2
Si comprende, quindi, facilmente come la partecipazione della Comunità europea al
sistema dell’economia globalizzata risulti alquanto complessa.
L’intento di questo lavoro è di analizzare questa situazione, limitandosi a chiarirne
alcuni aspetti particolarmente interessanti e concernenti le origini e la struttura
dell’OMC, la competenza della CE a stipulare gli accordi pertinenti e a partecipare a
tale Organizzazione.
3
CAPITOLO 1
DAL GATT ALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL
COMMERCIO (OMC)
SOMMARIO: 1. Genesi storica dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio
(GATT) – 2. Natura giuridica del GATT – 3. Il contenuto normativo – 4. L’aspetto
istituzionale – 5. L’effettività del sistema GATT e la sua evoluzione storica – 6. L’Uruguay
Round e il processo di negoziazione – 7. L’Accordo di Marrakech e la nascita
dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) – 8. La natura giuridica
dell’Organizzazione – 9. Le istituzioni: la Conferenza dei Ministri, il Consiglio Generale, il
Segretariato e i Comitati ad hoc – 10. Obiettivi e funzioni dell’OMC. Le principali innovazioni
rispetto al GATT – 11. Il ‹‹nuovo›› sistema di risoluzione delle controversie
1. Genesi storica dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio
(GATT)
Nelle intenzioni delle potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale, la gestione
del commercio internazionale doveva essere affidata ad un sistema normativo e
istituzionale che, ispiratosi a principi neoliberistici, non si limitasse solamente alla
materia delle tariffe doganali e a poche altre forme di restrizione dello scambio di
merci.
4
Un intento siffatto era stato manifestato ben prima della fine della guerra. Le direttrici
di fondo che avrebbero ispirato il futuro assetto dell’economia mondiale furono già
tracciate con la Carta Atlantica del 14 agosto 1941
1
, che riproduceva le linee
ispiratrici della più recente politica economica statunitense e furono sviluppate negli
anni successivi attraverso le trattative intercorse tra Stati Uniti, Gran Bretagna e
Canada.
I risultati di queste trattative furono trasfusi, una volta cessate le ostilità belliche, in
un progetto organico, elaborato dal governo statunitense e proposto agli altri Stati
come base di discussione di negoziati da avviare a livello multilaterale. Cornice
istituzionale fu la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e l’occupazione,
convocata dal Consiglio economico e sociale (ECOSOC) con la Risoluzione I del 18
febbraio 1946 e svoltasi, dall’ottobre dello stesso anno, nelle quattro sessioni di
Londra, New York, Ginevra e infine L’Avana.
Qui, il 24 marzo del 1948, cinquantaquattro Paesi firmavano, a L’Avana, la Carta
istitutiva dell’Organizzazione internazionale del Commercio (ITO, per l’inglese:
International Trade Organization).
Era questo l’accordo destinato a formare uno dei tre pilastri dell’organizzazione
giuridica del sistema economico internazionale postbellico, accanto alle istituzioni
monetarie e finanziarie varate nel 1944, nella conferenza di Bretton Woods: il Fondo
monetario internazionale (FMI) e la Banca mondiale (BM). L’insieme di queste
istituzioni era, infatti, concepito come integrazione economica delle istituzioni
1
Dichiarazione di principi di politica internazionale del Commonwealth britannico e degli USA concordata durante la
seconda guerra mondiale tra Roosevelt e Churchill. Tra i punti essenziali vi è il diritto di accesso, in condizioni di
parità, al commercio e alle materie prime nel mondo.
5
politiche delle Nazioni Unite volte a garantire la pace e la sicurezza internazionali,
sulla base della convinzione, maturata in seguito alle esperienze del periodo tra le due
guerre mondiali, secondo cui una pace duratura non poteva essere assicurata senza
adeguate misure in campo economico.
Pur essendo stato definito e sottoscritto da tutti i paesi partecipanti, l’accordo relativo
all’istituzione dell’ITO, noto come ‹‹Havana Charter››, non venne mai ratificato. Tale
vicenda fu determinata, soprattutto, dall’atteggiamento dei principali Stati promotori,
Stati Uniti e Gran Bretagna, che non accettarono la Carta dell’Avana per motivi
interni di carattere politico-costituzionale. Tra questi va menzionato il generale
conflitto che emerse, all’interno di questi Paesi, tra esigenze di liberalizzazione e
l’emergere di forti spinte protezionistiche da parte di gruppi di pressione economica.
6
2. Natura giuridica del GATT
In questo scenario, viene definito il testo dell’Accordo generale sulle tariffe doganali
e sul commercio (GATT), sorto come accordo multilaterale di diritto sostanziale, che
avrebbe dovuto porsi come accessorio al trattato istitutivo dell’ITO. Fino alla
costituzione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), esso divenne il
principale strumento giuridico internazionale di respiro multilaterale nel settore del
commercio.
Il GATT fu negoziato, su iniziativa degli Stati Uniti, nel 1947 durante la sessione di
Ginevra della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e l’occupazione, e fu
applicato dal I gennaio 1948. Inizialmente doveva rappresentare soltanto la
provvisoria anticipazione di una parte a sé stante del Trattato istitutivo dell’ITO,
avente ad oggetto le sole concessioni tariffarie, negoziate tra mille difficoltà, da un
gruppo limitato di ventitré Stati dei futuri partecipanti alla conferenza cubana.
La sua applicazione ebbe inizio a titolo non definitivo e non dopo le previste
ratifiche, bensì grazie ad un accordo accessorio, detto ‹‹Protocollo di applicazione
provvisoria››.
Le ratifiche dell’Accordo generale, al fine della sua entrata in vigore definitiva,
sarebbero dovute intervenire contestualmente alle ratifiche della Carta dell’Avana.
Tuttavia ciò non è mai avvenuto e, dal punto di vista formale, gli Stati membri
originari hanno continuato ad applicare l’Accordo generale solo tramite il Protocollo
di applicazione provvisoria.
7
Gli Stati che hanno in seguito aderito al GATT, lo hanno fatto anch’essi non
mediante la ratifica dell’Accordo generale, bensì tramite analoghi protocolli di
adesione provvisoria. Sebbene l’Accordo generale non fosse dunque mai entrato in
vigore in via definitiva e in modo autonomo, gli Stati membri erano tuttavia
giuridicamente obbligati a rispettarlo poiché esso era incorporato, mediante la tecnica
del rinvio, nei citati ‹‹protocolli››, i quali erano veri e propri trattati internazionali.
Il fatto che tale Accordo fosse applicato solo tramite il Protocollo non era peraltro
scevro da conseguenze giuridiche.
In primo luogo, gli Stati membri potevano recedere dal GATT con un preavviso dato
secondo il termine di sessanta giorni previsto dal Protocollo, anziché, secondo quello
di sei mesi previsto dall’art. XXXI dell’Accordo generale.
In secondo luogo, il Protocollo conteneva una clausola che permetteva agli Stati
membri di applicare la II parte dell’Accordo generale solo ‹‹ to the fullest exent not
inconsistent with existing legislation››. Questa clausola, nota nella prassi come
‹‹grandfather clause›, consentiva ad ogni parte contraente di mantenere in vigore ed
applicare la propria legislazione interna, già esistente alla data dell’adesione al
GATT, sebbene essa risultasse incompatibile con gli obblighi posti dall’Accordo
generale.
Seppur il GATT fosse nato sotto il segno della provvisorietà, determinata anche dal
fatto che per tutto il tempo della sua vigenza esso attinse le proprie risorse finanziarie
dall’Interim Comitee of the International Trade Organization (ICITO, organo della
Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e l’occupazione) e quindi, di fatto,
8
dall’ONU, taluno a sostenuto, comunque, che l’applicazione dell’Accordo generale
riuscì a dare vita a una vera organizzazione internazionale
2
.
In questo senso, l’elemento decisivo è dato indubbiamente dal contegno degli Stati
membri che hanno dimostrato in tante occasioni di riconoscergli tale qualità
3
.
In effetti, nessuno Stato ha addotto la vigenza provvisoria e indiretta dell’Accordo
generale per giustificare la violazione di obblighi da esso derivanti. Inoltre, le
sentenze rese in materia da alcune corti nazionali, tra le quali la Corte di cassazione
italiana, e dalla Corte di giustizia della Comunità europea, confermano che l’Accordo
generale va considerato, nonostante le sue peculiarità formali, come un trattato
internazionale vigente e vincolante.
4
Tale orientamento non è però unanimemente condiviso. Parte della dottrina,
nazionale e non, pur riconoscendo l’evolversi del GATT in un sistema
‹‹costituzionale›› complesso, dotato di significativi elementi di istituzionalizzazione,
qualifica la sua natura giuridica come sistema di regole ‹‹deboli›› o di soft law
5
. Si
cerca, in tal modo, di attribuire alle norme dell’Accordo un carattere che, seppur non
obbligatorio, non sarebbe comunque privo di effetti sul piano giuridico. Il GATT
viene inteso non come un codice di comportamento commerciale dal contenuto
tassativo, bensì come sistema di obblighi convenzionali di carattere strettamente
2
Cfr. COMBA, Il commercio internazionale di merci: dal GATT 1947 al GATT 1994. La circolazione di alcuni modelli e
le innovazioni dell’Uruguay Round, in Studi in onore diG. F. Mancini, Milano, 1998, pp. 82-103.
3
Può bastare, come esempio di tale prassi lo scambio di lettere avvenuto il 18 agosto 1977 (e successivamente
modificato con nuovo scambio del 5-11 aprile 1963) tra il governo federale svizzero e il Direttore generale del GATT.
Questi agiva in nome e per conto delle Parti Contraenti a seguito di previa approvazione del testo dello scambio di
lettere da parte del Consiglio del GATT. In tal modo la Svizzera accordava esplicitamente al GATT, per analogia, gli
stessi privilegi e le stesse immunità già concordate con l’Organizzazione delle Nazioni Unite.
4
COCCIA, voce GATT (General Agreement on Tariffs and Trade), in Digesto delle discipline privatistiche Sez. Comm
vol. VI., Torino, 1991, p. 398 ss.
5
LIGUSTRO, Le controversie tra Stati nel diritto del commercio internazionale: dal GATT all’OMC, Padova, 1996, p.
143.
9
reciproco e ampiamente derogabili in situazioni particolari, nonché come ‹‹foro›› di
negoziazione permanente, volto ad assicurare una costante verifica e ridefinizione
degli impegni assunti e delle concessioni e vantaggi mutuamente accordati dagli
Stati.
Tale sistema, così strutturato, era in grado di realizzare funzioni tra loro divergenti
come quella di garanzia della certezza giuridica delle relazioni commerciali, in
un’ottica neoliberistica, e di salvaguardia dell’equilibrio tra gli interessi commerciali
delle singole parti contraenti.
A questo proposito si è spesso parlato di un ‹‹paradosso GATT
6
››, che avrebbe
trovato nella sua natura ‹‹flessibile››, ‹‹aperta››
7
non solo i limiti della sua efficacia,
ma anche una ragione del suo successo
8
in quanto, proprio questa duttilità ha
permesso all’Accordo generale di superare i vari momenti di crisi che hanno
caratterizzato i rapporti economici internazionali in questo secondo dopoguerra.
6
Così LIGUSTRO, Le controversie tra Stati cit., p. 91.
7
Con tali termini si vuole fare riferimento alla possibilità di un’ampia libertà di interpretazione delle norme materiali
dell’Accordo.
8
Basti riflettere sul fatto che, anche grazie alle sue disposizioni ‹‹non rigide››, dai ventitré Stati iniziali si passò subito
prima dell’entrata in vigore dell’OMC, a 123 membri di pieno diritto e 13 membri de facto, segno della tendenza del
GATT ad un crescente multilateralismo.
10
3. Il contenuto normativo
Obiettivo specifico e fondamentale del GATT, sia pure assai limitato, se messo a
confronto con l’ambizioso respiro del progetto dell’Avana, fu quello di una
progressiva liberalizzazione degli scambi. Ciò doveva avvenire attraverso una
riduzione, continuatamene rinegoziata e sottoposta a verifica da parte di tutti i
contraenti, del protezionismo commerciale, pratica generalizzata e, come si è detto in
precedenza, assai dannosa per la pace e per il progresso economico.
In tale prospettiva, il GATT costituiva un sistema normativo, composto dall’Accordo
generale e da una serie di accordi accessori, volto a regolare le pratiche commerciali
degli Stati e, indirettamente, dei privati.
Ai fini di un’analisi, le disposizioni dell’Accordo generale possono essere suddivise
in quattro categorie: le disposizioni che codificano il principio di non
discriminazione, quelle riguardanti le tariffe doganali, le disposizioni relative alle
barriere non tariffarie e, infine, quelle che contengono eccezioni di carattere generale
agli obblighi GATT.
Il cardine del sistema normativo GATT va individuato nel principio di non
discriminazione. Tale principio si realizza attraverso una applicazione generalizzata
del trattamento della nazione più favorita e del trattamento nazionale, previsti
rispettivamente nell’art. I e III dell’Accordo generale.
Ai sensi della prima disposizione, tutti i benefici accordati da uno Stato membro del
GATT ad un prodotto proveniente da o destinato a qualsiasi altro Stato, anche non
11
membro, sono estesi, immediatamente e incondizionatamente, a tutti i prodotti
similari provenienti da o destinati a tutti gli altri Stati membri.
Dal testo dell’art. I dell’Accordo generale si evince che l’estensione dei benefici è
automatica. Nonostante ciò, non mancano nel sistema del GATT delle norme che
prevedono esplicite eccezioni al principio.
Una prima deroga, storicamente importante, è incorporata nello stesso art. I
dell’Accordo generale, il quale riconosce la legittimità di una serie di preferenze
commerciali preesistenti, in particolare quelle relative al Commonwealth britannico e
quelle cosiddette coloniali.
Una seconda importante eccezione al trattamento della nazione più favorita è
quella contenuta nell’art. XXIV dell’Accordo generale, il quale legittima la
stipulazione di accordi, definitivi o provvisori, volti a costituire unioni doganali o
aree di libero scambio.
La disposizione concernente l’esecuzione estesa del trattamento nazionale
consiste nell’obbligo, per ogni Stato membro di accordare alle merci importate lo
stesso trattamento riservato ai prodotti nazionali similari. Tale obbligo si
riferisce, in particolare, al trattamento fiscale, ma ricomprende anche qualsiasi
tipo di regolamentazione che possa in qualche modo discriminare a danno di
prodotti stranieri.
12
4. L’aspetto istituzionale
Data le sue origini di accordo nato dallo ‹‹stralcio›› del Capitolo IV della Carta
dell’Avana concernente la politica commerciale internazionale e quindi di accordo
avente una natura provvisoria, l’Accordo generale mancava di un quadro istituzionale
analogo a quello dei tipici trattati istitutivi di organizzazioni internazionali.
Nondimeno, secondo taluno, gli Stati membri, col passare degli anni, hanno dato
luogo ad una progressiva opera di ‹‹ingegneria costituzionale››, che ha avuto come
risultato il consolidamento del GATT come vera e propria organizzazione
internazionale, la cui sede era a Ginevra.
9
L’unico organo originariamente previsto era costituito dalle Parti Contraenti. Tale
organo funzionava come una sorta di ‹‹conferenza di Stati››, formata dai
rappresentanti dell’insieme dei paesi aderenti al GATT, piuttosto che come un’istanza
istituzionale di carattere stabile e permanente. In base all’art. XXV, le Parti
Contraenti erano chiamate a riunirsi periodicamente, con una cadenza normalmente
annuale, per esercitare un’azione collettiva, al fine di facilitare il funzionamento
dell’Accordo generale e il perseguimento dei suoi obiettivi.
Nel 1960 le Parti Contraenti, con una decisione fondata sull’art. XXV dell’Accordo
generale, istituirono il Consiglio, cioè un organo che poteva seguire con maggiore
continuità i problemi giuridici, economici e politici del commercio internazionale ed
9
Vedi BORGHI, Il GATT dalle origini alla W.T.O., in Rivista di diritto agrario, 1999, p. 369 ss. L’autore evita di
qualificare il GATT come ‹‹organizzazione›› in senso proprio e tradizionale, privo com’era di un budget formalmente
proprio e di una struttura stabile, anche dal punto di vista della dotazione di personale.
13
il relativo lavoro dell’Organizzazione. Il Consiglio poteva considerarsi come l’organo
esecutivo del GATT.
Nel 1975 fu creato un nuovo organo che divenne permanente nel 1979: il Gruppo
consultivo dei diciotto, composto da membri di Stati industrializzati e in via di
sviluppo.
Era un organo a competenza consultiva di una certa utilità, giacché le sue dimensioni
ridotte consentirono discussioni franche ed informali su questioni specifiche.
Dato che il GATT non avrebbe dovuto essere un’organizzazione internazionale,
nessuna norma dell’Accordo generale prevedeva la creazione di un organo
permanente con funzioni amministrative.
Per questo, l’ICITO iniziò e seguitò per tutto il periodo in cui il GATT restò in
vigore, a fungere da Segretariato della nuova organizzazione.
Infine un ruolo molto importante fu svolto da tutte quelle Commissioni o Gruppi di
lavoro ad hoc, che vennero istituite per affrontare singole questioni.
L’opinione seguita in dottrina per cui il GATT, pur essendo sorto come un accordo
multilaterale, sarebbe stato trasformato dalle sue parti contraenti in una vera e propria
organizzazione internazionale dotata di un apparato istituzionale permanente, non è
unanimemente condivisa
10
.
Infatti, per accertare la natura del GATT e comprendere se effettivamente si può
considerare come una vera organizzazione internazionale si deve innanzitutto
valutare se da un lato è riuscita mediante i suoi organi ad esprimere una propria
10
Cfr. BORGHI, Il GATT cit., p. 369 ss.
14
volontà, non riconducibile alla somma della volontà degli Stati membri, e dall’altro
osservare se effettivamente abbia avuto un’autonoma vita di relazione internazionale.
Riguardo al primo aspetto, ritengo che mai il GATT sia riuscito ad esprimere una
volontà autonoma rispetto a quella delle parti contraenti; ciò non solo perché il
meccanismo per l’adozione di decisioni, formatasi in seno al Consiglio e alle Parti
Contraenti, si basava sulla prassi del consensus, ma anche per il fatto che
l’evoluzione del sistema normativo del GATT non si è avuta mediante tali decisioni
bensì attraverso nuovi accordi stipulati durante i Rounds. In tal modo, poteva
accadere che i nuovi impegni, che scaturivano da tali accordi, potevano non essere
assunti da quegli Stati membri, che non ratificavano tali accordi.
Per quanto riguarda poi l’altro carattere rilevante, vale a dire lo svolgimento in
maniera autonoma della vita di relazione internazionale, che si manifesta mediante la
capacità di concludere accordi internazionali e di intrattenere relazioni diplomatiche,
alcuni dubbi sembrano sorgere in relazione allo scambio di lettere del 1977 tra il
Direttore Generale del GATT e il Dipartimento Politico federale Svizzero. Infatti,
tramite questo strumento, le autorità elvetiche estesero ai funzionari del GATT le
immunità e i privilegi previsti dall’Accordo che il Consiglio Federale Svizzero aveva
stipulato con il Segretario generale delle Nazioni Unite il 19 aprile 1946.
Ora, secondo alcuni autori
11
, tale scambio di lettere dovrebbe essere considerato
come un vero e proprio accordo di sede, il quale, in ultima istanza, costituirebbe una
prova della personalità giuridica internazionale del GATT.
11
MULLER, International Organizations and Their Host States. Aspects of their Legal Relationship, The Hague, 1995,
pp. 77-81.
15
Tuttavia, sembra possibile giungere ad una conclusione opposta se si osserva che
nello scambio di lettere si tende a precisare che il Direttore Generale agiva «in the
name of and on behalf of the Contracting Parties» del GATT. Già dalla formulazione
di tale testo, pare dunque evincersi che il Direttore Generale non rappresentava il
GATT, inteso come organizzazione internazionale, bensì le Parti Contraenti
dell’Accordo Generale e, quindi, in definitiva, l’organo comune di tale unione di
Stati
12
.
12
Cfr. VIRZOte sulla successione tra organizzazioni internazionali, con particolare riferimento alla trasformazione del
GATT nell’OMC, in La Comunità Internazionale, 2000, pp. 296-312.