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INTRODUZIONE
La montagna è in pericolo; decenni di intensa utilizzazione delle risorse e
di inquinamento stanno sottoponendo a serio rischio questo fragile e
sensibile ecosistema, già di per sè contrassegnato da frane, incendi ed
erosione accelerata del suolo, terremoti e valanghe.
Ogni anno in Italia si contano i danni e le vittime provocati da questi
eventi calamitosi che puntualmente tendono a ripresentarsi negli stessi
luoghi. Questi tragici episodi danno purtroppo solo una scossa
momentanea all’opinione pubblica e alla popolazione, perchè una volta
superata l’emozione post-tragedia, le genti e il territorio colpito vengono
subito dimenticate e abbandonante ai loro decennali problemi.
Negli ultimi anni è cresciuta la sensibilizzazione verso gli aspetti
naturalistici che ha comportato l’istituzione di numerosi parchi, riserve e
aree protette nate con il compito di salvaguardare e di valorizzare i
territori più fragili, di cui fa ampiamente parte la montagna. Gli sforzi
compiuti hanno comportato buoni risultati, ma la strada è ancora lunga e
ripida, ed urgono numerosi interventi per poter mettere a riparo da questi
rischi la montagna italiana.
Il presente lavoro si pone come obiettivo principale quello di offrire una
sintetica panoramica dei rischi ambientali della montagna italiana, per poi
analizzare in modo più approfondito quelli dei monti Aurunci, situati nel
sud della regione Lazio, e caratterizzati da importanti peculiarità: la
principale e più suggestiva è quella di avere cime molto elevate a pochi
chilometri dalla costa. Ciò comporta l’esistenza di diversi paesaggi
ravvicinati tra loro, che ne influenzano profondamente la flora, la fauna e
le attività antropiche che si svolgono in questo territorio; infatti si possono
individuare almeno due diverse realtà: una prima, tipicamente montana
con fitta vegetazione e con i fenomeni abituali della popolazione di
4
montagna come lo spopolamento, l’invecchiamento e lo scarso sviluppo
agricolo, industriale e dei servizi; ed una seconda area, che invece ha i
caratteri tipici delle zone costiere e fortemente antropizzate, con
vegetazione scarsa a causa dei numerosi incendi e dei disboscamenti,
una fauna molto ridotta ed un forte sviluppo edilizio con episodi spesso di
abusivismo e di poco rispetto verso l’ambiente.
Come già accennato è il rischio incendi quello più presente in questo
territorio, e da secoli rende brulli e “desertici” questi rilievi.
I vari enti locali che si occupano della salvaguardia dei monti Aurunci da
anni affrontano atti di piromania e intervengono per prevenire la nascita
di nuovi focolai, che soprattutto durante il periodo estivo decimano la già
scarsa e secca vegetazione. Negli ultimi anni si sono avuti notevoli
miglioramenti che sono da assegnare all’istituzione del Parco naturale
dei monti Aurunci, che ha assicurato almeno all’interno del proprio
territorio una netta diminuzione degli incendi, con lo sviluppo di una
rigogliosa vegetazione che si è andata a formare nel nord dell’area in
questione. Il risultato finale della ricerca è quello di far comprendere
l’importanza naturalistica di questo ecosistema e la necessità di
salvaguardarlo dai rischi ambientali e di valorizzarlo per un turismo
ecosostenibile.
Il seguente lavoro si sviluppa in quattro capitoli. Il primo prende in
considerazione le problematiche della montagna italiana nel tempo e le
nuove proposte per il futuro delle aree montuose. Il secondo capitolo
invece, offre un quadro geografico, demografico ed economico-sociale
dei monti Aurunci, con l’utilizzo dei dati dei censimenti della popolazione,
delle industrie e servizi e dell’agricoltura. È stato possibile eseguire una
disamina particolareggiata sulla struttura e sulla dinamica demografica
ed economica del territorio ed è stato possibile evidenziare come le
dinamiche demografiche sono legate da vincoli reciproci all’insieme delle
risorse economiche.
5
Nel terzo capitolo vengono presi in considerazione i rischi ambientali
nello specifico del territorio studiato, con l’elaborazione di carte e tabelle
che ci hanno aiutato a comprendere meglio le dinamiche e l’entità dei
fenomeni calamitosi che colpiscono quest’area. Il quarto capitolo
analizza come gli enti locali si occupano della prevenzione dei rischi
ambientali nei monti Aurunci, e grazie ad alcune interviste ai rispettivi
responsabili di questi enti, si potrà comprendere meglio come essi
operano sul territorio, le loro principali problematiche e i progetti futuri.
Il lavoro termina con delle considerazioni che aiutano a far riflettere sui
futuri scenari, nell’ottica della salvaguardia e valorizzazione dei i monti
Aurunci, verso un turismo ecosostenibile.
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CAPITOLO PRIMO
LA MONTAGNA ITALIANA: PASSATO, PRESENTE, FUTURO
Analisi di:
Obiettivi: Capitolo primo
- Breve percorso storico della montagna italiana;
- La decadenza e le differenze regionali della montagna italiana
attuale;
- Gli scenari futuri della montagna italiana;
- Sintesi della legislazione della montagna;
- Le nuove proposte di legge per la montagna;
- Possibilità di attuazione delle nuove leggi;
- I nuovi enti per la montagna italiana;
- Sintesi dei rischi ambientali della montagna italiana.
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1.1 La montagna nella storia
Nel corso dei secoli, le montagne sono state rappresentate secondo
delle immagini ricorrenti: la visione più comune è quella di “alterità”
(Ciaschi, 2008).
L’etimologia del termine monte, per quanto controversa, sembrerebbe
rifarsi alla radice màn-, che assume il significato di “sporgere”: le
montagne sono soprattutto e prima di tutto un oggetto che si differenzia
topograficamente e morfologicamente dal luogo dove viene assegnato il
loro nome (Tomasella, 2008) .
A questa alterità morfologica corrisponde anche una diversità di
composizione e di organizzazione del territorio
1
.
Tutte le culture hanno ritrovato nel profilo verticale della montagna
“un’alterità” rispetto al resto del territorio, l’immagine di un “oltre”
metafisico.
La forma più alta ed impressionante del paesaggio ha raffigurato i valori
e i simboli più sacri delle diverse culture: i testi sacri Indù celebrano il
monte Merù come una “trave di legno che fungeva da puntello perché il
cielo non cadesse sulla terra” e sempre nella mitologia Indù il Dio Shiva
abita le montagne in compagnia della sua sposa Parvati, che,
letteralmente, indica la “montanara”
2
.
Anche in Giappone, le montagne da cui scorreva l’acqua per la
coltivazione del riso erano considerate residenze dei Kami, le divinità; il
monte Fuji, considerato sacro, è il luogo di vere e proprie processioni
mistiche; e ancora la montagna Qaf, limite tra visibile e invisibile nella
cultura araba, o l’Olimpo e il Parnaso, nella civiltà greca.
1
Un esempio “classico” sono i sette colli di Roma, che, in latino,assumevano la definizione di “monti”
(mons palatinus, mons capitolinus, ect…), sebbene oggi hanno ricevuto il nome, più adatto alla loro
morfologia, di “colli”.
2
G. Ravasi, I monti di Dio. Il mistero della montagna tra parola e immagine , San Paolo, Cinisello
balsamo (MI), 2001, p. 10.
8
Possiamo notare, inoltre, il ruolo che le montagne rivestono nella Bibbia:
dal Sinai, luogo centrale per la storia della salvezza sia all’inizio della
vocazione di Mosè che durante la marcia nel deserto, al monte Moriah,
dove ad Abramo fu chiesto di sacrificare suo figlio Isacco, per arrivare al
monte Ararat, dove l’arca di Noè si fermò dopo il diluvio universale
3
.
Solo per dare un riferimento quantitativo, il termine ebraico har, “monte,
montagna”, ricorre nella Bibbia ben 558 volte: è la 93° parola per numero
di presenze nell’antico testamento
4
.
Le montagne, dunque, vengono rinvestite di un’aurea di sacralità in
primo luogo, perché risvegliano un senso di meraviglia e di timore
reverenziale, che conferisce loro un profondo significato evocativo e
spirituale.
In secondo luogo, in molte culture, le montagne rappresentano lo spazio
ideale per incarnare i valori più alti e le aspirazioni più profonde di una
civiltà (Ravasi, 2001).
Infine, se anche le aree montane in sé non sono considerate sacre,
sono, invece, venerati i luoghi e gli oggetti sacri che esse ospitano, come
ad esempio i tanti monasteri ed eremi che costellano le montagne non
solo europee
5
.
Conoscere i fattori culturali e religiosi che caratterizzano la percezione
della montagna da parte degli uomini permette di comprendere come
una popolazione considera e, di conseguenza, gestisce questo
ambiente, le sue risorse, quali elementi tende a sfruttare e quali, invece,
a tutelare (Ciaschi, 2008).
3
Gn 8,4 (“Dio si ricordò di Noè, di tutte le fiere e di tutti gli animali domestici che erano con lui nell’
arca). Dio fece passare un vento sulla terra e le acque si abbassarono. Le fonti dell’abisso e le cateratte
del cielo furono chiuse e fu trattenuta la pioggia dal cielo; le acque andarono via via ritirandosi dalla terra
e calarono dopo centocinquanta giorni.
Nel decimo mese, il diciassette del mese, l’arca si posò sui monti dell’ Ararat. Le acque andarono via via
diminuendo fino al decimo mese. Nel decimo mese, il primo giorno del mese, apparvero le cime dei
monti”).
4
G. Ravasi, I monti di Dio, cit, p. 17.
5
E. Bernbaum, Il significato spirituale e culturale delle montagne, in B. Messerli e j. D. Ives, (a cura di)
<< Montagne del mondo>>, Tararà, verbania, 2000, p.35-36.
9
Qualsiasi azione politica e legislativa, per essere efficace, deve tenere
conto di questi e molti altri fattori culturali.
La montagna, vista con rispetto e timore, veniva considerata la sede
d’elezione naturale per accogliere le divinità, tanto che un'unica parola,
oros, assumeva per loro sia l’espressione “montagna” che il termine
“limite”.
Prendendo in considerazione l’Italia, il ritrovamento della mummia del
Similaun ad oltre 3.200 metri d’altezza
6
testimonia come, fin dal neolitico,
le montagne fossero un luogo di incontro e di passaggio (esisteva la
transumanza degli armenti nei pascoli di alta quota, ed avveniva, con
una certa frequenza, l’attraversamento nei due sensi delle Alpi, grazie
alla presenza di valichi e passaggi, periodicamente agevoli durante
l’anno).
La montagna veniva, invece, fortemente contrapposta alla pianura nella
civiltà romana: il paesaggio ideale era quello della piatta Campania Felix,
mentre le aree montane rimanevano un ambiente quasi sconosciuto e, in
un certo senso, ostile (in montagna i Romani avevano subito gravi
sconfitte, come le Force Caudine, nella guerra contro i Sanniti e la
disfatta delle legioni di Varo, ad opera dei Germani sulla selva di
Teutoburgo)
7
. Per essi, esisteva una fondamentale distinzione tra ager e
saltus, tra <<il pianeggiante ed ordinato ambito delle sedi stabili e delle
coltivazioni (cioè della cultura) e la scoscesa e disordinata massa
del rilievo, regno dell’instabile pastorizia e dell’assenza di valori civili
(cioè, alla lettera riferibili alla città)>>
8
. La strategia politico-militare,
l’organizzazione dello Stato e soprattutto la distanza dai confini,
6
Il ritrovamento della mummia risalente a più di 5000 anni fa, è avvenuto in Alto Adige il 19 settembre
1991, nella zona della Val di Tisa, nei pressi del confine italo-austriaco.
7
P. Dagradi, Il rapporto uomo-montagna nel tempo, in R. Bernardi, a cura di, L’“invenzione della
Montagna”. Per la ricomposizione di una realtà sistemica, <<Geotema>>, Patron, Bologna, n.7, anno III,
gennaio-marzo 1997, p. 39.
8
F. Farinelli, geografia. Un introduzione ai modelli del mondo, Einaudi, Torino, 2003, p. 50.
10
inducevano Roma ad attuare un sistematico smantellamento delle
arroccate opere di fortificazione presenti in montagna.
Molti sono gli esempi di questa politica, come l’antica Falerii Vetus
(l’attuale Civita Castellana): essa, arroccata ed imprendibile in montagna,
fu distrutta dai Romani e venne realizzata, al suo posto, Felerii Novi al
centro di un altopiano
9
. A fronte della distruzione strategica dei siti
fortificati, i Romani portavano in pianura acqua e risorse, bonificavano i
siti insalubri, deforestavano e rendevano produttive le terre, migliorando,
in sostanza, le condizioni di vita degli uomini in pianura.
Il mondo Romano, molto esteso, aveva, di fatto, indebolito se non
estinto, i confini geografici, “annullando” la verticalità e lasciando al
centro dell’enorme area dell’Impero la capitale, Roma.
Con la sua disgregazione, le città delle pianure divennero facile preda
delle cosiddette orde barbariche
10
.
Fu un periodo di rinascita per la montagna, rifugio ideale da invasioni ed
attacchi: le comunità piccole e parcellizzate ripresero la vita della
montagna e si realizzò un’organizzazione del territorio imperniata
sull’incastellamento, a volte negli stessi luoghi colonizzati nell’età del
bronzo
11
.
La rinascita di una nuova civiltà, segnata dall’ascesa dei Longobardi, si
svolse prevalentemente in montagna, come testimoniano, ad esempio, le
vestigia di Cividale del Friuli. Le invasioni dei saraceni -definitivamente
frenate dai Normanni-, la nuova cultura guerriera, il feudalesimo
contribuirono a condurre gli uomini in montagna, dove era possibile
innalzare insediamenti maggiormente difendibili e sicuri.
9
Altri esempi di questa politica territoriale e militare sono costituiti da Gerusalemme, o da alcune
località friulane situate lungo l’importante asse viario della via Julia Augusta.
10
In particolare, il “sacco di Roma” ad opera di Alarico, rappresentò un duro colpo, per il mondo allora
conosciuto. In breve tempo, la fiducia in un mondo immenso e senza confini si dissolse; i commerci
finirono e le strade divennero pericolose.
11
L’Abruzzo rappresenta numerosi esempi di questo fenomeno, in località come Castrovalva o Pettorano
sul Gizio.