Costituzionale, poiché la figura dell’artigiano ha assunto col tempo
caratteristiche a volte anche molto lontane da quelle tradizionali (pre-
capitalistiche) sia per quanto riguarda i prodotti, sia per la modalità di
produzione, ma soprattutto per le dimensioni aziendali
3
. Per offrire una chiave
interpretativa attuale, occorre rileggere la norma alla luce delle mutate condizioni
socio-economiche ed evincere la ratio tenendo nel dovuto rilievo il ruolo del
comparto nella piccola-media impresa e, più in generale, nella produzione
industriale.
Le imprese artigiane moderne stanno infatti assumendo una funzione rilevante
nei processi di decentramento industriale dimostrandosi delle strutture agili ed
adattabili alla rapidità di programmazione e riconversione della produzione. Sono
imprese idonee a fronteggiare le mutevoli variazioni di domanda e offerta del
mercato e pertanto si sono rivelate anche buone creatrici di posti di lavoro, ben
distribuite sul territorio, e che offrono opportunità di crescita professionale e di
specializzazione superiori a quelle riscontrabili nelle medie e grandi aziende.
Per queste ragioni, qualificando l’impresa artigiana come un fattore importante
di articolazione e di flessibilità del sistema economico, si trovano le ragioni che
continuano a giustificare il precetto costituzionale di favore
4
.
3
L’impresa di abbigliamento su misura si considera artigiana addirittura fino a 40 dipendenti. Art 4.
comma 1 della legge n. 443 del 1985 (Limiti dimensionali). L’impresa artigiana può essere svolta anche
con la prestazione d’opera di personale dipendente diretto personalmente dall’imprenditore artigiano o dai
soci, sempre che non superi i seguenti limiti:
a) per l’impresa che non lavora in serie: un massimo di 18 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero
non superiore a 9; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 22 a condizione che le
unità aggiuntive siano apprendisti;
b) per l’impresa che lavora in serie, purché con lavorazione non del tutto automatizzata: un massimo di 9
dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 5; il numero massimo dei dipendenti può
essere elevato fino a 12 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti;
c) per l’impresa che svolge la propria attività nei settori delle lavorazioni artistiche, tradizionali e
dell’abbigliamento su misura: un massimo di 32 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non
superiore a 16; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 40 a condizione che le unità
aggiuntive siano apprendisti. I settori delle lavorazioni artistiche e tradizionali e dell’abbigliamento su
misura saranno individuati con decreto del Presidente della Repubblica, sentite le regioni ed il Consiglio
nazionale dell’artigianato;
d) per l’impresa di trasporto: un massimo di 8 dipendenti;
4
E. ROMAGNOLI, L'impresa artigiana nella l. 8 agosto 1985 n. 443 e successive modifiche e
integrazioni (l. n. 133 del 1997), Torino, 1999, pp. 20 e ss.
5
Capitolo 1.2
LA LEGGE 25 LUGLIO 1956, N. 860.
5
Al fine di attuare al meglio l’art. 45, comma 2, della Costituzione, era tuttavia
sempre più sentita la necessità di dare una definizione ed una disciplina unitaria e
certa al settore: infatti i provvedimenti normativi a favore del comparto artigiano,
risultavano avere un oggetto dai limiti alquanto incerti. Tale esigenza fu
soddisfatta dalla legge n. 860 del 1956, recante norme per la disciplina giuridica
delle imprese artigiane, la quale, per la prima volta nell’ordinamento della
Repubblica, diede una disciplina organica all’artigianato. L’impronta data da
questa legge non fu più modificata dal legislatore che la conservò anche dopo
l’abrogazione e la sua sostituzione con la legge n. 443 del 1985 che, per questo
motivo, è stata da taluni definita
6
una “riscrittura” della legge n. 860 del 1956,
nonostante le numerose modifiche apportate.
La legge non definiva direttamente l’artigiano, ma l’impresa artigiana, che era
tale se:
- avesse avuto per scopo la produzione di beni e la prestazione di servizi di
natura artistica o usuale (art. 1 lett. a);
- il modo di lavorazione fosse stato non in serie
7
e l’impresa avesse avuto non
più di 10 dipendenti, compresi i familiari del titolare ed esclusi gli apprendisti;
oppure il modo di lavorazione fosse stato in serie (ma non del tutto
meccanizzato) e l’impresa non impieghi normalmente più di cinque dipendenti,
compresi i familiari del titolare ed esclusi gli apprendisti; oppure ancora
l’impresa avesse svolto attività nel settore dei lavori artistici, tradizionali e
dell’abbigliamento su misura (senza limiti di personale dipendente né del tipo di
5
Pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 10 agosto 1956, n. 200
6
M. BIN, Impresa artigiana, in Contratto e impresa, 1986, p. 108.
7
L’attività artigiana doveva essere, fondamentalmente, l’antitesi della produzione in serie (anche se era
ammessa quella non del tutto meccanizzata), distinguendosi quindi dall’attività delle piccole imprese
industriali.
6
lavorazione); oppure infine l’impresa avesse prestato servizio di trasporto ed
avesse impiegato normalmente non più di cinque dipendenti, compresi i
familiari del titolare ed esclusi gli apprendisti (art. 2 comma 2);
- fosse organizzata con il lavoro professionale anche manuale del suo titolare
ed eventualmente dei suoi familiari: l’imprenditore artigiano non doveva essere
solo il ”gestore” dell’impresa, ma doveva dare al prodotto la sua “impronta”
risultante dal lavoro personale e diretto su di esso (art. 1 lett. b);
- il titolare avesse avuto la piena responsabilità dell’azienda ed avesse assunto
tutti i rischi e gli oneri relativi alla sua direzione e gestione: ma questa è una
caratteristica tipica di ogni imprenditore (art. 1 lett. c);
- si fosse valso della prestazione d’opera di personale dipendente, questo
personale fosse sempre personalmente guidato e diretto dallo stesso titolare
dell’impresa: dove è chiaro che non doveva trattarsi di direzione meramente
amministrativa, ma della guida tecnica, che si estrinsecava nell’assistenza
prossima e continuativa al lavoro, fino alla materiale e manuale esecuzione del
lavoro stesso, a scopo esplicativo e dimostrativo (art. 2 comma 1);
- fosse costituita anche in forma di cooperativa o società, escluse le società di
capitali e in accomandita semplice, purché la maggioranza dei soci avesse
partecipato personalmente al lavoro e, nell’impresa, il lavoro avesse avuto
funzione preminente sul capitale: si vede come nelle imprese artigiane è
evidenziato al massimo grado il carattere personale del rapporto sociale nelle
società di persone. Agevolazioni erano previste anche per i consorzi tra imprese
artigiane (art. 3).
Nella legge del 1956 non era dunque previsto un elenco d’attività da
considerarsi artigiane, bensì era data una definizione “aperta” in base alla quale
poteva rientrare nel concetto di attività artigiana qualsiasi attività di produzione
di beni o prestazione di servizi, di natura artistica o usuale
8
. La legge era infatti
8
L’interpretazione dell’aggettivo “usuale” ha dato luogo a problemi esegetici: l’interpretazione
prevalente era che l’espressione significasse beni o servizi “di uso comune”. Non erano tali i beni
7
ben lontana dalle chiusure corporative della legge del 1942, avendo
essenzialmente una funzione di incentivazione del settore.
Questa definizione aperta portò tuttavia taluni a ritenere del tutto superato il
criterio di prevalenza del lavoro sul capitale, stabilito dall’art. 2083 c.c., in
funzione degli elevati limiti dimensionali e della possibilità esplicita di adoperare
macchinari e di utilizzare fonti di energia (art. 1 comma 2, legge n. 860 del
1956)
9
. Sembra tuttavia preferibile l’interpretazione data da altra dottrina
10
, per
la quale il requisito della prevalenza del lavoro dell’imprenditore e dei suoi
familiari rispetto al lavoro altrui e al capitale, nel caso dell’impresa artigiana è
stato assunto non come prevalenza del lavoro manuale quantitativo, ma piuttosto
in quella qualitativa e funzionale, dovendo il lavoro personale e familiare
dell’artigiano assumere una preponderanza nella produzione dei beni, tanto che il
prodotto finito porti la sua “impronta”.
La legge ha istituito, poi, l’albo delle imprese artigiane, cui era facoltativa
l’iscrizione da parte delle imprese che possedevano i requisiti necessari.
L’iscrizione nell’albo era volontaria, e non costituiva né condizione per esercitare
l’attività produttiva, conformemente al principio di libertà dell’iniziativa
economica privata sancita dall’art 41 Cost., né titolo per iniziare l’esercizio
dell’attività
11
; era tuttavia “condizione per la concessione delle agevolazioni
disposte a favore delle imprese artigiane” (art. 9 comma secondo): di fatto quindi
destinati ad altre imprese che li avrebbero utilizzati per la costruzione di oggetti più complessi. P.
GUALTIEROTTI, L’impresa artigiana, Milano, 1977, p. 36.
9
A sostegno di questa interpretazione era riportata la Relazione del Ministro proponente al Senato, in
quanto si diceva che “ la preoccupazione di fissare l’impresa artigiana entro rigidi schemi dimensionali ha
trasformato le poche disposizioni esistenti in favore dell’artigianato in altrettante rèmore al suo sviluppo
… Così, in molte parti del nostro Paese si è radicata l’idea che l’impresa artigiana non possa valersi di
macchinari o attrezzature meccaniche e che all’artigiano non si addica altra lavorazione che non sia quella
manuale… La legge speciale mira a garantire all’impresa artigiana l’uso senza eccezioni delle attrezzature
meccaniche e delle fonti di energia”.
10
Per tutti si veda E. ROMAGNOLI, L'impresa artigiana nella l. 8 agosto 1985 n. 443 e successive
modifiche e integrazioni (l. n. 133 del 1997), Torino, 1999, p. 26.
11
Per l’inizio dell’attività valgono solo le norme eventualmente adottate con il regolamento di polizia
urbana delle amministrazioni comunali, oltre quelle stabilite, limitatamente ad alcune attività e pere
ragioni di pubblica sicurezza, sanitarie, tutela del lavoro, et cetera, da altre norme di legge”.
8
tutte le imprese aventi i requisiti chiedevano l’iscrizione per evidenti motivi di
opportunità.
La tenuta dell’albo era affidata alle Commissioni provinciali
12
per l’artigianato
(C.P.A.)
13
, con sede presso ogni camera di commercio. Inoltre la legge ha
istituito le commissioni regionali per l’artigianato (C.R.A.)
14
ed il Comitato
centrale
15
per l’artigianato, con sede presso il Ministero dell’industria, cui erano
12
Alla legge n. 860 del 1956 fece seguito il d.p.r. 23 ottobre 1956, n. 1202, recante norme di attuazione e
di coordinamento. In particolare tale decreto regolava il procedimento di iscrizione all’albo e di
cancellazione dallo stesso, istituiva una separata sezione dell’albo per i consorzi delle imprese artigiane,
definiva le procedure per l’elezione dei rappresentanti degli artigiani delle commissioni provinciali e le
modalità con cui il Ministero esercitava la vigilanza sulle stesse
13
Art 12 commi 1, 2 e 3 della legge n. 860 del 1956: “Presso ogni camera di commercio, industria e
agricoltura è istituita una Commissione provinciale per l’artigianato. Essa, oltre che assolvere alle
funzioni di cui agli articoli 9 e 10 (tenuta dell’albo), deve:
a) adottare ogni utile iniziativa intesa a far conoscere, tutelare, migliorare e sviluppare le attività artigiane
della provincia, nonché ad aggiornare i metodi produttivi in armonia col progresso della tecnica e delle
applicazioni scientifiche e con le esigenze del commercio interno ed estero dei prodotti artigiani,
incoraggiando in modo particolare quella produzione artigiana che meglio risponda alle tradizioni ed alle
possibilità locali;
b) dare pareri sulle caratteristiche, sul coordinamento e sulla istituzione di fiere e mostre artigiane nella
provincia;
c) svolgere gli altri compiti ad essa affidati dalla legge.
La Commissione provinciale per l'artigianato disciplina con norme regolamentari il proprio
funzionamento.
14
Art 14 commi 1, 2 e 3 della legge n. 860 del 1956: “Presso la camera di commercio, industria e
agricoltura di ogni capoluogo di regione è istituita una Commissione regionale per l'artigianato.
Essa:
a) decide in via definitiva sui ricorsi di cui all'art.11;
b) svolge sul piano regionale un'azione di informazione, di documentazione e di rilevazione statistica
sulle attività artigiane caratteristiche della regione stessa;
c) svolge gli altri compiti che le sono attribuiti dalla legge.
La Commissione regionale per l'artigianato disciplina con norme regolamentari il proprio funzionamento.
15
Il Comitato aveva i seguenti compiti:
a) promuovere periodiche indagini sulle attività, le caratteristiche e le condizioni dell’artigianato italiano;
b) svolgere azione di coordinamento e propulsione, sul piano nazionale, di tutte le attività concernenti
l’artigianato;
c) promuovere lo studio dei mercati nazionali ed esteri ai fini dell’assorbimento dei prodotti artigiani;
d) promuovere ogni utile iniziativa per lo sviluppo dell’istituzione professionale artigiana in armonia con
il progresso della tecnica e delle applicazioni scientifiche;
e) formulare pareri obbligatori sui criteri di selezione e di orientamento per la migliore attuazione di
iniziative concernenti fiere ed esposizioni e la costituzione di centri di raccolta, di mostre permanenti e di
musei dell’artigianato, nonché di centri di studio sui metodi produttivi;
f) formulare pareri obbligatori sulla costituzione, trasformazione e soppressione di enti che si propongono
l’assistenza economica, tecnica ed artistica alle imprese artigiane e di enti concernenti fiere ed
esposizioni;
g) formulare proposte ed esprimere pareri sui problemi attinenti l’artigianato, sui quali il Ministro
dell’industria ed il turismo ritenga di sentirlo; h) svolgere gli altri compiti che gli sono attribuiti dalla
legge. Il Comitato era presieduto dal Ministro dell’industria e formato dai presidenti delle commissioni
regionali e dai rappresentanti delle organizzazioni nazionali più rappresentative.
9
attribuite funzioni prevalentemente consultive. L’albo delle imprese artigiane e le
Commissioni per l’artigianato ancora oggi caratterizzano l’organizzazione
dell’artigianato in Italia.
L’iscrizione
16
era disposta dalla Commissione provinciale per l’artigianato,
previa verifica del possesso dei requisiti necessari, ed aveva efficacia
dichiarativa
17
, costituendo una semplice presunzione della qualifica artigiana
dell’impresa (art. 1 comma 2). Più specificamente voleva dimostrare, da parte di
chi ne aveva interesse, che l’impresa aveva certe caratteristiche.
Ciò comportava che in sede giudiziaria la controparte poteva fornire prove
contrarie in merito all’artigianalità dell’impresa e che il giudice valutasse
l’iscrizione all’albo come un indizio, non una prova. Viceversa, l’impresa non
iscritta, ma in possesso dei requisiti prescritti, poteva qualificarsi come artigiana
in un eventuale giudizio.
A seconda, poi, della natura delle agevolazioni comunque disposte dalla legge,
per la tutela e lo sviluppo dell’artigianato, conformemente all’art. 45 Cost., detta
iscrizione era anche costitutiva del diritto o della legittima aspettativa alla
concessione delle agevolazioni previste dalla legislazione di sostegno, ma non
della qualifica artigiana in senso codicistico.
Il riconoscimento del possesso dei requisiti ai fini della qualifica era un diritto
soggettivo perfetto
18
, tutelabile mediante ricorso di primo grado in via
amministrativa, dinanzi alla Commissione regionale per l’artigianato, e di
secondo grado dinanzi all’autorità giudiziaria.
Il vero nodo interpretativo era però l’art. 1, comma 1, della legge n. 860 del
1956 che stabiliva che l’impresa in possesso di tutti i requisiti prescritti dalla
16
L’iscrizione all’albo era un diritto dell’impresa in possesso dei requisiti ex art. 9 comma 3, legge n. 860
del 1956.
17
L’art 1, comma 2, legge 860, disponeva infatti che la qualifica artigiana era comprovata dall’iscrizione
all’albo.
18
L’art. 9 comma 3, stabiliva che “l’iscrizione all’albo spetta di diritto all’artigiano che sia titolare di
impresa avente i requisiti prescritti “ per la qualifica
10
legge, era da qualificarsi artigiana “a tutti gli effetti di legge”
19
: infatti, da questa
affermazione così perentoria, sono scaturite ampie discordie. Una parte della
dottrina
20
volle una interpretazione restrittiva, riferendo l’asserzione agli specifici
effetti riguardanti le agevolazioni previste dalla legislazione di favore di natura
contributiva creditizia e assicurativa: la posizione ebbe parecchio successo
anche e specialmente presso i vertici della magistratura, determinando così il
prevalente filone giurisprudenziale. Altra parte
degli interpreti, più fedeli alla littera legis accoglieva la natura cogente della
definizione speciale, comprendendo in essa anche i profili privatistico-
fallimentari. Questo secondo orientamento ebbe un certo seguito, essendo basato
su un chiaro argomento letterale, ma non lo si può considerare prevalente
21
.
Corollari dell’assunto, riguardavano il concetto civilistico di piccolo
imprenditore, per cui all’artigiano come definito dalla legge n. 860 del 1956 si
sarebbero dovuti applicare sempre gli artt. 2202, 2214, e 2221 c.c. che
sanciscono l’esclusione del piccolo imprenditore dalle procedure concorsuali,
dall’iscrizione dall’albo delle imprese e lo esonerano dalla tenuta delle scritture
contabili.
I problemi interpretativi messi in evidenza, l’efficacia dell’iscrizione all’albo
ed il coordinamento della legge speciale con gli articoli 2083 c.c. e 1 legge
fallimentare, si trascinano da allora poiché la legge-quadro del 1985, che ha
sostituito la precedente normativa, non li ha risolti: anzi, la legge 443/1985
stabilendo che l’iscrizione “è costitutiva” ha aumentato ancor più la distanza tra
chi sostiene una lettura restrittiva degli effetti della qualifica artigiana e chi
19
Con le sole esplicite eccezioni fatte dall’art. 20 della stessa legge quanto alla materia tributaria ed a
quella degli assegni familiari.
20
In particolare M. BIN, La piccola impresa industriale, Bologna, 1983, p. 178 e ss. sosteneva che
l’impresa artigiana, così come definita dalla legge speciale, finiva per equiparare arbitrariamente e
irrazionalmente situazioni diverse, impresa artigiana e piccola impresa industriale, di cui solo la prima
doveva essere coperta dal favor e coperta dalla tutela costituzionale.
21
E. ROMAGNOLI, L'impresa artigiana nella l. 8 agosto 1985 n. 443 e successive modifiche e
integrazioni (l. n. 133 del 1997), Torino, 1999, p. 28.
11
invece la vorrebbe valida anche al di fuori delle specifiche finalità delle leggi
speciali di sostegno. Per analisi rimando la trattazione al capitolo 3.
12