Introduzione
… Le emozioni sono ciò che lega il corpo alla mente nell’unità corpo/mente
Candace B. Pert
Le emozioni rendono la vita degna di essere vissuta e rappresentano uno degli stati mentali
più caratteristici e caratterizzanti dell’Homo sapiens. Esse ci condizionano più di quanto noi
riteniamo possibile in molti aspetti della nostra vita. Odio, rabbia, amore, tristezza,
malinconia, felicità, euforia, paura sono condizioni che ci permettono di interagire gli uni con
gli altri in un universo che troppo spesso crediamo trascendere dal reale, dal dimostrabile
empiricamente ma che, in realtà, ha basi solide dentro di noi, nella nostra essenza tanto
spirituale quanto biologica. Tale elemento caratterizzante dell’essere umano è stato studiato e
viene ancora studiato dalla neuroscienza, branca delle scienze, che si è prefissata, fin
dall’epoca classica, di dimostrare e spiegare dapprima in ambito filosofico e poi scientifico, le
basi fisiologiche, anatomiche, chimiche e psicologiche delle emozioni; come queste possono
creare, influire e modificare le emozioni e come queste, da par loro, riescano a intervenire in
maniera marcata su tali aspetti strettamente biologici tanto da modificarne spesso funzione e
forma e, in visione più ampia, cambiare ciò che siamo in molteplici forme. Ma cosa più
importante è capire cosa siano le emozioni.
E’ proprio la loro definizione che crea un problema, dato che è più facile fare riferimento, di
volta in volta, alle reazioni viscerali che le accompagnano, alle caratteristiche dell’ambiente in
cui si verificano o ai pensieri, alle valutazioni, ai comportamenti che le suscitano o da cui
derivano.
Le emozioni sono tutto questo, ma anche qualcosa di più, sono ciò che dà risalto e significato
ad ogni evento, e rappresentano il principale legame con cose e persone. L’emozione è quindi
una variabile complessa perché è onnipresente, si manifesta in una varietà di modi e ha la
capacità di interagire con il funzionamento dell’organismo a tutti i livelli: neurologico,
viscerale, cognitivo e comportamentale. Le emozioni regolano tutti i processi psichici, come
la percezione e l’elaborazione dell’informazione, e vengono manifestate con la voce, le
posture, le espressioni facciali. Si evince quindi che le emozioni sono uno strumento di
comunicazione diretto ed efficace basato su segnali prodotti spontaneamente e
immediatamente riconosciuti.
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«Comprendere la natura delle emozioni o come si diceva nel lontano passo le "passioni
dell'anima" è una costante del pensiero filosofico e potremmo far partite questa trattazione dal
pensiero dei Greci nei confronti delle emozioni e dello studio del corpo, il quale era
intimamente legato alla teoria dei quattro elementi fondamentali: terra, aria, acqua e fuoco. Il
primo filosofo a riunire questi elementi in una visione unitaria fu Pitagora (580-489 a.d.) che,
inoltre, non riteneva queste sostanze immutabili: il fuoco, ad esempio, poteva essere
compresso nell'aria e la terra poteva essere espansa nell'acqua. Contemporaneamente
all'affermarsi della teoria degli elementi fondamentali, Alcmeone (circa V secolo a.d.) effettuò
le prime dissezioni di cui si abbia memoria scritta descrivendo, fra l'altro, i nervi ottici. Il suo
lavoro lo portò a proporre che il cervello fosse la sede delle sensazioni, delle emozioni e del
pensiero, e lo stesso fece Anassagora (500-420 a.d.), che lasciò la scuola ionica (alla quale
appartenevano tutti i filosofi citati) per fondare quella ateniese. Anche se queste idee sul
cervello costrinsero alcuni a rivedere le proprie posizioni, il pensiero greco era essenzialmente
dominato dall'idea che il cuore fosse la sede dell'anima e l'organo responsabile di molte, se
non tutte, le funzioni mentali. Non solo, ma erano gli dei ed i demoni ad essere responsabili
delle condizioni di salute e di malattia. Fu Ippocrate, (460-370 a.d.), medico figlio di medico,
ad esorcizzare i demoni dalla medicina ed a portare l'attenzione sul cervello. Il Corpus
Ippocraticum è una serie di trattati scritti probabilmente non tutti da Ippocrate, anche se tutti
riportano il suo nome. Esso contiene molti riferimenti alle paralisi ed alle malattie che
possono interessare il sistema nervoso. Secondo i medici ippocratici, il cervello era l'organo
che controllava le funzioni del corpo. Democrito (460 a.C. – 370 a.C.) fu un importante
contemporaneo di Ippocrate che riteneva che la materia fosse costituita da un numero infinito
di particelle piccolissime, chiamate "atomi.
Democrito (460 a.C. – 370 a.C.) ed i suoi seguaci applicarono questa teoria anche alle
sensazioni per cui, ad esempio, agli atomi spigolosi era associato il sapore acido, mentre
quello dolce dipendeva da atomi grossi e arrotondati. Democrito ed il quasi contemporaneo
Platone (429-348 a.d.) credevano in una triplice anima. Una parte di essa si trovava nella testa
ed era responsabile dell'intelletto, un'altra si trovava nel cuore e determinava la rabbia, la
paura, la fierezza ed il coraggio, la terza parte si trovava nel fegato, o per lo meno nello
stomaco, dove era responsabile della libidine, dell'avidità, del desiderio e di tutte le passioni
di basso livello. Democrito riteneva che quest'anima composita morisse con l'individuo,
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mentre Platone era dell'idea che l'anima intellettuale o razionale fosse immortale e che solo le
altre due morissero col corpo. Le idee proposte da Democrito e Platone rappresentarono un
sostanziale allontanamento dalle teorie cardiocentriche di Empedocle e degli altri. La
direzione intrapresa era verso una teoria che vedeva almeno le funzioni superiori localizzate
nel cervello, in linea con il pensiero dei medici ippocratici. Ma non tutti abbracciarono questa
impostazione. Infatti, Aristotele (384-322 a.d.), discepolo di Platone e dei grandi filosofi
naturali, e che non era un medico, era convinto che fosse il cuore ad essere la sede
dell'intelletto, della percezione e delle funzioni ad essi correlate. Una ragione della rigida
adesione di Aristotele alla teoria cardiocentrica poteva risiedere nella diversa temperatura del
cuore (caldo) e del cervello (freddo), in una cultura dove il caldo veniva associato alla vita ed
il freddo alla morte. Aristotele potrebbe anche aver posizionato il pensiero razionale nel cuore
perché il battito cardiaco era la prima cosa in movimento che era riuscito a vedere in un
embrione di pollo. Aristotele, comunque, non ignorava completamente il cervello. Secondo
lui, il cervello svolgeva una funzione importante nel raffreddare il cuore, tanto che le
maggiori dimensioni relative del cervello umano rispetto a quello animale erano giustificate
dal fatto che l'uomo è più caldo degli altri animali e necessita, quindi, di un "radiatore" di
maggiori dimensioni.
Un deciso passo in avanti nel comprende come, dove e perché fossero generate le emozioni si
ebbe alla fine del XV secolo quando Vesalio (1514-1564) ed altri iniziarono ad effettuare
dissezioni sistematiche per studiare la forma e la struttura degli organi, promuovendo così un
profondo rinnovamento delle conoscenze di anatomia umana, soprattutto di quelle aree
predisposte al “comportamento” (sia in ambito motorio che nervoso). La fine dei ventricoli
come sede delle funzioni sensitive, motorie e mentali fu più rapida di quella degli spiriti
animali come responsabili di queste funzioni, mentre la credenza che il cervello si muovesse
attivamente per spingere questi spiriti e su è giù per i nervi, uno dei pilastri della
neurofisiologia galenica, fu l'ultima a morire. Deprivando i ventricoli della loro rilevanza,
Vesalio ed altri ruppero definitivamente con la tradizione.
La produzione dell'ancora importantissima essenza per il funzionamento cerebrale, lo spirito
animale, fu assegnata alla ghiandola pineale da Cartesio (1596-1650) ed alla corteccia
cerebrale da Malpighi (1628-1694). Quest'ultimo, dopo aver studiato la struttura della
corteccia cerebrale con un rudimentale microscopio, riportò che essa era formata da
piccolissime ghiandole (in realtà si trattava di artefatti) e concluse che si trattava di un organo
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vascolo-ghiandolare. L'osservazione fu confermata da altri e per un certo periodo di tempo si
ritenne che queste ghiandole corticali distillassero gli spiriti animali dal sangue. Cartesio,
invece, era andato oltre trasformando radicalmente il concetto di sensi ed emozioni,
unificandone tutte le capacità in quella della cogitazione. L'anima stessa era res cogitans, la
sostanza che pensa. Cartesio la concepiva come un'entità non materiale, priva di estensione
fisica e così impossibile da localizzare nello spazio, diversamente dal corpo, res extensa, che
può essere descritto in termini di dimensioni, peso, consistenza, eccetera. Le due differenti
sostanze interagivano non nel cuore o nel cervello, ma nella ghiandola pineale. Essa, e non i
ventricoli, produceva quindi gli spiriti animali tramite un processo di distillazione dal sangue.
La neurofisiologia di Cartesio, inoltre, prevedeva che i nervi fossero costituiti da fascetti di
fibrille che andavano dalla periferia alla parete dei ventricoli. La stimolazione periferica
causava lo stiramento delle fibrille e il simultaneo stiramento della loro terminazione
ventricolare... come quando si tira la corda di un campanello e questo immediatamente suona.
L'affermazione di Cartesio secondo cui la res cogitans non era localizzabile in alcuna parte del
cervello e che gli animali sono come automi, senza un'anima o una mente, spinse
potentemente la sperimentazione animale alla ricerca delle regioni cerebrali responsabili delle
funzioni vitali e delle sensazioni emozionali. » [ Fonte: http://sv.units.it/ppb/Neurostorie/Neurostorie.html]
Questa breve rassegna delle principali tappe di studio delle emozioni in ambito
neuroscientifico è volta a far comprendere le scoperte che hanno tanto innovato quanto
cambiato radicalmente la visione e la conoscenza dell’uomo verso di esse ma soprattutto
verso il nostro rapporto con esse, come queste ci modificano, ci alterano, ci condizionano, ci
permettono di vivere e di “farci vivere” dagli altri.
La mia intenzione è quella di portare il lettore a far proprie le teorie scientifiche esposte ma,
soprattutto, di indurlo in un percorso emozionale attraverso il quale possa comprenderle.
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Capitolo 1: Le origini dello studio sperimentale delle emozioni
Paragrafo 1.1: Charles Bell e gli studi sull’anatomia dell’espressione
Charles Bell (1774-1842) è stato un chirurgo, anatomista, neurologo, teologo e filosofo
scozzese, fratello di John Bell (1763-1820), noto chirurgo e scrittore, e dell'avvocato George
Joseph Bell (1770-1843). Bell è stato uno dei primi medici capaci di combinare lo studio
scientifico della neuroanatomia con la pratica clinica. Egli pubblicò i suoi studi dettagliati del
sistema nervoso nel 1811, nel suo libro diffuso privatamente Un'idea di una nuova anatomia
del cervello, nel quale descrisse i suoi esperimenti con gli animali e poi sottolineò come egli
stesso fu il primo a distinguere tra nervi sensoriali e nervi motori. Questo saggio è considerato
da molti come la la pietra fondante della neurologia clinica. Tuttavia, nel saggio originale di
Bell del 1811 non si ha una chiara descrizione delle radici nervose motorie e sensoriali come
Bell dichiarò in seguito. È nel 1821 che Bell ha descritto il decorso del nervo facciale e una
malattia, la paralisi di Bell, che comporta la paralisi generalmente monolaterale dei muscoli
facciali, in uno dei classici della neurologia, un articolo inviato alla Royal Society dal titolo
Sui nervi: rendendo conto di alcuni esperimenti sulla loro struttura e funzioni, che portano ad
un nuovo assetto del sistema.Tra le tante scoperte attribuibili a Bell, ne possiamo citare
qualcuna:
• Il nervo respiratorio esterno di Bell: il nervo toracico lungo.
• La paralisi di Bell: una paralisi monolaterale idiopatica dei muscoli facciali a causa di
una lesione del nervo facciale.
• Il fenomeno di Bell: un movimento verso l'alto dell'occhio e della palpebra che si
verifica quando una persona affetta da paralisi di Bell cerca di chiudere l'occhio.
• Lo spasmo di Bell: spasmi involontari della muscolatura della faccia.
• La legge di Bell-Magendie o legge di Bell: afferma che i rami anteriori delle radici di
un nervo spinale contengono solo fibre motorie e che le radici posteriori contengono
solo fibre sensoriali.
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