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Introduzione
“Società Liquida. Concezione sociologica che considera l’esperienza individuale e le relazioni sociali
segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in
modo vacillante e incerto, fluido e volatile. Il noto sociologo Zygmulint Bauman sostiene che viviamo in
una società liquida, ma il suo modello non intende certo prendere alla lettera questa metafora, come sta
avvenendo invece ora, nel momento in cui libri, registri e quaderni, con tutti i significati ch’essi rivestono,
rischiano di finire nelle tubature di scarico. Trascinando con sé tante memorie del passato ma anche
tante speranze del futuro.”
(Treccani, 2021, su “Società Liquida”; Silvia Vegetti Finzi, 2004: 49)
"Come disse una volta (…) Walter Murch: “la musica era la metafora prevalente per ciò che non si
poteva conservare”; secondo alcuni tale evanescenza favorisce la concentrazione, poiché ascolti più
attentamente quando sai di avere soltanto un'occasione, una fugace possibilità di cogliere qualcosa,
e quindi piacere più intenso”
(David Byrne, 2014: 81; Manaugh, 2007)
Il nuovo millennio, fra le altre tendenze, è intensamente caratterizzato dalla diffusione di nuove
tecnologie digitali, del loro intersecarsi e del moltiplicarsi delle possibilità che oggi abbiamo a
disposizione nella nostra vita, sia a livello individuale che sociale. Questo insieme di molteplici
processi ha innescato una serie di decisive trasformazioni anche (e, forse, soprattutto) nel
mondo della produzione e dei consumi culturali. Oggi consumiamo gli oggetti culturali come la
musica, i libri, i giornali e i film in formato sempre più elettronico e digitalizzato, nella forma di
flussi immateriali di informazioni e dati, e non più attraverso i supporti tradizionali caratteristici
di tutta la seconda metà del Novecento.
Questi “oggetti” di fatto sono stati i più adatti a questa transizione, poiché nel cuore della loro
natura di fruizione c'è già una componente di immaterialità e di effimero. “Consumare una
canzone” è ovviamente molto diverso da “consumare una macchina”, nel primo caso si è nel
corso del tempo nettamente ridotta la componente tangibile e la sua specificità materiale,
mutando, forse in parte, l’esperienza provata dalla sua fruizione, ma sicuramente non
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stravolgendola radicalmente. Oltretutto la fruizione degli oggetti culturali ben si lega proprio al
concetto dell’esperienzialità, oggi molto in voga anche per quanto riguarda una branca del
marketing, quello, appunto, esperienziale.
Nonostante questo, però, l'oggetto culturale, nell'abbandono del suo supporto fisico di un
tempo, assume dei significati diversi nel consumo. Filosoficamente si può dire che, in parallelo
con la visione di “società liquida” di Bauman, questi oggetti hanno perso quel legame materiale
che in qualche modo trasmetteva certezza e solidità nel consumatore (Bauman, 2000), ma anche
una certa rigidità. Nel far questo salto il consumo culturale diventa più incerto, più liquido, ma
non è mio compito in questa sede dare a ciò un'accezione negativa o positiva, quello che ci
interessa è ritrovare i nuovi significati che questa trasformazione porta con sé.
Di fatto, la stessa locuzione di “musica liquida” viene anch’essa unanimemente attribuita al
sociologo polacco Bauman: egli sosteneva che anche la musica, intesa come elemento
fondamentale della cultura, è stata parte del trasversale processo di “liquefazione”, in quanto i
suoi supporti fisici sono in progressiva recessione in favore delle correnti soluzioni digitali
(Colella, 2017). Parleremo nel primo capitolo, a questo proposito, anche di convergenza
tecnologica: se tempo fa ogni dispositivo era pensato e configurato funzionalmente per svolgere
principalmente un solo compito e soddisfare esigenze specifiche, oggi quest’idea appare
assolutamente anacronistica ed antiquata. Il progresso tecnologico, l’avanzamento dei settori
dell’informatica e del design e la conseguente miniaturizzazione degli oggetti hanno
rappresentato il motore capace di rendere i devices “sempre più piccoli, versatili e integrati”. Gli
utenti sono entrati pienamente nell’era del comodato d’uso, potendo accedere – ma senza
possederli – ad immensi cataloghi musicali, tramite i servizi di streaming musicale (Colella,
2017).
Il primo Capitolo di questa tesi sarà dedicato all’inquadramento storico culturale dell’era che
stiamo vivendo, prendendo in considerazione da prima la costruzione sociologica relativa al
consumatore postmoderno. Egli rappresenta il punto di partenza, l’identikit oggi in continuo
mutamento, simbolico e funzionale, del consumatore dei paesi industrializzati, che oggi si ritrova
in questo contesto contemporaneo. Analizzeremo poi le influenze derivanti dalla
digitalizzazione, dalla convergenza tecnologica, dal crescente peso della filosofia della
condivisione, dalla ricchezza derivante dai consumi esperienziali e infine dal recentissimo
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passaggio legato al biennio 2020-21 e all’avvento della pandemia di Covid-19, con particolare
focus sull’Italia.
Nel Capitolo 2 entreremo nel cuore del funzionamento economico dell’industria musicale, con
particolare riferimento all’industria discografica e a quella delle licenze musicali; si parlerà in
particolare dei player, della struttura e soprattutto dell’impatto storico dell’innovazione
tecnologica e digitale e della smaterializzazione dei supporti. Il terzo capitolo, sulla scia,
riguarderà l’industria della musica dal vivo, che ha visto negli ultimi 15 anni trovare una
rinnovata centralità, diventando la principale fonte di ricavo per gli artisti, i musicisti e gli addetti
ai lavori, sostituendo il ruolo che un tempo era appannaggio della musica registrata, quindi della
discografia in senso stretto.
Il Capitolo 4 sarà dedicato esplicitamente al marketing e alle nuove e più recenti fonti di valore,
con particolare occhio di riguardo alle conseguenze dell’avvento pandemico, che ha colpito la
musica dal vivo e si è riverberato su tutta l’industria musicale rendendo manifesto uno squilibrio
strutturale. Da questo capitolo in poi faremo particolare riferimento agli artisti ed al loro
rapporto con gli ascoltatori e fruitori diretti.
I Capitoli 5 e 6 riguarderanno due case study di grande interesse:
1) Spotify ed i servizi di streaming, un’analisi sul funzionamento, le leve competitive ed il
rapporto con i nuovi consumatori.
2) Un’analisi sui consumatori italiani di musica, mettendo in luce le ultime tendenze,
abitudini e occasioni d’ascolto.
Il Capitolo 7 riguarderà invece una ricerca empirica esplorativa, qualitativa e verticale, che ho
condotto su un collettivo di 18 intervistati dell’area fiorentina, fra cui alcuni key informant. Gli
insight derivanti dai casi di studio e dal resto della tesi sono serviti a formulare una lunga
intervista in profondità, semi-strutturata, da cui trarre alcune concettualizzazioni interessanti
derivanti dalle espressioni e dalle argomentazioni riportate dai fruitori intervistati. Gli argomenti
toccati sono suddivisi in aree tematiche, tutte riguardanti il rapporto dei consumatori con la
musica oggi, secondo un approccio di tipo etero fenomenologico, incentrato, cioè, sull’analisi
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soggettiva delle esperienze. I risultati saranno utili per approfondimenti e ricerche future mirate,
di natura descrittiva e tese verso una rappresentatività maggiore.
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1. La società liquida e i consumi culturali
Ad oggi la digitalizzazione della produzione dei beni culturali è un processo che ormai possiamo
considerare “antiquato”, essendosi compiuto ben prima della diffusione di Internet a livello
globale. Ciò che ci interessa in questa sede sono, piuttosto, le conseguenze recenti della
digitalizzazione dei contenuti culturali sul versante del consumo, come risultato delle interazioni
fra formati digitali, supporti portabili e rete Internet (Magaudda, 2014). Tutto questo è
avvenuto molto rapidamente nel corso degli ultimi 20 anni, colpendo in maniera molto rilevante
anche, e forse soprattutto, l’industria musicale. Basti pensare alla storia tracciata dall’avvento
del download illegale di fine anni ’90 e inizio 2000, seguito da iTunes e infine da Spotify, che,
lanciata al pubblico a fine 2008, in pochi anni è diventata una piattaforma pionieristica
provocando un’innovazione disruptive a livello globale, e cioè la diffusione del modello
streaming on demand di tipo access-based, tutt’ora in continuo dinamismo. L’ascolto,
soprattutto per le nuove generazioni, ha assunto caratteristiche simboliche e funzionali
diversificate fra loro e nettamente differenti rispetto alle scorse ere mediali; a questo si è
aggiunta la continua intersezione con le piattaforme di social media, e dunque con un sistema
di socialità molto più variegato rispetto al passato. D’altronde è proprio l’intersecarsi di questa
possibilità che ha dato vita ad un nuovo mondo “virtuale”, che non è più soltanto un
supplemento alla nostra vita “fisica”, ma una dimensione parallela con le sue logiche, non più
solo influenzata ma anche influenzante il mondo fisico.
Iniziamo, nel prossimo paragrafo, col presentare alcune implicazioni sociologiche del consumo
in generale, focalizzandoci in primis sulla descrizione del cosiddetto consumatore postmoderno
e delle sue evoluzioni, arrivando poi alla storia più recente.
1.1. Consumatore contemporaneo: fra post- e neo- modernità
Le tendenze economiche, sociali, culturali e antropologiche degli ultimi trent’anni, secondo
alcuni (Donnarumma, 2012; Morace, 2018), fanno parte di una transizione idealistica e valoriale
che va dall’Età Postmoderna ad una ancora non ben definita contemporanea “ipermodernità” o
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“neomodernità”, per cui sarebbero tornati in auge in chiave rivisitata quelli che erano
considerati valori della Modernità, e che sembravano sepolti dall’epoca successiva.
L’individuo – ed il consumatore – che sta affrontando questi cambiamenti globali (in special
modo nel mondo Occidentale) è però il risultato di quella che viene, appunto, definita Età
Postmoderna, che vede nel suo movimento idealistico un periodo storico che va dalla metà del
secolo scorso all’inizio del nuovo millennio (Fonte: Wikipedia, 2021). Ed è da qui che dobbiamo
partire, descrivendo la figura del consumatore postmoderno, per capire la sua immersione
contemporanea in questa sorta di ipermodernismo, al contempo caratterizzato sia dalla ricerca
di nuovi valori stabili rivolti all’essenzialità (sostenibilità, trasparenza, ecologia, razionalità ecc.)
che da una pervasiva presenza di tecnologie avanzate nelle forme socioculturali. Facciamo,
dunque, un grande passo indietro per poi arrivare ai nostri giorni.
1.1.1. Età Postmoderna e consumatore postmoderno
L’approdo all’era postmoderna ha provocato un profondo mutamento della struttura e delle
dinamiche dei paesi industrializzati; dalla seconda metà del secolo scorso, in particolare dagli
anni Settanta, la visione moderna di progresso ineluttabile, le scoperte scientifiche e di libertà
dalle oppressioni lasciarono il posto alla celebrazione dello scetticismo, dell’ironia, del
paradosso, dello spettacolo (De Cicco, 2016) ed in generale ad uno spiccato relativismo, ostile
alle generalizzazioni. Partiamo col presentare alcune argomentazioni sul postmoderno riportate
da postmodernisti e intellettuali più o meno recenti.
Jean Baudrilliard (1981), in Simulacri e Simulazione, introdusse il concetto dell’”intercambiabilità
dei segni” in riferimento ad un’era, quella postmoderna, in cui gli atti comunicativi e semantici
sono sotto il dominio dei media e delle tecnologie digitali: i soggetti, secondo Baudrillard,
sarebbero distaccati dai risultati di eventi politici, letterali, artistici o di altro tipo, che anziché
colpire ed influenzare tendono a generare un’indifferenza diffusa, distacco e passività nei popoli
industrializzati. Egli riteneva che il flusso costante di “apparenze e riferimenti senza conseguenze
dirette per il pubblico” alla fine avrebbe condotto alla inscindibilità della dicotomia oggetto-
apparenza, portando il concetto di umanità a dissolversi nel virtuale. Per Baudrillard, "la
simulazione non è più quella di un territorio, un essere referenziale o una sostanza. È la
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generazione di modelli di un reale senza origine o una realtà: un iperreale" (Fonte: Wikipedia,
2021, su Baudrillard, 1981)
In generale, i postmodernisti sottolineano come le condizioni derivanti dall’economia e
soprattutto dalla tecnologia avanzata di fatto plasmino una società decentralizzata, dominata
dai media, e dove le idee diventano simulacri, ovvero rappresentazioni autoreferenziali e copie
fra di loro; in questo contesto le fonti di comunicazione davvero autentiche in quanto a
generazione di senso vengono a mancare. In poche parole, ci si estranea totalmente dal
concetto di oggettività. In tutto questo, il traino viene individuato nella globalizzazione e nella
società pluralistica e decentralizzata che ne deriva.
Nacque così, nel cuore pulsante dell’epoca postmoderna, quello che Maffessoli già definì nel
1985 homo aesheticus (Maffesoli, 1985): “un individuo che rivede le proprie priorità nell'ambito
dei consumi e degli acquisti, molto più propenso alla loro dimensione olistica, ovverosia alla
concezione per la quale “il tutto è molto più delle sue singole parti” di cui qualsiasi persona o
oggetto è costituito, rispetto a quella funzionale, che viene vista come un prerequisito scontato
e necessario. Tutte le componenti che ruotano intorno all'azione dell'acquisto (il punto vendita,
la sua atmosfera, il personale di vendita, il packaging del prodotto, la sua immagine,
l'ergonomia...) vengono rivalutate e acquisiscono una nuova importanza” (Fonte: psicolab.net,
2021, Brotto, 2009, su “il consumatore postmoderno”).
Il consumatore postmoderno iniziò a dare un peso quasi marginale alle caratteristiche funzionali
del prodotto, piuttosto iniziò ad attuare le sue decisioni di consumo ispirato da caratteristiche
sempre più astratte, sempre più “iperrazionali” (Fabris, 2003).
In questo senso sono, dunque, proprio le emozioni a diventare il centro nevralgico delle scelte
d'acquisto e uno dei principi guida del consumatore postmoderno, rappresentabili in questo
caso non solo come eventi mentali, ma anche, e soprattutto in certi casi, come afferenti la
corporeità (Fonte: psicolab.net, 2021). Le scelte d'acquisto di primo acchito appaiono spesso
incoerenti ed in conflitto, ma ben rappresentano, invece, un nuovo paradigma di
contraddittorietà che caratterizza i consumatori postmoderni, al contempo sempre più
autonomi, proattivi e consapevoli delle proprie scelte. Coerentemente a questa transizione, il
consumatore dei paesi industrializzati si è affacciato al nuovo millennio con un una cultura di
consumo radicalmente diversa rispetto al passato: come si suole dire, è passato dalla ricerca di
prodotti alla ricerca di esperienze, così da consolidare la ricezione del nuovo marketing
relazionale, esperienziale, tribale. Il consumo, dunque inteso come attività culturale, nella