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Introduzione
Il centenario del Futurismo si è festeggiato in tutta Europa, da Parigi,
con l’esposizione al Centre Pompidou, fino a Londra dove la Estorick
Collection Museum of Italian Modern Art espone fino al 19 Aprile
2009 la rassegna Forme uniche: il disegno e la scultura di Umberto
Boccioni.
In Italia, nonostante sia stata il centro del movimento, non vi è stata
un’organizzazione unitaria; gli eventi sono diffusi tra Roma, presso le
Scuderie del Quirinale, Milano, al Palazzo Reale con Futurismo.
Velocità + Arte + Azione , Venezia al Museo Correr, e il MART di
Rovereto con Illuminazioni, Avanguardie a confronto. Italia,
Germania, Russia. Ognuna diversamente dall’altra ripropone il
movimento nei suoi molteplici aspetti: la scultura, la pittura, la moda, la
cucina, evidenziando i rapporti e le influenze comuni in tutta Europa.
A questo proposito “Lacerba” si mostra come un grande calderone dove
le accese opinioni filosofiche, scientifiche e artistiche del primo
Novecento europeo sono a “bollire” insieme. Come l’avanguardia si
pone in musica, pittura, architettura e letteratura è infatti perfettamente
scritto nei soli tre anni di pubblicazione della rivista, che dopo un
periodo di splendore intellettuale si accascerà su se stessa per le ostinate
divergenze politico-artistiche dovute anche alla prima guerra mondiale.
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Tra gli anni 1913 e 1914 verranno sperimentate le più moderne tecniche
di composizione e strutturazione musicale, teorizzati i principi di
un’arte moderna libera da vincoli oggettivi. Tutto apparve per la prima
volta in “Lacerba” e si brucerà purtroppo con la guerra, trovando la
giusta prosecuzione all’estero e sviluppandosi per vie traverse e
contaminate in Italia, dove imperava la dittatura. Cadrà in rovina non
solo lo spirito innovativo musicale che noti personaggi come Marinetti,
Russolo e Pratella stavano portando avanti, ma tutto il destino del
futurismo italiano.
Partendo dal concetto di “movimento fonico” in quanto espressione dei
sentimenti, le parole, che sono suoni, ritmi e rumori consonantici,
acquisiscono un forte carattere musicale. I rumori della città vengono
supervalutati come espressione linguistica e per questo controllati e
intonati per un fatto di dominanza artistica rivelando un mondo
musicale che affonda radici nella preistoria. Giocare con essi è poesia,
liberazione e rivoluzione; il rumore apre la strada all’intonazione
naturale, “enarmonica”. Uccidiamo il chiaro di luna è un inno a favore
della luce elettrica e di fiducia verso il nuovo, supertecnico secolo.
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CAPITOLO I
Elasticità varia e balzante di movimenti fonici
Adrianopoli assedio orchestra
ogni 5 secondi cannoni da assedio sventrare lo spazio con un accordo tam-tuuumb
ammutinamento di 500 echi per azzannarlo sminuzzarlo sparpagliarlo all'infinito. Nel
centro di quei tam tuuumb spiaccicati ampiezza 50 chilometri quadrati balzare scoppi
tagli pugni batterie a tiro rapido Violenza ferocia regolarità questo basso grave scandere
gli strani folli agitatissimi acuti della battaglia Furia affanno orecchie occhi narici aperti!
attenti! forza! che gioia vedere udire fiutare tutto tutto taratatatata delle mitragliatrici
stillare a perdifiato sotto morsi schiaffi traak-traak frustate pic-pac-pum-tumb bizarrie
salti altezza 200 metri della fucileria Giù giù in fondo all'orchestra stagni diguazzare buoi
bufali pungoli carri pluff plaff impennarsi di cavalli flic flac zing zing sciaaack ilari nitriti
iiiiiii… scalpicii tintinnii 3 battaglioni bulgari in marcia croooc- craaac(lento due tempi)
Sciumi Maritza o Karvavena croooc-craaac grida degli ufficiali sbatacchiare come piatti
d'ottone pan di qua paack di là cing buuum cing ciak (presto) ciaciacia-ciaciaak su giù là
là intorno in alto attenzione sulla testa ciaack bello! Vampe vampe vampe vampe vampe
vampe ribalta dei forti laggiù dietro quel fumo Sciukri-Pascià comunica telefonicamente
con 27 forti in turco in tedesco allò! Ibrahim! Rudolf! allò allò! attori ruoli echi
suggeritori scenari di fumo foreste applausi odore di fieno fango sterco non sento più i
miei piedi gelati odore di salnitrio odore di marcio Timpani flauti clarini dovunque basso
alto uccelli cinguettare beatitudine ombrie cip-cip-cip brezza verde don-dan-don-din bèèè
delle mandre Orchestra i pazzi bastonano i professori d'orchestra questi bastonatissimi
suonare suonare Grandi fragori non cancellare precisare ritagliandoli rumori più piccoli
minutissimi rottami di echi nel teatro ampiezza 300 chilometri quadrati Fiumi Maritza
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Tungia sdraiati Monti Ròdopi ritti alture palchi loggione 20000 sharapnels sbracciarsi
esplodere fazzoletti bianchissimi pieni d'oro Tum.bum 20000 granate protese strappare
con schianti capigliature nerissime zang-tumb-zang-tum-tuuumb l'orchestra dei rumori
di guerra gonfiarsi sotto una nota di silenzio nell'alto cielo pallone sferico dorato che
sorveglia i tiri
F. T. Marinetti 1913
Potremmo cominciare così l’avventura futurista nella musica,con le
parole libere di Marinetti apparse su “Lacerba” il quindici marzo 1913.
Espressione di una rivoluzione concettuale che investe la letteratura di
un primo Novecento frastornato dall’avanzamento tecnologico che dal
1880 domina su tutto, Adrianopoli assedio orchestra è una sinfonia di
rumori di guerra, il tempo, lo spazio e le armonie sono parte di un teatro
il cui soffitto è il cielo che appare contemporaneamente regista,
sorvegliando i tiri, buoni o cattivi degli attori-soldati che come
musicisti “suonano” la guerra. Come una bomba Marinetti ci presenta il
teatro della guerra, come un presentatore da circo, entusiasta delle mille
scintille e scoppi di cannoni mentre era corrispondente di guerra sul
fronte africano, bombardamento di Adrianopoli. Un entusiasmo forse
eccessivo e che sarà il bastone nella ruota del futurismo, ma che
caratterizzerà tutto il periodo, sarà come la firma dei futuristi pronti a
tutto pur di sbaragliare quel marcio vecchiume di cui trasuda l’Italia
mentre l’avvento delle macchine e delle nuove tecnologie sta
rivoluzionando il mondo, non solo del lavoro, ma anche del costume,
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dell’arte e della sensibilità della psiche umana. Marinetti vuole
studiarne gli sviluppi e presagirne le evoluzioni spirituali , vuole
esserne partecipe e cantarne la bellezza nell’arte, nella musica e nella
poesia.
Lo stesso entusiasmo che non convinceva Soffici e Papini alla vista del
Manifesto di fondazione futurista scritto in francese sulla prima pagina
di Le Figaro di Parigi:
Finalmente c’è qualcuno anche in Italia che sente il disgusto e il peso di
tutti gli anticumi che ci mettono sul capo e fra le gambe i nostri
irrispettabili maestri! C’è qualcuno che tenta qualcosa di nuovo(…)
Peccato, però, che sentano il bisogno di scrivere con questa enfasi, con
queste secentisterie appena mascherate dalla meccanica, e che si
presentino coll’aria da clowns tragici che voglian far paura ai placidi
spettatori di una mattinée politeamica. Si può esser più crudi e più forti
senza tanto fracasso
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ma che trova giustificazione nel valore quasi mitico che aveva assunto
la nuova energia elettrica, una nuova rivoluzione industriale stava
stravolgendo un’Italia addormentata dopo la proclamazione di Roma
capitale, precipitata in una triste situazione di burocrazia e
provincialismo, in cui i pochi artisti autentici dell’Ottocento erano stati
isolati o ridotti al silenzio, un entusiasmo che sarà stimolante per quegli
intellettuali che provenivano da file anarchiche, sindacaliste e più tardi
comuniste oltreché nazionaliste, che avevano frequenti contatti con gli
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Giovanni Papini, Lacerba, Anno 1 n. 3 (1-II-1913) il significato del futurismo, pp 22-25
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operai delle grandi industrie urbane. Essi di “Lacerba” ne leggevano i
quattro quinti delle ventimila copie stampate, schierandosi anche dalla
parte dei futuristi durante le zuffe con quei giovani mezzo aristocratici
nei teatri delle grandi città
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-lasciandoci sognanti sull’evoluzione che
avrebbe potuto avere un movimento rivoluzionario che cantava “le
grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa ... ”-
La ristrettezza ridicola di certe loro affermazioni trova una potente scusa
nel sonniferismo generale del nostro paese, siamo ancora il popolo del
quieto vivere, si va adagio. Tutto quaggiù viene in ritardo. La conquista del
nostro secolo è la velocità, l’arte non deve consistere soltanto nella
rappresentazione e celebrazione del movimento ma una scossa furiosa, un
colpo di volante fa bene, ogni tanto, in una terra troppo vecchia abitata da
troppi pantofolai intorpiditi.
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Quell’ enfasi così forte e violenta sarà anche il motivo, nel 1915, della
definitiva rottura tra i futuristi “marinettiani” e i fiorentini di “Lacerba”,
una unione pericolosa, troppo forte e violenta per poter vivere
pacificamente e che darà vita a più futurismi.
A mettere il nostro paese in contatto con le idee che circolavano in
Europa nel primo decennio del Novecento erano tre riviste: “La
Critica” napoletana di Croce e Il “Leonardo” fiorentino, di Papini e
Prezzolini, seguito da “La Voce” (1908) diretta da Prezzolini. Queste
riviste, e in particolare “La Voce”, aprirono un dibattito in diverse
prospettive: tematiche economiche e sociali (socialismo, sindacalismo,
nazionalismo) temi filosofici (positivismo, idealismo, intuizionismo,
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L.Trotsky: Letteratura, arte, libertà -Lettera di Antonio Gramsci, 1922
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Giovanni Papini, Lacerba, Anno 1 n. 3 (1-II-1913) il significato del futurismo ,pp 22-25