3
In un sistema così frammentato si è sempre sentita l’esigenza di un efficace
coordinamento tra le diverse autorità. A tal fine il legislatore è intervenuto nel
corso degli anni con varie normative volte a stabilire un dovere di coordinamento
tra gli attori coinvolti negli accertamenti e a garantire maggiore efficacia negli
interventi, infatti, i “doveri di coordinamento” stabiliti dall’articolo 3, comma 5,
della legge n° 628/1961
3
, per quanto concerne il collegamento tra
amministrazione territoriale e gli obbiettivi individuati dal Ministero, non
sembrano aver avuto sufficiente risalto
4
.
Con la riforma attuata dal decreto n°124/2004 si adotta un approccio sistemico di
carattere generale e una strategia complessiva volta sfruttare le sinergie esistenti
fra i vari organismi deputati alla vigilanza, in una prospettiva non di mera
unificazione delle competenze, ma in una visione globale delle materia orientata
al contrasto delle irregolarità e del lavoro sommerso
5
. Pertanto è divenuto un
obiettivo fondamentale il collegamento tra soggetto politico e attività ispettiva.
Tale prospettiva integrata segna una svolta rispetto al passato, in quanto non
esiste più solo un problema di coordinamento a livello orizzontale della vigilanza
e quindi tra le diverse strutture territoriali (volto ad evitare la duplicazione degli
interventi), ma si prevede un sistema di collegamento in termini “ verticali” tra gli
attori coinvolti nella vigilanza e le indicazioni fornite dal vertice
dell’amministrazione.
4 La disciplina del coordinamento, dettata dall’art. 5 della L.628/1961, stabilisce che: ”Ferme
restando le disposizioni di cui agli articoli 8, 9, 10, 11, dei D.P.R. 19 marzo 1955 n.520,
all’Ispettorato del lavoro è affidato il compito di regolare e disciplinare le attività di assistenza e
vigilanza esercitata dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, dall’Istituto nazionale
dell’assicurazione contro le malattie, tenendo conto , sia delle esigenze dei servizi previdenziali,
sia si quelle delle aziende al fine di evitare pluralità di accertamenti, difformità di trattamento e
ingiustificati intralci al normale ritmo dell’attività produttiva. Gli istituti di cui al comma
precedente devono comunicare all’ispettorato del lavoro competente per territorio, di volta in
volta, quarantotto ore prima del loro inizio, gli accertamenti che intendono effettuare; gli
accertamenti stessi, potranno aver luogo ove nel termine suddetto l’ispettorato non abbia
espresso contrario avviso”; all’art. 3 , c.6, del D.L. 463/1983, conv. in L. 638/1983, si prevede
che: “ l’ispettorato provinciale del lavoro esercita i poteri di coordinamento ad esso attribuiti
anche mediante programmi annuali per la repressione delle evasioni contributive in materia di
previdenza e assistenza sociale obbligatoria, sentiti gli istituti interessati. L’ispettorato riferisce
annualmente al Ministero del lavoro e della previdenza sociale sull’attività di coordinamento
effettuata”
4
Cfr. Papa, Obiettivi e implicazioni della riforma dei servizi ispettivi, in Lav. Prev. oggi, 2005,
pp. 957-958
5
Pennesi, L’attività ispettiva, in Monticelli, Tiraboschi (a cura di), La riforma dei servizi
ispettivi in materia di lavoro e previdenza sociale, 2004, pp.153.
4
Infatti l’articolo di apertura afferma che “il Ministero del lavoro assume ai livelli
centrali e periferici, il compito di coordinare tutte le iniziative di contrasto al
lavoro sommerso e irregolare”, di vigilanza in materia di rapporti di lavoro e di
prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali, e svolge, infine, attività di
prevenzione e promozione. A proposito di questi aspetti, la Regione Emilia
Romagna e la Provincia autonoma di Trento, hanno mosso dei dubbi di
costituzionalità rispetto alla competenza della materia della vigilanza dettata
dall’articolo 8 della legge n°30/2003; fondamento di questa tesi è la
riconducibilità delle funzioni ispettive e di tutta la materia di lavoro e previdenza
sociale al concetto costituzionale di “tutela e sicurezza del lavoro”
6
, materia che
nella prospettiva del riparto delle potestà legislative è stata riconosciuta (dal
nuovo art.117, comma 3, Cost, come modificato dalla legge cost. 18 ottobre
2001, n°3) di competenza concorrente tra Stato e Regioni. La Corte
costituzionale, con la sentenza n° 384/2005, ha dichiarato la materia competenza
esclusiva dello stato
7
.
A garantire il necessario coordinamento, all’art. 2 è stata istituita presso il
Ministero del lavoro una nuova Direzione generale, che si occupa di
sovrintendere le attività ispettive svolte da tutti i soggetti coinvolti nella vigilanza
in materia di lavoro, nei confronti delle Direzioni Regionali e provinciali, nonché
verso i servizi ispettivi degli altri Istituti (Inps, Inail e gli altri enti previdenziali).
Sempre a livello centrale, l’articolo 2 prevede l’istituzione di un altro organismo,
la Commissione centrale di coordinamento delle attività di vigilanza, presieduta
dal Ministro del Lavoro e composta dal direttore generale della Direzione
Generale, dai direttori generali di Inps e Inail, dal Comandante generale delle
Guardia di Finanza, dal Direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, dal
coordinatore nazionale delle Asl e dal presidente della Commissione Nazionale
per l’emersione.
6
Sui profili di incostituzionalità dell’art. 8 della legge delega che attribuisce la titolarità della
materia allo stato si veda: Vergari, La funzione ispettiva in materia di lavoro:conciliazione e
repressione, in De Luca Tamajo, M. Rusciano, L. Zoppoli, Mercato del lavoro. Riforma e
vincoli di sistema, 2004, Napoli, p. 439 , si parla di “ grave incostituzionalità che aleggia sull’art.
8, nella misura in cui rivendica la titolarità esclusiva dello stato su una materia ormai entrata,
nell’area di competenza delle regioni”
7
La Corte Cost. ribadisce che :” la regolamentazione delle sanzioni spetta al soggetto nella cui
sfera di competenza rientra la disciplina della materia, la cui inosservanza costituisce l’atto
sanzionabile”, pertanto non può non ritenersi legittima, in quanto conforme al dettato
costituzionale, la scelta del legislatore delegante di attribuire al soggetto cui spetta la normazione
della materia anche la disciplina dell’impianto sanzionatorio nonché del sistema di vigilanza e
delle ispezioni.
5
Questa nuova commissione si riunisce nell’ipotesi in cui “ si renda opportuno
coordinare a livello nazionale tutti gli organi impegnati sul territorio …”, con il
compito di individuare gli obiettivi strategici e le priorità degli interventi ispettivi.
Analoga previsione è dettata a livello periferico attraverso la costituzione della
Commissione regionale di coordinamento delle attività di vigilanza, che opera
insieme con la Direzione regionale, la Direzione provinciale e i Comitati per il
lavoro e l’emersione del sommerso (CLES).
8
Il Decreto n°124/2004 individua poi una serie di strumenti volti a dare efficacia
all’azione di vigilanza: una banca dati telematica, istituita presso il Ministero del
lavoro e facente parte di una sezione riservata della borsa continua nazionale del
lavoro
9
, attraverso cui sarà possibile, da parte degli organi di vigilanza, consultare
le informazioni sui soggetti ispezionati; la possibilità di istituire gruppi di
intervento straordinario, qualora si rendessero necessari specifici interventi;
l’adozione di un modello unificato di verbale di accertamento, al fine di
semplificare le procedure di rilevazione degli illeciti
10
.
Va inoltre sottolineato che, durante lo svolgimento dell’attività ispettiva, il
personale esercita le proprie funzioni con la qualifica di Polizia Giudiziaria
11
e
che gli ispettori hanno il compito di controllare la corretta applicazione delle
norme sia in materia di lavoro, sia in materia contributiva ed assicurativa
12
.
In linea con l’evoluzione dei servizi ispettivi in una logica di promozione e
prevenzione, vengono affidati nuovi compiti al personale ispettivo: l’articolo 8
del D.Lgs. 124/2004 prevede, infatti, che “…le Direzioni regionali e provinciali
organizzano… attività di prevenzione e promozione, su questioni di ordine
generale, presso i datori di lavoro, finalizzata al rispetto della normativa in
8
La legge 18 ottobre 2001, n°383, istituisce i Cles presso ogni Direzione provinciale del lavoro;
si tratta di comitati che, in accordo con gli obiettivi del governo di fronteggiare il lavoro
sommerso, hanno lo scopo di verificare le richieste di emersione presentate dalle aziende
irregolari. Il decreto legislativo di attuazione della delega per la razionalizzazione delle funzioni
ispettive attribuisce ai Cles alcuni compiti in tema di coordinamento regionale e provinciale
dell’attività di vigilanza e di prevenzione e promozione presso i datori di lavoro.
9
Si veda l’art. 5 D.Lgs. n° 276/2003.
10
I soggetti pubblici che svolgono l’attività di vigilanza hanno l’onere di comunicare agli organi
della Guardia di Finanza i fatti idonei a configurarsi come violazioni tributarie.
11
Già l’art. 8 D.P.R. n°520/1955 prevedeva che gli ispettori “...nei limiti del servizio cui sono
destinati, e secondo le attribuzioni ad essi conferite dalle singole leggi e regolamenti, sono
ufficiali di Polizia giudiziaria “
12
Sull’attribuzione dei compiti di controllo sopraccitati la circolare n°24 del 24 giugno 2004
chiarisce che non ci sono variazioni rispetto alle attribuzioni passate.
6
materia lavoristica e previdenziale… nonché alle novità legislative e
interpretative”
13
.
Un’altra importante previsione è quella contenuta al comma 3 dell’articolo 8, che
prevede la possibilità da parte dei datori, enti ed associazioni di svolgere attività
di informazione e aggiornamento mediante la stipula di specifiche convenzioni.
L’art. 9 prevede, invece, l’introduzione di un istituto già previsto, sebbene in
forma diversa, in ambito fiscale
14
: il diritto di interpello. Esso, infatti, prevede la
possibilità da parte delle Associazioni di categoria, degli Ordini professionali e
degli Enti Pubblici di porre “ quesiti di ordine generale” al Ministero del Lavoro,
in merito alle leggi in materia di lavoro. Le circolari ministeriali chiariscono
ulteriormente l’impossibilità, da parte dei privati e dei singoli professionisti, di
proporre interpello, in quanto essi non risulterebbero rappresentativi degli
interessi della collettività. L’interpello rivolto al Ministero del lavoro, sebbene
mostri alcune analogie con lo strumento previsto in materia fiscale dall’articolo
11, L. n° 212/2000, è in realtà fondamentalmente diverso sia per l’ambito di
applicazione, che per la legittimazione soggettiva e la tipologia dei quesiti che
possono essere proposti. L’istituto previsto in materia fiscale può riguardare
quesiti che rappresentano specifici interessi dei singoli contribuenti, mentre
l’interpello “lavoristico” può riguardare soltanto quesiti di carattere “generale”,
escludendo quindi la possibilità che la risposta ai quesiti possa assumere un
carattere di consulenza specifico e puntuale. Un altro limite del diritto di
interpello in ambito lavoristico è rintracciabile sul piano della legittimazione;
solamente le associazioni di categoria e gli ordini professionali possono proporre
i quesiti, sia pure “anche su segnalazione dei propri iscritti”, e gli enti pubblici.
Per quanto concerne i termine per la risposta, per l’interpello fiscale è stabilito da
parte dell’amministrazione finanziaria, un dovere di riposta, scritta e motivata,
entro 120 giorni e, nel caso in cui essa non pervenga, il silenzio vale come
assenso.
13
Già l’art. 4 della Legge 628/1961 prevedeva questo genere di attività di consulenza, da
realizzarsi attraverso una sezione appositamente istituita presso l’Ispettorato provinciale del
lavoro.
14
In tale ambito il diritto di interpello è stato introdotto con l’art. 21 della L. 30 dicembre 1991,
n°413, ma ha cominciato ad essere effettivamente operante solo dopo l’approvazione del d.m.
n°194/1997, che disciplina le modalità di inoltro delle richieste di interpello. Dopo altre
integrazioni giuridiche alla disciplina di questo istituto, infine, è lo Statuto del contribuente,
all’art. 11, che ne estende l’utilizzo a tutta la normativa tributaria dando un forte impulso
all’utilizzo.