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INTRODUZIONE
“Los refranes son sentencias breves, sacadas de la experiencia y
especulación de nuestros antiguos sabios”.
“I proverbi sono frasi brevi, estrapolate dalla esperienza e dalla
speculazione dei nostri antichi saggi”
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.
Così Miguel de Cervantes, nel Don Chisciotte della Mancha, definisce il
termine proverbio.
Mi sembra doveroso iniziare la mia tesi con questa citazione, per
introdurre l’argomento di ricerca da me scelto, vale a dire i proverbi e le
frasi proverbiali, oggetto di studio della paremiologia.
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Cfr. Miguel de Cervantes, El ingenioso hidalgo Don Quijote de la Mancha, ed. a
cura di John Jay Allen, Cátedra, Madrid, 2011, parte II, capitolo LXVII.
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La paremiologia (dal greco paroimia), è la scienza che studia i proverbi, ma
generalmente ogni frase che ha intenzione di trasmettere la conoscenza basata
sull'esperienza.
La paremiologia comparativa studia nei proverbi differenti linguaggi e culture.
La paremiologia si occupa dei proverbi, delle informazioni accumulate in moltissimi
anni di storia.
Queste informazioni possono in genere essere di: sociologia, gastronomia,
meteorologia, storia, letteratura, zoologia, linguistica, religione, agronomia.
Molto frequentemente un proverbio nasce da un'abbreviazione di una storia bizzarra
o di una composizione tradizionale: in esso viene espressa la credenza di
superstizioni popolari e si fa ricorso a molteplici allusioni. Inoltre, spesso i proverbi
aspirano a porsi come vera letteratura.
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Il termine proverbio deriva dal latino proverbiu(m), a sua volta
proveniente da verbum, “parola”, e si riferisce ad un motto, un detto
breve e spesso arguto, di origine popolare, di larga diffusione e antica
tradizione, che contiene massime, norme, consigli espressi in maniera
sintetica fondati sull’esperienza, facendo spesso ricorso all’uso di
metafore e similitudini. Tuttavia, a tale definizione va aggiunto che, a
seconda del significato che al proverbio viene attribuito, è possibile
individuare una duplice radice etimologica. Nella sua accezione
religiosa, il termine proverbio è da ricondurre all’ebraico Mishlè Shlomò,
“Massime di Salomone”, che dà il titolo al Libro dei Proverbi,
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testo
contenuto sia nel Tanakh -la Bibbia ebraica- sia nella Bibbia cristiana, e
che si riferisce a quel genere letterario composto da massime, sentenze
popolari, ma anche brevi poemi di argomento religioso e morale,
indicazioni di condotta sessuale per i giovani e consigli matrimoniali.
Il Libro dei proverbi è composto da trentuno capitoli. Nei primi dieci si
esorta il lettore ad essere sapiente, evitando le cattive compagnie,
seguendo sempre la retta via, accontentandosi del poco e del giusto. Ma
soprattutto si invita ad essere onesti nel matrimonio.
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Il Libro dei Proverbi è un testo scritto in ebraico. Le più antiche traduzioni sono
quella in greco dei Settanta, la versione alessandrina detta Peshitta, il Targum, i
frammenti di Simmaco, Aquila di Sinope, la Bibbia di Teodozione e infine la
versione latina, la Vulgata di San Girolamo. Secondo l'ipotesi maggiormente
condivisa dagli studiosi, la redazione definitiva del libro è avvenuta in Giudea nel V
secolo a.C., raccogliendo testi composti da autori ignoti lungo i secoli precedenti fino
al periodo monarchico XI-X secolo a.C. È composto da 31 capitoli contenenti vari
proverbi e detti sapienziali.
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Ne è un esempio il V capitolo (versi 15-23), nei quali Salomone invita ad
essere fedele alla propria sposa:
15 Bevi l'acqua della tua cisterna e quella che zampilla dal tuo pozzo,
16 perché le tue sorgenti non scorrano al di fuori, i tuoi ruscelli nelle
pubbliche piazze,
17 ma siano per te solo e non per degli estranei insieme a te.
18 Sia benedetta la tua sorgente; trova gioia nella donna della tua
giovinezza:
19 cerva amabile, gazzella graziosa, essa s'intrattenga con te; le sue
tenerezze ti inebrino sempre; sii tu sempre invaghito del suo amore!
20 Perché, figlio mio, invaghirti d'una straniera e stringerti al petto di
un'estranea?
21 Poiché gli occhi del Signore osservano le vie dell'uomo
ed egli vede tutti i suoi sentieri.
22 L'empio è preda delle sue iniquità, è catturato con le funi del suo
peccato.
23 Egli morirà per mancanza di disciplina, si perderà per la sua grande
stoltezza.
Dal decimo capitolo iniziano le sentenze di Salomone divise in due
sezioni e separate da due capitoli di massime, proferite da diversi savi.
Salomone sottolinea la superiorità del sapiente sullo stolto, la felicità che
scaturisce dalla giustizia, analizza i frutti della malvagità, gli effetti della
mansuetudine. Inoltre da indicazioni su come condurre un buon governo,
impartisce regole educative e invita ad aver timor di Dio, per condurre
una vita corretta.
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La maggior parte dei proverbi affonda le sue radici nel folclore ed è stata
custodita e diffusa dalla tradizione orale. Spesso le stesse credenze,
comunemente accettate, si ritrovano in proverbi di lingue e culture
diverse. La Bibbia ha fornito un gran numero di proverbi, tra i quali,
Occhio per occhio, dente per dente.
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In spagnolo ci sono due termini per indicare i proverbi: proverbio e
refrán.
Secondo Julio Casares
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, la differenza fondamentale tra i due termini
risiede nel fatto che, mentre i refranes passano da una lingua ad un’altra,
i proverbi sono esclusivi di ciascuna lingua.
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Ai fini della nostra ricerca non verrà fatta questa distinzione ma saranno
solamente presi in considerazione i refranes o proverbios che
indifferentemente hanno superato i confini nazionali, ed attraverso un
mutuo scambio sono diventati patrimonio paremiologico dei popoli in
genere.
In particolare, ai fini di un lavoro comparativo tra la lingua spagnola e
italiana, analizzeremo le paremie sia sul piano lessicale sia sul piano
semantico; in altre parole ci soffermeremo non solo su quei proverbi che
hanno espressioni linguistiche affini, ma anche su quelli che hanno
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La Sacra Bibbia, libro del Deuteronomio, capitolo XIX, verso21.
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Critico e lessicografo spagnolo (Granada 1877 - Madrid1964), segretario
dell'Accademia spagnola. Pubblicò: Crítica efímera (1918), Introducıón a la
lexicografía moderna (1950), Las tres edades del Quijote (1962), El humorismo y
otros ensayos (1962).
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Cfr. Julio Casares, Diccionario ideológico de la lengua española, ed. Gustavo Gili,
Madrid, 2001, pag. 211.
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un senso paremiologico comune, cioè quelli che trattano lo stesso
argomento o trasmettono lo stesso messaggio.
Secondo Julio Casares, dunque, i refranes dunque sono comuni nella
forma ma non nel contenuto. Qui invece aspiriamo a dimostrare che, sia
nel contenuto sia nella forma, i proverbi, specialmente in spagnolo ed
italiano, si equivalgono. D'altronde in molti proverbi di entrambe le
lingue ritroviamo la stessa rima usata per renderli più incisivi e per
facilitare la memorizzazione degli stessi.
Il seguente lavoro si propone di descrivere la storia e la diffusione dei
proverbi nel linguaggio comune, ma soprattutto nella letteratura. In
particolare mi soffermerò su un lasso di tempo ben delineato, quali i
secoli XVI e XVII, focalizzandomi su tre opere della letteratura
spagnola: La Celestina del 1499, di Fernando de Rojas, La Lozana
andaluza di Francisco Delicado, pubblicata a Venezia nel 1528, e El
ingenioso hidalgo Don Quijote de la Mancha, pubblicato in due volumi a
distanza di dieci anni l’uno dall’altro, (1605-1615) di Miguel de
Cervantes; effettuerò un parallelismo tra l’italiano e lo spagnolo sul
significato e la persistenza nel linguaggio attuale di uno stesso proverbio.
La storia della tradizione dei proverbi nella lingua italiana scritta risale
al mondo antico. Alla cultura greca si deve l’allestimento di raccolte
proverbiali, che – come gli indovinelli e gli enigmi – erano considerati
una componente importante dell’arte. Particolarmente feconda è nella
letteratura medievale, la convergenza tra favola e proverbio, sul modello
delle favole esopiche esemplari per la sintetica chiusa morale.
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La più antica raccolta proverbiale risale al XIII secolo; è quella dei 240
Proverbi di Garzo dell’Incisa
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. Altre raccolte sono: i Proverbia quae
dicuntur super natura feminarum
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, il più antico testo misogino in
volgare italiano, di area veneta; il volgarizzamento dei Disticha Catonis
del milanese Bonvesin da la Riva; lo Splanamento de li Proverbii de
Salamone del cremonese Girardo Patecchio.
La novellistica, il genere più aperto alle immissioni di lingua parlata e
colloquiale, accoglie una gran massa di proverbi, per lo più a fini comici;
esemplare anche in tal senso è il modello del Decameron:
“Per che m’agrada di raccontarvi un consiglio renduto da Salomone, sì
come utile medicina a guerire quelle che così son fatte da cotal male; il
quale niuna che di tal medicina degna non sia reputi ciò esser detto per
lei, come che gli uomini un cotal proverbio usino: “Buon cavallo e mal
cavallo vuole sprone, e buona femina e mala femina vuol bastone”. Le
quali parole chi volesse sollazzevolemente interpretare, di leggier si
concederebbe da tutte così esser vero; ma pur vogliendole moralmente
intendere, dico che è da concedere”.
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Poeta italiano, nonché notaio e bisavolo del Petrarca. È autore di una raccolta di 240
proverbi, composti in distici a rima baciata e distinti in gruppi di dodici, per ogni
lettera alfabetica.
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Fu scritto da un anonimo veneto nel XII secolo. Composto in quartine monorime di
alessandrini. È un testo violento che echeggia le tirate antifemministe dei padri della
Chiesa e le allegre invettive dei canti goliardici. Con vena briosa e stravagante,
l'autore accumula in una ridda scatenata gli exempla delle subdole arti femminili da
Eva alla marchesa del Monferrato, coinvolgendo nella sua requisitoria non solo le
pulzelle e le maritate, ma anche le monache.
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Giovanni Boccaccio, Decameron, Giornata IX, Novella IX.
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Grande rilevanza meritano gli oltre 4000 Adagia di Erasmo da
Rotterdam, la più importante e nota silloge dell’epoca, sia per la
ricchezza del materiale raccolto sia per la copiosa erudizione del
commento.
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La prima raccolta stampata di proverbi italiani è l’anonima operetta,
veneziana, Dieci tavole dei proverbi
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, pubblicata a Torino nel 1535. Si
tratta della riduzione a libro di una serie di dieci grandi tavole, dove
erano elencati in ordine alfabetico circa centocinquanta proverbi,
sentenze e modi di dire. Nel 1598 è stampata a Verona l’importante
raccolta di Orlando Pescetti, Proverbi italiani, la prima a registrare
proverbi in gran parte di tradizione orale, mescolati con modi di dire,
fraseologia, metafore, ecc. Nell’Ottocento i Proverbi toscani di
Giuseppe Giusti inaugurano una nuova stagione della paremiologia, in
quanto i criteri di raccolta e di analisi sono radicalmente innovativi e
aprono la strada ai raccoglitori successivi. Giusti, che per primo
raccoglie i proverbi dalle dirette fonti orali e li confronta con le relative
testimonianze scritte, ordina il materiale per grandi aree tematiche
(amicizia, amore, astuzia, avarizia).
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Nel 1500 l'editore parigino Jean Philippe pubblicò gli Adagiorum collectanea, una
raccolta di 818 proverbi latini e modi di dire filologicamente commentati. La raccolta
fu ampliata con le successive edizioni fino a 4.151 proverbi. I più citati, tra i latini,
sono Cicerone, Aulo Gellio, Macrobio, Orazio, Virgilio; tra i greci, Aristofane,
Aristotele, Diogene Laerzio, Luciano, Omero, Pitagora, Platone, Plutarco, Sofocle, la
Suda. Gli autori cristiani - Agostino e Girolamo - o i passi biblici sono relativamente
meno presenti, mentre non mancano autori rari come Michele Apostolio,
Diogeniano, Stefano di Bisanzio e Zenobio.
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Le dieci tavole dei proverbi, ed. a cura di Cortelazzo Manlio, Torino, 1935.
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La raccolta fu pubblicata postuma nel 1853.