PREMESSA
La crisi economica che sta attraversando e debilitando l'economia dell'Italia e
del resto d'Europa è evidente. A soffrire maggiormente di questa situazione
sfavorevole è sicuramente il consumatore e il piccolo imprenditore con le
relative famiglie. Infatti, sempre più sono i casi di sovraindebitamento di tali
soggetti e questo non può far altro che peggiorare la crisi economica già
imperante. Il sovraindebitamento di un consumatore e di un piccolo imprenditore
è devastante per l'economia. Si frenano i consumi e i creditori rischiano di essere
insoddisfatti con il pericolo che anch'essi si possano trovare sovraindebitati.
Questo lavoro si propone proprio l'obiettivo di comprendere come il legislatore
Italiano sta affrontando questa questione assai delicata.
La prima parte del presente studio muove dall’analisi di carattere sociologico
relativa alla eccessiva esposizione debitoria del consumatore, privo degli
strumenti tesi alla ristrutturazione delle crisi economiche della famiglia. In
questa prospettiva,il legislatore è corso ai ripari con il d.lgs n. 141 del 2010 in
materia del credito al consumo. Il primo obiettivo è stato proprio quello di
inserire nel nostro ordinamento gli strumenti giuridici necessari per evitare il
sovraindebitamento responsabilizzando gli istituti di credito e ponendo norme
più stringenti a favore del cliente/consumatore.
Il secondo e il terzo capitolo costituiscono il tentativo di una analisi completa
delle disposizioniin cui si snoda la disciplina del sovraindebitamento. Infatti, il
legislatore ha deciso di correre ai ripari e prevedere una normativa ad hoc per i
soggetti non fallibili. Nasce,cosi, la legge n. 3 del 27 gennaio 2012 recante
“Disposizioni in materia di usura e di estorsione,nonchè di composizione della
crisi da sovraindebitamento”, successivamente modificata con decreto legge del
18 ottobre 2012, n. 179 (c.d. Decreto Sviluppo-Bis), convertito nella legge n. 221
del 17 dicembre 2012. Sono da menzionare,in quanto a importanza, anche il
decreto legge n. 83 del 2015,convertito con modificazioni della legge 6 agosto
2015,n. 132 e il decreto del Ministro della giustizia n. 202 del 2014. Il primo ha
modificato alcune norme del codice di procedura civile e della legge fallimentare
con ripercussioni evidenti anche in tema di sovraindebitamento. Il secondo ha
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previsto una disciplina dettagliata per l'organizzazione interna dell'organo più
importante delle procedura da sovraindebitamento,e,cioè, l'Organismo di
composizione della crisi. Nella sua versione originaria la disciplina sul
sovraindebitamento presentava forti elementi di criticità principalmente dovuti
alla previsione di un'unica procedura assimilabile agli accordi di ristrutturazione
di cui all'art. 182-bis, la quale non distingueva tra l'insolvenza civile e
l'insolvenza commerciale dell'imprenditore commerciale non fallibile. A sanare
tale criticità è intervenuto il d.l. n. 179 del 18 ottobre 2012 che ha istituito non
una sola procedura di composizione della crisi, bensì tre procedure "concorsuali"
in rimedio al sovraindebitamento: gli accordi di ristrutturazione dei debiti
attivabili da qualunque debitore non fallibile, una procedura ad hoc per il solo
consumatore in stato di sovraindebitamento passivo e una procedura di
liquidazione dei beni attivabile anche d'ufficio al termine della quale si colloca in
posizione eventuale ed accessoria il sub procedimento di esdebitazione. Per la
redazione dell'accordo e del piano il debitore è assistito dagli Organismi di
composizione della crisi, tali organi oltre a essere di ausilio al debitore svolgono
importanti e poliedriche funzioni nell'arco delle tre procedure di composizione
della crisi e la loro istituzione è subordinata alla iscrizione in un apposito registro
la cui regolamentazione è stata recentemente disposta dal Decreto ministeriale
del 24 settembre 2014.
Nel corso del lavoro si è cercato di approfondire determinati temi:
l'organizzazione e il ruolo effettivo svolto dagli Organismi di composizione della
crisi; gli effetti fiscali degli accordi di ristrutturazione dei debiti; gli adempimenti
pratici che è chiamato a svolgere il liquidatore.
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CAPITOLO I
DEBITORE CIVILE SOVRAINDEBITATO
1. CAUSE DEL SOVRAINDEBITAMENTO
Se il fallimento è un problema ormai plurisecolare,quello del sovraindebitamento
,invece, è un problema relativamente recente
1
. Come si sa,il fallimento è una
procedura fallimentare che si puo applicare solamente agli imprenditori fallibili,
ex art. 1 Regio Decreto n.267 del 1942. Il sovraindebitamento è, dal canto suo,
una procedura – anch'essa concorsuale- ma che si applica a quei soggetti non
fallibili. Senza approfondire ora quali sono i requisiti soggettivi per essere
dichiarati fallibili o non fallibili, quello che bisogna capire è come mai quella del
fallimento sia una procedura atavica ,mentre quella del sovraindebitamento è una
procedura contemporanea e quali ne sono le cause.
Limitare il fallimento agli imprenditori commerciali risponde alla nostra
tradizione storica. L'origine del fallimento va,infatti,individuata nelle legislazioni
statutarie del Basso Medioevo, nelle quali il fallimento fu istituto applicabile
precipuamente ai mercanti
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. Questa impostazione è rimasta anche nei secoli
successivi e nel passaggio alle moderne codificazioni,la legislazione Italiana,pur
coerente alla nostra legislazione storica, si è ispirata alla legislazione
Napoleonica. Tale legislazione,disciplinava il fallimento nel code de commerce
del 1807 e ne limitava l'applicazione ai commercianti. Cosi, sia nel codice di
commercio Italiano del 1865,che in quello,di poco successivo,del 1862,entrambi
modellati sul code de commerce, il fallimento viene disciplinato come istituto
applicabile ai soli commercianti.
La separazione tra legislazione civile e legislazione commerciale,
disciplinandoli in due testi normativi differenti, è stata mantenuta fino al 1942,
anno in cui è stato emanato il codice civile e che ha attuato l'unificazione delle
due discipline. Cosi, si è concentrato in un unico testo normativo – per l'appunto
1 La prima norma emanata per disciplinare il fenomeno del sovraindebitamento è stata quella del
BANCKRUPTCY CODE statunitenze del 1978
2 Cfr. LINO GUGLIELMUCCI,”diritto fallimentare”, G. Giappichelli editore,settima
edizione,anno 2015 pag.13 ss.
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il codice civile – sia la materia civile che quella commerciale. Bisognava solo
attingere alla normativa fallimentare,fatta oggetto di un testo normativo
separato, per avere una disciplina completa sul diritto commerciale. La legge
fallimentare del 1942 statuiva che sono soggetti alle disposizioni sul fallimento
gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale,quindi anche in questo
caso è stata mantenuta l'impostazione tradizionale. Solo i commercianti possono
fallire. Anche nella Relazione del Guardasigilli si ricordava che “sono fin troppo
note, perchè qui debbano essere richiamate,le ragioni che hanno determinato il
sorgere del fallimento come istituto proprio dei commercianti: conviene solo
ricordare che in questo senso è sempre stata la tradizione italiana,anche se le
leggi moderne che hanno determinato la distinzione tra debitore commerciante e
non commerciante ripetono la loro origine immediata dal codice francese”. La
stessa riforma alla legge fallimentare del 2006 ha lasciato immutata tale
limitazione,quindi ancora oggi sono fallibili solamente gli imprenditori e, tra gli
imprenditori,solamente quelli commerciali.
La legge n. 3 del 2012 è stata emanata per disciplinare il sovraindebitamento dei
soggetti non fallibili, quindi tale legge ha una applicazione residuale in quanto è
rivolta a tutti quei soggetti esclusi dall' art. 1 della legge fallimentare. Sono
assoggettabili al fallimento una persona fisica,una società, un'associazione o un
ente no profit che esercitino un'attività commerciale
3
.I problemi,poi, circa
l'assoggettabilità a fallimento, si fanno più delicati in relazione alle società e ai
loro soci. Nelle società con soci a responsabilità limitata, la procedura
fallimentare che riguardi la società non investe anche costoro; un regime diverso
opera,quando nella società vi siano soci illimitatamente responsabili. Infatti l'art.
147 l. fall. prevede che la sentenza che dichiara il fallimento delle società
appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III (s.n.c), IV(s.a.s.) e VI (s.a.p.a)
del titolo V del codice civile produce anche il fallimento dei soci illimitatamente
responsabili
4
.
3 Cfr. VINCENZO BUONOCORE, “manuale di diritto commerciale”, G. Giappichelli editore,
decima edizione,pag. 1013 ss.
4 A questo punto ci sarebbero questioni ancora più sottili, ad esempio se possa essere soggetto a
fallimento il socio tiranno,colui cioè che non rispetta le regole del gioco e si serve della società,in
cui vige il regime della responsabilità limitata dei soci, come cosa propria. In alcuni casi la nostra
giurisprudenza ha tentato di estendere la fallibilità anche al socio tiranno sulla scia della
legislazione francese ma con la riforma del 2006,dopo lunghi dibattiti dottrinali, tale possibilità
non è stata preveduta. Ancora più intrigante sarebbe capire se il fallimento è estensibile a una
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Sono esclusi dal fallimento l'imprenditore agricolo,il professionista ed il
soggetto civile,cioè non imprenditore, senza dimenticare il c.d. piccolo
imprenditore.
Per tutti questi soggetti non fallibili, prima della legge n. 3 del 2012, non esisteva
nessuna procedura concorsuale. Rispetto agli imprenditori fallibili, non avevano
la possibilità di risolvere la loro situazione debitoria in maniera unitaria con tutti
i creditori. Questa impostazione del nostro ordinamento, e anche di molti altri, è
divenuta insostenibile nel momento in cui sempre più spesso soggetti non
fallibili si trovavano sovraindebitati e fino al punto che questo fenomeno è
divenuto una vera e propria piaga sociale. La crisi economica ha fatto emergere
la vulnerabilità dei sistemi giuridici sia di civil law che di common low, la loro
incapacità di fronteggiare crisi che colpissero soggetti che non fossero
imprenditori commerciali.
Gli studiosi individuano a monte delle ipotesi di sovraindebitamento una
pluralità di cause – strutturali,macroeconomiche ecc.- che spesso si intrecciano,
generando fenomeni di sovraindebitamento attivo, passivo e differito
5
. Il
problema di fondo, si individua nell'accesso al credito che è sempre più facilitato
a causa di una sofisticata industria del credito,da un lato, e dalla presenza di falle
nella rete di sicurezza sociale dall'altro. Rispetto alla prima questione è fuor di
dubbio l'espansione dell'offerta di credito, con la creazione di una ricca gamma
di prodotti e , per non bastare, gli istituti finanziari hanno indirizzato la loro
attenzione verso soggetti a più basso reddito e verso quelli già indebitati. Questa
strategia di mercato, chiaramente, ha stimolato le fasce sempre più deboli della
popolazione a richiedere e ottenere credito e non solo, ma a richiedere e ottenere
crediti sproporzionati rispetto alle proprie capacità di rimborso. Questo ha
comportato una crescita dei rischi degli inadempimenti e quindi un problema
società di fatto che partecipa ad una società di capitali dichiarata fallita( sul puntoTribunale Bari
20 novembre 2013,sez. IV; Tribunale Mantova,30 aprile 2013 ; Tribunale Brindisi 7 gennaio
2013 ; FILIPPO MURINO, “sulla fattispecie di società di fatto tra società di capitali”,
giurisprudenza commerciale,fascicolo 5,2014,pag. 914 ), nonchè alla possibilità di fallire da parte
degli enti sportivi per i quali la dottrina e la giurisprudenza prevalente,stanno estendendo il
concetto di fallibilità ma solo al verificarsi di particolari eventi( sul punto PIERLUIGI VIGO, “
L'applicazione della legge fallimentare agli enti sportivi”, pubblicato in www . diritto . it , sezione
Diritto dello sport,Diritto civile e commerciale, il 12/04/2016.).
5Cfr. ENZA PELLECCHIA, “dall' insolvenza al sovraindebitamento”, G.Giappichelli, anno
2012, pag. 11ss.
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diffuso del sovraindebitamento, tanto da costringere vari paesi ad emanare una
disciplina ad hoc per fronteggiare il problema. Per gli istituti di credito, questo
meccanismo è molto favorevole, perchè prestare denaro a soggetti ad alto
rischio, permette loro di applicare alti tassi di interesse e quindi l'operazione si
rivela molto vantaggiosa.
Inoltre, tali creditori ,si assicurano il rimborso ipotecando la casa di proprietà del
cliente. In questa prospettiva l'operazione, per gli istituti di credito, non ha rischi
perchè, o verranno pagati o venderanno la casa del cliente. Come dire un sistema
perfetto, anzi apparentemente perfetto, avuto riguardo a quello che è accaduto
con i mutui sub prime
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. I mutui sub prime, sono stati la causa della crisi, prima
finanziaria e poi reale, che ha colpito il mondo occidentale nel 2008, partendo
dagli Stati Uniti. Il tutto è partito dal mercato immobiliare Statunitense. Dato che
il costo del denaro era basso, molte famiglie Americane, al posto di locare un
immobile, hanno deciso di acquistarlo. Da qui iniziava il sistema “perfetto”. Le
famiglie si rivolgevano ad un broker e quest' ultimo, si impegnava a ricercare per
conto loro una banca che concedesse un mutuo ipotecario. Fino a questo punto
nulla questio: le famiglie ottenevano il mutuo vantaggioso e broker e banca
guadagnavano dagli interessi applicati al capitale prestato. Inoltre questo
meccanismo ha stimolato di molto il settore edilizio,sempre più incentivato a
costruire nuovi palazzi per la facilità di collocarli sul mercato. Il sistema è fallito
nel momento in cui le banche ordinarie hanno deciso di vendere i loro mutui sul
mercato finanziario o meglio, dal momento in cui le banche d'affari hanno deciso
di acquistare i mutui, concessi dalle banche tradizionali ai propri clienti.
L'intento era quello di spezzettarli e ricollocarli successivamente sui mercati
internazionali. Le banche tradizionali erano spinte a concedere altri prestiti ai
clienti, dato che poi ci sarebbero state le banche d'affari che avrebbero comprato
il prestito da loro effettuato. Tale meccanismo però si è paralizzato per un
motivo molto semplice: concedere mutui ipotecari con molta facilità per
l'acquisto di immobili significa aumentarne la domanda e di conseguenza, per
bilanciare il rapporto tra domanda e offerta, i prezzi degli immobili sono saliti
vertiginosamente. Questo ha generato una bolla finanziaria, poiché i prezzi erano
artificiosamente e spaventosamente alti, da cui ne è derivato un innalzamento dei
6 Cfr. EMANUELE SALSANO,ROBERTO LOMBARDI, “crisi finanziaria e crisi reale”,
editrice gaia,anno 2009,pag.9 ss.
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