5
Pur non essendo più possibile parlare del Periquillo Sarniento (1816) come del primo
romanzo ispanoamericano, come si è fatto in passato, appare evidente che l’opera
romanzesca di Lizardi rappresenta il primo avvenimento della prosa di finzione
ispanoamericana ad assumere una dimensione continentale, anche per il momento –
quello dell’indipendenza – nel quale si inserisce.
Questi due nodi fondamentali – l’inizio del romanzo moderno ispanoamericano
e l’elaborazione della teoria del real maravilloso come specifico americano –, ma anche
la considerazione di altri momenti di emersione della materia o delle forme della
picaresca, e soprattutto l’esistenza di testi di saggistica che affermano la presenza di un
vero e proprio genere picaresco in America Latina, mi hanno portato a chiedermi cosa
abbiano in comune opere così diverse e lontane nel tempo come quelle solitamente
etichettate come tali, El Periquillo Sarniento e Catrín de la Fachenda (1932) di
Fernández de Lizardi, El casamiento de Laucha (1906) di Payró, Hijo de ladrón (1951)
di Rojas e El camino de Santiago (1958) di Carpentier, per dare solo alcuni significativi
esempi, e se davvero possano essere affratellate in una stessa categoria, da annettersi
senza riserve alla picaresca di origine spagnola.
Si può parlare di picaresca ispanoamericana?
Qui, in particolare, mi propongo di esaminare il percorso della picaresca
ispanoamericana e di analizzare in dettaglio alcune opere significative, al fine di
indagarne le caratteristiche e il ruolo complessivo all’interno della storia della
letteratura ispanoamericana, partendo dall’ipotesi che la picaresca non abbia mai
configurato in Ispanoamerica una linea narrativa continua, ma sia stata utilizzata in
momenti diversi da autori diversi per formazione, scopi e progetti letterari senza altro
collegamento che il riferirsi a modelli in parte comuni.
Prima ancora di affrontare l’analisi dei testi, perciò, mi pare indispensabile
valutare attentamente l’opportunità di estendere una categoria della storia letteraria
spagnola, cronologicamente e genericamente determinata – anche se poi applicabile e
applicata ad ambiti diversi – alla prosa di finzione ispanoamericana, fiorita, a parte
qualche anticipazione, quando la picaresca spagnola si era esaurita da tempo.
Dati i due termini accostati, ‘picaresca’ e ‘ispanoamericana’, i problemi
fondamentali sono due: definire la ‘picaresca’ come genere
5
e stabilire se si possa
accostare a tale termine l’aggettivo ‘ispanoamericano’ senza snaturare il contenuto del
primo termine. Infatti, se assumiamo che ‘picaresca’ suole indicare il genere della
novela
6
picaresca fiorito in Spagna nel Siglo de Oro, dobbiamo chiederci se lo
sfalsamento cronologico dato dalla tardiva comparsa della prosa finzionale in
Ispanoamerica non ne faccia un qualcosa di totalmente estraneo. Infatti, se si eccettua il
caso del libro di Sigüenza y Góngora Infortunios de Alonso Ramírez (1690), si può dire
che non c’è stata alcuna contemporaneità tra il genere picaresco spagnolo e i romanzi
ispanoamericani che ad esso si ricollegano, a meno di non voler prendere in
considerazione quei testi certamente non finzionali, come gli inserti narrativi inseriti in
cronache, nei quali la critica ha voluto vedere precoci manifestazioni della prosa di
finzione ispanoamericana.
5
Uso questo termine nel senso di categoria narrativa storicamente affermata, tenendo conto anche
dell’impiego fattone da H. R. Jauss in Alterita e modernità della letteratura medievale, Torino, Bollati
Boringhieri, 1989 (Monaco 1977) nell’ambito della letteratura medievale, nel senso di struttura della
ricezione la cui esistenza è strettamente correlata con l’orizzonte d’attesa delle opere.
6
Uso di proposito il termine spagnolo novela, che corrisponde in italiano sia a ‘romanzo’ che a ‘novella’,
perché intendo includere anche le prose narrative finzionali lunghe, come la novella cervantina e il relato
carpentieriano.
6
L’ambito temporale della picaresca ispanoamericana è dunque successivo a
quello della picaresca spagnola, la quale, anche se ha avuto dei continuatori in ambiti
diversi, è però, storicamente, un genere che si è esaurito dopo la fioritura del XVII
secolo; i romanzi che hanno assunto il modello picaresco, in ambito ispanoamericano,
dopo una cospicua interruzione temporale, lo hanno applicato con una libertà diversa e
tutt’altra coscienza di genere.
I generi letterari, infatti, hanno il loro confine sincronico negli altri generi
possibili all’interno dello stesso sistema; nel Siglo de Oro la picaresca doveva
distinguersi dal romanzo cavalleresco – e di fatto si mette in rapporto con esso
capovolgendone alcune caratteristiche –, da quello pastorale, dalla novela bizantina e
via dicendo, e mutua la struttura dalle vite, prime fra tutti le vite dei santi.
All’epoca di Fernández de Lizardi i termini di paragone sono cambiati; il genere
cavalleresco, quello pastorale, la novela bizantina non sono più attivi, mentre il romanzo
moderno, nato dalle due tradizioni del Lazarillo e del Quijote, è ormai un genere
consolidato che ammette protagonisti anche di bassa origine, e il romanzo picaresco può
essere considerato un sottoinsieme, non sempre perfettamente delimitato, del romanzo
d’avventure.
Novela picaresca spagnola
Tuttavia, ci sono caratteristiche interne che rendono riconoscibile la novela
picaresca anche a priori, per il fatto di possedere gli elementi che la fanno considerare
come tale dall’autore e dal pubblico al quale è diretta, inserendola all’interno della
tradizione stabilita diacronicamente dal divenire del genere. Genere nel quale mai
perderanno vigore i modelli, Lazarillo e Guzmán de Alfarache per primi
(cronologicamente e come importanza), ai quali però si affiancano via via gli apporti di
opere che fanno della variazione di quei primi modelli il motivo del loro interesse.
Per questo, prima di affrontare lo studio dei testi ispanoamericani che possono
essere detti picareschi, ho ritenuto opportuno effettuare una ricognizione della
tradizione picaresca spagnola diretta a studiare, anche diacronicamente, quali
caratteristiche debbano essere considerate irrinunciabili per poter parlare di novela
picaresca.
Il corpus spagnolo ha il pregio apparente di essere un insieme chiuso facilmente
studiabile, ma anche qui le insidie non mancano, e a ben guardare si scopre che in tutti
gli sforzi classificatori non può che instaurarsi, tra definizione del genere e
identificazione del corpus, una circolarità: la definizione dipende dal corpus che ci
ritagliamo, ma non possiamo ritagliarlo se non abbiamo una definizione, anche solo di
massima o intuitiva.
Nel definire il corpus mi sono rifatta alle raccolte di testi picareschi, nelle quali
la scelta è oscillante (ma non mancano quasi mai Lazarillo, Guzmán, Buscón, Justina,
Estebanillo González), e considerando poi caso per caso.
Il criterio qui applicato, anche in vista della possibile estensibilità geografica e
temporale, è stato piuttosto restrittivo, teso a limitare l’esame alle opere chiaramente
riconoscibili come novelas picaresche (escludendo quindi quelle la cui forma non sia di
romanzo o novella) e il cui protagonista sia un pícaro in carne ed ossa (escludendo,
quindi, le allegorizzazioni animali e diaboliche, ma anche quelle opere in cui
l’esperienza del vagabondaggio e della povertà è scelta o temporanea) scritte in Spagna
nel periodo di fioritura del genere.
7
Novela picaresca ispanoamericana
La picaresca trapiantata in America riprende molte caratteristiche del genere
peninsulare, ma non si presenta come una continuazione della picaresca spagnola, né
insedia in territorio ispanoamericano un vero e proprio genere; si ha piuttosto
l’impressione che la formula del romanzo picaresco sia utilizzata di volta in volta dagli
autori in modo indipendente, se pure, per i casi di Fernández de Lizardi e Payró, il
ripetuto uso di questa modalità letteraria configuri mondi creativi coerenti al loro
interno.
Nel selezionare il corpus ispanoamericano da analizzare, un primo indirizzo è
venuto da un noto studio di M. Casas de Faunce intitolato La novela picaresca
latinoamericana (1977), che studia diciannove testi in un ambito temporale che va dalla
Colonia al 1962. Si tratta dell’unico volume, a parte un paio di precedenti tentativi
7
, che
abbia tentato organicamente di sistematizzare la materia. Tuttavia, se pure la traccia è
documentatissima (il libro è corredato di una bibliografia che conta, oltre ai testi, 189
studi sulla picaresca e ben 425 opere generali), i criteri e il metodo d’analisi non
soddisfano pienamente.
I testi analizzati sono divisi in quattro capitoli:
1) Antecedentes de la picaresca en Latinoamérica (El carnero di Rodríguez Freire, Los
infortunios de Alonso Ramírez di Sigüenza y Góngora e il Lazarillo de ciegos
caminantes di Concolorcorvo);
2) La novela picaresca en Latinoamérica: picaresca clásica (El Periquillo Sarniento e
Don Catrín de la Fachenda di Fernández de Lizardi, Divertidas aventuras del nieto de
Juan Moreira di Payró, El Lazarillo en América di Lasso de la Vega e Oficio de vivir di
M. de Castro);
3) La novela picaresca en sentido lato (El casamiento de Laucha di Payró, Suetonio
Pimienta di Marof e Quince Uñas y Casanova, aventureros di Zamora Plowes);
4) La novela míticamente picaresca (El cristiano errante di Irisarri, Historia del
Perínclito Epaminondas del Cauca di Hilarión de Altagumea, Chamijo e El falso Inca
di Payró, Don Pablos en América di Bernardo Núñez, La vida inútil de Pito Pérez di
Rubén Romero, Tata Lobo di Abreu Gómez e Aventuras de Perico Majada di Pereda
Valdés).
La categorizzazione è spiegata nella parte introduttiva in maniera non del tutto
convincente. Fin dall’inizio, infatti, la studiosa ammette l’opportunità di dare una
definizione di novela picaresca latinoamericana, ma poi resta nel vago, parlando di una
picaresca di filiazione letteraria e di un’altra di indole sociale: «Ambas componen la
fauna genérica de lo pícaro» (p. 9). Il género picaresco è definito attraverso la tematica:
«aquella representación de una filosofía vital que se manifiesta en términos de una
aparente aceptación del orden establecido, en beneficio propio, y que se burla o critica,
a la vez, el convencionalismo social que permite hacerlo» (p. 10); subito dopo si parla di
picaresca social contrapposta a picaresca literaria. Gli esempi della prima sono Lope
de Ponce, Alonso de Contreras, Duque de Estrada e Torres Villarroel, in coesistenza con
non meglio indicati pícaros de filiación quijotesca, «pícaros que vivieron moldes
literarios similares a los del hidalgo manchego en el ámbito caballeresco, aunque, claro
está, sus enfoques difieran». Invece, la picaresca literaria «es simplemente una
categoria estética» e comprende opere di tutti i tempi, rispetto alle quali l’apporto
spagnolo consisterebbe nell’aver saputo cristallizzare elementi dispersi, «presentándolos
en forma ventajosa a sus propósitos y fijando pautas. Es decir, populariza el género bajo
7
Casas cita i libri di I. Pereda Valdés La novela picaresca y el pícaro en España y América, Montevideo,
Organización Medina, 1950, e la tesi dottorale di M.B. Hogan Picaresque Literature in Spanish America,
New York, Columbia University, 1958.
8
la forma de novela picaresca. No menos significativa es la segunda contribución
española: bautizar al protagonista» (p. 11).
Dunque, género picaresco e novela picaresca non sono la stessa cosa. E’ ora di
dare la definizione di novela picaresca, e l’autrice sembra uscire dalla genericità delle
affermazioni precedenti rifacendosi alle definizioni date da Claudio Guillén in «Toward
a Definition of the Picaresque»
8
. Eppure questo arrimarse a los buenos sembra non
essere esente da fraintendimenti o generalizzazioni. Mettiamo a raffronto:
It may be useful to distinguish between the following: the picaresque genre,
first of all; a group of novels, secondly, that deserve to be called picaresque in
the strict sense—usually in agreement with the original Spanish pattern;
another group of novels, thirdly, which may be considered picaresque in a
broader sense of the term only; and finally, a picaresque myth: an essential
situation or significant structure derived from the novels themselves. (Guillén,
p. 71)
Qui Casas, che ha già trattato sopra il genere picaresco, riduce a tre i concetti da
distinguere, ma aggiunge una categoria nuova:
La novela picaresca puede clasificarse en tres categorías: 1) novela
picaresca en sentido estricto o clásica, 2) novela picaresca en sentido lato, y
3) novela míticamente picaresca. Sirviéndonos de los ejemplos que ofrece la
literatura española del Siglo de oro serían modelos del primer grupo El
Lazarillo, Guzmán, El Buscón…; del segundo, Hija de Celestina, y del
tercero, El diablo cojuelo. Existe una cuarta categoría que se compone de
obras en las que se incluyen elementos picarescos sin que su propósito
fundamental fuese escribir una novela picaresca, como es el caso de El
Quijote. (pp. 12-13)
Da notare che Guillén aveva parlato di mito – intendendo l’influsso della
picaresca in opere di ogni forma, tempo e periodo – anziché di romanzo miticamente
picaresco, e che aveva classificato come opere genericamente influenzate da questo
mito praticamente tutta la picaresca ispanoamericana, Lizardi compreso. Per quanto
riguarda la picaresca classica, Guillén individua otto caratteristiche, che però, dice,
nessun romanzo picaresco incarna totalmente. Casas le riferisce così:
La novela picaresca en sentido estricto o clásica se destaca, según Claudio
Guillén, por ocho elementos característicos: 1) el pícaro, 2) la seudobiografía,
3) una visión parcial de la realidad, 4) un tono refléxico, 5) un ambiente
materialista, 6) observaciones relacionadas con ciertas clases sociales, 7) un
movimiento ascendente en un plano social o moral, y 8) una aparente falta de
composición. En mi examen de la literatura encontré que tres de estas
categorías son comunes a todas las obras: 1) visión de la realidad, 2) el tono
refléxico, y 3) las observaciones relacionadas con ciertas clases sociales. A
éstas podíamos añadir otra: un elemento de comicidad. (p. 13)
Data l’estrema concisione, la formulazione non è rigorosa, ma – piuttosto che il
confronto punto per punto con Guillén – mi preme notare che l’esame della letteratura le
avrebbe permesso di trovare opere picaresche senza uso della forma autobiografica,
8
C. Guillén, «Essay 3. Toward a Definition of the Picaresque», in Literature as System. Essays toward
the theory of Literary History, New Jersey, Princeton Univ. Press, 1971, pp. 71-106.
9
senza un’attenzione particolare alla materialità, senza movimento verticale sul piano
sociale (quello morale in Guillén non viene menzionato), senza la forma episodica, ma
soprattutto senza pícaro, cosa che a pensarci bene è anche possibile, se stiamo alla
definizione di Guillén che lo caratterizza come orfano obbligato ad affrontare una vita a
cui non è preparato; ma dire, come sembrerebbe di poter dedurre, che a un romanzo
basta essere costruito sulla base di una visione parziale della realtà, racchiudere delle
riflessioni, osservare la società e far ridere per essere picaresco, appare molto vago e dà
dei grossi problemi di riconoscibilità e di individuazione del corpus.
Molto più proficuo appare l’approccio di Gustavo Correa, che nell’articolo «El
héroe de la picaresca y su influencia en la novela moderna española e
hispanoamericana» dimostra fin dal titolo di considerare la picaresca spagnola un
genere storicamente determinato, mentre il romanzo moderno accoglie influenze, ma
non incarna una continuazione del genere.
Nos proponemos delimitar las condiciones del héroe de la picaresca en las
novelas más importantes del género en el Siglo de Oro, a fin de examinar su
huella en algunas novelas modernas de España y de Hispanoamérica (p. 1)
L’analisi della picaresca spagnola è rigorosa, condotta altalenando tra i dati
estraibili dalla triade che costituisce la colonna portante della picaresca (Lazarillo,
Guzmán e Buscón) ed elementi comuni anche a testi che Correa chiama «derivaciones
de la picaresca», quali La pícara Justina, Estebanillo González e i romanzi di ambiente
cortigiano di Castillo Solórzano, in un discorso sempre attentamente storicizzato. Tra le
caratteristiche del romanzo picaresco vengono indicate come principali:
l’autobiografismo; la struttura aperta a successione di episodi; il finale anticlimatico,
scritto nel momento di maggior discesa; l’esemplarità; la visione che va da dentro a
fuori; l’importanza attribuita all’ascendenza genealogica, all’infanzia e a una
particolare esperienza che fa uscire il protagonista dall’infanzia mettendolo in contatto
con la malizia altrui; la consapevolezza, da quel momento, dell’appartenenza al mondo
della dissimulazione e della frode, al limite con quello della delinquenza. Particolare
attenzione riserva Correa all’aspetto parodico, presente nella direzione della ricerca
(l’intero romanzo rappresenta un processo di degradazione anziché di educazione) ma
anche in una quantità di altri elementi, che esamina in dettaglio.
La successiva evoluzione è indicata nella diffusione europea, dovuta alle
traduzioni, che provocano «obras de sesgo picaresco en otros países», e negli «ecos de
la picaresca» in Spagna (tra questi menziona La vida de Torres Villarroel e il Periquillo
Sarniento), mentre una più autentica proiezione della picaresca in tempi moderni
sarebbe rintracciabile nei romanzi di Pérez Galdós; prosegue la linea, nella Spagna del
dopoguerra, Camilo José Cela. In ambito ispanoamericano, l’influsso della picaresca
viene rintracciato in opere di Carpentier, Vargas Llosa e Gudiño Kieffer. L’angolazione
scelta (parlare non di picaresca ispanoamericana ma di influssi della picaresca)
permette di portare avanti un discorso rigoroso anche senza delimitare i criteri di scelta
delle opere considerate, ma i suggerimenti sono comunque preziosi per l’individuazione
di opere da esaminare in dettaglio.
10
PARTE I
LA NOVELA PICARESCA IN SPAGNA
IL CORPUS
Necessità di delimitare la picaresca
L’aggettivo “picaresco” si trova di volta in volta usato in senso ristretto o in
senso lato, impiegato accanto ad opere di ogni epoca e genere, anche solo per indicare la
presenza in esse di personaggi che vivono di espedienti. A questa adattabilità del
termine contribuisce la dilatazione semantica che esso ha assunto nella lingua spagnola
e, per quanto riguarda la saggistica di lingua inglese, la corrispondenza di solito indicata
con l’equivalente rogue, parola piuttosto generica non legata a particolari contesti
storico-sociali
9
.
In senso specifico però, e ai fini di questo lavoro, si può dire che è picaresca
un’opera che l’autore considera tale, che il pubblico recepisce come tale e che rientra in
un canone progressivamente costituito.
Per fare qui un ragionamento che non rischi di trascurare la realtà storica e la
diacronia dello stabilirsi del canone, è opportuno assumere che il campo di riferimento
sia quello della novela picaresca spagnola, e che il pícaro di cui si parla in questa prima
fase abbia le caratteristiche dell’emarginato urbano della Spagna del XVI e XVII
secolo.
Alla ricerca di una definizione, questo ci permette di storicizzare il discorso,
evitando di dover prendere in considerazione eventuali fonti e modelli remoti
10
.
Tuttavia, dobbiamo essere ben consapevoli del fatto che la varietà stessa delle opere
costituisce il principale ostacolo per ogni sforzo definitorio.
Come ha notato Gustavo Alfaro,
La novela picaresca se ha mostrado reacia a una definición satisfactoria
porque además de pertenecer a un género “polimorfo”, las obras comúnmente
agrupadas bajo dicha categoría exhiben gran variedad de caracterización, de
tono y de propósito»
11
.
9
L’etimologia della parola pícaro è stata molto studiata ma non è ancora chiarita del tutto. Al riguardo si
veda p. es. la copiosa bibliografia riportata nel Catálogo bibliográfico de la literatura picaresca (siglos
XVI-XX) di Joseph L. Laurenti, Reichenberger, Kassel, 1989, e successivi aggiornamenti. Quanto
all’evoluzione, basterà notare che se Covarrubias (1611) riporta una sola accezione del termine, il
Diccionario de autoridades (1726) ne riporta cinque, più molti derivati, tali da mostrare un ispessimento
semantico al quale ha certo contribuito la letteratura. Per quanto riguarda la critica di lingua inglese, è
stato più volte notato che al di fuori della cerchia degli ispanisti il vocabolo picaresque è utilizzato in
modo generico per ogni romanzo in cui vi sia un personaggio che viaggia ed entra in contatto con
ambienti sociali bassi (cfr. per esempio D. Eisenberg, «Does the Picaresque Novel exist?», in Kentucky
Romance Quarterly, 26-1979, pp. 203-219, consultabile in rete alla URL
http://users.ipfw.edu/jehle/deisenbe/Other_Hispanic_ Topics/does_the_ picaresque.pdf).
10
D’altro canto, anche l’esistenza di un genere spagnolo è stata negata; cfr. D. Eisenberg, «Does the
Picaresque Novel exist?», cit., secondo il quale la mancanza di menzione della picaresca come genere da
parte degli scrittori, dei vocabolari e delle poetiche del 1600 dovrebbe sconsigliare l’uso di questo
vocabolo impreciso, a meno di non specificare il corpus, e tenendo comunque presente che si tratta di
un’etichetta moderna.
11
G.A. Alfaro, La estructura de la novela picaresca, Instituto Caro y Cuervo, Bogotà, 1977, p. 2.
11
Se dunque, mettendo da parte il problema di eventuali fonti di riferimento e
modelli presenti in ambito classico o nella letteratura medievale e rinascimentale, ci
riferiamo al genere incarnato storicamente in Spagna a partire dal Lazarillo de Tormes
(1554)
12
e concluso con Vida y hechos de Estebanillo González nel 1646
13
, possiamo
riferirci non a una precettistica coeva, che per questo ramo letterario è mancata, ma in
qualche modo a un corpus, se non univocamente fissato, almeno consuetudinario e
suffragato sia dall’autocoscienza degli autori, sia dalla ricezione contemporanea e
successiva. Corpus che ha presto costituito un canone, arricchito via via delle opere che
si accostavano ai testi fondanti – il Lazarillo e il Guzmán –, avvalorato dalle
denominazioni di genere interne ai testi e/o documentate nella ricezione, e poi passato
alla critica attuale, ma comunque da riesaminare e da verificare caso per caso. Ai nostri
fini, che sono quelli di stabilire cosa, in assoluto, un critico di oggi possa
legittimamente chiamare romanzo picaresco al di fuori dell’ambito storico della
picaresca spagnola, tentiamo comunque di porre alcuni punti fermi, almeno
terminologici, che ci permettano, se non altro, di escludere dal corpus che ci
accingiamo a considerare le opere che non abbiano determinati requisiti minimi.
Novela picaresca
In spagnolo novela significa tanto romanzo quanto novella o racconto lungo.
Dunque, non necessariamente solo romanzi; deve trattarsi di opere in prosa a carattere
finzionale. Di fatto, alcune novelle di Cervantes sono considerate picaresche; troverei
assurdo escludere dai modelli il Rinconete y Cortadillo solo perché non è un romanzo,
mentre molti elementi lo inseriscono di diritto, pur in assenza di alcune delle
caratteristiche usuali, nel genere che stiamo considerando. Vanno però escluse,
ovviamente, tutte quelle opere affini che non hanno forma di novela, e cioè le opere in
versi o di teatro, o le relazioni di vicende vissute, il cui argomento è in qualche modo
simile a quello della novela picaresca.
Picaresca significa che la narrazione ha come protagonista un pícaro; questo
dovrebbe portare ad escludere le opere in cui il pícaro non è protagonista, o nelle quali
il vagabondaggio e la povertà non sono che una condizione transitoria o derivata da una
scelta motivata da spinte estranee alla necessità di sopravvivenza o miglioramento
socioeconomico (p. es. il Quijote), quando non portino a un’autocoscienza del
protagonista come pícaro. Anche in vista dei successivi sviluppi, analogamente
escluderei quelle opere in cui il ruolo di pícaros è svolto da animali o da diavoli, perché
rappresentano una picaresca “di secondo grado”, in cui primaria è piuttosto
l’umanizzazione a fini allegorici o di straniamento. Senza arrivare a dire che El coloquio
de los perros di Cervantes o El diablo cojuelo di Vélez de Guevara non possano essere
considerate e analizzate anche come opere picaresche, non ritengo pertinente includerle
nella ricerca di quelle peculiarità del genere che possano essere applicabili al di fuori del
Siglo de oro spagnolo
14
.
12
Pur tenendolo presente come precedente, non sembra il caso di risalire addirittura alla Lozana andaluza
(1528), considerata da alcuni testo che inizia la picaresca femminile.
13
Da preferire alla Vida de Torres Villarroel (1743), opera assai tarda e non considerata finzionale;
tuttavia in una prima fase, per la definizione del genere, mi estenderò anche oltre il mezzo secolo di
fioritura (1554-1646) e prenderò in esame anche quest’opera.
14
Con questo non voglio escludere che la picaresca che ha come soggetti animali o diavoli abbia avuto
continuazioni o riprese in ambito ispanoamericano. Ho notizia, p. es., di un articolo («Aspectos de la
picaresca canina en Cervantes y en Ciro Alegría» di Karlo Budor, in Studia romanica et anglica
zagrabiensia, 41-42, Filozofski Fakultet, Zagabria 1976, pp. 437-458) che studia il rapporto di Los perros
hambrientos di Ciro Alegría col Coloquio de los perros di Cervantes.
12
Corpus aperto o chiuso?
Si può studiare un’opera dicendo che partecipa delle caratteristiche di vari generi
o che riprende tradizioni diverse; ma se si vuole studiare un gruppo di opere senza
incorrere in approssimazione e flessibilità eccessive, e specialmente se si vuole arrivare
a definizioni poi utilizzabili come strumenti di misura della applicabilità della categoria
ad opere distanti per ambito culturale, è più funzionale operare su un sistema chiuso, per
quanto possibile completo.
Le due nozioni sembrano in contrasto, tuttavia si può cercare di conciliarle
ricercando tutte le novelas picarescas menzionate come tali dalla critica, e poi
escludendo quelle che non hanno i requisiti minimi di cui sopra. I testi che vengono di
solito indicati come picareschi sono in numero chiuso, intorno alla trentina, tutti
facilmente reperibili, e costituiscono quindi un insieme facilmente analizzabile;
considerarli tutti mi sembra necessario, perché molte teorizzazioni studiano le
caratteristiche della picaresca deducendole da quelle che vengono considerate le tre
opere principali – Lazarillo, Guzmán e Buscón -, senza approfondire il ventaglio di
possibilità aggiunto via via dalla pratica successiva. Così, è sembrata irrinunciabile, ad
esempio, la scrittura in prima persona, dato essenziale nel configurare il particolare
taglio visuale che la picaresca ha introdotto in letteratura; si dimentica però che la
gamma delle possibilità fu più ricca, e che lo scrittore del secolo d’oro aveva la
possibilità di scrivere una novela picaresca anche in terza persona, o rinunciando
addirittura alla presenza del narratore se la novela era dialogata.
A proposito di questa scelta “ristretta”, una posizione piuttosto estrema è quella di
Maurice Molho, che in una fase della sua elaborazione critica riteneva che solo quattro
libri rispondessero appieno ai criteri di definizione della picaresca: il Lazarillo, il
Guzmán, il Buscón e Moll Flanders, di Defoe
15
. L’allargamento a un romanzo inglese
che ha come protagonista una donna bilancia di certo la rigidità della scelta, aprendo il
ventaglio delle possibilità; ha invece l’inconveniente di non considerare la picaresca in
prospettiva storica, ma forzarla in categorie narratologiche astratte, desunte
evidentemente dai soli modelli.
Trovo, invece, estremamente interessante la posizione di Francisco Rico
riguardo alla triade solitamente considerata di base, posizione elaborata in funzione
della futura evoluzione del romanzo moderno; lo studioso fa notare che dopo gli apporti
rivoluzionari di Lazarillo e Guzmán, opere fondatrici insieme col Quijote del nuovo
statuto della finzione, il Buscón di Quevedo rappresenta un passo indietro, in quanto
«desdeña el principio de verosimilitud asociada a un punto de vista personal», «es
literatura de la literatura», «no mandan los hechos sino el lenguaje»; e «esa genial
reificación del lenguaje va directamente en contra de la intuición que dio origen a la
novela realista». Pertanto, «La historia de Pablos supone un paso atrás en la senda
abierta por el Lazarillo: el Buscón es literatura de la literatura»
16
.
Per quanto riguarda la picaresca, Lazarillo e Guzmán, hanno dunque un valore di
opere fondanti, mentre il Buscón deve essere considerato un esempio di applicazione del
modello, come altri, con tutte le possibilità di apportare variazioni già inscritte in
partenza nel modello stesso.
15
M. Molho, «Introduction à la pensée picaresque», in Romans picaresques espagnols, Parigi,
Gallimard, 1968. Successivamente Molho ha approfondito e sviluppato aspetti della sua teoria, ma senza
rinnegare quell’enunciazione del “picarismo restringido” (Cfr. p. es. «¿Qué es picarismo?», in Edad de
oro, II, Depart. de Literatura Española, Universidad Autónoma de Madrid, 1983, pp. 127-135).
16
Citazioni tratte tutte da F. Rico, «Novela picaresca e historia de la novela», in Claves, n. 20, marzo
1992, p. 79.
13
D’altro canto, bisogna considerare che la visione di Rico riguardo alla storia
della narrativa picaresca è decisamente negativa; a suo giudizio, ai due testi fondanti,
innovatori, ha fatto seguito, in quella che chiama «la tragicomedia de la novela
picaresca», la riduzione a mera formula letteraria, ormai poco interessante e non più
feconda
17
; ma qui è proprio il modo di questa trasformazione in un genere che ci
interessa, in quanto possibile punto di riferimento globale per gli scrittori delle epoche
successive, accanto alle sollecitazioni rappresentate dalle singole opere. Ed è per lo
stesso motivo che rinuncio a un esame dettagliato di ulteriori irrigidimenti della critica,
che secondo Daniel Eisenberg sarebbe concorde esclusivamente nel qualificare novela
picaresca la prima parte del Guzmán de Alfarache
18
.
La coscienza coeva
Dell’esistenza di un insieme di opere denominabile novela picaresca non si trova
traccia nella precettistica del Secolo d’oro, né risulta che nessun autore abbia scritto
niente di simile a un’arte nuevo che desse consigli, sia pure empirici, per la
composizione di un romanzo o racconto di questo tipo. Gli stessi vocabolari dell’epoca,
che danno spazio ad altri generi, come i libros de caballerías, ne tacciono
19
. Tuttavia,
all’inizio del XVII secolo gli autori e i lettori erano già in grado di situare una storia che
trattasse di un pícaro o personaggio simile nella scia tracciata dal Lazarillo e dal
Guzmán.
Secondo Florencio Sevilla Arroyo
20
, che elabora precedenti apporti critici,
l’uscita del Guzmán in un’epoca che vedeva già sistematizzate all’interno della forma di
novela le nuove formule (pastorale, morisca, bizantina) accanto alle più antiche
(sentimentale e cavalleresca), aveva immediatamente fatto ripubblicare e assumere
come precedente il Lazarillo de Tormes, proprio perché esso era rimasto un caso isolato,
con la sua anonima continuazione del 1555, non riconducibile ad alcun filone.
L’accostamento avrebbe unito tra loro due diverse concezioni, che avrebbero
dato origine, pur nella libertà assoluta di variare qualsiasi elemento, a due diversi rami,
a seconda del modello prevalente: anecdótico, derivato dal Lazarillo (Buscón, Segundo
Lazarillo, Gregorio Guadaña, Estebanillo González, ecc.) e sermonístico, ripreso dal
Guzmán (Pícara Justina, Marcos de Obregón, Alonso mozo de muchos amos, ecc.).
Sevilla Arroyo considera picaresca, in questo quadro, ogni opera che si rifà all’uno o
all’altro modello, con la libertà di variarne gli ingredienti, e come conseguenza di ciò
disegna il corpus come indicato nel prossimo paragrafo.
17
F. Rico, La novela picaresca y el punto de vista, Barcellona, Seix Barral, 1970 e successive riedizioni;
cfr. le pp. 129-141 dell’edizione 1989 corretta e aumentata.
18
D. Eisenberg, «Does the Picaresque Novel exist?», cit., p. 208; l’esclusione della II parte del Guzmán è
attribuita a Rico («Por sólo la segunda etapa de su carrera [part II of the Guzmán] pienso que nadie lo
hubiera llamado pícaro», cita Eisenberg in nota), ma la frase contenuta in La novela picaresca, cit., p.
105, è decontestualizzata; Rico era partito dalla considerazione che Alemán, pur avendo chiamato pícaro
il suo personaggio nella prima parte, aveva evitato invece il termine nella seconda; ma poi continua la
frase dicendo «pero aún merecía el marbete – pese al mismo Alemán – por continuar parcialmente la
picardía de antaño, aunque cada vez más desleída en otras facetas; por seguir siendo el personaje a quien
el público había tratado de “Pícaro” por antonomasia (y por sinécdoque, pars pro toto)». Tutt’altro,
dunque, che un’esclusione.
19
Covarrubias (1611) non riporta l’aggettivo “picaresco”, mentre Autoridades lo riporta come derivato da
pícaro, ma non lo riferisce a un genere letterario.
20
F. Sevilla Arroyo, «Presentación», in Id. (ed.), La novela picaresca española, Madrid, Castalia, 2001,
pp. I-LIII.
14
Ho citato quest’autore non per appoggiarne la teoria della divisione in due rami
– mutuata in parte dal sistema di Alfaro
21
– che non mi convince nel suo dualismo (mi
basta considerare il caso del Guitón Onofre, in cui convivono le riprese testuali del
Lazarillo con il sistema difensivo dell’argomentazione considerato di radice
alemaniana), ma perché il recupero del Lazarillo a quasi mezzo secolo di distanza dalla
sua pubblicazione pone comunque dei problemi di rapporto tra i due modelli, che mi
sembrano ben messi in rilievo dal critico, il quale cita esplicitamente un importante
studio di Claudio Guillén al riguardo.
Quest’ultimo, nel saggio «Luis Sánchez, Ginés de Pasamonte y los inventores
del género picaresco» (1966)
22
, aveva indicato la rinnovata fortuna editoriale del
Lazarillo come il fattore decisivo perché il pubblico, tra il 1599 (pubblicazione della
prima parte del Guzmán) e il 1605 (pubblicazione della prima parte del Quijote),
percepisse la coscienza della nascita di un genere picaresco, coscienza che sarà un
personaggio del Quijote, il forzato Ginés de Pasamonte, autore di un romanzo di questo
tipo, a esprimere per primo:
–Señor caballero, si tiene algo que darnos, dénoslo ya, y vaya con Dios; que
ya enfada con tanto querer saber vidas ajenas; y si la mía quiere saber, sepa
que yo soy Ginés de Pasamonte, cuya vida está escrita por estos pulgares.
—Dice verdad —dijo el comisario—; que él mesmo ha escrito su historia,
que no hay más, y deja empeñado el libro en la cárcel, en doscientos reales.
—Y le pienso quitar —dijo Ginés— si quedara en doscientos ducados.
—¿Tan bueno es? —dijo don Quijote.
—Es tan bueno —respondió Ginés—, que mal año para Lazarillo de
Tormes y para todos cuantos de aquel género se han escrito o escribieren. Lo
que le sé decir a voacé es que trata verdades, y que son verdades tan lindas y
tan donosas, que no pueden haber mentiras que se le igualen.
—¿Y cómo se intitula el libro? —preguntó don Quijote.
—La vida de Ginés de Pasamonte —respondió el mismo.
—¿Y está acabado? —preguntó don Quijote.
—¿Cómo puede estar acabado —respondió él—, si aún no está acabada mi
vida? Lo que está escrito es desde mi nacimiento hasta el punto que esta
última vez me han echado en galeras. (Quijote I,22 p. 264)
23
21
G.A. Alfaro, in La estructura de la novela picaresca, cit., individua tre classi in rapporto agli elementi
strutturali: lineal, digresiva e mixta. Non concordo con la categorizzazione di Alfaro, che a mio parere
non tiene conto dello stacco temporale tra il Lazarillo e le altre opere picaresche, né col giudizio di valore
che collega al terzo gruppo. Mi ha dato invece da pensare il fatto che A. Cassol, nel suo Vita e scrittura.
Autobiografie di soldati spagnoli del Siglo de Oro, LED, Milano, 2000, decida, nello studiare un gruppo
di opere così correlato a quello che ci interessa, di tenere separati i testi cinquecenteschi da quelli del
1600 proprio per motivi stilistici. Secondo Cassol, l’assenza di modelli di autobiografia non religiosi
avrebbe dato come risultato, nel Cinquecento, vite più che altro informative, mentre quelle successive
sarebbero letteralizzate, in parte anche finzionalizzate, e con una cospicua dimensione intertestuale. Il
percorso della serie picaresca mi sembra simile – come suggerito esplicitamente dallo stesso Cassol –: la
Vida di Lazarillo non aveva ancora, come modello, che relazioni simili a quelle prime Vidas più
informative, con le quali cercava di confondersi; mentre le opere successive condividono una complessità
strutturale nuova, che alcuni testi sfruttano più di altri, ma che nasce da una diversa coscienza dell’io e da
una concezione barocca della scrittura.
22
In Homenaje a Antonio Rodríguez Moñino, I, Castalia, Madrid, 1966, pp. 221-231, consultabile anche
nella versione abbreviata riportata in Siglos de Oro: Barroco, a c. di Bruce W. Wardropper, vol. 3 di
Historia y crítica de la literatura española, a c. di Francisco Rico, Crítica, 1983, pp. 468-471.
23
I numeri di pagina delle citazioni del Don Quijote si riferiscono all’ed. a c. di John Jay Allen, Madrid,
Cátedra, 1977.
15
I riferimenti sono chiari; a parte la possibile identificazione di Ginés con un
Jerónimo de Pasamonte autore di una autobiografia, la Vita scritta dalle galere allude
chiaramente al Guzmán, mentre il Lazarillo è esplicitamente citato come il modello da
superare.
Claudio Guillén sottolinea il ruolo del lettore nel creare la coscienza della nascita
di un genere nuovo, stimolato in questo dall’opera degli editori:
No es la obra individual —como la de Mateo Alemán, o la Segunda parte del
Guzmán de Alfarache (1602) de Mateo Luján— la que crea el género, desde
luego, sino el lector —o el escritor antes de escribir, o sea, en cuanto lector.
Pues, el género existe o actúa ante todo mentalmente (no como genus lógico,
sino como producto de una vivencia literaria). […]
Uno de los numerosos y anónimos inventores del género picaresco sería,
pues, aquel Luis Sánchez que dio al público el Lazarillo el 11 de mayo de
1599, dos meses después de la primera publicación del Guzmán de Alfarache
en Madrid, siendo imitado acto seguido por sus colegas de Barcelona,
Zaragoza, París, etcétera. (p. 230)
Identificazione del corpus
È recente (2001) l’apparizione di un volume intitolato La novela picaresca
española
24
, che ha l’ambizione, esplicita nel sottotitolo, di riunire in un solo libro «toda
la novela picaresca»; nell’ultima di copertina il curatore Sevilla Arroyo elenca i 20 titoli
che contiene, solo in parte coincidenti con l’omonima storica raccolta di Ángel
Valbuena Prat
25
.
Contemporaneamente, Pablo Jauralde Pou, in La novela picaresca
26
, riunisce
solo cinque opere (Lazarillo, Guzmán, Buscón, La pícara Justina, Estebanillo
González), ma negli elementi paratestuali che precedono i testi inserisce un elenco delle
opere picaresche più esteso in cui compaiono – non compresi nel corpus degli altri due
– Las harpías de Madrid di Castillo Solórzano, una novela cortesana di María de Zayas
e l’opera di Gracián El Criticón.
Di questi tre testi, elencati solo da Jauralde, prendo in considerazione Las
harpías ma non includo nel quadro che segue gli altri, che mi appaiono manifestamente
appartenenti a filoni diversi.
24
F. Sevilla Arroyo, La novela picaresca española, cit.
25
Ho esaminato in dettaglio la quarta edizione, Madrid, Aguilar, 1962, in due volumi, ma si tenga
presente che la raccolta ha avuto riedizioni continue, in volume unico o in due tomi, dal dopoguerra ad
oggi.
26
Madrid, Espasa, 2001.
16
Le novelas picarescas sarebbero dunque, a tenere presenti le tre raccolte sopra
indicate, le seguenti:
Lazarillo de Tormes anonimo VP/SA/JP
Lazarillo 2a parte anonimo SA
Guzmán de Alfarache Alemán VP/SA/JP
Guzmán apocrifo Martí VP/SA
El guitón Onofre Gregorio González SA/(JP)
La pícara Justina López de Úbeda VP/SA/JP
La hija de Celestina Salas Barbadillo VP/SA/(JP)
Coloquio de los perros Cervantes VP/SA
Rinconete y Cortadillo Cervantes VP
El casamiento engañoso Cervantes VP
La ilustre fregona Cervantes VP
Desordenada codicia García SA/(JP)
Marcos de Obregón Espinel VP/SA/(JP)
Lazarillo de Manzanares Cortés de Tolosa SA/(JP)
Lazarillo 2a parte Juan de Luna VP/SA/(JP)
El donado hablador Alcalá Yáñez VP/SA/(JP)
El buscón Quevedo VP/SA/JP
Las harpías de Madrid Castillo Solórzano (JP)
La niña de los embustes Castillo Solórzano VP/SA/(JP)
El bachiller Trapaza Castillo Solórzano VP/(JP)
La garduña de Sevilla Castillo Solórzano VP/SA/(JP)
Estebanillo González anonimo VP/SA/JP
Periquillo el de las gallineras F. de Santos VP/SA
Vida escrita por él mismo Torres Villarroel VP
El castigo de la miseria María de Zayas VP
El diablo cojuelo López de G VP/(JP)
Vida de don Gregorio Guadaña Enríquez Gómez VP/(JP)
Legenda: VP = pubblicato nella raccolta curata da Valbuena Prat; SA = pubblicato nella
raccolta curata da Sevilla Arroyo; JP = pubblicato nella raccolta curata da Jauralde Pou;
(JP) = menzionato come picaresco da Jauralde Pou.
Sarà forse opportuno specificare che la scelta di partire dalle due ultime raccolte,
più quella che per mezzo secolo ha costituito il canone più diffuso, non è qui casuale.
Infatti, se anche volessimo compiere un viaggio attraverso le raccolte di narrativa
picaresca cronologicamente ordinato in senso crescente, dovremmo tenere presente che
i primi volumi ad aver affratellato tra loro dei romanzi picareschi avevano come criterio
unificante non la tematica, ma solo la forma di romanzo e il criterio temporale: si tratta
dei due volumi usciti a metà del XIX secolo nella B.A.E. coi titoli Novelistas anteriores
a Cervantes (1846) e Novelistas posteriores a Cervantes (1851-54, 2 vv.)
27
, i quali in
effetti riportavano opere picaresche accanto ad altre. La prima raccolta a dichiarare nel
titolo di aver riunito romanzi picareschi, a giudicare dai cataloghi bibliografici, sembra
essere stata la Colección de libros picarescos pubblicata a Madrid nel 1899 da B.
Rodríguez Serna.
27
Traggo queste notizie, fondamentalmente, dal Catálogo bibliográfico de la literatura picaresca (siglos
XV-XX) di J.L. Laurenti, Reichenberger, Kassel, 1989.
17
Dunque, le sistematizzazioni del corpus sembrano essere state fatte ben dopo il
periodo di vitalità dello stesso, e le date delle collezioni lo confermano: dopo la citata
del 1899, una nel 1922 (F. Ruiz Morcuende), e poi dal 1943 (Valbuena Prat) una serie
frequentissima e ininterrotta fino ai giorni nostri. Anche la sistematizzazione teorica
della materia da parte della critica non è coeva, ma inizia a partire dal XIX secolo.
Per tornare alle raccolte sopra comparate, la scelta, pur essendo così limitata,
può essere considerata abbastanza rappresentativa, in quanto raccoglie certamente tutte
le opere indicate dalla critica come importanti, e fornisce una lista abbastanza completa
di quelle che vi si sono affiancate. E’ una caratteristica della picaresca, proprio per la
sua natura di serie stabilitasi senza regole e delimitata a posteriori, quella di presentare
una zona di confine non perfettamente definita, nella quale vengono a volte citate opere
che condividono con essa pochi o non centrali elementi — il caso del Criticón indicato
da Jauralde mi sembra emblematico —, ma ovunque la consistenza numerica del corpus
individuato dai diversi critici — a volte, come si è visto, davvero esiguo — non
raggiunge la trentina. Né le storie della letteratura presentano un panorama diverso: in
esse sono pochi i testi che si aggiungono, tra questi Los anteojos de la mejor vista
(1625), El mesón del mundo (1631) di Rodrigo Fernández de Ribera
28
, e una Tercera
parte del Guzmán di F. Machado de Silva
29
. In una snella monografia
30
Antonio Rey
Hazas dà un canone composto dai titoli inseriti nello schema di cui sopra, esclusi la
continuazione anonima del Lazarillo, le Novelas ejemplares di Cervantes, Las harpías
de Madrid e tutti i testi successivi all’Estebanillo González, in tutto quindici testi che
rappresentano la scelta oggi solitamente condivisa.
Il quadro comparativo, dunque, ci fornisce un buon punto di partenza per la
nostra analisi; in particolare, i cinque testi dell’antologia di Jauralde sono quelli che la
maggior parte dei critici non ha difficoltà a considerare picareschi, anche se la natura di
pícaro di Estebanillo è stata messa in dubbio; ma d’altra parte c’è anche chi esclude
dalla picaresca lo stesso Lazarillo de Tormes
31
, di certo non scartabile ai fini della
nostra ricerca di possibili modelli.
Appare qui più opportuno, piuttosto che ridurre il numero delle opere sulla base
di esclusioni di natura narratologica, iniziare un viaggio nei testi alla ricerca di conferme
della loro natura picaresca, escludendo solo quelli che già al primo sguardo siano del
tutto privi delle due caratteristiche che ci interessano: la scrittura finzionale in forma di
novela e il protagonista pícaro, uomo o donna ma non animale né diavolo.
Un indicatore fondamentale: la parola pícaro
Prima di escludere dalla lista quei testi che presentano nella funzione di
protagonista un pícaro non umano (la Seconda parte anonima del Lazarillo, il Coloquio
de los perros e El diablo cojuelo) o che non sono classificabili come opere di finzione,
come le narrazioni aventi una base biografica (Vida de Torres Villarroel), vorrei
ricercare in tutte le opere dell’elenco la presenza della parola pícaro, anche al fine di
stabilire con certezza se il protagonista sia stato apertamente qualificato tale dall’autore.
Naturalmente, per evitare errori e per rendere più agevole la ricerca, sarà opportuno
condurla con metodologie informatiche.
28
V. p.es. Blanca Periñán, «Il romanzo picaresco», nel recente manuale L’etá dell’oro della letteratura
spagnola. Il Seicento, a c. di Maria Grazia Profeti, La Nuova Italia, Firenze, 1998, pp. 453-497.
29
Pubblicato nel 1927 da G. Moldenhauer in Revue Hispanique, LXIX, pp. 1-340.
30
La novela picaresca, Madrid, Anaya, 1990.
31
V. p. es. A. Parker, che in Literature and the Delinquent. The Picaresque Novel in Spain and Europe,
1559-1753, Edinburgh University Press, Edimburgo, 1967, ne nega la natura di pícaro.
18
Ricercando la parola pícaro e i suoi derivati nei testi elettronici delle novelas di
cui sopra si può ottenere un primo quadro di questo tipo:
opera data pícaro picaresco picardía altri
Lazarillo de Tormes * 1554 0 0 0 0
Lazarillo 2a parte* 1555 0 0 0 0
Guzmán de Alfarache I 1599 27 1 2 1
Guzmán apocrifo # 1602 12 2 0 0
El guitón Onofre # 1604 4 0 1 0
Guzmán de Alfarache II * 1605 5 1 1 1
La pícara Justina * 1605 97 6 18 34
La hija de Celestina # 1612 3 0 1 0
Rinconete y Cortadillo * 1613 2 0 0 0
Coloquio de los perros * 1613 1 0 0 0
El casamiento engañoso * 1613 0 0 0 0
La ilustre fregona * 1613 9 2 0 0
Desordenada codicia # 1617 1 0 0 0
Marcos de Obregón * 1618 19 0 0 1
Lazarillo de Manzanares* 1620 2 0 1 2
Lazarillo 2a p. (Luna) # 1620 4 3 1 2
El donado hablador I # 1624 3 0 0 0
El donado hablador II # 1626 2 0 0 0
El buscón * 1626 15 0 0 7
Las harpías de Madrid * 1631 1 0 0 0
La niña de los embustes # 1632 2 0 0 1
El bachiller Trapaza* 1637 3 0 0 3
El castigo de la miseria * 1637 2 0 1 0
El diablo cojuelo % 1641 2 0 0 0
La garduña de Sevilla % 1642 2 0 0 3
V. de d. Greg. Guadaña # 1644 3 0 0 0
Estebanillo González # 1646 15 1 1 2
Periquillo el de las g. # 1668 4 0 1 0
Vida de Torres Villarroel 1745 3 2 2 7
NOTA. La ricerca ê stata condotta su testi informatizzati, scaricati dai seguenti siti:
www.cervantesvirtual.com (per i testi contrassegnati nello schema dall’asterisco),
www.ilbolerodiravel.org (contrassegnati dal segno %), www.aas.duke.edu (Guzmán de
Alfarache I), www.intratext.com (Vida de Torres Villarroel), oppure scannerizzati
manualmente da me a partire dall’edizione di Florencio Sevilla – scelta perché
presentava caratteristiche tipografiche che la rendevano particolarmente adatta, cioè
mancanza di note e dimensioni A4 della pagina – ed elaborati automaticamente senza
correzione (testi contrassegnati dal segno #). Data l’evidente disparità di criteri e di
qualità del testo, la ricerca automatica è stata poi condotta badando a varianti grafiche
ed etimologiche e cercando di aggirare possibili errori di acquisizione nei testi
scannerizzati con la ricerca automatica del solo segmento “car” (comune a tutti i
derivati e mai portatore di accento, elemento che può non essere correttamente
riconosciuto nelle elaborazioni di testi da digitalizzazione), seguita dal controllo caso
per caso e dalla ricerca finale per termine completo. Tuttavia, i dati numerici riportati
nel quadro devono essere intesi come orientativi ad un’analisi testuale che, per essere
rigorosa, dovrebbe tenere conto di criteri anche ecdotico-filologici. Qui la si è utilizzata
finalizzandola, più che a valutazione meramente statistica, alla preselezione dei
materiali di studio.