4
Capitolo Primo
1.1 L’ecosistema suolo
Il suolo s’identifica con lo strato detritico superficiale della crosta
terrestre, è un corpo naturale prodotto dal complesso d’interazioni che
coinvolgono l’atmosfera, l’idrosfera, la biosfera e la litosfera. Nel 1883
Dokuchaev affermava che il suolo è “un corpo naturale ed indipendente
che si forma per la continua trasformazione della roccia sotto l’influenza
preponderante del clima e dell’attività biotica”. Tale concetto segnò una
svolta nel pensiero pedologico, dalla concezione che considerava il suolo
un corpo inerte prodotto dall’alterazione della roccia, si passò ad una
visione dinamica secondo la quale il suolo è un corpo naturale in costante
trasformazione che si forma ed evolve sotto l’azione di svariati processi
fisici, chimici e biologici che si svolgono al suo interno, e lo legano ai
processi vitali che hanno luogo al di fuori di esso (Fierotti, 1997).
Il suolo è sede di un incessante circolazione di flussi di energia e
materia (cicli biogeochimici dell’azoto, dello zolfo del e carbonio) con gli
altri ecosistemi circostanti.
Il bilancio energetico dell’ecosistema suolo viene assicurato dalla
flora naturale che rifornendolo continuamente di materia organica,
riequilibra il sistema, lo rende autosufficiente e gli conferisce quello stato
di fertilità che, a sua volta, permette l’ordinato sviluppo del ciclo vitale del
suolo stesso, delle piante e degli animali. Senza questi apporti si avrebbe un
deficit energetico che, alla lunga porterebbe alla degradazione del suolo e,
in casi limite, alla sua desertificazione. La fertilità naturale, intesa nel
5
duplice aspetto di disponibilità per la pianta degli elementi contenuti nel
suolo e di trasformazione della sostanza organica da parte degli organismi
della pedoflora e della pedofauna, che avviano i processi di umificazione e
mineralizzazione, rappresenta una qualità intrinseca del suolo che si
determina e si sviluppa durante la pedogenesi. Quindi il suolo svolge un
ruolo di primaria importanza all’interno della biosfera e nel regolare gli
equilibri naturali con la litosfera, l’idrosfera e l’atmosfera, è un complesso
ecosistema in continua evoluzione che può essere paragonato ad un
organismo vivente che nasce, cresce e muore (Fierotti, 1997).
La crescente preoccupazione per gli effetti negativi che uno
sconsiderato sfruttamento di questa risorsa sta comportando non solo sulla
produttività ma anche sull’ambiente, richiama l’attenzione degli studiosi
sullo stato di salute del suolo, sulle possibili cause del degrado e sulle
possibili misure per contrastarne le conseguenze (Doran et al., 1996).
1.2 La Genesi
Il termine pedogenesi indica l’insieme dei processi fisici, chimici e
biochimici che portano alla formazione del suolo. Tali processi si
realizzano in tempi assai lunghi e comportano sostanziali trasformazioni
dei prodotti provenienti dall’alterazione della roccia madre, prodotti che
interagiscono e si mescolano con le sostanze organiche derivanti
dall’attività e dalla decomposizione degli organismi che abitano il suolo.
I fattori che concorrono al processo di formazione del suolo sono: il
clima, la natura della roccia madre, il rilievo: giacitura ed esposizione, gli
organismi il tempo ed altri agenti che hanno importanza locale. Secondo
6
Jenni (1941) un terreno può essere definito da un’equazione che esprime le
relazioni tra questi fattori: S = f(cl, ml, o, r, t,….).
La maggior parte dei terreni ha un’origine che si perde lontana nel
tempo, i componenti minerali del suolo rispetto a quelli organici devono
subire processi molto lenti per raggiungere quello stadio di suddivisione o
di trasformazione che permette di distinguere un terreno minerale dalla sua
matrice litologica. Il graduale passaggio da roccia a terreno è quindi una
funzione del tempo, a partire dal momento in cui la compagine rocciosa
viene attaccata dagli agenti atmosferici si ha una continua evoluzione: agli
agenti chimici della atmosfera (H
2
O, CO
2
, O
2
, ecc..) si uniscono i prodotti
della decomposizione degli organismi e soprattutto comincia ad instaurarsi
l’attività biochimica della microflora che rende più efficace l’attacco ai
minerali primari. L’insediamento della vegetazione poco evoluta, fa
acquisire al suolo una massa sempre maggiore di sostanza organica che si
decompone per l’attività degli organismi del terreno, liberando sostanze
minerali (processo di mineralizzazione) ed umiche (processo di
umificazione): le prime contribuiscono alla nutrizione minerale delle piante
e a creare le condizioni per lo sviluppo di una vegetazione più esigente,
evoluta e produttiva, mentre le seconde in relazione alla particolare
composizione chimica, stimolano la decomposizione della roccia madre la
solubilizzazione dei suoi costituenti minerali e intervengono nella
formazione della struttura atta a migliorare i caratteri colturali del suolo.
Riassumendo, i processi che presiedono la formazione di un suolo si
possono raggruppare, principalmente in due grandi categorie: quelli a
carico della matrice litologica e quelli a carico della sostanza organica. I
primi comprendono la frammentazione fisica, ad opera degli agenti
7
climatici (temperatura, precipitazioni, vento…) e l’alterazione chimica, dei
prodotti della disgregazione fisica, a opera dell’acqua (solubilizzazione,
idratazione, idrolisi), dell’ossigeno (ossidazione riduzione), dell’acido
carbonico (carbonatazione) e di altri agenti, che portano alla formazione di
minerali nuovi, questi ultimi assieme a quelli della roccia rimasti inalterati,
costituiscono la frazione minerale del suolo. I processi a carico della
sostanza organica sono dovuti direttamente all’attività della pedoflora e
della pedofauna ed indirettamente all’azione del clima che crea le
condizioni migliori per la vita e lo sviluppo degli organismi, i quali
svolgono una duplice azione: biofisica (disintegrazione) e biochimica
(mineralizzazione e umificazione). La frammentazione del detrito organico
e minerale rende più agevole l’azione di alterazione chimica, più piccole
sono le particelle, maggiore è la superficie disponibile per l’attacco da parte
dei microrganismi.
Tralasciando i particolari sui processi che determinano la formazione
e l’evoluzione di un suolo, è possibile riassumere quando detto
precedentemente nello schema della tabella 1.1.
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9
1. 3 Il Profilo
Come già è stato detto il suolo si origina per effetto di una serie di
trasformazioni fisiche e chimiche a carico della roccia madre e dei residui
vegetali, queste nel tempo portano alla differenziazione di profili
pedogenetici
1
via via sempre più complessi e comprendenti un numero
sempre più elevato di orizzonti.
Gli orizzonti differiscono fra loro nella morfologia, composizione,
consistenza e per convenzione vengono indicati con le lettere maiuscole O;
A; B; E; R. ( fig. 1.1)
FIG 1.1 Sequenza di orizzonti e sub-
orizzonti in un profilo tipico (da : Dazzi 1994)
1)Per profilo si intende la proiezione verticale del suolo, dove è possibile distinguere, anche con una
semplice osservazione visiva, una successione di strati detti orizzonti. Essi si formano per effetto della
lisciviazione o dell’accumulo, a determinati livelli, dei prodotti della trasformazione del substrato
minerale ed organico.
10
L’orizzonte O è caratterizzato da materiale organico indecomposto o
in via di decomposizione. Può essere suddiviso nei seguenti sotto-orizzonti:
Oi = materiali organici poco decomposti : fibre vegetali >40% del volume.
Oe= materiali organici mediamente decomposti : 17-40% di fibre vegetali.
Oa = materiali organici altamente decomposti : fibre vegetali <17% .
L’orizzonte A è l'orizzonte superficiale caratterizzato generalmente da
un accumulo di sostanza organica umificata, fortemente legata alla frazione
minerale del suolo e da una struttura grumosa e/o poliedrica.
L’orizzonte E risulta fortemente lisciviato e caratterizzato dal colore
grigio-cenere e da un tenore in sostanza organica e/o in sesquiossidi e/o in
argilla inferiore all'orizzonte che segue immediatamente.
L’orizzonte B è un orizzonte arricchito di argilla (per illuviazione o
alterazione), di sesquiossidi di ferro e di alluminio (per illuviazione o
accumulo residuale) e di altri elementi. Può presentare accumuli di
carbonati, di gesso o di sali più solubili. La struttura è di diverso tipo, ma
più frequentemente poliedrica angolare o prismatica. Su di esso può
trovarsi un orizzonte di transizione che, se permangono in prevalenza le
caratteristiche dell’orizzonte sovrastante, ma compaiono alcuni attributi
dell’orizzonte B, viene designato AB (oppure EB); se invece prevalgono i
caratteri di B viene designato come BA (oppure B E).
L’orizzonte C costituisce il substrato pedogenetico incoerente che
generalmente ha origine da processi di alterazione della roccia dura
sottostante (orizzonte R). Al di sopra può trovarsi un orizzonte di
transizione che viene designato BC o CB a seconda del prevalere
rispettivamente dei caratteri dell’orizzonte B o dell’orizzonte C (Dazzi,
1994).
11
L’orizzonte A è anche detto ‘eluviale’ costituisce una zona dove
l’acqua percolante asporta ioni e molecole dai componenti minerali, invece
l’orizzonte B è detto ‘illuviale’, in esso si deposita il materiale disciolto
negli strati superiori; l’insieme di questi orizzonti forma, nei terreni naturali
il tratto che viene chiamato ‘solum’.
Esiste una varietà infinita di profili con caratteristiche proprie che
corrispondono alle differenti tipologie di suolo.
1.4 Il Suolo Come Sistema Polifasico
Il suolo può essere considerato un complesso sistema trifasico, che
comprende: una fase solida, una fase liquida e una fase gassosa.
Queste tre fasi interagendo ed integrandosi tra loro, garantiscono la
funzionalità del terreno e consentono il perpetuarsi dell’attività biologica
sia animale che vegetale (Pignatti, 1995).
La Fase solida, è rappresentata da materiale incoerente sia di origine
minerale che organico. La frazione organica del suolo, sarà trattata
ampiamente in seguito. La pozione minerale: è quella che deriva dai
processi di alterazione della roccia e costituisce la gran parte della massa
del suolo. Dal punto di vista mineralogico, essa è costituita in parte da
minerali non alterati, ereditati dal substrato pedogenetico, in parte da
minerali di neoformazione, tra cui quelli delle argille e gli ossidi di Fe e Al.
Le argille hanno una struttura cristallina e proprietà colloidali, dovute
alle loro piccole dimensioni (diametro < 2 µ) e alla presenza di cariche
elettriche superficiali. Dal punto di vista strutturale, essi sono dei
‘fillosilicati’, formati da una serie di fogli elementari costituiti da tetraedri
12
con Si
+4
al centro e 4 atomi di O
2-
(o OH
-
) ai vertici. Nei tetraedri il Si può
essere sostituito isomorficamente dall’Al
3+
, si creano così delle cariche
negative superficiali, che costituiscono i siti cui si legano i vari cationi
(Ca
++
, Mg
++
, K
+
, Fe
+++
ecc.). In questo modo, gli elementi nutritivi vengono
messi a disposizione delle piante man mano che queste ne hanno bisogno.
A seconda delle caratteristiche climatiche e delle condizioni del mezzo, che
influiscono sulla solubilità selettiva del Si e dell’Al e sulla natura dei
cationi presenti nel reticolo, si hanno vari tipi di argille. Infatti, in presenza
di soluzioni ricche in silice, si originano argille con due strati di tetraedri di
Si e uno di ottaedri di Al (reticolo 2:1), quali montmorillonite, illite,
vermiculite ecc.; mentre, in condizioni favorevoli all'asportazione della
SiO
2
, dal suolo, si formano argille con uno strato di tetraedri di Si e uno di
ottaedri di Al (reticolo 1:1), come la caolinite.
Per quanto riguarda le dimensioni, la frazione inorganica del suolo è
costituita da un insieme di particelle di grandezza molto variabile. Un
primo limite dimensionale convenzionale è quello dei 2 mm, che separa lo
‘scheletro’ (> 2 mm) dalla ‘terra fine’ (< 2 mm). In quest’ultima si possono
distinguere, in base al diametro, diverse frazioni granulometriche; i loro
limiti dimensionali sono riportati nella tabella 1.2. La percentuale relativa
delle diverse particelle elementari, raggruppate secondo le dimensioni,
costituisce la tessitura o composizione granulometrica del terreno. Essa
viene determinata per sedimentazione (argilla e limo) e per setacciamento
(sabbie), dopo eliminazione dello scheletro e pretrattamento del campione
al fine di distruggere eventuali cementi organici o argillosi.
13
Per classificare un suolo in base alla sua composizione
granulometrica, si può utilizzare il cosiddetto ‘triangolo della tessitura’,
cioè un diagramma triangolare sui cui lati sono riportate rispettivamente le
% di sabbia (grossa + media + fine), di limo e di argilla (fig. 1.2)
Fig. 1.2 Triangolo della tessitura. (S = sabbioso,
F= franco, L = limoso, A = argilloso.
Per struttura o stato di aggregazione, si intende il modo con cui le
particelle elementari e i composti organici si riuniscono a costituire degli
SABBIA
M
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LIMO
ARGILLA
∅ > 2 2 - 0,2 0.2 - 0.02 0,02 – 0.002 < 0,002 mm
Tab. 1.2 Ripartizione delle particelle che sono nel suolo in base al
diametro (mm)
14
aggregati di forma, dimensioni e stabilità diverse. Si distinguono quattro
fondamentali tipi di struttura, in base alla forma degli aggregati:
- grumosa o granulare, con aggregati sferoidali; è la più favorevole perché
tra gli aggregati rimangono spazi occupati da aria e da acqua;
- poliedrica, con aggregati poliedrici, ad angoli smussati o vivi; gli spazi tra
gli aggregati sono più limitati;
- prismatica, con aggregati di forma allungata prismatica generalmente
originata per fatturazione di orizzonti argillosi sottoposti a variazioni di
umidità di temperatura;
- lamellare, con aggregati appiattiti, sviluppati solo parallelamente alla
superficie del suolo. E’ tipica dei terreni molto calpestati o pascolati.
La formazione di aggregati è strettamente condizionata dalla presenza
di sostanze che agiscono come cementanti tra le singole particelle del
suolo. Queste possono essere: humus, carbonato di calcio, ossidi d ferro,
escreti radicali, prodotti elaborati dai microrganismi edafici ecc. Esistono
anche terreni privi di struttura, o perché gli aggregati non si possono
formare per mancanza di cementi (per es. i terreni troppo sabbiosi, poveri d
sostanza organica), o al contrario perché le particelle sono così cementate
tra loro che il suolo diventa un unico blocco compatto. Struttura e tessitura
dei suolo sono, tra le proprietà fisiche, quelle che più condizionano il
comportamento del suolo nei confronti della circolazione dell’aria e
dell’acqua, in quanto regolano la quantità e la forma degli spazi vuoti (pori)
che vengono occupati dalla fase liquida e da quella gassosa.
Per porosità si intende la percentuale di spazi presenti in un certo
volume di suolo e si esprime in % del volume totale. In genere gli interstizi
a luce più ampia (diametro superiore a 8µ), definiti ‘macropori’, esprimono
15
nel suolo la ‘capacità per l’aria’, in quanto l’acqua viene più o meno
rapidamente rimossa da essi per gravità; mentre i capillari di diametro
inferiore a 8µ, detti ‘micropori’, indicano la ‘capacità per l’acqua’ di un
suolo, poiché in essi l’acqua tende a permanere molto più a lungo, essendo
trattenuta da forze di adesione più forti della forza di gravità. La quantità
massima, di acqua, che può essere presente entro i pori capillari costituisce
la ‘capacità di ritenuta idrica’ del suolo e, in condizioni di drenaggio
normale, essa rappresenta la riserva idrica delle piante. Un altro importante
limite dimensionale per i pori è quello dei 0,2 µ, al di sotto del quale
l’acqua viene trattenuta con un’energia superiore alle 16 atmosfere, che è
una soglia non superabile dalla forza di assorbimento delle radici. I terreni
molto argillosi, in cui tale microporosità è in eccesso, trattengono l’acqua al
punto che le piante non riescono ad utilizzarla e, già con un 15% di umidità
nel suolo, mostrano sintomi di appassimento (Pignatti, 1995)
La Fase liquida è costituita dall’acqua proveniente dalle
precipitazioni, dalla falda sotterranea o da infiltrazioni laterali, che circola
negli interstizi dei terreno, per fenomeni di capillarità, igroscopicità,
percolazione. In essa sono disciolti sali e colloidi di varia natura; la sua
composizione tuttavia varia continuamente, a causa dei numerosi scambi
ionici con le fasi solida e gassosa o dell’apporto di nuovi elementi con la
pioggia, le irrigazioni, le concimazioni, come pure per l’asportazione dei
nutrienti da parte delle piante e dei microrganismi. L’acqua, come si sa, ha
un ruolo determinante nella costruzione del suolo, sia nelle fasi iniziali
dell’alterazione fisica e chimica della roccia madre, sia successivamente
nella dinamica evolutiva del profilo e nella differenziazione degli orizzonti.
L’acqua si muove liberamente nel suolo in diverse forme più o meno
16
disponibili per la vegetazione, fatta eccezione per l’acqua di
cristallizzazione, che è legata al reticolo dei minerali, e per l’acqua
igroscopica, che viene trattenuta dalle particelle colloidali. La sua dinamica
nel terreno può essere schematizzata nel modo seguente: quando piove,
l’acqua che arriva al suolo tende a penetrare negli strati più profondi per
gravità (acqua gravitativa), occupando temporaneamente macropori e
micropori. Man mano che essa si distribuisce nel terreno, va a concentrarsi
solo nei micropori, mentre i macropori vengono occupati dall’aria. L’acqua
contenuta nei micropori è per la gran parte disponibile per le piante, che
l’assorbono per capillarità (acqua capillare); soltanto una piccola frazione
quella presente nei micropori di diametro inferiore a 0,2µ non può essere
utilizzata, in quanto è trattenuta con una tale energia che le piante non
riescono ad assorbirla, nonostante la loro grande forza di suzione. Quindi le
forme di acqua che possono essere utilizzate dalla vegetazione sono
costituite da quella gravitativa e da una parte di quella capillare; man mano
che l’acqua disponibile viene assorbita, aumenta la forza con cui il suolo
trattiene la rimanente. Quando le riserve idriche sono ridotte all’acqua
igroscopica e a quella dei capillari più sottili, viene raggiunto il ‘punto di
appassimento’. Esso è strettamente correlato con la quantità di colloidi
presenti nel suolo e con la tessitura: è piuttosto basso nel suoli limosi (8-
10%), tende a crescere nei suoli argillosi (15-20%) e ancor più in quelli
torbosi (35-50%) (Pignatti, 1995).
La Fase gassosa: il suolo ha una sua atmosfera interna, che
condiziona la presenza della gran parte degli organismi edafici e lo
svolgimento delle loro attività. Nel terreno essa occupa in genere gli spazi
lasciati liberi dall’acqua (cioè i macropori) e perciò la sua presenza è in
17
relazione principalmente con lo stato di umidità del suolo. La composizione
dell’aria interna non differisce molto da quella dell'aria esterna, ma variano
i rapporti tra i vari componenti: mentre le concentrazioni di O
2
, e di N
2
sono pressoché simili (rispettivamente 18-20,5% e 79%), il contenuto di
CO
2
, nell’interno del suolo è sempre più elevato, essendo prodotto dalla
respirazione delle radici delle piante e dei microrganismi e soprattutto dei
processi di mineralizzazione delle sostanze organiche. Il tenore di CO
2
,
varia in media tra 0,3 e 3%, ma può raggiungere valori del 5-10% nella
zona della rizosfera; la sua concentrazione, inoltre, tende ad aumentare con
la profondità (Pignatti, 1995).
1.5 Le proprietà chimiche
Gli elementi minerali contenuti nel suolo derivano dalla roccia madre
e dalla materia organica, e secondariamente da apporti eolici, da acque
meteoriche e di scorrimento superficiale, come pure da fertilizzazioni fatte
dall’uomo. Dal punto di vista della disponibilità ai fini della nutrizione
delle piante, gli elementi possono trovarsi nel suolo in diverse forme:
a) come costituenti i reticoli cristallini dei minerai del suolo (K, Ca, Na di
feldspati, pirosseni ecc.); essi non sono prontamente disponibili, ma
possono diventarlo man mano che, con il tempo, procede l’alterazione dei
minerali;
b) combinati in forme complesse, molto stabili, dotate di scarsissima
solubilità: per esempio, tra i composti del fosforo, si può menzionare il
Ca
3
(PO
4
), che si forma in ambiente alcalino; questi composti possono
divenire assimilabili solo se si trasformano in altre forme;