4
1. Introduzione.
La liquidazione, intesa come il processo complesso finalizzato al
soddisfacimento dei creditori sociali, con successiva ripartizione
dell’attivo residuo tra i soci, costituisce la fase finale della vita sociale,
a cui fa seguito l’estinzione della stessa. La liquidazione interviene per
il decorso del termine (quando, raggiunto il termine originariamente
fissato dai soci, esso non sia rinnovato), per il conseguimento
dell’oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo,
oppure nei casi di disfunzione dell’assemblea (per impossibilità di
funzionamento o sua continuata inattività). La liquidazione inoltre può
giungere a causa della riduzione del capitale al di sotto del minimo
legale, nelle ipotesi previste dagli articoli 2437-quater c.c. e 2473 c.c.,
per le altre cause previste dallo statuto, dall’atto costitutivo o in
generale dalla legge, oppure semplicemente per volontà dei soci,
attraverso una specifica deliberazione assembleare. In seguito al
verificarsi di una qualsiasi delle suddette cause di scioglimento
contemplate nell’art. 2484 c.c., scatta la fase liquidatoria in senso
stretto, organizzata, diretta e gestita dai liquidatori, a cui si affiancano
altri organi ai quali si farà riferimento. Oltre alla rappresentanza della
società, essi ereditano la carica degli amministratori, ma la loro
funzione è completamente mutata: l’obiettivo principale diventa
quello di rendere liquido l’intero attivo patrimoniale al fine di pagare i
debiti e distribuire il residuo tra i soci. Al liquidatore è pertanto
affidato il duplice compito di fare in modo che tutti i creditori siano
soddisfatti e di ottenere il maggior profitto dall’opera liquidatoria, per
massimizzare il beneficio dei soci. Risultati che possono naturalmente
5
essere migliorati dalla diligenza del liquidatore, ma che sono
determinati soprattutto dall’entità e dalla qualità del patrimonio che gli
viene affidato. Di fronte ai soci e ai terzi creditori, i liquidatori
assumono responsabilità simili a quelle degli amministratori, in una
situazione che è molto spesso resa difficile e delicata dalla scarsità di
mezzi finanziari a loro disposizione.
Terminata la fase liquidatoria, segue la cancellazione della società dal
registro delle imprese, processo conclusivo di un iter complesso e
duraturo che terminerà con l’estinzione della società.
Data l’importanza che l’intero processo liquidatorio, brevemente
riassunto, assume per soci, creditori e terzi, il legislatore, attraverso il
d. lgs. n° 6 del 17 gennaio 2003, ha introdotto una disciplina organica
dello scioglimento, della liquidazione e dell’estinzione comune a tutte
le società di capitali, novellando il relativo comparto normativo
compreso nel Codice Civile del 1942.
Si è proceduto ad una riallocazione dell’intera normativa in un capo
autonomo (il Capo VIII), all’interno del Titolo V, Libro V riformato,
interamente dedicato allo “Scioglimento e liquidazione delle società di
capitali”. Questa riallocazione evidenzia l’intenzione del legislatore di
abbandonare il sistema del rinvio
1
previsto nel codice del 1942
2
. Gli
artt. 2484-2496 c.c., infatti, delineano un quadro disciplinare
1
Va peraltro rilevato un unico caso di permanenza della tecnica del rinvio. Infatti,
come già accadeva nell’originale impianto del codice (vecchio art. 2516 c.c.), la
disciplina dello scioglimento e della liquidazione della società di capitali, trova
applicazione ─ con le precisazioni fornite dall’art. 2545-duodecies c.c., con l’ulteriore
causa dissolutiva, tipica delle società mutualistiche, di cui all’art. 2522 c.c. e salve le
regole specifiche di cui agli artt. 2545-septiesdecies c.c. e 2545-octiesdecies c.c. ─ anche
alle società cooperative, in forza del richiamo generale di cui all’art. 2519 c.c.. In tal
senso, cfr. G. NICCOLINI, in Società di capitali, Commentario, a cura di G.
NICCOLINI, A. STAGNO D’ALCONTRES, Jovane Editore, 2004, 1706.
2
Nel vecchio codice, dettate le regole dello scioglimento e della liquidazione della
s.p.a., a queste facevano richiamo gli artt. 2464 c.c. e 2497 c.c. rispettivamente per la
s.a.p.a. e s.r.l..
6
complessivo dello scioglimento e della liquidazione destinato, come si
accennava prima, a trovare applicazione a tutte le società di capitali,
cui andranno tuttavia affiancate le norme proprie di ciascun tipo
societario, come ad esempio avviene per l’art. 2458 c.c. che prevede la
causa di scioglimento costituita dalla mancata tempestiva sostituzione
di tutti gli amministratori della s.a.p.a..
Un’altra novità di rilevante spessore introdotta dalla riforma, riguarda
l’aver attribuito alla normativa in tema di scioglimento e liquidazione
delle società di capitali, una configurazione autonoma e
“autosufficiente”. Si ricordi infatti come nel vecchio codice il
legislatore colmava le lacune legislative del procedimento liquidatorio
relativo alle s.p.a. (e quindi alle s.a.p.a. e s.r.l.), con un esplicito
richiamo alla disciplina delle società organizzate su base personale
3
.
Nonostante, però, gli intenti della nuova disciplina siano tutti orientati
verso una globale e perfetta autonomia della normativa dello
scioglimento e liquidazione delle società di capitali, ci si chiede se e in
quale misura questo è possibile, ritenendosi più congrua
un’interpretazione analogica in caso di lacune nelle rispettive
discipline
4
. Secondo autorevole dottrina, il fatto che il legislatore
abbia dettato una disciplina originaria e compiuta sullo scioglimento e
liquidazione delle società di capitali, “ non pare di per sé idoneo a
precludere del tutto il ricorso all’analogia ogniqualvolta il risultato
3
Il riferimento è al vecchio art. 2452 c.c., 1° e 2° co. (e precisamente agli artt.
2276, 2277, 2279, 2280 e 2310 del vecchio codice).
4
Come rilevato da G. NICCOLINI, La disciplina dello scioglimento, della
liquidazione e dell’estinzione delle società di capitali, in S. Ambrosini (a cura di), La
riforma delle società. Profili della nuova disciplina, Torino, 2003, 164.
A tal proposito, si vedano, ad esempio, le notazioni di G. COTTINO – R.
WEIGMANN, Le società di persone, in G. COTTINO – M. SARALE – R.
WEIGMANN, Società di persone e consorzi, nel Trattato Cottino III, 2004, 303 – 305.
7
interpretativo raggiunto consenta di tutelare e valorizzare l’attività
societaria durante la fase di liquidazione; si deve ritenere, infatti,
plausibile il consolidamento di un orientamento volto a favorire, ove
possibile, l’estensione dei principi introdotti dalla riforma delle
società a struttura corporativa nell’interpretazione delle norme
dettate per le società di persone”
5
. Il riferimento è alla questione
dell’estinzione della società di persone cancellata dal registro delle
imprese e della successiva scoperta di sopravvenienze passive. Con il
nuovo art. 2495 c.c., co. 2, si dovrebbe assistere, anche per le società
di persone, al definitivo superamento dell’orientamento
giurisprudenziale che considerava esistenti le società cancellate finché
sussistessero debiti sociali, cioè fino a quando tutti i creditori non
fossero completamente soddisfatti
6
.
Il legislatore, nella stesura dell’intero Capo VIII del Codice Civile, si
obbligava al rispetto delle linee guida indicate nell’art. 8 della Legge
Delega 3 ottobre 2001 n° 366. In particolare, la legge invitava il
legislatore a:
a) accelerare e semplificare le procedure, con particolare riguardo
a quelle relative all'accertamento delle cause di scioglimento e
al procedimento di nomina giudiziale dei liquidatori;
disciplinare gli effetti della cancellazione della società dal
registro delle imprese, il regime della responsabilità per debiti
non soddisfatti, e delle sopravvenienze attive e passive;
b) disciplinare le condizioni, i limiti e le modalità per la
conservazione dell'eventuale valore dell'impresa, anche
5
M. VAIRA, Il nuovo diritto societario. Commentario diretto da G. COTTINO,
G. BONFANTE, O. CAGNASSO, P. MONTALENTI, Zanichelli Editore, 2004, 2020.
6
Sulla questione cfr. G.F. CAMPOBASSO, Diritto Commerciale. 2. Diritto delle
Società, Torino, 2002, 134 ss.
8
prevedendo, nella salvaguardia degli interessi dei soci,
possibilità e procedure per la revoca dello stato di liquidazione;
disciplinare i poteri e i doveri degli amministratori e dei
liquidatori con particolare riguardo al compimento di nuove
operazioni;
c) disciplinare la redazione dei bilanci nella fase di liquidazione
sulla base di criteri adeguati alle loro specifiche finalità.
Nonostante sia positivo il giudizio fornito dalla dottrina che si è
espressa agli esordi della Riforma, sia riguardo al contenuto che alla
filosofia di fondo della nuova disciplina dello scioglimento e della
liquidazione nelle società di capitali, una precisazione è doverosa. Da
più parti, infatti, sono pervenute critiche connesse sia alla mancata
soluzione di alcune questioni prospettate nella Legge Delega che alla
modifica della disciplina precedente senza esserne stato espressamente
richiesto e senza fornire motivazione alcuna nella Relazione di
accompagnamento alla Riforma. Ne sono un esempio lampante,
rispettivamente la problematica delle sopravvenienze attive, cui la
Legge Delega fa esplicito riferimento, per risolvere la quale nessuna
disposizione è stata formulata, e l’eliminazione della dichiarazione di
fallimento come causa di scioglimento.
Dopo questa breve introduzione, seguirà un’analisi più dettagliata
della nuova disciplina dello scioglimento, liquidazione ed estinzione
delle società di capitali, basata sugli aspetti innovativi introdotti dal
legislatore delegato, nonché sul confronto con la relativa normativa
ante novella.
9
2. Cause di scioglimento.
Con il termine scioglimento delle società s’intende descrivere quel
particolare momento, da alcuni definito preliquidatorio, che
rappresenta la fase introduttiva alla vicenda estintiva della società
disciplinata negli artt. 2484-2496 c.c..
Lo scioglimento si produce in seguito al verificarsi di una delle
seguenti cause previste nell’art. 2484 c.c., co. 1:
1)decorso del termine: in ordine a questa prima ipotesi, si ritiene
opportuno sottolineare la sua presenza anche nel vecchio codice del
1942, con una precisazione: il legislatore, infatti, nel nuovo art. 2328
c.c., co. 1, dettato per le s.p.a. ed applicabile alla s.a.p.a. in forza
dell’art. 2454 c.c., e nel nuovo 2473 c.c. riferito alla s.r.l., prevede
espressamente la possibilità di costituire dette società a tempo
indeterminato, rendendo così questa causa solo eventuale. In pratica
essa interviene solo nei casi di costituzione a tempo determinato,
sempre che, decorso il termine pattuito contrattualmente, non si
provveda ad una sua proroga, anche a tempo indeterminato, ad opera
dell’assemblea straordinaria.
2)conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di
conseguirlo, salvo che l'assemblea, all'uopo convocata senza indugio,
non deliberi le opportune modifiche statutarie: come per l’ipotesi di
cui al n°1, co. 1 del 2484 c.c., anche questa causa di scioglimento, è
contemplata nel vecchio codice. Il legislatore, però, non si è limitato
ad una meccanica e semplicistica trasposizione del suo contenuto, ma
ha rivoluzionato l’intero suo assetto. In effetti, le due ipotesi
dissolutive in esame non sono più ineluttabili, potendo essere
10
impedite
7
dall’adozione da parte dell’assemblea (all’uopo convocata
senza indugio dagli amministratori), di opportune modifiche statutarie.
Si può osservare come la riforma introduca in questo modo una
novità, recependo quanto già codificato dalla dottrina e dalla
giurisprudenza
8
, la quale favorisce il mantenimento in vita della
società nei cui confronti si è verificata una causa di scioglimento e che
conferma che l’impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale, è
rilevante solo se definitiva e irreversibile.
Gli amministratori, come accennato prima, sono obbligati a convocare
l’assemblea per le opportune modifiche statutarie. Quando si parla di
“opportune modifiche statutarie”, si evince l’ampia libertà
riconosciuta all’assemblea. Solitamente quest’ultima interviene o per
modificare l’oggetto sociale o per una sua riduzione quando
l’impossibilità riguarda solo una parte di esso. In altri casi, come per
le società a forma vincolata (ad esempio la società di intermediazione
finanziaria), la modifica statutaria senza ulteriori specificazioni,
consentirà operazioni di trasformazione, di fusione aventi i requisiti di
legge, o aumenti di capitale nella misura minima richiesta.
Per quel che concerne l’obbligo di convocazione dell’assemblea, la
competenza è dell’organo amministrativo. Il legislatore, al fine di dare
una collocazione temporale all’obbligo degli amministratori, impiega
l’espressione “senza indugio”, che non ha la connotazione di un
7
V. al riguardo la perplessità di G. PORTALE, Osservazioni sullo schema di
decreto delegato (approvato dal Governo in data 29-30 settembre 2002) in tema di
riforma delle società di capitali, in Riv. dir. priv., 2002, 716, il quale s’interroga se la
deliberazione assembleare che apporta le opportune modifiche statutarie, operi come
condizione sospensiva o risolutiva dello scioglimento.
8
Al riguardo, Trib. Genova, 12/02/1986, in Soc., 1986, 638; Trib. Ascoli Piceno,
26/05/1983, ivi, 1984, 60, che riconoscono all’assemblea il potere di modificare l’atto
costitutivo per introdurvi quelle novità idonee ad evitare il perfezionarsi dello
scioglimento
11
termine finale di adempimento. Ne consegue che nel caso in cui
l’assemblea non fosse convocata, troverebbe applicazione l’art 2631
c.c., che prevede a carico degli amministratori una sanzione
amministrativa pecuniaria proprio in caso di omessa convocazione. La
norma prevede, inoltre, che “ove la legge o lo statuto non prevedano
espressamente un termine entro il quale effettuare la convocazione,
questa si considera omessa allorché siano trascorsi trenta giorni dal
momento in cui amministratori e sindaci sono venuti a conoscenza del
presupposto che obbliga alla convocazione dell’assemblea dei soci”
9
.
3)impossibilità di funzionamento o continuata inattività
dell’assemblea: tali due ipotesi ricorrono rispettivamente al verificarsi
di contrasti tra i soci tali da impedire la formazione di una
maggioranza e nei casi di inerzia dell’assemblea dovuti a mancate
convocazioni o assenteismo dei soci.
Confrontando il n°3, co. 1, art. 2448 del vecchio codice, e l’attuale n°
3, co. 1, art. 2484 c.c., si nota una perfetta coincidenza. Nonostante
ciò, però, è comune l’idea che, in ragione di alcune scelte normative
della riforma, si debba dibattere su questioni nuove.
9
Sul punto N. ABRIANI, Riflessi civilistici del nuovo diritto penale commerciale,
19 del dattiloscritto della relazione tenuta al Convegno su La riforma del diritto
societario e il nuovo diritto penale commerciale, Pinerolo, 30 novembre 2002 ed ora in S.
AMBROSINI, La riforma delle società, cit., 236, il quale rileva come l’introduzione
nell’art. 2631 c.c. di un termine di trenta giorni destinato ad operare in assenza di espresse
scadenze legislative, viene “a dare una dimensione più concreta e stringente alle
espressioni generiche e comunque meno definite dettate al riguardo dal codice civile. Il
riferimento è, innanzitutto, alla formula “senza indugio” a cui ricorrono gli artt. 2446 e
2447 in tema di riduzione del capitale per perdite o ora le corrispondenti disposizioni
dettate per la s.r.l. dagli artt. 2482 bis e 2482 ter nonché l’art. 2484 per l’ipotesi in cui
gli amministratori riscontrino il conseguimento dell’oggetto sociale o la sopravvenuta
impossibilità di conseguirlo”. Nel caso in esame, tuttavia, non appare facile stabilire con
oggettiva certezza il presupposto al verificarsi del quale iniziano a decorrere i trenta
giorni.