7
CAPITOLO I
LA DISCIPLINA DELLA NULLITA’ DEGLI ATTI PROCESSUALI
Sommario: 1.1 Gli atti processuali. 1.2 Regole generali concernenti la forma
degli atti processuali. 1.3 L’invalidità degli atti processuali. 1.4 Rilevanza
della nullità. 1.4.1 I principi in materia di nullità. 1.4.2 Le conseguenze della
nullità. 1.5 L’invalidità delle sentenze e il principio di conversione dei motivi
di nullità in motivi d’impugnazione. 1.5.1 La sentenza non sottoscritta e i vizi di
costituzione del giudice. 1.5.2 Inesistenza, nullità assoluta ed inefficienza della
sentenza. 1.6 Il problema dei provvedimenti resi in forma erronea. 1.7 Forma
degli atti introduttivi dei processi a cognizione piena: atto di citazione e ricorso.
1.8 L'atto di citazione e i suoi requisiti. 1.8.1 I termini per comparire. 1.9
La notificazione dell’atto di citazione e i c.d. effetti della domanda.
8
1.1 Gli atti processuali
Il processo, può essere definito come una sequenza di atti correlati e diretti
a provocare e rendere possibile la pronuncia di un provvedimento
giurisdizionale, cui sono dunque strumentali; e ciò implica che gli atti del
processo sono normalmente privi di una propria autonomia funzionale.
La nozione di atto processuale, abbraccia tutti gli atti che sono ricompresi
in tale sequenza procedimentale, determinando gli effetti del processo, che
per lo più consistono nella nascita di poteri, oneri, o doveri.
Per tutti gli atti del processo, sia quelli di parte che d’ufficio, il legislatore
detta regole precise in riferimento ai requisiti di forma e di contenuto,
predisponendo, per quelli più significativi, veri e propri modelli tipici ( si
vedano ad es. gli art. 163 e 414, rispettivamente concernenti gli atti
introduttivi del processo di cognizione ordinario e di quello del lavoro,
nonché l’art. 132, che disciplina la sentenza).
1.2 Le regole generali concernenti la forma degli atti processuali
Gli art. 121 ss. Dettano alcune disposizioni generali in materia di atti
processuali; tanto in relazione alla forma in senso stretto , ossia alle
9
modalità di estrinsecazione degli atti, quanto con riguardo agli elementi
essenziali ch’essi devono contenere (c.d. forma-contenuto).
Il principio fondamentale racchiuso nell’art. 121 e ribadito nell’art. 131, è
la libertà di forme “gli atti del processo , per i quali la legge non richiede
forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al
raggiungimento del loro scopo” dove per scopo deve intendersi non già
l’obiettivo perseguito dall’autore dell’atto, bensì la funzione oggettiva che
l’atto stesso ricopre all’interno del processo
1
.
Considerando che la scelta è dunque vincolata e limitata dallo scopo
dell’atto, si può più correttamente parlare di strumentalità delle forme,
piuttosto che di libertà di forme. In concreto, inoltre i margini entro i quali
può rilevare il suddetto principio sono assai modesti, dal momento che le
forme di ciascun atto processuale sono , per lo più, disciplinate in modo
piuttosto rigido ed analitico dal legislatore.
Una disciplina generale del contenuto minimo degli atti di parte è dettata
dall’art 125, che stabilisce, salva diversa previsione normativa, la citazione,
il ricorso, la comparsa, il controricorso ed il precetto devono indicare:
l’ufficio giudiziario, le parti, l’oggetto, le ragioni della domanda, le
conclusioni o l’istanza rivolta al giudice, e devono recare, sia nell’originale
che nelle copie da notificare, la sottoscrizione della parte o del suo
difensore-procuratore.
1
V.DENTI, Note sui vizi della volontà negli atti processuali, in Studi nelle scienze giur. e soc., XXXVII,
Pavia 1959.
10
Il contenuto del processo verbale è invece disciplinato dall’art 126, nel
quale vengono documentate, ove sia prescritto, le attività e le operazioni
compiute dagli organi giudiziari (giudice, cancelliere, ufficiale giudiziario)
o comunque alla loro presenza. Tale verbale deve contenere “l’indicazione
delle persone intervenute e delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali
gli atti che documenta sono compiuti”, “la descrizione delle attività svolte e
delle rilevazioni fatte”, e “le dichiarazioni ricevute”. Il verbale deve essere
sottoscritto dal cancelliere; il quale, se all’attività documentata nel verbale
hanno partecipato altri soggetti, deve dar loro lettura dello stesso verbale,
invitandoli a sottoscrivere e a fare espressa menzione dell’eventuale
impossibilità o rifiuto di firmare.
Una specifica disciplina, infine, è riservata dal legislatore alle udienze, cioè
ai momenti del processo riservati alla trattazione della causa, nel
contraddittorio tra le parti, ad opera del giudice. In relazione allo
svolgimento delle udienze, il legislatore assicura la pubblicità, a pena di
nullità, della sola udienza di discussione della causa. Le altre udienze,
invece, non sono pubbliche, e per ciascuna causa dovrebbero essere
ammessi esclusivamente i difensori e le parti, le quali possono interloquire
solo dopo averne ottenuto dal giudice l’autorizzazione. Per ogni udienza è
prescritta, ad opera del cancelliere, la redazione di un apposito verbale,
sotto la direzione del giudice, che poi lo sottoscrive unitamente allo stesso
11
cancelliere. In tale verbale le parti e i difensori possono dettare
direttamente le proprie deduzioni solo dietro autorizzazione del giudice.
1.3 L’invalidità degli atti processuali
In materia di invalidità degli atti processuali vengono utilizzati concetti e
categorie propri della teoria generale e dunque comuni al diritto
sostanziale, anche se previsti alcuni adattamenti che derivano dalle
peculiarità degli atti processuali.
Anche rispetto al processo, di solito si distingue tra varie gradazioni
dell’invalidità, a seconda della gravità del vizio e dell’incidenza che esso
può avere sugli effetti dell’atto.
In un ordine idealmente crescente può aversi:
a) l’irregolarità, che si riferisce ai vizi innocui, perché non influenti
sull’efficacia dell’atto, i quali hanno come unica conseguenza, l’obbligo
per le parti e per il giudice di provvedere alla regolarizzazione dell’atto
medesimo, salve sanzioni previste dalla legge;
b) l’annullabilità, che ricorre quando, a causa di un determinato vizio,
l’atto - pur di per sé efficace - si trovi in una situazione di precarietà,
potendo essere eliminato dal mondo giuridico, con un provvedimento
(costitutivo) del giudice, su iniziativa della parte legittimata, che peraltro
può essere esercitata entro un certo termine previsto dalla legge, scaduto il
12
quale l’atto supererebbe questa fase di “convalescenza” e diverrebbe
inattaccabile;
c) la nullità vera e propria, che individua la condizione dell’atto affetto
da un vizio insanabile che ne preclude ab origine gli effetti, sì che la parte
interessata può in ogni momento, senza limiti di tempo, chiedere al giudice
che ne dichiari l’inefficacia;
d) l’inesistenza, categoria di creazione dottrinale, che ricorrerebbe
quando l’atto fosse privo dei requisiti minimi indispensabili per essere
riconosciuto come appartenente ad un determinato modello legale.
La nullità, all’interno del processo, si atteggia quasi sempre, come mera
annullabilità del provvedimento finale, poiché la possibilità di attaccare e
caducare quest’ultimo, in conseguenza del vizio, non è salvo ipotesi
eccezionali, illimitata nel tempo (in quanto esercitabile in un termine
determinato).
1.4 Rilevanza della nullità
Affinché il processo di cognizione possa raggiungere il suo scopo- ovvero
la pronuncia nel merito del diritto controverso - è necessario che l’atto
introduttivo del processo, e gli atti successivi siano compiuti nel rispetto
delle norme che ne prescrivono i rispettivi modelli. Quando la difformità
dal modello legale rende il singolo atto inidoneo al raggiungimento del suo
13
scopo, in base ad una preventiva valutazione del legislatore, l’atto è nullo e
non produce i suoi effetti tipici precludendo la pronuncia nel merito, salvo
l’intervento di una causa di sanatoria del vizio che consenta al processo di
proseguire verso la sua naturale meta.
Poiché la rilevanza della nullità è ricollegata dalla legge alla inosservanza
di norme sulla forma degli atti (art. 156), l’indagine sulla disciplina della
nullità non può prescindere dalla considerazione del generalissimo
principio di strumentalità delle forme (art.121 e 131 ), secondo il quale le
forme degli atti del processo sono consegnate e prescritte come lo
strumento più idoneo al raggiungimento di un certo risultato, rappresentato
dallo scopo costituzionale del processo unitariamente considerato: la
pronuncia nel merito del diritto controverso.
Al riguardo viene in rilievo la tradizionale distinzione tra nullità formali,
riguardanti un vizio di forma in senso lato comprensivo della forma -
contenuto e dei presupposti anche temporali, richiesti per il suo
compimento; e nullità extraformali, derivanti da un difetto di
legittimazione, in senso ampio, del soggetto da cui promana l’atto; difetto
che potrebbe inerire, ad es., alla capacità della parte o al potere
rappresentativo del difensore.
La disciplina codicistica delle nullità, risultante dagli art. 156ss., parrebbe
prendere in considerazione essenzialmente le nullità formali; ma i principi
in essa racchiusi sono in larga misura adattabili anche a quelle non formali.