7
regolasse la ricerca della prova da parte dei difensori e la
possibilità che le prove raccolte fossero presentate direttamente
al giudice.
Al contrario la previsione dell’articolo 358 c.p.p. per la quale il
pubblico ministero compie ogni attività di indagine necessaria
alla promozione dell’azione penale compresi gli accertamenti su
fatti e circostanze a favore della persona sottoposta ad indagini,
dimostrava come il pubblico ministero fosse il vero e proprio
dominus della prova in questa fase processuale, in pieno
contrasto con la nozione di processo di parti: l’esercizio del
diritto alla prova dei difensori era relegato, come vedremo, nelle
disposizioni di attuazione del codice.
1.2 L’ARTICOLO 38 DELLE DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE
DEL C.P.P.
Non solo la collocazione fra le disposizioni di attuazione di una
norma di così vasta portata pareva sminuirne l’importanza, ma
addirittura la sua scarna originale formulazione riduceva la
portata pratica del principio del diritto di “difendersi provando”
che pure è ineludibile condizione di un modello processuale che
voglia definirsi moderno.
3
3
M.Chiavario, “La Convenzione europea dei diritti
dell’uomo nel sistema delle fonti normative in materia
penale”,Milano,1969,p 331 ss.;e ancora, O.Dominioni
“Le parti nel processo penale”,Milano 1985,p285 ss.
8
L’ articolo 38 risultava già una riduzione alla mera affermazione
del diritto rispetto al testo dell’ articolo 33 del Progetto
preliminare che invece rappresentava un “tentativo di
previsione analitica delle condotte tipizzabili del difensore nella
ricerca della prova”.
4
L’ articolo 33 del progetto preliminare riportava infatti una serie
di disposizioni analitiche, da taluni definite addirittura “insidioso
meccanismo”
5
che sono in parte state riprese dalla legge sulle
indagini difensive poi approvata.
In sostanza l’articolo 38 si limitava a riconoscere ai difensori la
“facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare
elementi di prova a favore del proprio assistito e di conferire
con le persone che possono dare informazioni”.
Peraltro il Consiglio Superiore della Magistratura esprimendo il
proprio parere a riguardo scriveva “si tratta di un tema di
enorme importanza destinato a segnare una svolta radicale
anche nel modo di concepire il ruolo del difensore (…) “.
Con tale affermazione il Consiglio Superiore della Magistratura
riconosceva che il Codice era già nato affetto da uno strutturale
squilibrio di poteri tra accusa e difesa.
6
Sotto la spinta di coloro che auspicavano una più concreta
attuazione del principio del diritto alla prova da parte della
4
A.Cristiani in “Commento al nuovo codice di procedura
penale” a cura di M.Chiavario,La normativa
complementare, I, p. 153( in nota).
5
C.Murru Relazione al convegno “Le indagini difensive
nelle indagini preliminari e nell’ udienza preliminare”
Oristano,24 giugno 2000.
6
A.Garello,S.Scuto in “le indagini difensive”,pag 25
9
difesa, la L.8 Agosto 1995 n.332 introduceva i commi 2-bis e 2-
ter coi quali si consentiva al difensore di “presentare
direttamente al giudice gli elementi ritenuti rilevanti ai fini della
decisione”.
1.3 LA POSIZIONE DELLA GIURISPRUDENZA.
La giurisprudenza ha prevalentemente visto con sfavore
l’attività di indagine del difensore.
In particolare la Suprema corte di Cassazione ha emesso due
sentenze che possono definirsi significative di questa tendenza.
Leggiamo in Cass.Sez.Fer. 18 agosto 1992 che “devono essere
canalizzati sul pubblico ministero tutti i dati utili, comprese le
informazioni acquisite dai difensori. L’ articolo 38 disp.att. limita
le facoltà del difensore alla scoperta degli elementi favorevoli,
senza estenderle alla diretta acquisizione dei dati, essendo
quest’ultimo compito del pubblico ministero nella fase delle
indagini preliminari e del giudice successivamente. “
E ancora
7
: ”gli atti investigativi compiuti dal difensore ai sensi
dell’ articolo 38 disp.att.c.p.p. essendo formati da un soggetto
del procedimento nell’ esercizio di una facoltà riconosciutagli
dall’ ordinamento al fine di essere esibiti al giudice, che ha il
dovere di prenderli in considerazione al momento della
decisione, hanno il valore di atti del procedimento per cui il loro
risultato probatorio è utilizzabile tanto quanto quello degli atti di
indagini compiuti dal pubblico ministero.
7
Cassazione penale,Sez.VI., 2 dicembre 1997
10
La valutazione del contenuto degli atti investigativi della difesa
rimane per tanto affidata al prudente apprezzamento del
giudice, il quale, nell’esercizio del suo libero convincimento
deve tenere comunque conto della diversità di disciplina
esistente tra l’indagine condotta dal titolare della funzione d’
accusa e quella del difensore, ed in particolare della
circostanza che gli elementi forniti dalla difesa sono circondati
da una minore garanzia di veridicità, dato che alle dichiarazioni
raccolta ai sensi dell’articolo 38 disp.att.c.p.p. non si applicano
gli articoli 371 bis , 476 , 479 c.p.p. né le rigorose modalità di
documentazione a cui devono attenersi gli organi inquirenti.”
Solo in parte meno sfavorevole un’altra sentenza
8
che afferma:”
anche il difensore per esercitare il diritto alla prova che gli è
riconosciuto dall’articolo 190 c.p.p. può svolgere indagini e
sottoporne il risultato al giudice non soltanto al fine di acquisire
mezzi di prova ma anche per emanare una decisione di merito:
il che può avvenire nel giudizio cautelare della fase preliminare,
in cui manca ancora l’ attività di istruzione probatoria. Una
contraria interpretazione sarebbe esposta al forte sospetto di
incostituzionalità per violazione del diritto di difesa di cui all’
articolo 24 Cost. anche se l’ attività investigativa svolta dal
difensore non è regolata dalla legge come invece quella del
pubblico ministero con la novellazione dell’ articolo 292 c.p.p. e
dell’ articolo 38 disp.att. il legislatore ha voluto attribuire pari
efficacia formale alle attività di indagine del pubblico ministero e
del difensore. Peraltro va sottolineato che il difensore è pur
8
Cassazione penale,Sez.III ,26 settembre 1997
11
sempre un esercente un servizio di pubblica necessità ed ha un
potere di autenticazione delle sottoscrizioni a sensi dell’ articolo
39 disp.att.c.p.p.; sicchè si può ritenere che anche le sommarie
informazioni raccolte e controfirmate dal difensore siano
assistite dalle necessarie garanzie di autenticità.
Quanto alla loro intrinseca attendibilità sarà il giudice a valutarla
con la opportuna cautela a fronte di eventuali dichiarazioni
contrarie di persone informate sui fatti.”
Le decisioni citate rivelano la cautela con la quale la
magistratura ha visto fin dagli albori l’attività di indagine dei
difensori e che ha indotto gli avvocati penalisti a dedicare
particolare cura, come si vedrà in seguito, agli aspetti
deontologici
9
.
1.4 IL PASSAGGIO DALL’ARTICOLO 38 ALLA NUOVA
DISCIPLINA
Con la legge 7 dicembre 2000 n. 397 si passa dall’art. 38, che
viene abrogato, ad una disciplina compiuta delle indagini
difensive, come appariva ormai non più differibile dopo la
modifica dell’art. 111 della Costituzione.
La modifica, con legge costituzionale 23 novembre 1999 n.2
detta “sul giusto processo” indirizzata prevalentemente a
9
Fin dal 30 marzo 1996 il Consiglio dei presidenti delle
Camere penali italiane ha approvato il “Codice
deontologico del penalista”
12
rendere effettivo il contraddittorio nella formazione della prova,
sottolinea come il processo debba svolgersi in condizioni di
parità fra accusa e difesa e di come la persona accusata debba
disporre delle condizioni necessarie per preparare la sua
difesa.
Solo di poco alla modifica dell’art. 111 Cost. era seguita
l’entrata in vigore della L. 16 dicembre 1999 n. 479 (c.d. legge
Carotti) che consentiva all’indagato, avvisato della conclusione
delle indagini preliminari del pubblico ministero, di “presentare
memorie, produrre documenti, depositare documentazione
relativa ad investigazioni del difensore”(art.415-bis c.p.p.).
A questo punto quindi, anche sotto la spinta dell’avvocatura,
non poteva mancare una disciplina che si ponesse come
organica o almeno completa nell’equilibrare le parti processuali,
per quanto possibile ed opportuno, e soprattutto mettesse in
condizioni la difesa di ricercare fonti di prova da proporre
direttamente al giudice terzo e imparziale in concreta attuazione
di quanto disposto dall’art. 190 c.p.p.
Ne conseguiva la legge 7 dicembre 2000 n. 397 con la quale le
norme sulle indagini difensive si ponevano come disciplina
completa, inserita nel corpo del codice e non più relegata nelle
disposizioni di attuazione.
Il vecchio art. 38 disp. att., che veniva contestualmente
abrogato, lasciava la sua eredità sotto forma dei principi recepiti
nelle nuove norme con la responsabilità dell’indagine affidata al
difensore, la legittimazione a svolgere indagini anche a mezzo
di sostituti, consulenti tecnici e investigatori privati autorizzati, il
13
diritto di presentare direttamente al giudice gli elementi raccolti,
il diritto di utilizzare soltanto gli elementi che reputa rilevanti ai
fini della decisione.