Introduzione
L'opera narrativa di Mario Pratesi, lungamente ignorata, sottostimata o
parzialmente incompresa dalla critica e dal pubblico, ha avuto una parziale
rivalutazione nel corso del secolo scorso a partire dagli anni '40, a seguito cioè
della riscoperta dello scrittore toscano operata da Vasco Pratolini. Il rinnovato
interesse verso lo scrittore amiatino è testimoniato dalle (poche) riedizioni dei
suoi lavori, tra le quali spicca la ristampa edita da Bompiani del romanzo
L'eredità curata proprio dallo stesso Pratolini che poi sarà, tra gli altri, anche
sceneggiatore del film La viaccia, diretto da Mauro Bolognini nel 1961 e
direttamente ispirato a quello che viene comunemente considerato come il
migliore tra i romanzi del Pratesi.
Sempre nel solco della riscoperta dell'autore vanno poi ad inserirsi alcuni lavori
come monografie, oppure recensioni ed interventi critici di varia natura che
vanno ad accompagnare le ristampe di racconti e romanzi sempre nella seconda
metà del secolo scorso. La presente tesi intende far luce sulla produzione
narrativa di Mario Pratesi, ad oggi uno degli autori meno conosciuti del
secondo ottocento italiano, da sempre confinato entro la cerchia dei minori,
attraverso lo studio delle frammentarie fonti bibliografiche e di materiali
inediti.
Nel primo capitolo si tenta di dare una giusta collocazione all'opera dello
scrittore all'interno delle tendenze letterarie e più in generale delle correnti di
pensiero del suo tempo assumendo come punto di partenza i principali
orientamenti critici emersi nell'ultimo secolo. Dopo un'attenta lettura e
comparazione di tutte le fonti biografiche disponibili si tenta inoltre di fornire
un quadro completo e cronologicamente preciso degli avvenimenti sia
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professionali che personali della vita dello scrittore, integrando attraverso la
comparazione la frammentarietà delle fonti o talvolta correggendo gli evidenti
refusi e le imprecisioni presenti nelle stesse. Scopo ultimo di questa prima parte
è quello di far luce per quanto possibile sull'uomo oltre che sull'artista, mirando
a tracciarne infine un quadro circa la personalità ed il pensiero.
I capitoli seguenti sono interamente dedicati all'analisi critica della produzione
narrativa di Mario Pratesi, qui suddivisa in tre gruppi: i lavori della giovinezza,
quelli più legati ad una dimensione rurale cioè, sono analizzati nel secondo
capitolo, mentre il capitolo seguente, vero e proprio nucleo della tesi, prende in
esame i lavori migliori, quelli che qui ho definito opere della maturità, nei quali
il violento conflitto tra la dimensione rurale e quella cittadina con i suoi i suoi
effetti, diventa oggetto privilegiato dell'indagine compiuta dallo scrittore. La
quarta e conclusiva parte è invece dedicata a quei lavori (qui rappresentati da
romanzo Il peccato del dottore) con cui lo scrittore amplia il proprio orizzonte
d’indagine verso la dimensione borghese.
Ogni romanzo è analizzato rigorosamente in un continuo raffronto critico con il
testo, nel tentativo di far emergere significati nascosti, approfondire temi ben
noti e giungere a pertinenti valutazioni sullo stile e sul contenuto. Particolare
attenzione è rivolta poi ai personaggi di ogni romanzo, alla lingua, allo stile,
alla tecnica narrativa ed alla sua evoluzione.
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Capitolo I – Mario Pratesi scrittore tra due secoli:
la vita, il pensiero, l'arte
I.1 Quadro di riferimento
Nella seconda metà dell'Ottocento si assistette all'ascesa politica ed economica
della borghesia e quindi ad una visione più concreta dei problemi, dei rapporti
di potere. Semplificando, possiamo affermare che la logica del profitto si
sostituiva alla logica dei sentimenti, che l'ideale lasciava ora il posto alla
concretezza oggettiva del reale. Dal punto di vista del pensiero nella seconda
metà dell'Ottocento si passò dall'idealismo al positivismo, una filosofia nata in
Francia nella prima metà del secolo, caratterizzata da una fiducia cieca ed
illimitata nelle scienze oggettive o positive. Il romanticismo si era mosso nella
dimensione dell'ideale, del sogno; l'arte della nuova epoca influenzata dal
positivismo si muoverà invece nel campo del reale. Le espressioni artistiche
risentirono del nel nuovo pensiero e dei cambiamenti in atto nella società: il
segno evidente di questo mutamento in corso era rappresentato dall'incrinarsi
dei miti romantici.
In ambito letterario il romanzo fu chiamato ad esprimere le nuove esigenze
realistiche in quanto offriva una maggiore oggettività sia nel linguaggio che nei
contenuti rispetto alla poesia, genere più legato ad una dimensione intima,
soggettiva. Il romanzo del secondo Ottocento in qualche modo riprendeva
l'istanza realistica già presente nella narrativa romantica, sostituendo però
l'insistito individualismo con l'indagine attenta e precisa di ordine sociale ed
economico, aprendosi ad una varietà di osservazioni relative al costume ed alla
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società.
La definizione generale del realismo in letteratura, intenso nel suo senso più
ampio, è quella che si può ritrovare nella sintesi di Erich Auerbach, Mimesis:
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il
realismo nella letteratura occidentale. Il realismo è la rappresentazione degli
aspetti della vita quotidiana, che è caratteristica fondante delle manifestazioni
letterarie europee e che diventa imprescindibile a partire dalla fine del
diciassettesimo secolo, in parallelo con l'affermazione del romanzo. In questo
senso il realismo è anche una grande corrente, un movimento artistico che
come il romanticismo nella prima metà dell'Ottocento, ha influenzato diverse
discipline artistiche. Codificato in Francia intorno agli anni cinquanta del
diciannovesimo secolo, lo si può considerare per certi versi una reazione al
romanticismo. Quello che si definisce normalmente romanzo realista all'interno
di questo contesto è, per la critica successiva, un genere molto ampio che ha a
che fare con l'introduzione di un'ambientazione storica e geografica precisa e
con l'abolizione delle gerarchie stilistiche. Nella seconda metà dell'Ottocento il
termine realismo viene solitamente utilizzato per indicare un'arte nuova, capace
di rappresentare tutti gli aspetti della realtà.
In seguito all'influenza che il positivismo ebbe sulla letteratura, l'iniziale
realismo si trasformò nel naturalismo e nel verismo, due movimenti letterari
sviluppatisi in Francia e in Italia. Il mezzo espressivo deputato a rappresentare
il reale fu ancora una volta il romanzo e con esso anche le arti figurative. Per i
critici dell'epoca realismo, naturalismo e verismo non erano dei perfetti
sinonimi, ma erano spesso usati per indicare lo stesso fenomeno. Spesso erano
anche usati in senso negativo per indicare la tendenza ad inserire all'interno di
un'opera letteraria descrizioni di luoghi, personaggi e situazioni che non erano
concordi con ciò che la morale dell'epoca riteneva accettabile. A tal proposito
riporto qui un estratto da una lettera di Antonio Fogazzaro in cui così si
esprimeva a proposito del romanzo “L'eredità” dell'amico Mario Pratesi, in una
lettera a lui indirizzata:
“Il romanzo o racconto vostro mi pare molto, molto forte, e di
1 Erich Auerbach, Mimesis, Einaudi, 1956
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una italianità meravigliosa, e anche morale assai nel suo
insieme, lo confesso, benché non vorrei mai che si descrivessero
postriboli né tipi postribolari. […] ma resta in ogni caso certo
che chi descrive simili sozzure limita il numero dei proprii
lettori.”
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Antonio Fogazzaro a quanto pare proprio non riusciva ad accettare alcune delle
scene più realiste ritratte dall'amico. Di “realismo” in Italia si discute già da
diversi anni, e sul conto di Pratesi così possiamo leggere sulle pagine della
rivista nuova antologia nel 1873 in una recensione al suo primissimo romanzo
Jacopo e Marianna: “L'autore è stato naturalissimo, o come si dice oggi,
realista vero nelle descrizioni e nei dialoghi”.
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Il realismo quindi è qualcosa
che suona nuovo per i critici della rivista fiorentina a quell'altezza cronologica,
mentre di verismo e naturalismo si comincerà a parlare in relazione ad alcune
opere soltanto qualche anno più tardi.
Figlio del clima positivistico, il naturalismo francese prende le mosse dai lavori
del fratelli De Goncourt; il romanzo naturalista, a differenza di quello realista,
nasce dal basso, dall'esperienza quotidiana di gente umile, porta alla ribalta un
mondo incontaminato che non ha ancora avuto una sua dignità letteraria, si
propone con un intento scientifico, funge da ricerca sociale e psicologica e si
pone come riflesso della storia morale contemporanea. Con Émile Zola il
romanzo si apre con spirito scientifico all'osservazione della società, la sua
indagine si sposta dal carattere all'indole dei personaggi. Se era propria del
clima romantico l'idea dell'uomo come individualità unica ed irripetibile, Zola
ricercava invece dietro i suoi personaggi il “tipo umano”, soggetto alle leggi del
determinismo fisiologico e ambientale. Qui possiamo facilmente rinvenire
alcuni dei motivi che hanno influenzato l'opera del Pratesi: riflessi di un
“determinismo fisiologico” (secondo il quale una natura sanguigna ed una
natura nervosa dovevano necessariamente condurre a comportamenti umani
2 Lettera di Antonio Fogazzaro a Mario Pratesi, 1 dicembre 1893, Carteggio Inedito di Mario Pratesi, Eds.
Anne Urbancic and Carmela Colella, Victoria University Library (Toronto), 2009. consultabile online
all'indirizzo: http://pratesi.vicu.utoronto.ca/ricerca.
3 Nuova Antologia di Lettere, Scienze ed Arti, 1873, volume 22, p. 252.
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patologici, ai limiti del ferino) sono infatti facilmente individuabili nelle sue
opere migliori, specialmente ne “L'Eredità”.
Su questo punto per il naturalismo fu determinante l'influenza subita dal
pensiero del filosofo Hippolyte Taine. Nella sua idea tutte le manifestazioni
dello spirito umano sono condizionate dalla triplice azione della razza,
dell'ambiente e del momento storico: secondo questa visione quindi alla base di
ogni comportamento o manifestazione psichica si trova una sorta di
determinismo. Qui nuovamente, il collegamento ad alcune pagine de
“L'eredità” è del tutto naturale, come vedremo in seguito. Per chiarire
ulteriormente quanto sopra esposto riporto qui un breve estratto dal volume
Storia della Letteratura Italiana di Walter Binni:
“il naturalismo francese rappresenta certo la punta più avanzata
della nuova corrente realistica europea, anche se spesso la sua
ambizione scientifica […] poteva divenire un limite artistico,
una forma di eccessiva schematizzazione e di un determinismo
nella rappresentazione dei caratteri (condizionati dagli elementi
di fattore ereditario, ambiente sociale, momento storico) a volte
pesante e macchinoso.”
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Con Zola le precedenti forme di narrativa realistica giunsero a compimento e
nacque la scuola naturalista (école naturaliste) che coniugava il romanzo
naturalista con le nuove idee positivistiche.
Le tematiche naturalistiche trovarono una vasta eco in Italia, adattandosi alla
realtà del tempo. L'istanza realistica presente nel nostro romanticismo, il
fallimento di molti ideali del risorgimento e la diffusione delle idee
positivistiche crearono un terreno favorevole alla diffusione di nuove poetiche.
La forte tendenza al reale, dal Manzoni in poi, si fa sempre più forte nel
secondo Ottocento, fino a diventare spinta centrale e rinnovatrice della nostra
cultura e letteratura, sostanziandosi in ambito letterario nel movimento che
4 Walter Binni, Storia della Letteratura Italiana, volume II, Il Ponte Editore, Firenze 2017, pp. 285,286.
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prende il nome di verismo. Nel verismo confluirono influenze delle letterature
straniere ed elementi propri dello sviluppo realistico italiano dato da condizioni
storiche, politico-sociali, culturali e da istanze più specificatamente letterarie.
in Italia l’esigenza di una narrativa fortemente realistica e attenta al vero, alla
reale condizione ambientale e storica dell'uomo e ad una rappresentazione
letteraria della vita del piccolo popolo a lungo ignorato dalla letteratura, aveva
delle sue ragioni e condizioni particolari. Le ragioni del verismo italiano vanno
riconosciute ovviamente nell'influsso della cultura positivistica, nella
particolare condizione storica e politica del paese e, dopo la creazione dello
stato unitario, nella conclusione discutibilmente positiva del movimento
risorgimentale. La creazione dello stato unitario spingerà poi i nuovi scrittori a
riportare su pagina le reali condizioni della nuova vita nazionale con le sue
contraddizioni, e tra questi, certamente, saprà ritagliarsi uno spazio Mario
Pratesi. A differenza del naturalismo francese, il verismo si distinse quindi per
la presenza dell'istanza realistica più che di quella scientifico-positivistica e
soprattutto per uno spirito molto più marcatamente regionalistico, da ricondursi
al frazionamento politico dell'Italia. L'unità nazionale, raggiunta solamente nel
1861 si portò dietro infatti tutta una serie di particolarismi regionali che
distinguevano un'area del paese dall'altra, di qui il sorgere di più “verismi” che
si innestavano nell'ambito delle problematiche post unitarie.
Un'altra premessa particolare al verismo italiano è quella data dall’appoggio
che le veniva fornito dal realismo del Manzoni e dalla sua attenzione alla storia
degli umili: un'influenza questa sicuramente molto importante, ma non tale da
poter parlare di una linea di continuità che dai Promessi Sposi possa giungere
sino alla scuola verista. Il romanzo realistico manzoniano e quello verista si
incontrano nella comune attenzione al costume ed alla società, ma le
divergenze sono più numerose e più profonde, come ad esempio il rifiuto netto
da parte della narrativa verista del modo di intervento personale dello scrittore,
come osservazioni e commenti nella narrazione delle vicende tipici del
racconto manzoniano.
Questo è il quadro culturale in cui si innesta la narrativa di Mario Pratesi, uno
scrittore la cui produzione è di difficile collocazione nel panorama storico della
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