7
§ 2. – L’orientamento individualistico. Creazione come frutto del lavoro
E’ opportuno partire dall’impostazione tradizionale, legata alla
ideologia liberale ed individualistica, che incentra il trattamento dei c.d. beni
immateriali
1
nella creazione del lavoro intellettuale
2
. Così come il lavoro viene
tutelato dal nostro ordinamento, per dirla con il primo comma dell’art. 35
della Costituzione, in tutte le sue <<forme e applicazioni>>, così la creazione
altro non è se non il frutto di lavoro intellettuale e creativo, e per ciò
meritevole di tutela.
Questa tesi, prima ancora che nella Costituzione Repubblicana, affonda
le sue radici nella filosofia del diritto liberale
3
che giustifica la proprietà
privata come prodotto del lavoro dell’uomo. Così come i beni materiali
appartengono a chi li ha prodotti con il proprio lavoro, a maggior ragione il
prodotto dell’idea creativa, deve appartenere a chi con il proprio lavoro ne ha
determinato la concretizzazione.
L’individuo si pone al centro di questo orientamento di fondo e le
discipline in tema di privative industriali trovano il proprio fondamento nella
tutela dell’interesse individuale a vedere riconosciuto il proprio lavoro.
1
Tra chi accoglie la categoria dei beni immateriali: ARE, voce Beni immateriali, a) Diritto privato, in Enc.
Dir., Milano, 1959, pag. 267; ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, III ed., Milano,
1960, 601 ss.; AULETTA, Delle invenzioni industriali. Dei modelli di utilità e dei disegni ornamentali. Della
Concorrenza, II ed., a cura di MANGINI, in Commentario del codice civile, a cura di SCIALOJA BRANCA,
Bologna Roma, 1973, 86 ss.; BARBERO, I beni immateriali come oggetto di diritti, in Riv. Dir. Ind., 1962, p.
297; COSTANTINO, Contributo alla teoria della proprietà, Napoli, 1967, pag. 129 ss.; DABIN, Le droit
subjectif, Paris, 1952 ; GRECO, Corso di Diritto commerciale e industriale: I diritti sui beni immateriali (Ditta -
marchi - opere dell'ingegno - invenzioni industriali), Torino, 1948; MESSINETTI, Beni immateriali, in Enc.
Giur., V, 1988, pag. 3; PUGLIESE, Dalle “res incorporales” del diritto romano ai beni immateriali di alcuni
sistemi giuridici moderni, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1982, pag. 1137; TROLLER, Immaterialguterrecht, I,
Basel-Stuttghart, 1959; ULMER, Urheber und Verlagsrecht, Berlin-Gottingen-Heidelberg, 1960;
VOLTAGGIO LUCCHESI, I beni Immateriali, Milano, 1962. Contra: BIGLIAZZI GERI, BRECCIA,
BUSNELLI, NATOLI, Diritto Civile, 1*, Norme soggetti e rapporto giuridico, Torino, 1987, pag. 351;
CASANOVA, Le imprese commerciali, Torino, 1955; FRANCESCHELLi, Beni Immateriali (Saggio di una critica
del concetto), in Riv. Dir. Ind., 1956, pag. 394 ss.; NATOLI, La proprietà: appunti delle lezioni, Milano, 1976,
p. 81 ss.; PUGLIATTI, Beni e cose in senso giuridico, Milano, 1962, p. 114.
2
OPPO , Creazione ed esclusiva nel diritto industriale, in Riv. Dir. Comm., 1964, I, pag 189 ss. . Nel citato
intervento, frutto della trascrizione della Prolusione al corso di diritto industriale, l’A. articola e sintetizza in
modo pressoché completo quello che è l’orientamento individualistico sulla tematica in oggetto.
3
LOCKE, Secondo Trattato, in ID., Due trattati sul governo, a cura di PAYERESON, Torino, 1968; DE SANCTIS,
Lavoro, proprietà, industria. Il capitolo V del secondo trattato di Locke, in Materiali per una storia della cultura
giuridica, XVIII, 1988, pag. 2 ss.
8
Recentemente vi è stato un recupero di questa idea di fondo in ambito
giuslavoristico
4
, per provvedere ad apprestare tutele più consistenti al lavoro
intellettuale nella new economy, dove alla crisi del lavoro manuale corrisponde
una crescente richiesta di apporti creativi da parte del lavoratore subordinato.
§ 3. – L’orientamento “collettivistico”. Il bene pubblico alla base dei diritti di
esclusiva industriale
Contrapposta in astratto a questa idea del fondamento giuridico e
della giustificazione politica dei diritti nascenti dalla creazione di un’opera
d’ingegno o di un’invenzione industriale, c’è la teoria, nata a metà del secolo
scorso, che pone al centro delle tutele delle creazioni intellettuali l’interesse
pubblico e collettivo ad incrementare il proprio patrimonio di conoscenze
5
.
La giustificazione politica della disciplina in tema di creazioni
intellettuali risiederebbe allora nella volontà del legislatore di accrescere in
modo efficiente questo patrimonio conoscitivo, spingendosi fino a
comprendere in questa logica la disciplina sui segni distintivi quali
<<contributo alla nomenclatura della realtà>>
6
nell’interesse del pubblico.
§ 4. - L’impresa nella dialettica tra interessi individuali e collettivi
Successivamente a queste impostazioni di massima, che dovranno
necessariamente essere approfondite, il cui scontro teorico più acceso si ebbe
nella seconda metà degli anni ’60, molte discipline speciali in tema di diritti su
beni immateriali sono venute in essere
7
. Nella dialettica sopra accennata, tra
interessi individuali e collettivi nelle creazioni intellettuali si inserisce l’impresa
come unità fondamentale dell’economia moderna.
4
MARTONE, Contratto di lavoro e <<beni immateriali>>, Padova, 2002
5
VANZETTI, DI CATALDO, Manuale di diritto Industriale, seconda edizione, Milano, 1996 Introduzione pag.
4. L’introduzione è stata espunta dalle successive edizioni.
6
Cfr. OPPO, Creazione ed esclusiva nel diritto industriale, in Riv. Dir. Comm., 1964, I, pag 189 ss., il quale
nell’articolo in oggetto difende l’impostazione individualistica che fonda il titolo dell’esclusiva sulla
creazione sviluppando una critica alle tesi che fondano i diritti di esclusiva su un interesse
preminentemente pubblico.
7
Come fa giustamente notare, pur criticando alla base le considerazioni di OPPO, cfr. SPADA,
<<Creazione ed esclusiva>> trent’anni dopo, Riv. Dir. Civ., 1997 fasc. 2, pag. 215 ss.
9
L’innovazione tecnologica nell’economia moderna è il principale
strumento di sviluppo economico. Essa si pone dal punto di vista
dell’impresa, come principale strategia concorrenziale “non sul prezzo”
8
.
Dal punto di vista della collettività l’innovazione consente un generale
miglioramento delle condizioni di vita: è in sostanza l’elemento base del
“progresso”.
Il brevetto, per riferirci alle invenzioni e ai modelli, si pone come
strumento di contemperamento tra l’interesse dell’impresa alla realizzazione
del vantaggio concorrenziale costituito dall’innovazione e quello della
collettività ad acquisire l’innovazione tecnologica stabilmente al proprio
patrimonio di conoscenze
9
.
L’esclusiva infatti ha sempre, ad eccezione dei segni distintivi, durata
temporanea, l’innovazione è dunque destinata a divenire di pubblico dominio.
La descrizione richiesta per ottenere il brevetto per invenzione industriale,
inoltre, fornirà a chiunque voglia la possibilità di ripetere esattamente
l’invenzione, preservando l’intera collettività dal rischio di perdere
l’invenzione
10
.
La nuova disciplina sulle invenzioni dei pubblici ricercatori aggiunge
una nuova tessera al mosaico delle problematiche giuridiche sui diritti nascenti
da creazioni intellettuali e non è priva di interesse sotto il profilo teorico. In
particolare l’innovazione di maggior rilievo, che verrà diffusamente trattata, è
l’attribuzione ai ricercatori pubblici del diritto al brevetto e quindi allo
sfruttamento economico dell’invenzione, rovesciando la regola comune che
8
<<L’innovazione è uno dei momenti centrali dell’attività dell’impresa. Infatti l’imprenditore che riesce
a realizzare un’idea nuova, e ad introdurla nella sua attività, realizza un vantaggio concorrenziale sugli
altri operatori del settore, che può risultare decisivo ai fini della sua fortuna>> in VANZETTI, DI
CATALDO, Manuale di diritto Industriale, quarta edizione, Milano, 2003, pag. 307
9
<<La collettività remunera l’acquisizione dell’invenzione al patrimonio collettivo attraverso
l’attribuzione di un diritto esclusivo di uso, limitato nel tempo>> in VANZETTI, DI CATALDO,
Manuale di diritto Industriale, quarta edizione, Milano, 2003, pag. 310
10
Come potrebbe avvenire qualora si tentasse di tutelare il vantaggio concorrenziale ottenuto con
l’invenzione attraverso il segreto. <<L’imprenditore che innova e la collettività che è destinataria e
fruitrice dell’innovazione hanno quindi un interesse comune: evitare che la protezione
dell’innovazione sia affidata al regime insicuro del segreto aziendale>> in VANZETTI, DI CATALDO,
“op .ult. cit.”, pag. 309
10
attribuisce al datore di lavoro i diritti di sfruttamento economico
dell’invenzione
11
.
§ 5. – Il tema del trasferimento di conoscenze dalla ricerca finanziata dallo stato al
sistema delle imprese
L’interesse della collettività all’innovazione tecnologica si realizza
altresì attraverso l’intervento dello stato e delle istituzioni pubbliche al fine di
incentivare l’incremento delle conoscenze tecnologiche. E’ questa una scelta
strategica imprescindibile per le economie moderne
12
.
Si inseriscono in questa prospettiva le attività pubbliche da ricerca
scientifica attuate dalle università e da altri enti pubblici di ricerca (EPR)
13
. La
ricerca pubblica, in particolare quella delle università, tradizionalmente
trasferisce i suoi risultati attraverso due canali: la formazione di risorse umane
(studenti, ricercatori e docenti), per mezzo quindi principalmente della
didattica, e la divulgazione gratuita delle conoscenze attraverso le
pubblicazioni scientifiche o strumenti analoghi
14
Il sistema delle imprese dovrebbe da una parte ricevere risorse umane e
dall’altra poter fruire liberamente dei risultati della ricerca pubblica
“gratuitamente” divulgati. In questa prospettiva l’attività brevettale rimane
sullo sfondo dovendo in qualche modo l’Università produrre “talenti non
tecnologie”
15
.
11
Anche se come vedremo per le università questo rapporto di lavoro dipendente non è ritenuto da
qualcuno esistente. Per es.: FLORIDIA, Le invenzioni universitarie, Dir. Ind., 2001, fasc. 3 (settembre), pag.
213-220, sostiene che in virtù delle nuove norme sull’autonomia (L. 9 maggio 1989 n. 168) non vi
sarebbe alcun rapporto di lavoro dipendente tra Stato e Ricercatore Universitario. L’A. in questione
giunge de iure condito alle conseguenze prodotte dalla legge successivamente approvata.
12
ABRAMO, Il sistema della ricerca in Italia: il nodo del trasferimento tecnologico, in Ec. Pol. Ind., n. 99, 1998, pagg.
67-98. L’A. sostiene che “la crescita piu’ rapida di alcune economie emergenti e, nella sfera
occidentale, di alcuni paesi industrializzati rispetto ad altri è, in parte, la diretta conseguenza della
capacità dei governi di svolgere con efficacia l’essenziale ruolo complementare di: a) rendere
disponibile alle economie domestiche un’adeguata base scientifico-tecnologica di supporto; b)
favorire una rapida e diffusa utilizzazione di questa base.”
13
CESARONI, PICCALUGA, Patenting Activity of european universities., in SPRU NPR net Conference, Brighton
21-23 March 2002, pag. 1-22
14
PICCALUGA, PATRONO, Attività brevettale degli enti pubblici di ricerca italiani. Un’analisi sul periodo 1982-2001,
in Ec. Pol. Ind., n. 109, 2001, pag. 81-109
15
PICCALUGA, PATRONO, op. ult. cit, pag. 83
11
§ 6. - Le nuove politiche a favore del trasferimento tecnologico
Preso atto di questa realtà di base del trasferimento tecnologico da
università EPR a industria, occorre tener conto che si è manifestata in tutto il
mondo, a partire dagli Stati Uniti, una tendenza ad ampliare i possibili
strumenti di trasferimento tecnologico tra la ricerca finanziata pubblicamente
e il sistema industriale, non ritenendosi più sufficienti gli ordinari strumenti di
comunicazione.
Un primo motivo di questa spinta va ricercato nella scarsità crescente di
risorse pubbliche da destinare alle università e agli altri e.p.r. e nella necessità
di cercare dei canali di autofinanziamento
16
. Un secondo motivo deve
rintracciarsi nella volontà di alcuni attori politici di incentivare un uso
industriale e produttivo della ricerca degli e.p.r.
17
.
Occorrevano dunque nuovi canali di trasferimento delle conoscenze, da
affiancare a quelli tradizionali, che tendessero alla “innovazione dell’esistente”
e alla “nascita di nuove realtà”
18
.
Ecco che l’attività di brevettazione degli e.p.r. non rimane più sullo
sfondo ma diventa lo strumento con il quale, attraverso contratti di licenza e
concessione, gli e.p.r. trasferiscono la propria tecnologia all’industria.
Ma vi è di più: le conoscenze maturate in ambito di ricerca pubblica
possono trovare sviluppi nella creazione di imprese “start up” o “spin off”,
attraverso le quali la ricerca pubblica viene “spinta fuori” nel sistema
industriale.
L’argomento è di stretto interesse economico-aziendale e in parte esula
da una tesi di contenuto giuridico; tuttavia esso offre una precisa indicazione
di quello che può ritenersi a livello mondiale un obiettivo dei legislatori
contemporanei, quello di ottenere la massima efficienza nel trasferimento
delle conoscenze tra la ricerca pubblica e il sistema delle imprese, al fine di
16
DI CATALDO, Le invenzioni delle università. Regole di attribuzione dei diritti, regole di distribuzione dei proventi e
strumenti per il trasferimento effettivo delle invenzioni al sistema delle imprese, in Riv. Dir. Ind., 2002, pag 337-353
17
CESARONI, PICCALUGA, Patenting Activity of european universities, in SPRU NPR net Conference, Brighton 21-
23 March 2002
18
FESTINESE , Università e trasferimento tecnologico, in Meridione, fasc. 1, 2002
12
aumentare la concorrenzialità di quest’ultime. La nuova disciplina delle
invenzioni dei pubblici ricercatori, nelle intenzioni del legislatore, intende
andare in questa direzione
19
.
L’ efficienza del trasferimento tecnologico tra ricerca pubblica e
mercato si ricollega senza alcun dubbio alla tutela dell’interesse collettivo
all’innovazione. Se è vero, infatti, che l’art. 35 della Costituzione tutela il
lavoro in tutte le sue <<forme e applicazioni>> facendo optare per le ragioni
dell’autore, inteso in senso lato, della creazione, è vero anche che l’art. 9 della
stessa Carta Costituzionale, tra i principi fondamentali della repubblica pone la
promozione della cultura e della ricerca scientifica e tecnica
20
.
Il problema della allocazione dei diritti derivanti dalla creazione
intellettuale, in particolare dalle invenzioni industriali, incide profondamente
su questa finalità. Potremo avere un sistema di trasferimento di conoscenze
più o meno efficiente a seconda che la titolarità sia posta in capo a certi
soggetti piuttosto che in capo ad altri.
E’ questo uno dei nodi fondamentali della nuova disciplina delle
invenzioni dei pubblici ricercatori la cui principale novità consiste nell’aver
attribuito all’inventore il diritto ad ottenere il brevetto, probabilmente in linea
con questo scopo.
19
Per esempio in CESARONI, PICCALUGA. Patenting Activity of european universities. Relevant? Growing? Useful,
SPRUnet Conference, Bristol (UK), 21-23 march 2002, gli autori evidenziano sulla base dei dati relativi
alla attività degli e.p.r. italiani negli ultimi 20 anni come nel 2001, anno della riforma, si sia avuto un
incremento dei brevetti dopo una caduta libera a partire dal 1989. Secondo gli autori << è rilevante
collegare questo dato con gli aspetti istituzionali relativi alla legislazione sui brevetti di origine
accademica… è noto che in Italia si sta attraversando in quest’ultimo periodo una fase
particolarmente vivace con riferimento alla normativa che disciplina i brevetti universitari. L’art. 7,
comma 1, L 383/2001 ha introdotto un’innovazione fondamentale…>>
20
Questo aspetto non è certo sfuggito a VANZETTI, DI CATALDO, Manuale di diritto Industriale, seconda
edizione, Milano, 1996, pag 364-365, nel quale si critica fortemente l’attribuzione allo Stato delle
ricerche finanziate dallo Stato ex art. 3 legge 11 novembre 1986 n. 770. In particolare si dice nel
manuale:<<Alla luce della esperienza straniera, si puo’ dubitare della assennatezza di regole (…) che
attribuiscono allo stato la titolarità delle invenzioni.(…) Da tali regole deriva, infatti, una cronica
sottoutilizzazione di queste invenzioni (…) non esiste una normativa che favorisca il passaggio delle
tecnologie brevettate dallo stato al sistema delle imprese.>>. Il manuale nell’ultima edizione, la quarta,
adotta un orientamento di attesa rispetto ai risultati delle nuove discipline sui contratti di ricerca.
<<E’ da sperare che allocando i diritti di brevetto direttamente in capo ai ricercatori si possa
perseguire una più effettiva utilizzazione delle invenzioni>>. VANZETTI, DI CATALDO, Manuale di
Diritto Industriale, quarta edizione, Milano, 2003, pag. 383