5
1.1 Il significato sociale della moda
Secondo Simmel, Veblen e Bourdieu è il carattere diversificato e stratificato della società che
muove il motore della moda. Veblen nel 1904 postula la teoria del trickle-down,applicata poi anche
da Simmel, per descrivere i processi di emulazione tramite cui le nuove mode passano dai ceti
superiori a quelli inferiori. Durante la discesa queste mode si “volgarizzano” e non rappresentano
più adeguate distinzioni di status: ciò che prima era considerato moda dalle classi superiori ora
viene considerato da esse “fuori moda” ed obsoleto. E’ da questo momento che nasce un nuovo
ciclo della moda.
Veblen con la sua teoria del consumo vistoso del 1899 sottolinea come la spesa eccessiva
nell’abbigliamento e l’obsolescenza artificiale ottenuta tramite i cambiamenti continui della moda,
servano per istituzionalizzare le vistose pratiche di consumo, spreco e divertimento tipiche delle
classi sociali più ricche e potenti. Questo consumo vistoso serve proprio ad affermare la superiorità
di queste classi ed a giustificare la loro permanenza ai vertici della piramide sociale.
2
Per Bourdieu le questioni di gusto costituiscono gran parte del capitale culturale che le classi
dominati hanno ereditato dal passato. Il possesso di tale capitale e la capacità di spenderlo spiega
come le classi dominati riescano a riprodurre se stesse da generazione a generazione.
Si può affermare che nella storia le classi sociali abbiano sempre utilizzato la moda per distinguersi
le une dalle altre. I nobili , per esempio, per lungo tempo hanno portato abiti molto colorati, nei
momenti in cui colorare i tessuti era molto costoso, per poi passare al nero, quando il colore più
difficile da ottenere era proprio quest’ultimo.
Il nero diviene in quei periodi il colore della modestia e del riserbo, e l’ostentazione viene vista
come segno di arricchimento volgare. L’atteggiamento sottotono è quello di chi possiede molte
ricchezze, ma non lo deve ostentare.
***
E’ interessante ricordare che molto spesso sono state enunciate leggi suntuarie per regolamentare il
rapporto fra moda e status sociale: per esempio nel XIV secolo dettagliatissime norme proibiscono
ai borghesi di vestire come i nobili, nel XVIII secolo esistono norme precise per gli abiti,che
impongono limitazioni alle stoffe da importare e per i colori dell’abbigliamento.
Del 1401 è il registro delle vesti bollate bolognesi, in esso si distinguono gli abiti e gli
2. Torstein Veblen,Theory of the leisure class, Penguin classic, London,1994.
6
ornamenti vietati da quelli permessi. Sono regolamentati il peso massimo complessivo degli
ornamenti d’oro e d’argento applicati alle vesti, la larghezza dei profili di pelliccia, la lunghezza e la
larghezza delle maniche e degli abiti
3
e sono qui enumerate moltissime altre proibizioni e
limitazioni. Tali leggi sembrano derivare dal fatto che i benpensanti di tutte le epoche hanno sempre
considerato le mode come la massima decadenza dei costumi e sono da rigettare totalmente in
quanto nuove fogge aprono la via non solo a nuove vesti, ma anche ad un nuovo modo di concepire
la vita, la religione e l’etica. Con le leggi suntuarie molte volte si cerca di mantenere fisso il sistema
di valori dominante, di mantenere i consumi adeguati alle gerarchie della società, limitando la
mobilità sociale.
4
3
Maria Giuseppina Muzzarelli,Belle vesti,dure leggi,Costa editore, Bologna, 2003.
4
Daniela Calanca,Storia sociale della moda,Bruno Mondatori, Milano, 2002.
7
1.2 La moda oggi nelle comunicazioni di massa e nel mercato.
Chi comunica con l’abito intende soprattutto “suscitare sentimenti” e “porre l’animo in una
disposizione particolare” (Berkeley, 1991). La comunicazione dell’abbigliamento si colloca in una
classe di comunicazioni corporee, fortemente autoreferenziali, che esercitano un’azione sugli
interlocutori, e si rivolgono a tutta l’audience possibile e non ad un singolo interlocutore. I contenuti
espressi sono connessi prevalentemente agli usi ed alle categorie sociali e sono particolarmente
seduttivi.
I fenomeni di moda presentano un carattere naturalmente comunicativo se non altro perché il loro
regime di diffusione sociale dipende da numerosi scambi di informazioni fra persone e da messaggi
provenienti da luoghi sociali percepiti in un modo o nell’altro come autorevoli: vertici politici o
economici, stilisti, divi delle comunicazioni di massa, giornali specializzati, pubblicità
5
.Oggi i
luoghi di maggiore visibilità sociale non sono più solo i centri del potere politico ed economico, ma
sono soprattutto le cosiddette “élites senza potere” come i divi del cinema, della televisione e dello
sport. La moda produce anche sistematicamente e consapevolmente un certo flusso di informazioni.
Per esempio il sistema ideativo e produttivo della moda indica al cliente le tendenze future e le
scelte di gusto e deve essere in grado di conoscere le reazioni del cliente a queste sue proposte.
Come l’uso di un abito ha spesso intenti di autodefinizione e di azione passionale sull’interlocutore
(per esempio seduzione o ricerca di rispetto) così la moda manipola il suo pubblico per indurlo ad
adottare certi gusti ed a riconoscere certi valori estetici. Esistono molti strumenti per questo tipo di
comunicazione: sfilate, pubblicità,
distribuzione e promozione, vetrine, sponsorizzazioni
6
. In primo luogo è visibile una
comunicazione interna al sistema (o filiera) moda che consente l’armonizzazione ed il cambiamento
dei prodotti. Tale flusso comunicativo procede da monte a valle, ma risale anche da valle a monte.
La filiera comunicativa è strettamente legata a quella produttiva. La comunicazione interna avviene
spesso in modo informale, anche se esistono comitati di tendenza ed istituti previsionali.
La comunicazione nella filiera avviene anche in modo orizzontale fra operatori dello stesso settore,
anche se oggi questo aspetto a volte viene a mancare, creando l’assenza di tendenze generalizzate e
portando l’attenzione su stili individuali.
Vi è poi la comunicazione con l’esterno, verso il mercato. Questa comunicazione avviene in modo
indiretto tramite opinion leaders, stampa, televisione e l’uso di griffes; e in modo diretto tramite
5. Ugo Volli, Block Modes, il linguaggio del corpo e della moda,Lupetti, Milano, 1998.
6
Stefania Saviolo, Salvo Testa, Le imprese del sistema moda, Etas, Milano, 2002.
8
cataloghi, fiere, giornali specializzati ed anche con iniziative di relazioni pubbliche quali mostre,
libri e spettacoli.
La griffe oggi è divenuta fondamentale per la nostra cultura infatti , dalla sua nascita a metà dell’
800 ad oggi, ha assunto diverse funzioni:
1) Di identificazione: la griffe individua il prodotto dal punto di vista delle sue principali
caratteristiche.
2) Di orientamento: la griffe aiuta il cliente ad orientarsi strutturando l’offerta.
3) Di garanzia: la griffe è un impegno pubblico di qualità e prestazione.
4) Di personalizzazione: riguarda il rapporto fra la scelta di una griffe e l’ambiente sociale del
consumatore.
5) Ludica: il consumatore prova un certo piacere acquistando capi griffati.
9
1.3 La moda dal punto di vista psicologico e dell’identità.
Il significato dell’abito varia in base all’identità della persona che lo indossa, all’occasione ,al
luogo, alla compagnia ed allo stato d’animo. La moda concorre alla costruzione dell’identità sociale
degli individui. Si può anzi dire che l’abbigliamento sia una metafora visiva dell’identità. Gli abiti
sono una sorta di estensione del corpo, infatti vengono scelti per comunicare agli altri alcuni aspetti
della propria interiorità e della propria immagine sociale. La moda permette ai soggetti di cambiare
la propria identità mano a mano che essi adottano nuovi punti di vista sugli oggetti e sulle cose. La
moda contribuisce a creare l’identità poiché diviene norma comune, mezzo di riconoscimento e
convenzione. E’ interessante distinguere fra la moda generale, che detta regole convenzionali e
canoni universalmente riconosciuti, e l’indossare individualmente un abito anche se sempre
all’interno del sistema moda. Questa seconda modalità porta alla rielaborazione personale delle
regole generali per esprimere la propria interiorità ed i propri stati d’animo.
La moda costruisce l’identità dell’individuo giorno per giorno attraverso le età, la sessualità e lo
status sociale, andando a creare a livello collettivo il costume tipico di una certa epoca storica.
“Gli abiti delimitano e scandiscono il tempo individuale , fanno sì che una persona possa essere una
e molteplice, negli incontri formali, in quelli di lavoro, nel tempo libero, nella vita privata: il passare
da un abito all’altro nel corso della giornata rappresenta un modo per controllare le proprie risposte
emotive in relazione agli stimoli provenienti dall’esterno. Attraverso gli abiti, proprio come
attraverso le parole, è possibile attuare un controllo continuo sull’ambiente”
7
.
7
Pio E. Ricci Bitti e Roberto Caterina,Moda, relazioni social e comunicazione, Zanichelli,Bologna,2003,p.42
10
1.4 La moda nelle relazioni interpersonali.
L’abbigliamento è fondamentale per le relazioni interpersonali, per le quali ha diverse funzioni:
1) La presentazione e la manipolazione dell’abito può essere usata per veicolare molti tipi di
informazioni sulle caratteristiche psicologiche, sociali e culturali della persona,
2) Definisce la situazione nella quale si svolge l’interazione e ne pone le basi. Dall’abito si evince
il grado di formalità, la reciprocità simmetrica od asimmetrica dei ruoli, il grado di familiarità, il
grado di importanza ed il tipo di disponibilità all’azione.
“Poiché le persone sono anche degli ambienti per gli altri, di fatto l’aspetto esteriore può essere
concepito come un modo d’agire per co-definire la cornice entro cui si realizza lo scambio sociale,
come una delle risorse a disposizione dell’attore sociale per analizzare l’organizzazione dinamica
del contesto.”
8
Fra tutti i comportamenti comunicativi non verbali gli abiti sono quelli più tipicamente umani e
quelli più connotati culturalmente. Si può dire che a livello macro-sociale l’abito sia determinato da
fattori di ordine storico, economico, politico, religioso; ed a livello micro-sociale si tratti di uno
strumento d’interazione sociale ed un segnale comunicativo del comportamento non verbale
individuale.
Di solito i gruppi di cui le persone fanno parte possono essere classificati in due categorie : piccoli
gruppi caratterizzati da interazioni frequenti e prolungate e dalla condivisione di obiettivi e relazioni
affettive e gruppi più ampi in cui le relazioni fra i membri sono regolate da processi contrattuali e da
regole convenzionali ed impersonali.
Molti individui avvertono il bisogno di esprimere in modo visivo tramite la moda la loro
appartenenza ad un determinato gruppo sociale. Il desiderio di essere accettati è una spinta molto
forte per convincere le persone a conformarsi alla moda del tempo. Essere vestiti secondo una certa
moda mostra a se stessi ed agli altri la propria appartenenza e fa sì che le altre persone la
riconoscano. Nei gruppi lavorativi, sportivi ed informali l’indossare un preciso capo
d’abbigliamento contribuisce a far sentire ogni individuo partecipe degli atteggiamenti e dei valori
del proprio gruppo. Per esempio, l’abbigliamento casual giovanile è stato spesso visto dagli studiosi
della moda come elemento di contrapposizione alla società borghese, mentre la cravatta è stata
spesso vista come simbolo di eleganza, dello stile compassato e sostenuto dei ceti superiori. Gli stili
dei gruppi e delle loro culture possono essere considerati come stili tribali visto che ciò che è
indicativo di un gruppo non è la moda solo di un momento, che segue i cambiamenti del gusto
8. Pio E. Ricci Bitti e Roberto Caterina,Moda, relazioni sociali e comunicazione,Zanichelli, Bologna,2003,p.54.
11
stagionali, ma è la rappresentazione simbolica distintiva di quell’insieme di persone . I costumi dei
vari individui precisano quali sono i limiti entro i quali si costruiscono le identità e le realtà di
quello specifico gruppo. Si può , quindi, sostenere che la moda appaghi l’esigenza dell’individuo di
comunanza con gli altri e di conformismo e, nello stesso tempo, il suo desiderio di differenziazione
ed individualismo. La motivazione del conformismo fa comprendere perché, per esempio , è così
importante per gli adolescenti indossare una particolare griffe: essi non hanno un’identità ancora
ben strutturata ed una precisa immagine di sé e, quindi , conformarsi ad un gruppo significa ridurre
l’insicurezza e l’instabilità che li caratterizzano.
12
1.5 La moda ed il potere.
Discorso interessante sulla moda e la comunicazione è quello a proposito del potere e
dell’influenza sociale. Il potere si manifesta direttamente tramite comandi ed ordini ed
indirettamente col conformismo ed il contagio sociale. Ciò è visibile, per esempio, nell’uso
dell’abbigliamento in modo gerarchico, che è teso a mettere in luce le variabili relative alla
sottomissione ed alla supremazia: con l’uso di simboli come le mostrine o i gradi si manifesta la
propria superiorità o inferiorità. L’identificazione di un individuo all’interno di una formazione
gerarchica comporta non solo l’adozione di precisi e rigorosi codici di comportamento, ma anche
l’adozione di un abbigliamento simbolico.
13
1.6 L’abbigliamento, l’estensione della nostra pelle
9
Gli economisti hanno calcolato che una società non vestita mangia il 40% in più di una società
abbigliata all’occidentale. Il vestiario in quanto estensione della nostra pelle, aiuta ad
immagazzinare ed incanalare le energie, sicchè l’occidentale ha bisogno di meno cibo.
Il vestiario in quanto estensione della pelle può essere visto come un meccanismo per il controllo
della temperatura e come un mezzo per definire socialmente la persona. Oggi gli europei hanno
cominciato a vestirsi per dare nell’occhio, alla maniera americana, proprio quando gli americani
cominciavano a staccarsi dal loro stile visivo tradizionale. Ciò è dovuto al fatto che gli europei a
partire dalla seconda guerra mondiale hanno cominciato a porre l’accento su valori visivi, e la loro
economia, non a caso, produce oggi una grande quantità di beni di consumo in serie. Viceversa gli
americani hanno cominciato, per la prima volta, a ribellarsi contro i valori uniformi dei
consumatori.
Altro esempio di come cambiano le mode ridefinendo la società è quello degli europei che alla fine
del Settecento furono protagonisti di una importante rivoluzione dei consumi. Quando
l’industrialismo era una recente novità, venne di moda fra le classi superiori abbandonare i ricchi
abiti di corte per adottare stoffe e linee più semplici. Fu l’epoca in cui gli uomini indossarono per la
prima volta i calzoni del semplice fantaccino, intendendolo come un gesto ardito di integrazione
sociale. Prima di allora, il sistema feudale, aveva sempre indotto le classi superiori a vestire come
parlavano,in uno stile raffinato e molto diverso da quello della gente comune. Abiti e discorsi
avevano una ricchezza di tessuti che sarebbero stati poi completamente eliminati dall’alfabetismo
universale e dalla produzione in massa, dovuta anche ad invenzioni come la macchina da cucire.
Con la Rivoluzione francese le nuove e semplici fogge si rivolgevano contro le classi feudali, in
quanto in quel momento l’abbigliamento era un manifesto non verbale di rivolta politica.
Altro esempio di cambiamenti di moda che cambiano in profondità la società è che oggi esiste una
spiccata tendenza ad un nuovo equilibrio, ed una crescente tendenza all’esposizione rituale del
corpo. Dopo che siamo stati per secoli vestiti e chiusi in uno spazio visivo uniforme, l’era elettrica
ci introduce in un mondo nel quale viviamo, respiriamo ed ascoltiamo con l’intera epidermide.
Naturalmente in questo culto ha grande peso la novità. Nei nuovi abiti la nostra sensibilità unificata
caracolla tra un vestito campionario di materiali e di colori che fanno della nostra epoca una delle
più grandi della storia della musica, della poesia , della pittura e dell’architettura.
9.Marshall Mc Luhan,Gli strumenti del comunicare, Net, Milano,2002
14
Capitolo 2
LA MODA NELL’ARTE
Il fenomeno moda appare fondamentale nell’arte come base primaria di comunicazione.Dagli abiti e
dagli arredi in cui i personaggi sono inseriti si comprende il ruolo da loro rappresentato nella storia,
si intuisce quali regole la società impone di seguire in base a precise convenzioni sociali; l’abito e
come esso viene indossato, molto spesso, indica cosa il personaggio pensa di quella società ed al
contempo come vive quel preciso momento interiore.
Fino dal Paleolitico l’uomo ha cercato di rappresentare la realtà che lo circonda tramite l’uso di
simboli e colori. Naturalmente in questi primi accenni di pittura l’abito non è molto evidente. In
effetti in quel tempo il motivo primario per coprire il corpo era quello di ripararlo dal freddo. I
primi indumenti erano pelli e pellicce, che solo col tempo l’uomo imparò a conciare e a lavorare.
Fondamentale scoperta, che diede inizio alla creazione dell’abito vero e proprio, fu l’invenzione
dell’ago, che era fatto di avorio di mammut, di ossa di renna o di zanne di tricheco e che
rivoluzionò in modo significativo la vita sociale delle tribù.
Le popolazioni residenti in zone climatiche più temperate cominciarono a scoprire presto l’uso di
fibre animali (lana) o vegetali (corteccia di gelso o fico).
Lentamente, col passaggio alla stanzialità , si svilupparono l’allevamento e la lavorazione delle
fibre tramite la tessitura, altra scoperta fondamentale sulla via della modernizzazione delle
conoscenze umane.
Inizialmente Egizi, Assiri, Greci e Romani ricavavano delle piccole pezze di stoffa quadrate e le
avvolgevano semplicemente intorno alla vita. Usavano , poi, un secondo quadrato per
drappeggiarlo sulle spalle. Esso era fermato tramite una fibula, spesso di materiale prezioso e
riccamente decorata. Gli abiti drappeggiati erano considerati da questi popoli come marchio della
civiltà, mentre quelli ottenuti con taglio e cucito erano considerati barbarici. Basti pensare che i
romani punivano con la pena capitale chi indossava abiti modellati sulla persona.
15
2.1 Antico Egitto:
In Egitto gli appartenenti alle classi inferiori e gli schiavi spesso andavano in giro del tutto nudi o
quasi. L’abito serviva a comunicare l’appartenenza ad una classe, che difficilmente poteva mutare
nel tempo . Allo stesso modo, uno degli aspetti che più colpisce nella vasta documentazione di
questa antica civiltà, è la mancanza di evoluzione della moda. In un periodo di circa 3000 anni i
mutamenti sono di minima entità. Questo probabilmente deriva dal fatto che l’ordine e l’armonia
erano il fondamento della società nell’antico Egitto: “Al principio dei tempi esisteva soltanto il Nun
una massa increata, non organizzata (…). Le invasioni del Nun sono già avvenute in passato
rendendo peggiore e più precario il mondo. Il sogno della cultura egizia consiste in un ritorno ai
giorni della creazione, a un’età positiva in cui l’ordine, il Maat, aveva appena costruito il mondo e
lo dominava (…). Maat è nella storia dell’umanità la più pura e coerente concezione dello stato
autoritario e conservatore, totalmente refrattario ai valori dell’innovazione”
10
Nell’antico regno il costume caratteristico era lo SCHENTI, un pezzo di tessuto usato come
perizoma e tenuto fermo da una cintura. I re ed i dignitari come segno distintivo lo portavano
pieghettato ed inamidato (in alcuni casi essi indossavano anche lunghi guanti), come è possibile
vedere nella statua di Rahotep conservata al museo egizio del Cairo. Rahotep, principe e gran
sacerdote di Eliopoli, porta al collo una sottile catenella con appeso un amuleto colorato in verde,
probabilmente uno scarabeo. Egli ha i baffetti sottili secondo la moda dell’epoca e del suo rango e
la sua pelle è di colore ocra che è segno distintivo di virilità, in quanto era l’uomo che poteva
passare la maggior parte della giornata all’aria aperta. Nefert raffigurata nella statua al suo fianco
ha, invece, la carnagione chiarissima. Come si può vedere gli abiti delle donne erano formati da un
rettangolo di stoffa, tessuto in un pezzo unico ed aderentissimo.Il colore è il bianco che comunica
regalità. La fibra usata è il lino.
La gola è cinta da un largo collare tempestato di gemme, rese , nella scultura, tramite colori vividi.
Nefert indossa una parrucca nera ornata da una fascia anch’essa decorata. Le parrucche erano a
volte fatte di capelli naturali, a volte di fili di lino o di fibre di palma. Gli occhi bistrati della regina
richiamano il colore della parrucca e danno profondità ed un alone di mistero al suo sguardo.
La semplicità degli abiti comunica il rango dei due principi, che viene esaltato dalle pose ieratiche e
dall’imponenza dei troni su cui siedono. L’ espressione dei loro volti è solenne e severa, ma la loro
psicologia sfugge alla mano precisa dell’artista che ricerca non l’individualità, ma la precisione e
l’ordine come dettato dalle consuetudini sociali dei suoi tempi. Ciò è dovuto al fatto che tutta la
10
Umberto Dante, L’utopia del vero nelle arti visive, Meltemi, Roma, 2002,p.26.
16
produzione artistica era richiesta dal clero e dalla monarchia, per questo motivo le immagini
dell’arte dovevano essere solenni, rappresentative del potere ed altamente stilizzate, poiché
entrambi i committenti ricercavano la stabilità sociale, utile ai loro fini conservatori. Entrambi
cercavano di evitare innovazioni artistiche, come ogni altro genere di riforme, poiché temevano
qualsiasi mutamento e dichiaravano sacre ed inviolabili le regole tradizionali dell’arte.
11
Allo stesso modo,negli abiti, si riflettono norme statiche ed anti-individualistiche che esprimono in
modo preciso l’appartenenza ad una certa classe sociale o ad una certa stirpe. Gli abiti si rifanno ad
una precisa etichetta, che viene considerata come legge suprema, non solo per i comuni mortali, ma
anche per il re e per gli stessi dei che accettano il cerimoniale di corte.
11
Arnold Hauser, Storia sociale dell’arte,Einaudi, Torino,1970.
17
2.2 Antica Grecia:
Fino all’epoca di Alessandro Magno il costume greco non ebbe particolari innovazioni. Era
costituito da rettangoli di stoffa di varie dimensioni che si drappeggiavano sul corpo senza tagliarli
né cucirli.
I greci, a meno che non appartenessero ai ceti più poveri, indossavano spesso stoffe colorate ed
operate, i colori usati più di frequente erano il rosso, il giallo, il viola porpora ed il verde.
Naturalmente questa varietà di colori non è rimasta sulle statue, che spesso sono color pietra o
presentano solo piccole zone ancora dipinte di rosso. Gli orli degli abiti erano quasi sempre decorati
con motivi geometrici, fiori o animali. Il CHITONE era l’elemento base dell’abbigliamento e
poteva essere indossato in vari modi. Esso era spesso accompagnato da una cintura annodata in vita
come si può vedere nella “Kore con peplo” conservata al museo dell’Acropoli di Atene. Sopra al
chitone le donne, infatti, portavano il PEPLO lungo fino ai piedi. Esso poteva essere di lino o di
seta. Gli abiti, comunque , come si nota dalla statua, erano molto semplici poichè apprezzate
caratteristiche femminili nella società greca erano la modestia e la semplicità. Importanza
fondamentale, invece, veniva data all’acconciatura. La Kore ha i capelli arricciati, indice di rango
elevato secondo l’uso del tempo, ed è probabile che la modella portasse dei posticci per rendere più
piena la sua chioma.
Comunque la Kore è una giovane donna quindi la sua acconciatura è più semplice di quelle delle
dame più adulte che usavano portare nei capelli nastri sottili o diademi d’oro e pietre preziose. Le
calzature non sono visibili nella statua, ma certamente la Kore calzava sandali. I capelli, gli occhi e
le labbra sono ancora colorati e questo rende più realistica la figura.Il viso perfetto, però, non
comunica alcuna soggettività, ma contribuisce insieme agli abiti a dare allo spettatore un’idea di
ordine ed armonia.
***
Particolare interesse presentano anche gli abiti etruschi per quanto riguarda la comunicazione del
rango sociale. Essi indossavano abiti cuciti e drappeggiati allo stesso tempo usanza questa che
richiama echi orientali e cretesi.Asiatiche sembrano le loro calzature: uno scarponcino chiuso con
lacci e dalla punta rialzata. Indice,questo, di frequenti scambi con l’Oriente.
Dagli Etruschi i Romani ereditarono la TOGA, indumento destinato solo alle classi superiori, in
particolare ai senatori. Con gli anni essa si rimpicciolì fino a diventare una semplice stola di tessuto