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altre variabili induce il soggetto che ha fiducia nelle proprie capacità, a
conseguire un obiettivo, s’affronta così l’argomento dell’autoefficacia e degli
interessi. Infine attraverso il tema della motivazione e della decisione si giunge
all’esposizione di quel costrutto che esita dalla combinazione della variabili
affrontate, ovvero la scelta dell’individuo nel processo di orientamento. Il
primo capitolo si conclude con l’esposizione del progetto “Orientamento:
educazione alla scelta”.
Il secondo capitolo riguarda l’indagine sperimentale svolta presso
l’istituto di cui sopra. La prima parte presenta la ricerca condotta, quindi
dapprima vengono illustrati gli obiettivi generali e specifici a seguire le
modalità di attuazione dell’indagine, di seguito si passa alla descrizione dei
partecipanti e degli strumenti loro somministrati. Questa prima parte si
conclude con la descrizione delle modalità di somministrazione del Q.I.P e
Q.O. La seconda parte del capitolo illustra le elaborazioni statistiche dei dati
attraverso i calcoli del Q1, mediana, Q3, deviazione standard, media e le
rappresentazioni grafiche dei risultati ottenuti. Infine si conclude riportando le
correlazioni tra i dati.
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Capitolo 1
Orientamento: la motivazione alla scelta
La questione dell’orientamento pone il soggetto dinnanzi alla possibilità di
redigere il proprio progetto di vita. Le fondamenta di un piano così ambizioso,
sono da rintracciarsi anzitutto all’interno di ognuno di noi, e dunque nella
consapevolezza delle proprie capacità, delle proprie attitudini e preferenze,
una consapevolezza che al tempo stesso è connessa al mondo esterno, e che
può esser letta come l’esito di una serie di ponderate valutazioni che lo
studente dovrebbe poter “sperimentare” nel corso della propria frequenza
scolastica, in parte grazie alle attività curriculari ordinarie, in parte attraverso
ambiti di lavoro personalizzato o attività opzionali. Ciò evidenzia la centralità
rivestita da colui che è coinvolto in prima persona nell’orientamento
E’ per questo che addentrarsi nella problematica dell'orientamento
implica un riferimento alla valutazione per poi giungere all'autovalutazione. Vi
è infatti una stretta connessione fra orientamento e valutazione. Al riguardo,
va sottolineato che, in effetti, la valutazione è sempre orientante, in quanto nel
riconoscere conoscenze e competenze al soggetto valutato, gli restituisce un
profilo attitudinale/cognitivo. Ciò esige, però, che siano adottate forme di
valutazione adatte a orientare. La valutazione ha un ruolo importante perché
influisce direttamente sull'alunno, aiutandolo a conoscere le sue potenzialità
per giungere ad un orientamento consapevole che abbia valenza di
autorientamento. Per questo le indicazioni che emergono dal profilo di
personalità di un soggetto possono avere valore formativo poiché non si
fermano alla mera valutazione "esterna" delle acquisizioni, (come spesso si
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evince dalle schede orientative degli insegnanti al termine dell’anno
accademico) ma hanno uno scopo di tipo pedagogico che mira a far prendere
coscienza al ragazzo della sua maturità personale, delle qualità intellettive e
temperamentali.
Se la valutazione viene effettuata con adeguati criteri, (come il tempo in
cui la valutazione deve essere compiuta e gli scopi specifici della verifica),
tenendo conto delle possibilità dell’alunno e dei ritmi e dei metodi di un
apprendimento significativo, essa si porrà di certo come momento di crescita
e consapevolezza di se stessi e delle proprie competenze, consentendo dunque
un passaggio fondamentale che si delinea nel processo di orientamento
ovvero, la transizione dalla valutazione all’autovalutazione. Per potersi valutare
è necessario conoscersi. Infatti una delle chiavi di successo professionale sta
nella considerazione che ognuno ha di se stesso. Un percorso di
orientamento e sensibilizzazione deve comprendere sia il corpo che la mente,
infatti la conoscenza di se stessi si articola attraverso un percorso che va
dall'aspetto fisico a quello psicologico e a quello sociale
1
. L’autovalutazione fa
riferimento alla valutazione interna del soggetto relativa alle componenti
implicate appunto nel processo orientativo (capacità, interessi, valori,
competenze). Al fine di aumentare la consapevolezza del soggetto nei
confronti dei propri interessi, è necessario sollecitare in lui un atteggiamento
di autovalutazione critica, partendo dal presupposto che autovalutarsi non
significa soltanto avere dei momenti in cui chiedersi quale valutazione si
attribuisce a proprie competenze particolari, quanto piuttosto possedere le
conoscenze relative al processo autovalutativo e conseguentemente strutturare
una processualità che criticamente faccia interagire i dati di realtà con le
istanze soggettive.
1
Un ruolo determinante in quest’ambito è svolto dall’empatia, che metaforicamente può
essere definita come la capacità di stare “sulla stessa lunghezza d’onda” e che consente
a ciascun individuo di “essere con”, di sentirsi emotivamente connesso, ovvero
conoscere e provare i sentimenti dell’altro, maggiore è tale connessione emotiva,
maggiore sarà la sensibilità verso i problemi e i bisogni dell’altro.
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La valutazione di se stessi o autovalutazione è l’esito di quel costrutto noto
con il termine di autostima.
1.1 L’autostima come consapevolezza di sé e incentivo all’agire
Nella decisione del proprio futuro, come quella che si delinea di fronte
ad un ragazzo alla fine del ciclo di studi obbligatori o comunque relativi alla
secondaria superiore, la stima che il soggetto ha nei confronti di se stesso,
spesso ha un peso maggiore rispetto alle sue reali competenze... Per la prima
volta ci si trova dinnanzi alla prima vera scelta matura ove risulta determinante
quindi una chiara visione di se stessi e della propria identità.
Stimarsi, non vuol dire diventare “come” qualcuno, ma aiutare le forze
che “ci” animano a realizzare noi stessi. Essere in grado di stimarsi, significa
anzitutto conoscere se stessi, e essere liberi da aspettative e giudizi, trovare il
proprio talento e non avere timore di esprimerlo, la giusta strada per poter
vivere un rapporto equilibrato e limpido con la propria personalità e per
giungere ad un traguardo che acquisisce un significato differente in base al
contesto in cui il valore di sé risulta essere in quel momento ricondotto.
L’autostima, non è un tratto irreversibile della personalità, ma cambia
proporzionalmente ai mutamenti personali di ognuno di noi.
Si tratta di uno schema cognitivo-comportamentale che si sviluppa
precocemente sin dall’infanzia e dipende sia da fattori interni, cioè dagli
schemi cognitivi della persona, dalla sua soggettiva visione della realtà e di sé
stessa, sia da fattori esterni, come ad esempio i successi che si ottengono e la
qualità dei “messaggi” che si ricevono dalle altre persone.
Essa ha un grande potere sulla vita di ogni soggetto giacché
contribuisce ad influenzare comportamento, relazioni sociali, efficienza sul
lavoro, la vita affettiva. Più la nostra autostima è alta, più siamo fiduciosi, se
invece abbiamo poca stima di noi stessi, diventiamo anche pessimisti, siamo
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molto severi e critici nei nostri confronti, non riusciamo ad affrontare le
situazioni stressanti, ci lamentiamo senza riuscire a realizzare nulla di buono.
L’autostima di ognuno di noi quindi risulterebbe direttamente correlata al
concetto di sè
2
, (che ne influenzerebbe il suo contenuto) ovvero quella
costellazione di elementi a cui una persona fa riferimento per descrivere sé
stessa.
Il concetto di sé, riguarda tutte le conoscenze sul sé, come il nome, la
razza, ciò che piace o non piace, le credenze, i valori e le descrizioni, è il
prodotto della propria storia personale, ma anche e soprattutto del modo in
cui ciascuno rappresenta e organizza le esperienze della propria vita. Quindi si
tratta di un’idea composita di se stessi, che si costituirebbe attraverso
l’esperienza diretta e l’adozione delle valutazioni di altre persone che si
considerano importanti.
Tale concetto viene valutato da ciascun individuo alla luce dei propri
valori, si chiede al soggetto di valutare quando si addicano alla sua persona
alcune descrizioni di attributi. Per ottenere un'autostima più sana, capace di
sostenere gli obiettivi prefissati, è fondamentale essere degli esperti esploratori
della struttura del proprio concetto di sé, e se necessario essere abili nel
modificare la stessa.
Tutto questo presuppone una solida base dalla quale avviare tale
processo, ovvero un’ottima consapevolezza personale, intesa come un essere
coscienti del momento presente, presupponendo però una chiara visione dei
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William James (1890/1983) definiva l’autostima come il rapporto tra il Sé percepito di
una persona e il suo Sé ideale: il Sé percepito equivale al concetto di sé, alla conoscenza
di quelle abilità caratteristiche e qualità che sono presenti o assenti; mentre il Sé ideale è
l’immagine della persona che ci piacerebbe essere. Secondo James una persona
sperimenterà una bassa autostima se il Sé percepito non riesce a raggiungere il livello
del Sé ideale. L’ampiezza della discrepanza tra come ci vediamo e come vorremmo
essere è infatti un segno importante del grado in cui siamo soddisfatti di noi stessi. In
altre parole, secondo la definizione di James, l’autostima sarebbe il risultato del
confronto tra successi concretamente ottenuti e corrispondenti aspettative.