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Capitolo Primo
INVALIDITA’ CONTRATTUALE
SOMMARIO: 1. Una necessaria premessa sull‟invalidità: analisi della nullità
tradizionale - 1.1 Invalidità e Inefficacia - 1.2 Bipartizione dell’invalidità: nullità e
annullabilità - 2. L‟inesistenza e i suoi rapporti con la nullità: autonomia o sovrapposizione? -
3. Struttura e caratteristiche della nullità tradizionale - 3.1 Legittimazione ad agire - 3.2
Imprescrittibilità - 3.3 Inammissibilità della convalida - 3.4 Conversione - 3.5 Nullità
parziale - 3.5.1 Nullità parziale oggettiva - 3.5.2 Nullità parziale soggettiva - 4. Nullità
virtuali e principio di buona fede: verso un nuovo concetto di nullità? - 4.1 Regole di validità e
regole di condotta - 4.2 Contratto illegale e contratto illecito.
1. UNA NECESSARIA PREMESSA SULL’INVALIDITÀ: ANALISI
DELLA NULLITÀ TRADIZIONALE
A seguito dell‟entrata in vigore del codice civile del 1942 e sino a
tempi relativamente recenti, quando ci si riferiva alla categoria della c.d.
invalidità negoziale, era diffusa la convinzione che ci si trovasse di fronte ad
una figura dai contorni piuttosto chiari e definiti, che avesse raggiunto una
"compiuta definizione”
1
e che la felice bipartizione nullità-annullabilità
rappresentasse la nitida soluzione agli accesi dibattiti dottrinali che pure
avevano caratterizzato il nostro "800”.
La circostanza per cui il nostro legislatore aveva "usufruito" delle
codificazioni continentali, aveva posto solidi pilastri per una compiuta
sistemazione della materia, che dava così estrinsecazione alla luminosa
1
L'espressione è utilizzata da M.
GIROLAMI, Le nullità di protezione nel sistema delle invalidità negoziali; CEDAM, Padova,
2008, p.1.
5
intuizione della scienza Pandettistica, che aveva, per prima, colto
l'indissolubile legame fra la categoria dell'invalidità e quella del negozio
giuridico.
La tendenza ad introdurre nel nostro ordinamento previsioni di
invalidità, le quali sembrano negare la rigorosa distinzione tra invalidità ipso
iure ed invalidabilità, non può non indurre l'interprete a riconsiderare le
certezze che si credeva fossero state raggiunte sul punto, e a meditare se per
caso non sia stato un errore quello di sottovalutare la costante evoluzione del
sistema delle patologie negoziali, evoluzione naturaliter inevitabile, dati i
mutamenti che, per sua natura, il traffico giuridico subisce con il passare del
tempo
Quale punto di partenza, ai fini della presente analisi, si può iniziare
col dire che il sistema delle patologie negoziali genetiche, ad oggi, non può più
considerarsi esclusivamente sistematizzato intorno all'art. 1418 e ss. c.c., ma va
considerato in una luce di più ampio raggio, in una prospettiva che lo inquadri
nell'ambito di una consistente legislazione speciale in materia, che introduce
(potremo dire, testualmente) delle deviazioni rispetto ai classici canoni
codicistici e che, quantomeno per un certo lasso di tempo, ha modificato
strutturalmente il codice stesso, compromettendone l'apparente organicità.
Accingersi ad una disamina delle nuove forme di patologia negoziale,
delle loro precipue peculiarità, delle loro divergenze rispetto ad un sistema che,
per dirla con le parole di Natalino Irti, sta oramai subendo un processo di
decodificazione, sembra, ad un primo stadio, prematuro. Si è infatti di fronte ad
un fenomeno (in evoluzione e crescita, ancorché già piuttosto definito) in cui
uno dei caratteri strutturali della nullità (quello, come si vedrà, della
legittimazione) subisce pesanti deroghe: in generale, quella della coesistenza
della legittimazione ristretta (potendo cioè essa essere fatta valere solo dal
soggetto nel cui interesse è prevista) e della rilevabilità d‟ufficio, subordinata
alla verifica dell‟utilità pratica che ne potrebbe derivare al soggetto protetto.
In una prospettiva di analisi che miri ad indagare in profondità la
fisiologia delle nuove invalidità, definite dalla dottrina come protettive, non è
6
possibile prescindere da una, seppur sintetica, disamina dell'architettura delle
patologie del negozio giuridico così come il legislatore del 1942 aveva voluto
concepirla: si potrebbe parlare, di una "rivisitazione” della disciplina originaria
della materia, della quale peraltro, molti risultano, alla luce delle innovazioni
che si sono compiute, i punti oggi oggetto di ripensamento e rivalutazione.
In un ottica di tal genere, non sembra possibile prescindere, muovendo
dal generale al particolare, dal significato che si è tradizionalmente voluto
attribuire alla espressione "invalidità".
Con tale espressione si fa ordinariamente riferimento alla presenza di
vizi che rendono il negozio giuridico inidoneo a produrre quegli effetti per cui
lo stesso è stato posto in essere
2
. Si tratta, di una “categoria descrittiva di una
morfologia di situazioni giuridiche assai eterogenee”, semplicemente
riassuntiva di una stratificazione di significati e di gradualità di effetti.
La nozione di invalidità non può peraltro essere compresa appieno, se
ad essa non si accede considerandola come intimamente connessa al concetto
di autonomia privata. Il negozio giuridico, prima ancora di poter subire una
potenziale declaratoria di invalidità, richiede, quale presupposto necessario ed
indefettibile, innanzitutto il libero esercizio dell‟autonomia privata: una
2
MAZZONI, Invalidità, in EG Treccani, XVII, Treccani, Roma, 1989 pag. 2 e ss, ripreso a sua
volta da L. FERRONI, Le nullità negoziali, in Il diritto privato oggi, Giuffrè, Milano, 1998.
Secondo l‟A, “invalidità significa mancata attribuzione dei requisiti di validità”, in relazione ai
quali “il giudizio sull‟inesistenza o insufficienza di un elemento o di un requisito necessario
alla produzione di effetti giuridici determina la invalidità dell‟atto”. Da un punto di vista
unicamente definitorio, la letteratura risulta peraltro vastissima ed in costante progresso. Senza
pretesa alcuna di completezza, si veda preliminarmente al riguardo A. TORRENTE, F.
SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Giuffrè, Milano, 2010, p. 248, per il quali “il
negozio giuridico è invalido quando per l‟inosservanza dei limiti che l‟ordinamento stabilisce
per l‟attuazione dell‟autonomia privata, il negozio è viziato, difettoso, malato”: F. GAZZONI,
Manuale di diritto privato, Edizioni Scientifiche Italiane, 2010, p.985, per il quale “può dirsi
che l'invalidità è collegata alla invalidità in senso lato del negozio giuridico, se si considera che
la sanzione che compisce il negozio invalido è o la mancata produzione di effetti o la
possibilità di una loro rimozione. Ancora v. A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Cedam,
Padova, 2005, p. 152, il quale, mantenendosi in un‟ottica di maggiore generalità preferisce
parlare di “patologia del negozio giuridico” per definire tutti i casi in cui “la deviazione dalle
regole di vita del negozio porta un difetto che può essere mortale” Più puntualmente F.
GALGANO, Il contratto, Cedam, Padova, 2007, p. 274 e ss., per il quale “il contratto o l‟atto
unilaterale è invalido quando è in contrasto con una norma imperativa. Ma l‟invalidità, si deve
subito avvertire, può essere di due specie: il contratto che contrasta con norme imperative può
essere nullo, o semplicemente annullabile; e si deve altresì avvertire che la legge può
prefigurare, per la violazione di norme imperative, conseguenze diverse dall‟invalidità”.
7
“autonomia del volere”
3
, che però non è sconfinata, ma che comporta di agire,
di affermare le proprie convinzioni, la propria volontà, entro i limiti stabiliti
dalla legge, “affermazione del principio fondamentale nella nostra civiltà
secondo cui ciascuno può decidere del proprio interesse ma non assolutamente,
bensì nei confini del diritto positivo, nell‟orbita delle finalità che questo
sanziona e secondo la logica che lo governa”
4
.
Se l‟ordinamento giuridico riconosce ai privati il potere di porre in
essere atti di autonomia negoziale, quindi, in tanto attribuisce ad essi valore ed
effetti giuridici in quanto essi rientrino nei limiti che l‟ordinamento stesso
stabilisce per l‟attuazione di tale autonomia, con l‟intrinseca conseguenza per
la quale, al superamento, alla violazione o alla semplice inosservanza di detti
limiti, seguirà quale sanzione l‟invalidità dell‟atto posto in essere.
Da un punto di vista, per così dire, di premesse ordinatorie, va sempre
su un piano preliminare osservato che la categoria dell‟invalidità, definita quale
inidoneità dell‟atto a produrre gli effetti per cui lo stesso è stato posto in essere,
è di così ampia portata e presenta confini tanto incerti, da non risultare, almeno
terminologicamente, del tutto conferente per una elaborazione unitaria del
fenomeno.
Al di là di una mera elencazione delle cause che formano la figura
generale dell‟invalidità, elaborata peraltro in modi non omogenei dalle varie
correnti dottrinarie, e provando a superare quelle costruzioni teoriche che ne
3
Relazione ministeriale al Codice Civile n. 603.
4
Ancora, Relazione ministeriale al Codice Civile n. 603. Illuminanti al riguardo sono le pagine
di F. FERRARA, Teoria del negozio illecito nel diritto civile italiano, Libraria, Padova, 1902,
p.1 e ss., secondo il quale la libertà contrattuale (quindi, l‟autonomia privata) “non significa
arbitrio dei privati di creare o distruggere delle relazioni giuridiche, giacché un rapporto di
diritto intanto esiste e può esistere in quanto vi è un ordine giuridico che ne sanzioni la
efficacia […]. La validità dei negozi dipende esclusivamente dal riconoscimento del diritto
positivo, il quale ha in questo senso una forza creativa dell‟effetto giuridico. Non già che la
legge arbitrariamente od astrattamente determini le condizioni di questo riconoscimento, ché
essa l‟attinge anzi all‟esperienza e all‟osservazione dei rapporti quotidianamente formantisi in
commercio, e s‟ispira ai bisogni duraturi della vita giuridica, ma questo riconoscimento è però
la condizione esclusiva per aversi una conseguenza giuridicamente importante. La volontà
delle parti quindi passa in seconda linea. I contraenti non possono che desiderare un effetto
giuridico, ma non hanno potere di produrlo direttamente. La legge soddisfa questo desiderio
offrendo le condizioni per il suo raggiungimento […]. I privati accedono, se vogliono, a questa
offerta muta e permanente della legge, e conformano i loro atti in ossequio di essa”.
8
rinvengono il fondamento nella mancanza o nel difetto di un requisito
intrinseco alla fattispecie (conducendo a soluzioni e catalogazioni talvolta non
univoche), sembra in questa sede opportuno porre la nostra attenzione,
quantomeno ab initio, al dato codicistico, che non menziona in alcuna sua
disposizione tale categoria, ma che, al contrario, tratta di singole fattispecie
invalidanti. A dire, pertanto, che l‟ordinamento positivo disciplina le categorie
della nullità, dell‟annullabilità, della rescissione e della risoluzione, e non
quella della invalidità in generale
5
.
Restringendo ulteriormente il campo d‟analisi, è possibile osservare che
delle quattro categorie ora richiamate, solo le prime due appaiono riconducibili
ad un profilo “strutturale” di invalidità del negozio, mentre le seconde più
propriamente attengono ad un successivo piano di effetti del contratto
6
.
Si può ulteriormente precisare che talora un negozio giuridico è idoneo
comunque a produrre gli effetti giuridici suoi propri, nonostante il suo autore
non abbia seguito rigorosamente tutte le norme stabilite per la sua formazione:
quando cioè questi l‟abbia formato “in contraddizione con qualche comando
legislativo
7
”, dando così luogo ad un contratto certamente valido ma
irregolare. La figura della irregolarità del negozio giuridico (come tale,
strettamente correlata all‟invalidità), occorre quindi tutte le volte in cui la legge
fa conseguire alla violazione, da parte dell‟atto di autonomia privata, delle
regole positive per la sua formazione previste dall‟ordinamento, conseguenze
diverse dall‟invalidità, e ciò maggiormente quando gli interessi che vengono in
rilievo necessitano di una forma ridotta di tutela, e possono contemperare il
principio di conservazione degli atti giuridici. Come è stato autorevolmente
sottolineato, “ordinariamente la legge proibitiva è mossa da un interesse
5
L. FERRONI, Le nullità negoziali, in Il diritto privato oggi, Giuffrè, Milano, 1998, p.6
6
Come correttamente è stato rilevato, sembrerebbe errato instaurare una perfetta coincidenza e
corrispondenza fra i concetti di irrilevanza, invalidità ed inefficacia. Se così fosse, non si
spiegherebbe infatti perché un contratto invalido (rectius, nullo o suscettibile di declaratoria
costitutiva di annullamento) possa comunque porsi quale elemento “rilevante” di una
fattispecie più ampia e complessa, idonea comunque a produrre effetti giuridici. Per una più
ampia disamina di tale relazione, si veda, tra i vari, A. FALZEA, Efficacia giuridica, in ED,
XIV, Giuffrè, Milano, 1965, p. 457, e R. TOMMASINI, Invalidità, in ED XXXII, Giuffrè, Milano,
1972, p. 580.
7
A. TRABUCCHI, op. cit.
9
generale, di ordine pubblico, ed assume una forma rigida, autoritaria,
inflessibile ed impone la pena più grave di cui possa disporre. Altre volte la
violazione è più lieve, gli interessi in gioco sono particolari, non volendo così
la legge sostituirsi all‟arbitrio privato, non volendo coattivamente far seguire
l‟inefficacia del negozio, che anzi si cerca di evitare quand‟è possibile”
8
,
comminando per il trasgressore una sanzione diversa dalla nullità o
dall‟annullamento
9
.
L‟irregolarità poi, non può influire affatto sulla efficacia sostanziale del
negozio
10
o, al contrario determinare una minore efficacia dell‟atto
11
.
In conclusione, il fenomeno dell‟invalidità negoziale nella sua intensa
complessità, permette però di comprendere come presupposto fondante del
nostro sistema positivo sia la costante verifica della meritevolezza degli
interessi che le parti perseguono nel loro agire privato, che se tradotto in un
giudizio di disvalore, porta come conseguenza l‟incombere di una delle
eterogenee figure comprese nell‟alveo dell‟invalidità.
Prima di proseguire oltre nell‟analisi, e verificare la conformazione
delle principali estrinsecazioni dell‟invalidità (quelle cioè che attengono al
piano strutturale dell‟atto), sembra opportuno portare la nostra attenzione su un
profilo che a tutto ciò è preliminare: a dire, quello relativo al rapporto che un
atto invalido ha, con gli effetti che quell‟atto è potenzialmente in grado di
produrre.
8
G. DE NOVA, Il contratto contrario a norme imperative, in Riv. crit., dir., priv., p. 435.
9
Traslando le considerazioni di tipo astratto su un livello più immediatamente concreto, si
consideri la violazione di una norma imperativa di natura fiscale come ad esempio, la frode
fiscale, diretta ad eludere le norme tributarie sui trasferimenti dei beni: secondo costante
giurisprudenza (v. fra le tante, le ancora validissime Cass 24 ottobre 1981, n. 5571 e Cass. 19
febbraio 1971n. 435) la sanzione comminata è, unicamente, di carattere tributario, non dandosi
luogo ad alcun atto invalidante nei confronti del negozio.
10
Si pensi, ad esempio, in tema di matrimonio, al rito celebrato da ufficiale di stato civile
incompetente (art 113 c.c.) oppure al caso di mancata pubblicazione (art. 134 c.c.).
11
Si pensi al caso delle società le quali esistono anche se sono costituite senza il rispetto di
certe formalità o senza l‟osservanza di alcuni mezzi di pubblicità, ma non vengono comprese
nella disciplina giuridica propria dei singoli tipi regolati dalla legge, e sono pertanto società
irregolari.
10
1.1 Invalidità e inefficacia
Un dato contratto può essere valido o invalido, sulla scorta di un
giudizio di conformità al modello legale.
La giurisprudenza meno recente riteneva di concludere, quale passo
immediatamente successivo, che le forme più intense di invalidità
determinassero, di per ciò stesso, sempre l’idoneità dell’atto a produrre
qualunque effetto
12
. Solo in tempi più recenti, e sulla scia dell‟elaborazione
dogmatica successiva
13
, le Sezioni Unite della Cassazione hanno ritenuto di
modificare il loro precedente orientamento affermando che “se è esatto che un
vizio intrinseco alla struttura del negozio giuridico e producente perciò nullità,
si risolva anche in una improduttività dei suoi effetti, sicché sia consentito, in
tal caso, parlare, in senso ampio, di negozio inefficace, non è esatta la
proposizione contraria, cioè, che un negozio inefficace (intesa l‟inefficacia in
senso stretto come inettitudine del negozio alla sua concreta funzione non per
vizio intrinseco, ma per fatti estrinseci) sia nel contempo sempre nullo”
14
.
Dottrina e giurisprudenza hanno una posizione concorde nel ritenere
che invalidità ed inefficacia siano distinguibili sotto il profilo del non valere
del precetto o del mancare degli effetti: deve cioè considerarsi come negozio
invalido, ossia carente di valore precettivo, il negozio in cui manchi o sia
viziato uno degli elementi essenziali, o difetti uno dei presupposti necessari,
costitutivi del tipo di negozio cui esso appartiene; e inefficace il negozio in cui
12
A tal proposito v. Cass 7 maggio 1948, n. 675, per la quale “nell‟ambito del diritto positivo,
non è possibile distinguere tra nullità e inefficacia e contrapporre questa a quella come termini
concettualmente divergenti per trarne conseguenze diverse rispetto ad una convenzione
contraria a norme imperative […]. Una divergenza tra la definizione del diritto positivo e
quella concettuale, in realtà, non esiste, perché anche nel campo concettuale, nullità e
inefficacia sono termini equivalenti. E lo sono anche per la più progredita elaborazione
dogmatica, che è assurta alla formulazione di una teoria generale del diritto. Infatti, in questa si
riconosce che la nullità si chiama inefficacia, quando si tratti di un atto che difetta di alcuno dei
suoi requisiti giuridici, e rispetto al quale il raggiungimento dello scopo pratico dipende dalla
sua efficacia giuridica.
13
Tra i più autorevoli v. E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, in Trattato del diritto
civile italiano, diretto da F. VASSALLI, XV, 2 rist, Utet, Torino, 1952, p 457.
14
Cass. 29 luglio 1950, n.2156.
11
sussistano tutti gli elementi essenziali ed i presupposti di validità, quando osti
tuttavia alla sua efficacia una circostanza di fatto ad essa estrinseca
15
.
Così, un valido contratto comporta, di regola, un rapporto efficace. Ma
tale assunto può non esistere sempre, potendosi, nella realtà dei traffici,
configurare un contratto certamente valido ma inefficace. Si pensi, quale
esempio di scuola, al contratto sospensivamente condizionato.
Sull‟opposta sponda, ben si potrebbe essere in presenza di atti invalidi
ma (ancora) produttivi di effetti: come nel caso dell‟atto annullabile o
semplicemente rescindibile (ma non ancora annullato o rescisso).
Alla luce di tali considerazioni, non è mancato chi ha ritenuto di
distinguere l‟inefficacia in attuale e potenziale: occorrerebbe cioè quella del
primo tipo in presenza delle forme più intense di invalidità (come la nullità), lì
ove si configurerebbe una inefficacia della seconda specie in tutti quei casi in
cui l‟atto è produttivo di effetti sin quando non interviene un provvedimento
giudiziale che lo privi dei medesimi
16
.
15
Come ben è stato osservato (E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, in Trattato del
diritto civile italiano diretto da F. VASSALLI, XV, Utet, Torino, 1955 468 e ss., “invalidità e
inefficacia, così caratterizzate, rappresentano […] la soluzione che il diritto è chiamato a dare a
due problemi di trattamento essenzialmente differenti. L‟invalidità è il trattamento
corrispondente ad una carenza intrinseca del negozio nel suo contenuto precettivo;
l‟inefficacia, invece, si presenta come la risposta meglio adeguata a un impedimento di
carattere estrinseco che incida sul divisato regolamento di interessi nella sua pratica attuazione.
16
Conferenti sono al riguardo le osservazioni di F. GAZZONI, op. cit., il quale, dopo aver
distinto tra efficacia in senso lato (l‟insieme delle disparate ipotesi, presenti nel nostro
ordinamento, in cui gli effetti non si producono) ed efficacia in senso stretto (come tale,
indipendente dal fatto che il negozio giuridico sia valido o meno di fronte al diritto), analizza i
possibili tipi di collegamento fra atto giuridico e fatto ulteriore. Secondo l‟A, esistono due
diverse tipologie di collegamento, l‟una di natura strutturale e l‟altra di natura funzionale. In
relazione alla prima categoria l‟A osserva come nel collegamento di tipo strutturale tra
negozio giuridico e fatto ulteriore, “la fattispecie è rappresentativa di un interesse che non si è
manifestato in tutta la sua completezza, come nel caso paradigmatico di oggetto determinabile
o indicato genericamente o rimesso all‟arbitrio di un terzo […] o come il negozio
sospensivamente condizionato, attesa l‟intrinseca idoneità della fattispecie a produrre effetti
giuridici a prescindere dalla inserzione della clausola condizionante. In tal caso, si è in
presenza di una inefficacia originaria, coeva al nascere della fattispecie, avuto riguardo
all‟effetto che il negozio deve produrre per realizzare l‟interesse delle parti”. Nel caso di
collegamento funzionale invece, l‟inefficacia è successiva e “il fatto sopravvenuto sarà pur
sempre collegato alla fattispecie, ma in via funzionale e non strutturale. Il fatto non è dunque
meramente impeditivo, perché trae con sé conseguenze giuridiche proprie, che eliminano
quelle già prodotte dalla fattispecie”.
12
Ancora, sul piano delle distinzioni, si usa parlare di inefficacia pendente
o temporanea (si pensi, ad es. al negozio sottoposto a termine iniziale) e di
inefficacia permanente o definitiva (è il caso della simulazione assoluta, con
riferimento agli effetti inter partes), ma il distinguo più rilevante appare essere
quello intercorrente tra l‟inefficacia assoluta e relativa, quest‟ultima essendo (a
differenza della prima) inopponibile al terzo, il quale assume una particolare
posizione nei confronti della vicenda contrattuale
17
.
La categoria dell'inefficacia, in ultimo, costituisce nell'ordinamento
positivo una figura che non necessariamente si collega al tema dell'invalidità e
che invece, sotto un più ampio profilo, è dotata di una certa autonomia
18
.
1.2 Bipartizione dell’invalidità: nullità e annullabilità
Come precedentemente si è rilevato, l‟invalidità (se intesa da un punto
di vista prettamente strutturale) ricomprende le due figure della nullità e
dell‟annullabilità.
Lo stesso legislatore detta due discipline distinte e ne rimarca in tal
modo la netta differenza. Al di là delle precipue divergenze intercorrenti tra le
due categorie
19
, che si avrà modo di verificare nel proseguo, sembra esservi
una distinzione di portata più ampia, che coinvolge l‟essenza dei due istituti.
17
Diversa dalla figura della inefficacia è quella della c.d. inesigibilità. Essa si configura
quando il creditore non può pretendere l‟adempimento della obbligazione, benché nata da un
atto valido ed efficace.
18
La letteratura, sul tema dell'efficacia quale categoria giuridica autonoma è, a dir poco
sterminata. Non potendo essere questa la sede per una sua disamina si rinvia ai titoli più
rilevanti ed autorevoli in tema.
19
La nullità determina, come si è visto la (tendenziale) inefficacia dell‟atto, mentre la
annullabilità ne consente, fino alla sentenza di annullamento, la efficacia (interinale); la nullità
non ammette convalida, al contrario dell‟annullabilità (art 1423 e 1444 c.c.); l‟azione di nullità
è imprescrittibile mentre quella di annullamento è soggetta a prescrizione (art. 1421 e 1441
c.c.); la nullità è azionabile tendenzialmente da qualunque interessato ed è rilevabile d‟ufficio
dal giudice, la annullabilità è invece azionabile solo dalla parte nel cui interesse è stabilita dalla
legge (artt. 1421 e 1441 c.c.)
13
Con la nullità, l‟ordinamento sanziona l‟offesa (diretta o indiretta) ad
interessi della collettività; con l‟annullabilità, il pregiudizio ad interessi privati
e particolari.
Si potrebbe arrivare a dire che il contratto nullo contrasta con valori
fondamentali dell‟ordinamento, lì ove il contratto semplicemente annullabile
inficia l‟interesse del contraente incapace, caduto o indotto in errore, o vittima
dell‟altrui violenza morale.
L‟imprescrittibilità della azione di nullità (come in seguito si avrà modi
di rilevare in maniera più approfondita) e la legittimazione generale a farla
valere, aumentano la possibilità di rimozione di un atto posto in essere contro
l’ordinamento
20
.
Si tenga comunque presente che la differenza ontologica che si è messa
sopra in rilievo, è stata messa in discussione da quanti (sulla base di rilievi di
carattere eminentemente positivo e sistematico) hanno rilevato come le due
figure siano oggi in rotta di conversione reciproca, avendo perso i forti caratteri
di differenziazione che le connotavano in passato. Su un piano generale e
limitandoci per ora ad un solo esempio, è possibile osservare come
l’indisponibilità della tutela, segna non solo la nullità ma anche l‟annullabilità:
l‟art. 1462, comma 2, c.c., chiarisce infatti che le parti preventivamente non
possono rinunciare alla azione (oltre che di nullità anche) di annullabilità. Il
che sembra contrastare con l‟asserito fondamento della distinzione, nel senso
della nullità a presidio di interessi generali e l‟annullabilità a tutela di interessi
particolari
21
.
20
Va comunque rilevato che parte della dottrina, pur non negando la distinzione tra nullità ed
annullabilità, ne ha però provato a sminuire la portata, rilevando (correttamente) che esistono
delle ipotesi di annullabilità assoluta, ed altresì domande di annullamento non soggette a
prescrizione ( si pensi, tra queste, alla domanda di annullamento per vizio del consenso, di un
contratto non seguito dall‟esecuzione (art. 1442 c.c.). Oltre a rilevare come il codice civile
attuale, a differenza di quello del 1965, ammette figure di annullabilità insanabili, e di nullità
sanabili.
21
Da aggiungere ulteriormente che il legislatore, sempre più spesso, introduce la sanzione della
nullità a tutela di interessi non generali, ma particolari, riferibili, come si avrà modo di vedere
esaminando la nullità di protezione, non alla collettività ma a particolari categorie di
consociati. Si pensi, specificamente, alle nuove leggi sulla tutela contrattuale del consumatore
cioè, in cui la disciplina della nullità è graduata a tutela di interessi anche particolari. Ciò però
non significa, (come altri ha osservato), che non sia comunque in gioco l‟interesse generale e
14
L‟interprete che voglia assumere delle basi sufficientemente precise per
navigare in maniera consapevole nelle conformazioni che la nullità sta
assumendo nell‟attuale tendenza legislativa, deve peraltro aver presente che, a
fianco delle figure codicistiche tradizionali, appena sommariamente
tratteggiate, sono state elaborate ulteriori figure che cono esse hanno uno
strettissimo rapporto. La più importante delle quale, è la categoria
dell‟inesistenza.
2. L’INESISTENZA E I SUOI RAPPORTI CON LA NULLITÀ:
AUTONOMIA O SOVRAPPOSIZIONE?
Secondo un‟autorevole definizione, è inesistente il contratto o l‟atto
neppure identificabile come tale, privo del minimo essenziale che permetta di
parlare di un certo accadimento come di un contratto o di un atto unilaterale
22
.
A dire cioè che la categoria dell‟invalidità (nella forma più accentuata della
nullità) si limita ad esprimere una valutazione negativa dell‟ordinamento, la
quale non esclude che il contratto possa avere una sua (seppur limitata)
efficacia nei confronti dei terzi o anche delle parti
23
. Gli effetti che la legge
eccezionalmente ricollega al contratto nullo e, in generale, la disciplina
normativa della nullità presupporrebbero invero che sussista una operazione
qualificabile come contratto e alla quale sia riferibile la qualifica della nullità:
presupporrebbero cioè l’esistenza stessa del contratto.
Con la conseguenza che, a differenza del contratto nullo, l‟atto
inesistente non produce neppure quei limitati effetti che il primo sarebbe
astrattamente in grado di far derivare
24
. Si tenga presente che la figura che qui
nella specie, l‟interesse al regolare funzionamento del mercato concorrenziale, attraverso la
tutela del consumatore. Anche nell‟assunto per cui la carta costituzionale impone certe forme
di tutela (artt. 2, 3, 41 cost) la cui attuazione, anche se particolareggiata, comunque ha il più
ampio obiettivo di tutelare l‟interesse generale.
22
F. GALGANO, Il contratto, Cedam 2007, p. 287.
23
C.M. BIANCA, op. cit. p. 613.
24
Si pensi, prima di ogni altra considerazione di natura storica o sistematica, alla nullità del
contratto per mancanza di accordo, la quale sussiste se ed in quanto le parti hanno partecipato,
15
si è giunti ad esaminare, lungi dall‟essere limpidamente accettata dagli
operatori del diritto, vede in realtà contrappore tesi di pensiero fra loro non del
tutto convergenti.
A fronte della posizione ormai consolidata della giurisprudenza, nel
senso del riconoscimento della figura in esame, gran parte della dottrina ancora
oggi contesta l‟autonoma rilevanza della categoria, facendola confluire
nell‟ambito della nullità o confinandola nell‟irrilevante giuridico
25
. Si tratta di
una presa di posizione non solo autorevole, ma anche risalente: per la quale,
riprendendo uno dei più autorevoli sostenitori della teorica, “l‟idoneità o
legittimazione agli effetti, in cui si traduce la validità, non è qualificazione
dell‟essere ma del dover essere del contratto, afferisce cioè al dover essere del
suo esserci nel diritto. Il problema allora, della invalidità quale situazione
specularmente opposta all‟inesistenza, non è se il contratto si possa ritenere
esistente per il diritto, bensì al come, ai fini del ricollegamento degli effetti, il
contratto esistente e come tale rilevante per il diritto, avrebbe dovuto essere e
non è stato”
26
.
con la propria dichiarazione, alla formazione del contratto. “Una proposta di vendita non
seguita da alcuna accettazione (come nel caso di una lettera del proponente alla quale il
destinatario della proposta non dà risposta) non è un contratto nullo per mancanza di accordo
delle parti: è, semplicemente, una iniziativa di contratto assunta da un soggetto e non approdata
ad alcun risultato. Si deve dire che il contratto non esiste; o si può dire, ciò che è lo stesso, che
si tratta di un contratto inesistente” ancora F. GALGANO, op. cit. Da un punto di vista
puramente storico, va rilevato come la figura dell‟inesistenza abbia un‟origine molto antica: i
canonisti medievali (a cui è pertanto dovuta la prima elaborazione del concetto di contratto
inesistente) consideravano tale il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso, e lo consideravano
inesistente perché contrario al concetto “naturale” di matrimonio, pur in mancanza di una
norma di diritto che avesse contemplato questa ipotesi. Per una più ampia disamina dei profili
storici di tale figura, si rimanda a GRIPPO, Deliberazioni e collegialità nella società per azioni,
Cedam, Padova, 1979, p. 56 e ss. il quale peraltro rileva come l‟origine più profonda
dell‟inesistenza sia in realtà di stampo giusnaturalistico, FILANTI, Inesistenza e nullità del
negozio giuiridico, Napoli, 1983 e VENOSTA, Le nullità contrattuali nell’evoluzione del
sistema, I, Milano, 2004.
25
Cosi, FEDELE, op. cit “ Confessiamo di non riuscire a vedere che differenza interceda, dal
punto di vista giuridico, tra un contratto con una sola dichiarazione di volontà ed un contratto
nullo per mancanza delle forme essenziali. La scissione tra esistenza materiale ed esistenza
legale del negozio, ci sembra illegittima: il negozio è una creazione del diritto, è il mezzo
peculiare che ogni ordinamento giuridico mette a disposizione dei privati per il raggiungimento
dei loro fini pratici e come tale non può avere che una vita giuridica. O riunisce tutti i requisiti
voluti dalla norma, e allora v‟è negozio, oppure non li riunisce, e allora non v‟è negozio, ma è
assurdo dire che vi è un negozio di fatto”.
26
SCALISI, Il contratto e l’invalidità, in Riv. dir. civ.,Il diritto delle obbligazioni e dei contratti:
verso una nuova riforma?, 2006, p. 237-238;
16
Le considerazioni teoriche in merito alla negazione della inesistenza,
raggiungendo invero livelli di profonda complessità ed approfondimento, non
sembrano aver però convinto la giurisprudenza (di merito, ma in modo
consolidato oggi anche di legittimità) in relazione alla valida configurazione di
tale categoria. Già nel 1973 i giudici del Supremo Collegio avevano affermato
che “mentre la nullità e l‟annullabilità sono entrambe iscrivibili al genus della
invalidità e presuppongono una riconoscibilità giuridica della fattispecie
concreta, e cioè la riconducibilità di essa ad una fattispecie legale, rispetto alla
quale presentano lo scarto della mancanza (nullità) o della irregolarità-vizio
(annullabilità) di uno degli elementi essenziali, l‟inesistenza è predicata dalla
non riconoscibilità dell‟atto, in ragione della sua anomalia, alla fattispecie
legale data, sicché viene meno la identificabilità di questa.
27
E ancora “quando
si vuole distinguere la nullità dall‟inesistenza, deve intendersi quest‟ultima
come inesistenza di fatto, cioè come mancanza di quella realtà fenomenica che
costituisce la base naturalistica della fattispecie”
28
.
Il problema che semmai può porsi, una volta data per riconosciuta sul
piano positivo la figura dell‟inesistenza del negozio giuridico, è quello di
comprendere quali debbano essere i requisiti minimi che deve avere (in
generale) una attività umana per entrare nel mondo del diritto come contratto
(ancorché, in ipotesi, nullo) e senza i quali ne resta fuori, come atto
giuridicamente inesistente.
Al riguardo, è stato correttamente rilevato che una possibilità sarebbe
quella di valutare la fattispecie concreta su cui ci si interroga e verificare se
possiede o meno i requisiti minimi perché possa essere sussunta nello schema
27
Così Cass., 10 aprile 1973, n. 1016, in Giurisprudenza civile, 1974, I, p. 343. Come si è in
precedenza rilevato, i primi esempi di decisioni declaratorie di tale figura si sono avute in tema
di accordo delle parti (si veda in proposito Cass., 27 giugno 1985, n. 3845. Ancora, è stato
affermato dai giudici che inesistente sarebbe il contratto nel quale l‟accettazione viene a
conoscenza del proponente in maniera difforme dalla proposta, quando ciò sia dovuto ad un
errore nella sua trasmissione per via telegrafica (Cass., 22 giugno 1961, n. 1277), o quando
l‟accettazione contiene una condizione non presente nella proposta, come nel caso
dell‟azionista di minoranza di una società per azioni, che nell‟accettare la proposta di
sottoscrizione di nuove azioni avanzata dalla società, aveva opposto che fosse ripresa una
determinata produzione ( Cass., 7 ottobre 1981, n. 5261, ma anche App., Milano, 14 gennaio
1972)
28
Cass 20 maggio 1976, n.1808.
17
astratto disegnato dal legislatore. Potendosi ulteriormente verificare quali
possano essere questi requisiti minimi e come sia possibile identificarli. Al fine
di rispondere all‟interrogativo, ed al di là dei singoli casi su cui la
giurisprudenza ha ampiamente avuto mono di occuparsi, non si dovrebbe
dimenticare che la differenza fra nullità ed inesistenza, (come in una
prospettiva di più ampio respiro può desumersi dai rilievi fatti in precedenza) si
gioca sul piano sociale, e non maneggiando formule astratte
29
.
29
Chiara in questo senso è la spiegazione di F. DI MARZIO, La nullità del contratto, CEDAM
Padova, 2008, p. 41, secondo cui “il senso della distinzione si esaurisce nella relazione umana
che si instaura intorno a certi atti. Tizio e Caio credono di aver stipulato un contratto. L‟uno di
aver venduto e l‟altro di aver acquistato una barca. Sempronio ha assistito, si fida. Compera a
sua volta la barca da Caio. Può anche accadere che il (primo) contratto sia invalido. A seconda
della gravità del vizio, si pone nel nulla il primo contratto con ripercussioni più o meno gravi
sul secondo. Prima ipotesi: nullità. Il vizio è gravissimo […] la nullità estende i suoi effetti
anche sul secondo contratto. Seconda ipotesi: annullabilità. Il vizio è meno grave.
L‟annullamento del primo contratto produce effetti limitati sul secondo: pregiudica i diritti
acquistati da Caio se quest‟ultimo non ha concluso il suo contratto in buona fede (art.1445
c.c.). ma se Caio era in buona fede, il suo acquisto è salvo. […] e uno spazio minimo di tutela
dell‟affidamento è riconosciuto, alle parti e ai terzi, anche nell‟ipotesi del contratto nullo. La
ragione è che anche il contratto nullo è pur sempre un contratto: è socialmente percepito come
un contratto (e da qualcuno è percepibile come un contratto valido). Il senso della differenza tra
nullità e inesistenza è che nel secondo caso non c‟è un contratto. E nulla di simile. Nessuna
esigenza di tutela può porsi. E dunque, alla domanda su quali siano i requisiti minimi perché un
contratto vi sia, si può rispondere: quelli che identificano la nozione nel linguaggio comune.
Due persone si mettono d‟accordo per scambiarsi qualcosa o per tentare un‟impresa
economica.
Due o più persone che si mettono d‟accordo pe scambiarsi qualcosa o per tentare un‟impresa
economica violando un divieto fondamentale dell‟ordinamento, espresso o implicito nella
legge, offendendo la morale comune oppure lasciando indeterminato l‟oggetto o scegliendo un
oggetto impossibile, o inottemperando alla forma legale, e così via, restano pur tuttavia due o
più persone che si mettono d‟accordo per scambiarsi qualcosa o per tentare un‟impresa
economica. Il prodotto della relazione umana è pur sempre un contratto (anche se nullo). La
fattispecie è capace di una corrispondente, limitata efficacia.
Invece. Due o più persone che non si mettono d‟accordo. Due o più persone che si mettono
d‟accordo per andare al cinema o a cena o per intraprendere un viaggio o per tentare una
impresa filosofica o sportiva sono, a seconda dei casi, e piuttosto che due contraenti (che
concludono un contratto): contraenti che non concludono un contratto oppure amici oppure
amanti oppure appassionati di viaggi, di metafisica o di sport. Il prodotto della relazione
umana, pur potendo essere un accordo, non è mai un accordo economico: un contratto.
Nessuno potrebbe aver nutrito affidamento.
La fattispecie è assolutamente inefficace”.
18
3. STRUTTURA E CARATTERISTICHE DELLA NULLITÀ
TRADIZIONALE
Limitandoci in questa sede ad una breve ricostruzione della figura della
nullità tradizionale, necessaria per un migliore inquadramento delle discipline
relative ai tipi speciali, è possibile iniziare col dire che tale figura rappresenta
la più grave forma di invalidità negoziale. Essa esprime una valutazione
negativa del contratto per la sua definitiva deficienza strutturale, per mancanza
o impossibilità originaria di un elemento costitutivo, ovvero per la sua
dannosità sociale e quindi per la sua illiceità
30
.
Le varie tipologie di nullità sono elencate nell‟art. 1418 c.c., che
contiene una disciplina particolarmente articolata (e fonte talvolta di incertezze
sia di carattere interpretativo sia di natura applicativa). La norma disciplina
invero tre diverse tipologie di nullità: le nullità di carattere virtuale, strutturale
e testuale.
La nullità virtuale si configura quando non vi sia una specifica norma
che espressamente la commini, ma, e ciò nonostante risulti un contrasto fra atto
di autonomia privata e una norma imperativa. Le nullità di tipo strutturale, al
contrario, sono espressamente previste dal legislatore al comma 2 dell‟art. 1418
c.c., riguardando (come fa intendere la qualificazione datagli unanimemente
dalla dottrina) i difetti strutturali del contratto (ovverosia, la mancanza di uno
dei requisiti essenziali indicati all‟art. 1325 c.c., l‟illiceità della causa, del
motivo comune determinante e la mancanza, nell‟oggetto, dei requisiti richiesti
dall‟art. 1346 c.c.).
Le nullità testuali sono, infine, quelle descritte nel capoverso dell‟art.
1418 c.c. e che fanno rinvio ad espresse disposizioni di legge le quali,
espressamente prevedono singole ipotesi di nullità.
Per quanto concerne le nullità di tipo virtuale, va preliminarmente
rilevato come questa categoria abbia creato non poche difficoltà sul piano
interpretativo, in quanto le stesse non sono espressamente previste dal
30
C.M. BIANCA, Op. cit.