sue funzioni; l'introdurre questo concetto ha portato a
varie conseguenze fra cui la rottura della tradizionale
compartimentalizzazione dei processi psicologici, gli studi sugli
aspetti rilevanti dell'informazione (Brunswik, 1956), e le relazioni fra
questi ultimi ed il ruolo dei sistemi di memoria.
Da qui la necessità di considerare l'ambiente come 'soggetto' di
studi percettivi e non come lo spazio della percezione tradizionale; gli
ambienti circondano, ed i loro aspetti salienti, la qualità di
multimodalità, la presenza sia di una stimolazione periferica che di
‘troppe informazioni simultaneamente abbondanti, insufficienti e
contraddittorie, suggeriscono... che le scoperte sulla percezione
dell'oggetto possono essere applicate solo con molta cautela alla
percezione dell'ambiente" Ottelson, 1973). Naturale sbocco della
ricerca è quindi l'indagine sul ruolo dell'azione e sul suo scopo,
considerato come definito, delimitato e causato dall'ambiente a causa
della presenza di significati e messaggi motivazionali suscitati, cioè
un approccio in cui l’individuo è sempre attivo, in cui non viene a
crearsi quella dicotomia prima presente fra uomo e ambiente: non
esiste l'ambiente che agisce sull'uomo o l'uomo che agisce
sull'ambiente, ma soltanto un'interazione che può essere analizzata in
modi diversi.