4
il concetto di risocializzazione è continuamente presente nel
predetto sistema normativo.
Risocializzazione è, oltretutto, la parola chiave che crea una
connessione ed uno scambio, positivo ed efficace, tra la legge
penale e le scienze sociali.
Oltre al rapporto intercorrente tra “colpevolezza” e
rieducazione stessa, ci si soffermerà, infatti, a sviscerare il
valore, i caratteri e l’importanza dell’art. 27 della
Costituzione italiana.
Successivamente verrà esposto l’apporto continuo e
l’influenza delle scienze sociali, in particolar modo della
criminologia, nell’ambito del trattamento rieducativo dei
soggetti autori di illeciti penali.
Verrà, oltretutto, messo in evidenza il processo di
“stigmatizzazione”-“etichettizzazione” non soltanto del
soggetto che viene condannato ma anche di quello che
semplicemente entra in contatto con un procedimento penale;
si arriverà ad analizzare i diversi fattori criminogenetici, tra
cui la stessa società (c.d. società criminogena) a cui
5
appartiene il soggetto; infine, verranno messi in luce i valori
distorti della subcultura criminale e carceraria, la quale molto
spesso crea vere e proprie carriere criminali.
Sarà, successivamente, illustrato in che cosa concretamente
consiste il programma risocializzativo, e le relative
problematiche di applicazione dello stesso, durante
l’esecuzione della pena.
Secondo una definizione penitenziario-criminologica, il
trattamento rieducativo deve essere inteso come l’insieme
delle tecniche modificative della personalità del condannato
poste in essere al fine di favorirne la rieducazione ed il
reinserimento sociale ma, quanto detto, dipende soprattutto
dalla volontà di aderire a tale programma da parte del
soggetto che ne è destinatario.
Prima di arrivare alla trattazione della seconda parte di
questo lavoro, il secondo ed il terzo capitolo offriranno al
lettore un breve excursus relativo alle misure sostitutive ed
alla misure alternative, ove viene nuovamente messo in
evidenza l’importanza del principio dell’extrema ratio, che
6
evita al soggetto destinatario della sanzione penale, per
quanto possibile, la contaminazione con l’ambiente
carcerario.
Introdotte dal legislatore al fine di rispondere adeguatamente
alle esigenze di prevenzione e di perseguire la rieducazione e
risocializzazione del condannato, idoneamente alle concrete e
molteplici condizioni in cui versa, sia le misure sostitutive
che le misure alternative propongono un sistema
sanzionatorio che non sia incentrato sul carcere, il cui ruolo
deve essere ridotto ed il più possibile limitato.
Se da un lato, le misure sostitutive evitano integralmente il
contatto del soggetto con il penitenziario e la sua cultura
criminale; dall’altro, le misure alternative sottraggono
l’autore dell’illecito all’ambiente carcerario parzialmente, in
quanto la risposta positiva al trattamento rieducativo può
comportare la modifica della pena detentiva in una forma di
sanzione comunque privativa della libertà ma, senza dubbio,
meno afflittiva (quale l’affidamento in prova al servizio
sociale, la detenzione domiciliare, etc.).
7
Il secondo campo d’indagine attiene, invece, alla misura di
sicurezza.
Ovviamente, una disamina comprendente tutte le singole
misure di sicurezza risulterebbe, in questa sede,
eccessivamente ampia e finirebbe con il fornire al lettore
soltanto un’analisi superficiale; ci si orienterà, pertanto, ad
esaminare solamente l’istituto della confisca affrontando il
problema delle molteplici ed innumerevoli sfaccettature che
questo tipo di misura suscita in dottrina.
Per un esame attento di tale istituto non saranno, di certo,
trascurate tematiche rilevanti quali l’esigenza cautelare, delle
misure in questione, relazionata, soprattutto, a quella che è la
pericolosità sociale di un determinato soggetto, autore del
reato, su cui le misure di sicurezza trovano il loro
fondamento.
E’ necessario osservare che, pur dimostrando propositi verso
il reinserimento sociale, l’individuo “stigmatizzato” incontra
nella società difficoltà obbiettive e concrete che si traducono
8
nella difficoltà a trovare un lavoro, ad avere assistenza, ad
ottenere una sicurezza economica.
Diffidenza e pregiudizi, da parte della collettività, nei
confronti dell’ex detenuto, favoriscono il fenomeno della
recidiva, più per necessità che per scelta; l’emarginazione
porta, infatti, il soggetto etichettizzato a cercare “altrove” il
proprio lavoro ed inserimento.
Così, più in generale, i contenuti e funzioni delle misure di
sicurezza saranno considerati sia da un punto di vista
criminologico e sociale che da un punto di vista legislativo e
dottrinario.
Come misura a carattere spiccatamente preventivo, fondata
sulla “pericolosità”, la confisca è stata inserita nella categoria
codicistica delle misure di sicurezza patrimoniali; anche se,
in realtà, si trova ad essere sanzione di disagevole
collocazione sistematica, in quanto disponibile, in diversi
contesti, ad assumere molteplici sembianze: ora misura di
sicurezza, ora pena accessoria, a volte sanzione a carattere
restitutorio.
9
La confisca si presta, dunque, a rispondere, effettivamente,
alle più disparate finalità e sollecitazioni sanzionatorie.
Strumento tradizionalmente presente nei diversi
ordinamenti, è riscoperto oggi come mezzo di contrasto di
manifestazioni criminose che tendono ad assumere una
rilevanza economica trascendente le classiche motivazioni
individuali del reo.
Le prospettive della confisca risulteranno, infatti,
particolarmente promettenti ove si dispieghino nei confronti
di autori del reato sensibili ai risvolti economici delle vicende
criminose; categoria in cui rientrano per definizione i soggetti
dediti ad attività di criminalità organizzata, che senz’altro
incarnano a pieno titolo il modello di homo economicus.
Di fronte all’esigenza, universalmente avvertita, di privare il
reo dei guadagni tratti dall’attività delittuosa, il rimedio
offerto in via generale dal codice penale vigente è la misura
di sicurezza prevista dall’art. 240 c.p..
Unica misura di sicurezza a carattere patrimoniale, c.d.
reale, la confisca mira, infatti, all’espropriazione delle cose
10
che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle
cose che ne sono il prodotto o il profitto.
11
CAPITOLO PRIMO
La pena nell’ordinamento italiano
1.1 Contenuto e funzioni della pena: tra retribuzione e
rieducazione.
In ogni contesto storico e sociale è presente l’insopprimibile
esigenza di prevenire e reprimere quei comportamenti, singoli
o collettivi, che si pongono in contrasto con le regole del
vivere sociale
1
.
1
In dottrina, secondo Antolisei, gli illeciti giuridici <<sono sempre fatti che lo Stato
nell’interesse sia della conservazione sociale che del miglioramento sociale>>.
E’ agevole, in tal modo, rendersi conto della grande varietà dei fatti punibili, nonché,
della relatività storica degli illeciti penali. <<Essi mutano coi tempi e coi luoghi,
essendo strettamente connessi col grado di civiltà, con l’indole di ciascun popolo,
con quel complesso di fattori che determinano le concrete scelte di politica
criminale>>. Cfr. ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale, parte speciale, I.,
Milano, 2002, p. 8
12
La salvaguardia e la promozione di tali regole sono affidate a
meccanismi di reazione sociale che sfociano nella punizione
del comportamento offensivo
2
.
Volendo dare una definizione della pena criminale (o pena
in senso stretto), si può affermare che essa rappresenta la
conseguenza giuridica legata al compimento da parte di un
soggetto di un fatto previsto dalla legge come reato e consiste
nella sanzione comminata dall’ordinamento giuridico a colui,
persona fisica o giuridica, che viola un comando o un divieto
di natura penale, irrogata dall’autorità giudiziaria mediante
processo
3
.
Delineato, seppur brevemente, il contenuto della sanzione
penale, è opportuno chiedersi quale sia la ragion d’essere
della pena. Occorre, cioè, chiedersi quale sia l’obbiettivo
perseguito dalla comunità sociale nel momento in cui sceglie
2
Si può, anzi, condividere l’affermazione secondo la quale l’esigenza che, in dati
contesti, qualcuno sia punito,appartiene al “metabolismo sociale”; ciò che varia,
infatti, in funzione dei modelli organizzativi, culturali e delle ideologie sottese agli
apparati di governo, è la concezione sociale del delitto, nonché le forme di reazione
al medesimo. Cfr. CORDERO F., Procedura penale, Milano, 2001.
3
In dottrina, MANTOVANI F., Diritto penale, Padova, 2001, p. 762 per il quale
<<La pena è la limitazione dei diritti del soggetto quale conseguenza della violazione
di un obbligo, che è comminata per impedire tale violazione e ha carattere
eterogeneo rispetto al contenuto dell’obbligo stesso>>.
13
di colpire una determinata condotta delittuosa attraverso una
sanzione.
Il problema di fondo della politica criminale è, dunque,
sempre aperto.
Perché si punisce? A quali pene conviene ricorrere? Quali
sono le sanzioni che meglio garantiscono il contenimento
della criminalità?
La pena, come già è stato accennato, può essere
strumentalizzata per ottenere fini diversi come diverse sono le
concezioni della società e dello Stato, che via via emergono
nel corso dell’evoluzione storica
4
; l’evoluzione storico-
sociale, pertanto, <<influisce non soltanto sugli scopi della
pena, ma anche sulle tecniche di volta in volta adoperate per
punire l’autore dell’infrazione>>
5
.
4
Riprendendo le considerazioni di Antolisei <<anche le condizioni particolari in cui
un popolo venga a trovarsi in un dato momento possono rendere necessario il ricorso
alla pena per proibire fatti che in situazioni normali sono consentiti>> cfr.
ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale, cit., p. 8
5
E’opportuno evidenziare che attualmente, nei sistemi penali moderni, il concetto di
sanzione penale non si basa solamente sulla sola pena ma si estendere fino a
ricomprendere la c.d. misura di sicurezza, cioè una “misura ulteriore che consegue
pur sempre ala commissione di un reato, ma la cui funzione (almeno negli intenti) si
differenzia da quella delle pene in senso stretto: scopo precipuo delle misure di
sicurezza sarebbe, infatti, quello di risocializzare l’autore di un reato in quanto
14
C’è un’ulteriore caratteristica dei fatti punibili che è
necessario sottolineare: il numero di essi aumenta con lo
sviluppo della civiltà.
Quanto appena detto, emerge osservando le diverse
trasformazioni della compagine sociale: in primo luogo,
l’evidente miglioramento dei costumi, da cui scaturisce la
necessità di reagire contro determinati fatti che in precedenza
non ripugnavano la coscienza sociale o di reprimerli con
maggiore energia
6
; in secondo luogo, l’estendersi delle
funzioni dello Stato, ossia l’intervento sempre maggiore
dell’Autorità pubblica nei rapporti della vita sociale
7
.
Ritornando, però, al concetto di pena ed alla funzione della
stessa nella società, appare all’uopo opportuno delineare
brevemente le fasi evolutive del sistema sanzionatorio
all’interno del nostro ordinamento.
E’ ormai pacifico, infatti, che <<il problema del
fondamento della pena, è stato ed è tra più dibattuti da parte
soggetto socialmente pericoloso”. Cfr. FIANDACA G., MUSCO E., Diritto penale,
Bologna, 2002, cit., p.645
6
Sono sorti, ad esempio, reati di omissione di soccorso e di maltrattamenti di
animali, che alle legislazioni antiche erano ignoti.
7
Ad esempio, reati contro l’ordine economico.
15
non solo della scienza penale, ma anche delle altre scienze,
che vi hanno largamente partecipato, a cominciare dalla
filosofia, la quale fin dalla scuole presocratiche si è
variamente pronunciata sul grave problema>>
8
.
Mentre in età arcaica la punizione consisteva in un mezzo di
composizione dei conflitti sociali, centrato sulla sofferenza
fisica o sulla morte del reo, ispirato ad esigenze di vendetta
ed alla c.d. legge del taglione, con l’avvento delle gerarchie
ecclesiastiche nella gestione del potere temporale la pena
venne, invece ad assumere una funzione di emenda del reo e
di espiazione spirituale. Ciò in quanto il diritto penale acquisì
una connotazione sociale e moraleggiante, all’interno della
quale il crimine venne sempre più d identificarsi nel peccato,
mentre i cultori del diritto canonico individuarono nella
sofferenza corporale lo strumento –unico ed efficace- per
conseguire la redenzione morale del reo.
Con la rivoluzione inquisitoria, avvenuta nella prima metà del
tredicesimo secolo, venne peraltro ad affermarsi, all’interno
8
MANTOVANI F., Diritto penale, cit., p. 764
16
della pratica giudiziaria, la tortura nella duplice connotazione
di pena e di mezzo per ottenere la confessione dell’indiziato
9
.
La pena “crudele”, quindi, era largamente impiegata e
costitutiva dello spettacolo e pubblica ammonizione,
racchiudendo in sé i contenuti dell’intimidazione e della
vendetta (pubblica).
E’ proprio il sentimento di vendetta uno degli elementi che
anima la teoria assoluta
10
retributiva.
La pena rappresenta la punizione conseguente
all’atteggiamento antidoveroso dell’individuo, attraverso la
quale si dà soddisfazione alla collettività turbata del delitto,
alla vittima ed ai sui congiunti.
9
Sull’argomento, AA. VV. Beccaria e i diritti dell’uomo, Roma, 1964.
Solamente con il diffondersi del pensiero giuridico illuminista si registra un profondo
mutamento nella filosofia della pena, che viene sempre più ad assumere quei caratteri
sui quali poggiano gli apparati sanzionatori occidentali contemporanei e che si
impone come mezzo di tutela irrinunciabile solamente nella misura in cui sia
realmente necessaria o utile alla prevenzione della criminalità. La sanzione penale
perde, così, quella connotazione vendicativa che l’aveva contraddistinta nel periodo
storico precedente, la tortura e le pene corporali vengono abolite, le pene capitali
ridotte, mentre il carcere acquisisce via via il ruolo di strumento fondamentale di
punizione e di auto correzione.
10
Svincolata da riferimenti finalistici contingenti.
In generale, WIESHET E., Pena e retribuzione. La riconciliazione tradita, Milano,
1987
17
L’individuo che, in virtù di una scelta libera e consapevole,
abbia violato una norma penale deve essere punito mediante
l’irrogazione di una sanzione che lo colpisca nei propri diritti
tanto quanto il crimine commesso ha colpito i diritti della
collettività.
Soggetta alla logica della ritorsione, la sanzione penale,
azione uguale e contraria rispetto al male del reato,
rappresenta, quindi, il corrispettivo del male commesso
attraverso il reato
11
.
Presupposto essenziale di tale teoria è, infatti, la
consapevolezza e libertà dell’individuo di orientare le proprie
scelte, nel bene e nel male, per poterlo chiamare a rispondere
delle proprie azioni.
La pena è il male che retribuisce il male del reato, compensa
la colpevolezza del reo.
Una “compensazione” piegata completamente ad un evidente
fallimento dello Stato che si pone sul medesimo livello di chi
ha commesso il reato.
11
Sul “male del reato” cfr. AA. VV., La funzione della pena: il commiato da Kant ad
Hegel, Milano, 1989