I Interpretazione della neutralità Svizzera.
1.1 La neutralità per orografìa
Un rapporto sfavorevole tra una terra poco fertile ed una popolazione consistente rende difficoltosa
la situazione economica e sociale dello stato.
Un territorio, quello svizzero, prevalentemente montuoso (circa il 60%), dimostra la poca
predisposizione all’attività agricola.
Il territorio arativo si stima infatti essere attorno al 10%, pertanto risulta impossibile trarre da questi
territori sufficienti risorse per il sostentamento dell’intero popolo svizzero, da sempre quindi,
costretto all’importazione.
Importare beni di consumo da altri stati necessita grandi e continue risorse economiche, che gli
svizzeri in passato, essendo prevalentemente pastori o agricoltori, non potevano trarre dalla loro
normale attività.
In quel territorio che oggi consideriamo Svizzera avevano abitato popolazioni famose e temute per
la loro “valentia militare”, fin dai tempi dei romani.
Questi furono anche i primi a dare un nome a questo popolo chiamandoli “Helvetii”,
riconducendoli alle tribù galliche degli Elvi insediatesi nei territori della Svizzera odierna.
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La loro abilità nell’arte della guerra è risaputa, come testimoniano alcune pagine di elogi e
commentari in loro favore
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, definiti anche da Machiavelli un “popolo armatissimo e liberissimo”
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.
Questa loro abilità nel corso dei secoli venne utilizzata non solo come fonte di reddito, ma anche
per rendere possibile l’attività di importazione dalla quale ne era completamente dipendente.
Abilità messa quindi al servizio del miglior offerente, che si assicurava in cambio di ingenti
quantità di denaro, le loro prestazioni in battaglia.
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Difficile stabilire l’inizio di tale fenomeno con precisione: nel corso dei secoli infatti, molti sono gli
eventi che hanno visto la partecipazione di mercenari Svizzeri. Possiamo però stabilire con certezza
la presenza di tale fenomeno già nella metà del XIII secolo grazie alla “Lettera di Faenza” che
riporta l’anno 1240, attualmente conservata nell’Archivio dei Patti Federali a Schwytz.
1 Papa E., Storia della Svizzera: Dall'antichità a oggi, origini e sviluppo del federalismo elvetico, Bompiani,
Milano, 2014. pp. 1-2.
2 Cfr. Cesare G., De bello Gallico, I. VI, cap.4.
3 De Rougemont D., La Svizzera Storia di un popolo felice, Armando Dadò editore, Locarno, 1998. p. 44.
4 Bonjour E., Storia della neutralità svizzera, Casagrande, Bellinzona, 1981 p. 21.
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Curiosa la gestione degli stessi in caso di attacco diretto al loro paese, sarebbero stati infatti,
richiamati in patria, nessun sovrano che se ne serviva sarebbe stato interessato quindi ad attaccare la
comunità elvetica
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.
Questo genere di attacchi non era così improbabile a causa della centrale collocazione geografica
all’interno del continente europeo, infatti la Svizzera rappresentava una mattonella strategica dal
punto di vista logistico e militare.
La morfologia ne attenuava l’appetibilità, Inoltre data anche la scarsità di ricchezze del sottosuolo,
scoraggiava ingenti spedizioni militari, che avrebbero significato per gli aggressori un inutile
dispendio di risorse.
Questo agevolò la difesa dei confini, in quanto le offensive, spesso, venivano sferrate con poche
unità e respinte quindi con facilità, agevolando la difesa dei confini ed il mantenimento della
neutralità armata nel corso dei secoli.
1.2 La neutralità per necessità
Famoso il mito secondo il quale Federico II, durante l’assedio di Faenza nel 1240, promise
l’indipendenza dei 3 cantoni tramite una lettera.
Ottenuta a compenso delle loro prestazioni, la lettera implicò l’affrancamento da qualsiasi altra
autorità, escluso l’imperatore, nel governo delle loro terre. In particolare il documento doveva
liberare quei popoli dalle oppressioni dei Conti d’Asburgo.
La “Lettera di Faenza”
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pose le basi quindi, per creare la prima coscienza comunitaria svizzera.
Di conseguenza, essendo stati dichiarati grazie alla stessa “stati indipendenti dell’impero”, si avvertì
la necessità di costruire una solida alleanza per scongiurare eventuali attacchi futuri, volti a
riconquistare i territori sottratti alla Casa d’ Asburgo
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.
Questa necessità creò un’ alleanza posta in essere tramite il patto del Grütli nel 1291 tra i cantoni di
Uri, Svitto e Untervaldo che fu destinata poi a costituire il nucleo dell’odierna confederazione.
La stipula del patto appena menzionato rafforzò lo spirito di coesione tra i tre cantoni, i quali si
giurarono assistenza “d’aiuto, di consiglio e di favori”
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dandosi il diritto di autogoverno.
5 Cfr. De Rougemont D., pp. 51-52.
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Cfr. Dolcini A. La Svizzera è nata in Romagna, Stefano Casanova Editore, Faenza, 1999.
7 Cfr. De Rougemont D., pp. 24-28.
8 Papa E., Cit, p. 30.
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Diedero poi, nel corso dei secoli successivi, vita a una lunghissima serie di scontri e battaglie, sia
difensive come la guerra di Svevia nel 1499
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con la quale si liberarono del dominio asburgico ed
ottennero l’indipendenza, sia guerre volte ad espandere i loro territori e ad annettere altre comunità.
La battaglia di Marignano è tra i più famosi; è datata tra il 13 ed il 14 settembre 1515 e contava sul
campo di battaglia 22.000 svizzeri contro 35.500 fanti e cavalieri del re di Francia.
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Fu indubbiamente uno scontro di dimensioni rilevanti per il periodo, sia per le cifre dei feriti e dei
caduti, che per l’accanimento degli eserciti in campo; questo episodio viene ricordato dal popolo
elvetico come una pesante disfatta.
Certamente la disfatta di Marignano sancì il declino della supremazia militare della Svizzera,
sempre più evidente a causa dello sviluppo dell’artiglieria che rendeva sempre più inefficiente il
quadrato svizzero, punto forte degli elvetici.
La successiva acquisizione da parte degli Asburgo del ducato di Milano nel 1535, riequilibrò
l’assetto dei poteri nell’arco alpino, spingendo gli svizzeri verso una neutralità orientata
all’amicizia con la Francia. D’altra parte tutti i nuovi signori di Milano furono molto scrupolosi nel
mantenere intatti i privilegi di esportazione dei prodotti agricoli dalla Lombardia alla Svizzera, che
garantirono un costante e abbondante afflusso di derrate senza pagamento di alcuna tassa o dazio.
Gli svizzeri, quindi, realizzarono gli obiettivi condivisi a breve e lungo termine, non più attraverso
la guerra, ma attraverso l’attività diplomatica a costi economici ed organizzativi nettamente
inferiori rispetto a quelli necessari per attività belliche.
Proprio la battaglia di Marignano del 1515
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, viene spesso presentata come la conseguenza dell’
attuale status elvetico, in quanto gli svizzeri furono costretti, anche dal trattato di Friburgo nel
1516, a rifugiarsi nella neutralità.
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Questo può considerarsi in parte veritiero, non solo perché il suo peso nelle milizie mercenarie si
era ridimensionato con i nuovi armamenti, ma anche per la presa di coscienza di quanto la
confederazione, seppur unita geograficamente, presentasse molte spaccature interne che
impedivano non solo di mettere in pratica una politica estera coesa, ma anche di condurre guerre
contraddistinte da un obiettivo comune.
9 Papa E., Cit, p. 81.
10 Papa E., Cit, p. 86.
11 Cfr. Guicciardini F., Storia d'Italia, Independently published, 2018, l. XII, cap. XIV-XV .
12 Cfr. André Holenstein: "Pace perpetua (1516)", in: Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del
07.05.2010(traduzione dal tedesco). Online: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/008898/2010-05-07/ .
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1.3 La neutralità per problemi interni
“Machend den zun nit zu wit” , ovvero, "non allargate troppo i confini", disse Nicolao della Flüe,
magistrato e politico Svizzero, quasi come monito, durante il periodo espansionistico nel XV
secolo.
La battaglia di Marignano diede successivamente la chiave di lettura al popolo elvetico che mai
come in quella disfatta vide le conseguenze di una politica poco omogenea e di una comunità poco
coesa.
Iniziarono a rendersi conto che un esercito forte non sarebbe bastato se a guidarlo non ci fosse stato
uno stato solido.
Una delle vie percorribili era l’unificazione dei cantoni, nonostante gli svizzeri fossero assai legati
al carattere «federale» dello stato.
Si trovarono, di conseguenza, davanti ad una scelta: sacrificare il federalismo in virtù di una una
politica estera centralizzata, oppure mantenere il “federalismo” con una politica estera poco
omogenea.
Questa libertà statuale svizzera rappresentava ed ha rappresentato per tanto tempo il carattere
distintivo dello stato e perciò non vi rinunciarono e continuarono anzi a perseguirlo a discapito della
politica estera.
L’organizzazione decisionale in uno stato federale è determinata dalle riunioni chiamate “diete”
presiedute dal cantone ospitante che ne redigeva il verbale e lo custodiva nei suoi archivi. Ogni
cantone mandava un inviato che esprimeva un unico voto, quello del proprio cantone, in base alle
istruzioni ricevute. Attraverso la chiamata si esprimeva il voto che veniva scritto nei recessi. Gli
inviati portavano i verbali delle riunioni al proprio cantone d’appartenenza per la ratifica da parte
dei singoli governi cantonali. Si applicava per il voto per maggioranza, per i problemi dei baliaggi
comuni, mentre per le altre questioni si necessitava dell’unanimità. In caso di mancato accordo, la
Dieta ricorreva a un tribunale arbitrale.
A complicare ulteriormente la coesione interna, interviene, come nel resto d'Europa, la Riforma
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protestante iniziata nel 1517 con il teologo Martin Lutero causò guerre religiose anche in Svizzera.
Fu un fatto alquanto interessante, l’abolizione dei giuramenti federali che si tenevano nella prima
dieta annuale a causa di forti divisioni tra i singoli cantoni, per via dei contrasti confessionali.
13 Cfr. Ago R. e Vidotto V., Cit, pp. 35-48.
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