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CAPITOLO I
La discesa in campo
1.1 Modelli interpretativi sulla discesa in campo
Come brevemente illustrato nel precedente capitolo ma come tristemente si nota nelle
consultazioni elettorali, i giovani italiani hanno perso la fiducia nei partiti tradizionali e non
siamo certo nel nuovo millennio a scoprirlo ma già da tempo. Però le mosche bianche esistono,
esistono giovani universitari impegnati nei gruppi “parapolitici”, under 30 attivisti nei partiti
tradizionali e, come si vedrà nell’ultimo capitolo, sorprendentemente alcune cariche istituzionali
sono occupate proprio da giovani under 40. Questi ragazzi possono essere raggruppati nella
categoria “casi devianti”, cioè quei pochi esponenti delle nuove generazioni che dedicano alla
vita di partito tempo ed energie, i quali saranno il nostro oggetto di studio.
Come mai in politica? “Ipotesi circa le condizioni che inducono alcuni individui anziché
altri ad attivarsi politicamente sono state formulate in diverse aree di ricerca – la partecipazione
politica, il reclutamento politico, la socializzazione delle élites – dando vita ad alcuni modelli
interpretativi che percorrono, in elaborazioni più o meno esplicite, la letteratura.” (Recchi, 1998)
Questi modelli sono:
Il modello di compensazione
Il modello di sensibilizzazione
Il modello di cristallizzazione
Il modello di identificazione razionale
In questi modelli abbiamo un ruolo rilevante della famiglia che, come giustamente e
spesso accade nella società italiana, risulta essere nel positivo e nel negativo un elemento
fondamentale nella vita del ragazzo.
I giovani italiani vivono con i propri genitori molto più a lungo rispetto ai ragazzi di altre
nazionalità (Billari, 2004; Ongaro, 2001). È palese che questi ragazzi possano ripercorrere le
modalità di partecipazione simili a quelle dei propri parenti più stretti. La corrispondenza tra
genitori e figli dipende sostanzialmente dal fatto che i primi trasmettono, attraverso meccanismi
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affettivi, emozionali e di imitazione, modelli di comportamento e opinione che sono appresi dai
secondi, che li mantengono poi nel corso della loro vita (Beck e Jennings 1992).
1.1.1 Modello di compensazione
Come dice la parola stessa “compensazione” siamo difronte ad una mancanza, in questo
caso la carenza risulta essere affettiva subita dal ragazzo all’interno della propria famiglia e poi
sviluppata in un’adolescenza “grigia” e lontana dalla felicità. Il primo a teorizzare questo modello
fu il politologo statunitense Harold Laswell, secondo cui “il vero politico impara ad usare il
mondo degli oggetti pubblici come strumento per alleviare le sofferenze che caratterizzano il suo
ambiente intimo.” (Laswell 1950, 17).
La voglia di riscattare un’adolescenza cupa viene, quindi, colmata dalla conquista del
consenso che va quindi a compensare le carenze di cui abbiamo parlato precedentemente.
La bassa autostima viene aumentata nel giovane dall’impegno politico attraverso il suo
inserimento nel gruppo di appartenenza dove finalmente viene vista e valorizzata la sua figura.
1.1.2 Modello di sensibilizzazione
Come per osmosi, la passione e l’alto grado di politicizzazione della famiglia d’origine si
trasferisce al figlio e soprattutto la presenza di personalità politiche all’interno della parentela,
rendono il ragazzo maggiormente incline alla discesa in campo.
Secondo Merelman e King “il modello di sensibilizzazione asserisce che i genitori
trasmettono con successo abitudini durevoli di attivismo politico ai futuri attivisti fin
dall’infanzia” (Merelman e King 1986, 476) si presuppone anche che gli attivisti abbiano uno
“stile di apprendimento politico particolarmente aperto e flessibile” (Merelman e King 1986, 476)
che, secondo Stone e Ziller costituirebbe la “complessità cognitiva” presente in ogni soggetto
politico. Questa caratteristica consiste alla propensione verso l’approfondimento di tutte le
sfumature delle questioni sociali, anche di opinioni contrarie e contrastanti rispetto quelle
imparate in famiglia.
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“Non è improbabile, inoltre, che, in presenza di una complessità cognitiva superiore alla
media, la disponibilità di fondo all’attivismo derivante da un’esposizione precoce alle questioni
politiche in ambito familiare trovi un modus operandi adeguato alla pratica politica vera e
propria”. (Recchi 1998, 520)
A ciò si aggiunge un indicatore come l’importanza dell’intensità della partecipazione dei
genitori e la loro politicizzazione: nelle famiglie fortemente politicizzate gli scambi di natura
politica sono più frequenti e la trasmissione degli atteggiamenti politici ai figli è più forte
(Jennings, 2009).
1.1.3 Modello di cristallizzazione
Ancora protagonista la famiglia d’origine come incoraggiatrice nell’ingresso in politica
dei figli, secondo questo modello interpretativo teorizzato sempre da Merelman e King i valori
fondanti rappresentano un collante importante.
Questo modello può trovare conferma in ogni tempo ma soprattutto, per quanto riguarda il
nostro Paese, negli anni dell’immediato dopo guerra dove i valori fondamentali erano
principalmente due: la fede cattolica o la lotta operaia (senza esclusione di mescolante).
Nelle biografie dei grandi leader della Democrazia Cristiana o del Partito Comunista si
demarca molto questo trasferimento di valori e, conseguentemente, la discesa in politica nei
partiti che maggiormente rappresentano queste differenze.
Ecco spiegata nella sostanza la teorizzazione di Merelman e King in quanto
“l’apprendimento nell’età pre-adulta produce negli attivisti certi abiti mentali che perdurano
senza cambiamenti per tutto il corso della vita…i giovani attivisti mostreranno di avere una
somiglianza insolitamente forte con gli atteggiamenti politici degli agenti di socializzazione del
loro ambiente” (Merelman e King 1986, 475 e 479).
In soggetti di questo tipo la scala dei valori risulta saldamente delineata e difficilmente si
adatteranno ad altre e scenderanno in campo, invece, al fine di adattare il mondo ai propri
principi percorrendo questa non facile strada affianco al partito che maggiormente li incarna.
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1.1.4 Modello di identificazione razionale
In questo modello, oltre al giovane abbiamo due soggetti che giostrano attorno; uno è
rappresentato dalla famiglia e l’altro risulta essere un soggetto già impegnato in politica.
Andando con ordine questo modello amplifica sia una volontà di discesa in campo ma
anche una utilità dell’impegno, inteso a portare l’attivismo ad un vero e proprio lavoro retribuito.
“l’emergere dell’aspirazione giovanile ad intraprendere una carriera politica si ricostruisce
come l’esito di un processo che si innesca all’approssimarsi dell’età adulta, allorché l’aspettativa
sociale per una predefinizione degli orientamenti professionali individuali si fa più pressante”
(Recchi 1998, 521).
Un fattore importante da sottolineare risulta essere l’agiatezza della famiglia, che
permette prima di tutto al giovane di formarsi attraverso gli studi e di non farlo cadere mai allo
spettro della disoccupazione grazie a disponibilità immediata di lavoro (impresa di famiglia o
forti conoscenze) e passare quindi al figlio “le risorse chiave delle informazioni riservate sulle
regole del gioco e i legami interpersonali” (Bertaux 1995, 172).
Seguendo questo filone, le famiglie “agiate” a livello economico, sono giocoforza
influenti a livello politico e quindi maggiormente facilitate a far conoscere i propri figli a
personalità politiche. I giovani impegnati, quindi, avranno sicuramente strette conoscenze con
uno sponsor politico che, servendosi della teorizzazione di Levinson chiameremo “mentore”
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La conoscenza diretta dell’uomo politicamente potente ed il “controllo” subito da parte
del novello politico sono le accezioni, una positiva e l’altra negativa al fine di sorpassare le
normali tappe della gavetta politica.
Il “mentore” sarà sicuramente d’aiuto al giovane come “esperto del mestiere” ed eviterà
(si spera) che gli vengano tarpate le ali attraverso consigli e raccomandazioni, lo accompagnerà
nelle “stanze del potere” e gli concederà la fiducia ed il tempo necessari a sviluppare le proprie
competenze e peculiarità. Per contro, si servirà del giovane “delfino” commissionando le
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“il mentore ha di solito diversi anni di più, è una persona di grande esperienza nel mondo in cui il giovane sta
entrando. Il termine mentore è generalmente usato in un senso più ristretto, per riferirsi ad un insegnante, un
consigliere o uno sponsor (Levinson 1978, 97)
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mansioni più impegnative e logoranti dell’agire politico quali il costante contatto con le richieste
del popolo votante, i viaggi in avanscoperta dei luoghi con maggiori criticità e l’organizzazione
della propria agenda.
Numerosi gli esempi, uno su tutti il rapporto che ha legato i primi anni di attività nel MSI
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di Gianfranco Fini e l’allora leader del partito Giorgio Almirante, come riportato in un articolo
del 2009 di Protti che riprese un’intervista del leader missino riguardante un possibile erede
politico «…tanto che sto lavorando per individuare e far crescere chi dovrà prendere le redini del
Msi dopo di me. Giovane, nato dopo la fine della guerra. Non fascista. Non nostalgico. Che
creda, come ormai credo anch’io, in queste istituzioni, in questa Costituzione. Perché solo così il
Msi può avere un futuro.»
1.2 I casi famosi
Rimanendo in tema di personalità politiche non si può non prendere come esempi:
Giulio Andreotti,
leader indiscusso della Democrazia Cristiana, tre volte Presidente del Consiglio dei
ministri e assegnatario di svariate cariche all’interno delle legislature scudo-crociate.
La sua lunga carriera inizia da giovane tra i banchi della facoltà romana di
Giurisprudenza, appena ventenne aderendo alla FUCI
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, diventando in un primo momento
direttore di Azione Fucina, nel 1942 successore di Aldo Moro alla presidenza. Le sue qualità
furono notate da di De Gasperi che lo invitò a partecipare alla riorganizzazione del partito di
matrice cattolica e poi, nel 1944 eletto nel primo Consiglio Nazionale della neonata DC.
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Il Movimento Sociale Italiano (MSI) è stato un partito politico italiano di estrema destra. È stato creato nel 1946 da
reduci della Repubblica Sociale Italiana. Il partito si sciolse nel 1995 confluendo in Alleanza Nazionale.
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La Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI) è una federazione di studenti universitari cattolici. Nata nel
1896, nel dopo guerra fu scuola e serbatoio importantissimo di parlamentari della Democrazia Cristiana (Moro e
Andreotti su tutti) e, assieme all’apporto di voti di Azione Cattolica fu determinante per le vittorie alle elezioni
politiche scudo crociate fino agli anni Settanta.