5
INTRODUZIONE
«Le parole non bastano mai a raccontare una guerra. Il tempo comunque le sbiadisce, le parole, le
disossa. Finisce per renderle tutte uguali. La storia di una guerra, piuttosto, resta fissata da
un’immagine – una fotografia, un disegno, un quadro, la sequenza di una ripresa televisiva - che nel
fondo del nostro immaginario emotivo conserva una qualità comunicativa fortemente simbolizzata,
più persistente di qualsiasi racconto di cronaca»
Mimmo Cándito
“Un’immagine vale più di mille parole”. Quante volte abbiamo sentito questa frase?
A volte forse l’abbiamo anche pronunciata, convinti del suo significato, mentre in
altre – magari – solo per “farci belli” con un detto comune. La citazione sopra
riportata esprime in modo più elaborato questo concetto, aggiungendovi una
particolareggiata quanto veritiera spiegazione: nella mente umana resta
maggiormente impresso un simbolo rappresentato visivamente piuttosto che una
sequenza di parole, e questo accade perché nel nostro immaginario le emozioni
suscitate da una fotografia o da un dipinto rimangono vive e nitide più lungo, poiché
esercitano un impatto maggiore rispetto a quello di un testo scritto. In tutto questo,
un ruolo importante lo gioca il tempo, e tra le righe Cándito sembra affermare che,
mentre lo scorrere delle lancette può rivelarsi il più grande nemico della parola, può
essere (e di fatto sembra esserlo) il più prezioso alleato della visualità. Con il defluire
della sabbia dalla clessidra, le parole perderebbero il loro significato originale e le
loro doti comunicative (come, ad esempio, quella di trasmettere un particolare
sentimento nel cuore del lettore) finendo, quindi, per diventare tutte uguali,
apparentemente vuote agli occhi di chi non le sa più leggere o non è più in grado di
coglierne il messaggio. Al contrario, un’istantanea non smetterebbe mai di
trasmettere l’emozione racchiusa al proprio interno; così come non cesserebbe mai di
raccontare la realtà come essa appare (anche se questo non è sempre del tutto vero).
Eppure, per quanto il tempo possa davvero rivelarsi un difficile antagonista per la
parola scritta, non si può negare che ne possa essere altresì una valido supporto; è,
infatti, merito suo se ancora oggi possiamo godere di capolavori classici che non solo
nel corso degli anni ci hanno insegnato molto, ma dai quali ancora abbiamo tanto da
6
imparare. Certo, forse non capiremo i significati originali, ma potremo sempre
sforzarci di trovarne dei nuovi, di “attualizzarli” per riuscire a “farli nostri”; ma di
una fotografia si può dire lo stesso? Quando guardiamo un quadro, comprendiamo
davvero quali fossero i reali pensieri e sentimenti del pittore al momento della sua
realizzazione? Non ci staremo piuttosto illudendo, giustificando la nostra
convinzione, magari, adottando un’interpretazione data da chi è venuto prima di noi?
Le parole possono mentire e fuorviare, è vero, ma lo stesso possono fare anche le
immagini, e di questo parlerò approfonditamente nel corso di questa trattazione.
La citazione di Cándito mi è sembrata particolarmente indicata per introdurre
l’argomento cardine di questa tesi, ossia la notizia internazionale raccontata
attraverso lo scatto fotografico; ma è anche vero che, essendo limitata al contesto
bellico, risulta in qualche modo fuori luogo inserita all’interno di un lavoro che, in
nessuna delle sue pagine, approfondisce tale tematica. Eppure, ai miei occhi, era la
frase d’apertura perfetta, non solo per l’importanza del messaggio che trasmette –
anche quando indipendente ed estrapolata dal suo testo d’origine – ma, soprattutto,
perché “guerra” – in ambito giornalistico – significa “storia”, “notizia”, ossia proprio
il fulcro costituente di questa mia fatica. In modo particolare del capitolo centrale,
nel quale mostrerò esempi di foto-notizie internazionali recenti – talvolta
drammatiche – che dal punto di vista mediatico (ma non solo) hanno lasciato un
segno indelebile nell’opinione pubblica mondiale e nella nostra Storia. Pertanto,
questo estratto non solo mi è sembrato più che pertinente, ma credo che possa essere
riadattato nella seguente maniera, senza che ne risenta il significato originale:
«Le parole non bastano mai a raccontare una notizia. Il tempo comunque le sbiadisce, le parole, le
disossa. Finisce per renderle tutte uguali. La storia di un evento, piuttosto, resta fissata da
un’immagine – una fotografia, un disegno, un quadro, la sequenza di una ripresa televisiva - che nel
fondo del nostro immaginario emotivo conserva una qualità comunicativa fortemente simbolizzata,
più persistente di qualsiasi racconto.»
1
La parola e la fotografia vengono viste come elementi distinti, dunque, ma – al
tempo stesso – indispensabili per poter raccontare i problemi di questa
contemporaneità e le emozioni umane. Ingranaggi singoli di un unico meccanismo
(simile a quello di un orologio da taschino) che combinati insieme dall’esperienza e
dalla professionalità di un (foto)reporter, creano la notizia. Per cercare di capire
1
M. CÁNDITO, C’erano i reporter di guerra. Storia di un giornalismo in crisi, da Hemingway ai
Social Network, Baldini&Castoldi, Milano, 2016, p. 361.
7
come e da quando questi due elementi interagiscano tra loro, analizzerò da prima le
rispettive origini per poi giungere al momento tanto atteso del loro incontro.
Partirò dalla nascita del giornalismo e della notizia internazionale, ne seguirò
l’evoluzione e ne identificherò i protagonisti; dopodiché ripercorrerò la storia della
fotografia, proponendo anche alcuni capolavori - entrati nella memoria collettiva per
il loro valore storico-documentativo, artistico e comunicativo – di grandi foto-
giornalisti quali – tanto per menzionarne alcuni – Eisenstaed, Capa ed Henri-Cartier
Bresson. Indagherò in che modo l’etica e la deontologia condizionino – nel bene o
nel male – un professionista durante lo svolgimento del proprio lavoro, le
manipolazioni e le strumentalizzazioni che si possono celare dietro un’immagine, i
criteri di scelta – da parte di una redazione – di un particolare scatto, e il crescente
ricorso al “citizen journalism”. Approfondirò il lato estetico-descrittivo, politico,
sociale, economico, culturale ed emotivo, di quegli scatti che possono essere definiti
“nuove icone” fotografiche, a causa del loro impatto comunicativo, e che sono entrati
– spesso loro malgrado – a far parte dell’album della Storia. Fornirò – o per lo meno
questo è l’intento – un quadro quanto più ampio e generale degli eventi (e delle
tragedie) in essi immortalati, comprensivo dei fatti che li hanno preceduti e delle
conseguenze che da essi sono sorte. Infine, spostandomi nello scenario virtuale di
Internet, esaminerò i cambiamenti della comunicazione nel giornalismo 2.0 e il
fenomeno della viralità nei social network (sia quando essa riguarda una notizia,
un’immagine o un video) avvalendomi – anche in questo caso – di prove mediatiche
particolarmente emblematiche.
Questa trattazione che – come si vedrà – spazia in molti ambiti diversi
dell’informazione giornalistica, non pretende di diventare (né ora né mai) materiale
nozionistico, tuttavia vanta una certa originalità rispetto ai tanti testi già esistenti
sull’argomento, in quanto incentrata su due argomenti che di solito sono trattati
singolarmente. Questa sua unicità è per me motivo di orgoglio e spero davvero che
venga apprezzata.
9
1. LA NOTIZIA INTERNAZIONALE
Nei giornali e nei notiziari televisivi, nelle trasmissioni e nelle riviste di
approfondimento, le notizie provenienti dall’estero hanno, da sempre, ricevuto
un’attenzione particolare. Il motivo è molto semplice: storicamente, conoscere quello
che succedeva al di fuori dei confini nazionali era fondamentale per la sopravvivenza
e la crescita di uno Stato, specialmente quando si trattava di conflitti bellici o di
mutamenti economici.
Lo stesso naturalmente vale ancora più oggi; con il passare del tempo, però, sono nati
molti nuovi argomenti su cui dibattere a livello globale, come ad esempio le
questioni ambientali, le invenzioni tecnologiche, le scoperte scientifiche, il
terrorismo, e l’immigrazione (solo per citarne alcuni), e le notizie internazionali, da
sempre tanto importanti, forse in questi ultimi due secoli hanno assunto una rilevanza
ancora maggiore.
In un mondo cosmopolita e altamente interconnesso come il nostro, infatti, è
impensabile (quasi inconcepibile) non essere informati su quello che succede nel
mondo. Non solo, ma considerando tutte le fonti di facile accesso di cui disponiamo
(computer, tablet, smartphone, televisione, radio, giornali), è praticamente
impossibile restare all’oscuro di qualcosa. Grazie alle più moderne tecnologie,
infatti, l’informazione sembra quasi trascendere la volontà umana di conoscenza e
imporsi con forza sulle persone che, volenti o nolenti, ne subiscono la “prepotenza”
finendone spesso “tramortiti” e “prosciugati emotivamente”.
Ma andiamo con ordine: prima di arrivare a parlare di come ormai, anche davanti a
fotografie e immagini che mostrano veri e propri orrori, l’assuefazione e
l’indifferenza siano le sole “reazioni” che siamo in grado di mostrare (anche se
fortunatamente le eccezioni esistono), dobbiamo chiarire, o quanto meno provarci,
9
quando compaiono nei giornali le prime notizie internazionali, come si sono evolute
nel corso della storia e chi ne sono i soggetti-autori principali.
A tutte queste domande si cercherà di rispondere in questo primo capitolo.
1.1 La notizia internazionale nell’età moderna.
Dalla scoperta dell’America alla Riforma Protestante, dalla Rivoluzione Francese a
quella Industriale, dalle due Guerre Mondiali alla Guerra Fredda, i libri di storia sono
pieni di eventi che hanno segnato in modo permanente la vita dell’uomo.
Andando a ritroso nel tempo, una delle più importanti scoperte dell’umanità è stata
sicuramente la scrittura
1
- le cui prime testimonianze storiche a nostra disposizione
risalgono alla Mesopotamia e all’Egitto della fine del IV millennio a.C.
2
– ma tra
queste, va sicuramente annoverata anche quella del torchio tipografico da parte di
Johannes Gutenberg nel 1455, alla quale va riconosciuto il merito di aver innescato
una vera e propria “rivoluzione culturale”.
L’introduzione della stampa a caratteri mobili - un metodo di copiatura meccanica di
testi e manoscritti da prima minuziosamente riprodotti a mano dagli amanuensi – ha,
infatti, reso possibile la diffusione dell’alfabetizzazione, della cultura e
dell’informazione a livello globale.
La facilità e la velocità con cui si riproducevano libri e testi, permisero la nascita di
nuove botteghe, di nuove figure professionali (quali stampatori ed editori), e di un
nuovo genere di mercato incentrato sulla parola scritta. Non erano, infatti, solo i libri
ad essere stampati e poi venduti; anche i giornali cominciarono a fare la loro prima
apparizione in seguito all’invenzione della stampa. Gli eventi di cronaca della fine
del XV secolo non ebbero molta rilevanza, ma in seguito al sorgere della Riforma
Protestante, nel primo decennio del Cinquecento, il nascente settore editoriale iniziò
a prestare particolare attenzione alle «potenzialità di un nuovo mercato di massa delle notizie
su carta stampata e riguardanti eventi contemporanei.».
3
1
L’invenzione della scrittura ha contribuito non solo a creare una forma di comunicazione nuova, ma
ha anche permesso la conservazione della memoria e la nascita delle singole identità culturali di
(quasi) tutti i popoli del mondo.
2
Fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/scrittura Ad Vocem
3
A. PETTEGREE, L’invenzione delle notizie. Come il mondo arrivò a conoscersi., Einaudi, Torino,
2015, pp. 74-75.
10
All’inizio si trattava di opuscoli o altre piccole forme di stampa che contenevano
notizie di avvenimenti per lo più locali (ad esempio un assedio, una campagna
militare o la convocazione di un’Assemblea)
4
; in seguito, la gamma delle notizie si
ampliò fino a includere anche quelle di provenienza estera
5
e, nel 1605, si ebbe in fine
la nascita del primo giornale a Strasburgo
6
. Da quel momento i periodici iniziarono a
diffondersi in tutti i paesi d’Europa; agli esordi erano conosciuti come “libri di
notizie”
7
e il loro formato era il cosiddetto “broadsheet” (“lenzuolo” poiché avevano
pagine molto grandi in cui venivano inserite tante notizie diverse insieme), ma già
nel 1620 cominciarono a diffondersi i primi “corantos” a foglio singolo (dove le
notizie venivano raccolte in un’unica pagina
8
) e le “gazzette” che, oltre a dare
parecchio risalto agli eventi internazionali
9
, aggiungevano qualche commento sulle
questioni inerenti la politica interna
10
e gli affari pubblici.
11
Alla fine del Seicento, l’informazione stampata era così consolidata da essere pronta
a compiere un importante balzo in avanti: durante il secolo successivo, infatti, i
settimanali, i bisettimanali e i tri-settimanali diventarono quotidiani con
pubblicazione giornaliera.
12
La nuova crescente frequenza dei giornali d’informazione si rivelò problematica e
pericolosa per i governi dei vari Stati: questi vedevano, infatti, nei nuovi mezzi dei
potenziali strumenti sovversivi in grado di diffondere opinioni radicali o
rivoluzionarie potenzialmente minacciose per le autorità costituite e, pertanto,
cercarono di ostacolarne la diffusione.
Numerosi furono gli interventi presi contro i giornali e chi faceva informazione: nel
1712 in Inghilterra, ad esempio, lo Stamp Act impose ai proprietari dei giornali un
4
A. PETTEGREE, L’invenzione delle notizie, p. 90.
5
Ibidem, p. 93.
6
Si trattava di un fascicolo stampato con cadenza settimanale, nel quale venivano pubblicati
sistematicamente i bollettini manoscritti (di cui il proprietario – Johann Carolus – riuscì a garantirsi il
monopolio) provenienti dalle amministrazioni di diversi paesi del nord Europa. Ibidem, p. 208 e pp.
225-226.
7
A. CAVALLARI, La fabbrica del presente. Lezioni d’informazione pubblica, Feltrinelli, Milano,
1990, p. 102.
8
A. PETTEGREE,L’invenzione delle notizie, p. 241.
9
La prima “Gazette” nasce in Francia, a Parigi, nel 1631. Il direttore era Théophraste Renaudot, un
giornalista al servizio del cardinale Richelieu, e le notizie che vi erano pubblicate più che altro erano
traduzioni in francese di fatti accaduti in altri paesi. Ibidem, p. 249.
10
Ibidem, p. 247.
11
L. GORMAN e D. McLEAN, Media e società nel mondo contemporaneo, Il Mulino, Bologna, 2009,
pp. 15-17.
12
A. CAVALLARI, La fabbrica del presente. p. 107.
11
bollo equivalente a un penny per ogni foglio stampato e a uno scellino per ogni
inserzione pubblicitaria pubblicata.
13
Queste imposte andarono aumentando col passare degli anni ma non fermarono mai
la pubblicazione d’idee radicali e, grazie ai vari mutamenti di ordine sociale ed
economico che avvennero nel diciannovesimo secolo, infine, si crearono condizioni
migliori per la crescita di giornali a più ampia diffusione.
Nel corso dell’Ottocento, indubbiamente i cambiamenti più significativi a livello
sociale furono l’industrializzazione e l’urbanizzazione crescenti, le lotte per
l’ampliamento del diritto di voto alle donne, i mutamenti dei trasporti, e del sistema
scolastico; mentre a livello economico ci fu un incremento dell’attività pubblicitaria
14
e la nascita di grandi catene di giornali e periodici che portano all’affermazione di
veri e propri magnati della stampa, comunemente detti “press barons”, più
interessati a realizzare profitti che a trasmettere informazioni di qualità all’interno
dei propri giornali
15
.
Nei primi anni di questo secolo i giornali adottarono una nuova impaginazione - che
nel corso del tempo è rimasta approssimativamente la stessa fino ai giorni nostri –
che distingueva con chiarezza le diverse sezioni argomentative delle notizie: la
politica, la cronaca, l’economia, la cultura, eccetera…
Con questo nuovo tipo di struttura, acquisirono maggior spazio e visibilità le notizie
di provenienza internazionale, trasmesse alle redazioni dei giornali dalle prime
agenzie di stampa internazionali che proprio in quel periodo stavano nascendo in
diverse parti del mondo (l’Havas a Parigi, la Reuters a Londra, la Wolff a Berlino e
l’Associated Press in America).
16
Anche gli sviluppi tecnologici contribuirono molto a rivoluzionare il modo di
raccogliere le notizie: all’inizio dell’Ottocento il telegrafo di Samuel Morse aveva
azzerato le distanze permettendo lo scambio di informazioni da una parte all’altra del
pianeta; in seguito, la scoperta dei segnali radio gettò le basi per la creazione di una
radiotelegrafica mondiale e il telefono permise di raccontare lo svolgimento dei
13
L. GORMAN e D. McLEAN, Media e società nel mondo contemporaneo, pp. 15-17.
14
A. CAVALLARI, La fabbrica del presente, p. 124.
15
Il primo fu probabilmente Emile Girardin, fondatore nel 1836 de la “Presse” a Parigi, che –
intuitone il potenziale economico– riuscì a guadagnare più delle testate concorrenti grazie alle entrate
dalle inserzioni pubblicitarie. Ibidem, p. 125.
16
L. GORMAN e D. McLEAN, Media e società nel mondo contemporaneo, pp. 15-17.
12
conflitti che si combattevano in zone lontane del globo come se si stessero svolgendo
dietro l’angolo del giardinetto di casa. Anche il mondo dell’informazione fu, infine,
investito dalla rivoluzione industriale.
17
Altri mutamenti tecnologici influirono sulla produzione del giornale, come ad
esempio i progressi delle tecniche di fabbricazione della carta e della stampa; il
passaggio dalla macchina piana alla rotativa, permise di tirare rapidamente molte più
copie che in passato. Nelle redazioni dei giornali divennero inoltre comuni, dopo gli
anni sessanta dell’Ottocento, le macchine per scrivere, mentre la linotype rivoluzionò
la composizione della pagina del giornale.
18
Infine, un effetto importante sulla diffusione dei quotidiani lo ebbe anche la
progressiva abolizione delle restrizioni che avevano pesato sulla stampa.
La rimozione di queste imposte provocò, specialmente in Inghilterra, una sorta di
rivoluzione: in ogni provincia per la prima volta comparvero quotidiani che ridussero
il prezzo di vendita delle singole copie, invogliando le masse a tenersi maggiormente
informate e favorendo, al medesimo tempo, la diffusione dell’alfabetizzazione e dei
giornali d’informazione.
Ad approfittare della nuova visibilità della stampa furono in particolar modo gli
imprenditori e i commercianti in quanto, in un’era di produzione di massa e di
eccedenze di merci, per loro era sempre più importante portare i propri prodotti
all’attenzione di potenziali consumatori.
19
L’importanza della pubblicità apparì chiara agli occhi di tutti fin da subito e l’idea di
approfittare dei giornali e della loro tiratura in costante aumento si rivelò vincente da
questo punto di vista. La stampa, infatti, era il mezzo ideale per promuovere le merci
destinate a un mercato popolare sempre più vasto.
Gli inserzionisti erano interessati a raggiungere sì un pubblico amplio ma soprattutto
un pubblico dotato di potere d’acquisto che gli permettesse di rispondere ai loro
investimenti pubblicitari con la compera dei loro prodotti.
20
17
M. CÁNDITO, C’erano i reporter di guerra. p. 280.
18
A. CAVALLARI, La fabbrica del presente, p. 136.
19
Ibidem, p. 124.
20
L. GORMAN e D. McLEAN, Media e società nel mondo contemporaneo, cit. p. 18.