5
temibili, aumentando l’importanza del cliente quale risorsa scarsa e perciò sempre più
costosa e difficile di conseguire e mantenere nel tempo. Per tale motivo negli ultimi
anni si è diffusa l’attenzione al cliente e alla sua soddisfazione, rendendo necessario
misurarne il livello ed identificare i gap critici così da predisporre strumenti e logiche
idonee a valorizzare tale risorsa soddisfandone le aspettative e i bisogni.
Tale indagine è particolarmente critica nelle imprese che erogano servizi. Ciò a causa
della stessa natura dell’offerta, caratterizzata da immaterialità e complessità, e dalla
particolare difficoltà di raggiungere nel tempo standard uniformi di qualità. In tali
imprese appare dunque fondamentale riuscire a gestire correttamente la relazione con la
clientela, valorizzandola al massimo per arrivare non solo a comprendere a fondo le
necessità di quest’ultima, ma anche per poter definire azioni di marketing mirate e
personalizzate.
In questo contesto si pone il presente lavoro di tesi che affronta le tematiche sopra
citate, approfondendo un’esperienza aziendale particolarmente significativa. Si tratta di
Di.Tech, azienda fornitrice di prodotti e servizi nel settore dei software per la
distribuzione. Operando, infatti, in ottica B2B, Di.Tech sente particolarmente l’esigenza
di monitorare con continuità la soddisfazione dei propri clienti per capire non solo il
loro grado di soddisfazione ma anche le aree in cui sono necessari interventi di
eventuale recupero/miglioramento. Questo viene avvalorato dal fatto che la relazione, in
questo specifico settore del mercato, rappresenta la centralità delle strategie di
marketing e acquisisce un’importanza critica, necessitando di attivare relazioni
fiduciarie con i clienti. Partecipando attivamente a queste dinamiche aziendali,
attraverso una esperienza di stage di sei mesi, ho potuto verificare personalmente
l’importanza delle analisi di customer satisfaction, sia per rendere più durature possibili
le relazioni positive, sia per recuperare quelle critiche che rappresentano una vera e
propria minaccia per il raggiungimento degli obiettivi aziendali e la reputazione
aziendale.
La tesi, quindi, dopo avere passato in rassegna la letteratura di marketing relazionale ed
approfondito il concetto e le determinanti della soddisfazione, passa ad illustrare il caso
aziendale. Si tratta nello specifico della descrizione dell’indagine condotta da Di.Tech al
fine di comprendere il livello ed aree di soddisfazione dei suoi clienti a cui si è preso
parte nella fase di analisi dei risultati raggiunti e di individuazione dei conseguenti
interventi e leve da attivare.
Dal punto di vista strutturale, lo studio è stato articolato in quattro capitoli.
6
Nei primi due si è descritta approfonditamente la teoria del marketing relazionale basata
sulla costruzione di relazioni cliente-fornitore di lungo periodo. In particolare nel primo
capitolo, viene illustrata la nascita negli anni ottanta di questa nuova prospettiva di
studio in sostituzione alla teoria transazionale basata sul mero rapporto di scambio tra
cliente e fornitore e su un approccio tradizionale di marketing. In seguito viene
approfondito il modello relazionale della scuola svedese. Nel secondo capitolo, invece,
vengono descritte le caratteristiche principali della relazione, approfondendo in
particolare quelle che determinano l’evoluzione del rapporto cliente-fornitore
individuate in quattro processi: l’apprendimento, l’adattamento, il coinvolgimento e la
fiducia. Quest’ultima viene esaminata a parte in quanto rappresenta l’elemento
fondamentale per lo sviluppo e il rafforzamento dei rapporti di lunga durata. Questo
fattore viene analizzato nelle sue dimensioni, nelle sue determinanti e nei suoi effetti.
L’antecedente della fiducia che più incide sulla creazione della stessa, è la soddisfazione
del cliente. Di conseguenza, la soddisfazione contribuisce in maniera significativa alla
nascita di relazioni di lunga durata. In seguito a questa osservazione e in linea con
quanto detto precedentemente, l’analisi del grado di soddisfazione della clientela
diventa importantissimo per le aziende. Il terzo capitolo affronta in linea teorica la
definizione e gli obiettivi dell’analisi della soddisfazione, per poi entrare nella
descrizione delle varie metodologie di misurazione.
Infine, il quarto e ultimo capitolo è relativo all’esperienza di stage che ho vissuto in
Di.Tech, azienda produttrice di software. Dopo aver descritto l’azienda e averne dato un
profilo dimensionale e strategico, si descrivono gli obiettivi e la metodologia con cui
l’azienda ha condotto questa analisi sulla clientela. Parte di questo capitolo è stata
dedicata alla descrizione dei risultati raccolti tramite questionario, sia all’interno
dell’azienda, sia ai clienti, con relativo confronto. Infine, l’ultimo paragrafo illustra
quelle che sono state le azioni intraprese a miglioramento di alcuni aspetti critici e le
azioni future volte allo stesso obiettivo.
7
CAPITOLO 1
Il marketing Relazionale: la nascita e lo sviluppo
1.1 La nascita del marketing relazionale
Dalla seconda metà degli anni settanta il contesto ambientale entro il quale si svolgeva
l’attività delle imprese industriali diventò progressivamente più complesso e fortemente
mutabile a causa di molteplici fattori
1
che incisero sia dal lato dell’offerta che dal lato
della domanda, quali:
1. l’intensificarsi del cambiamento tecnologico portato dalla rivoluzione informatica,
che non coinvolse solo i processi produttivi, ma anche tutte le altre operazioni
vicine al processo di produzione, la circolazione e l’uso dell’informazione
all’interno dell’impresa e nei suoi collegamenti esterni;
2. l’estensione geografica dei mercati e più in generale l’ampliamento dell’orizzonte
competitivo delle imprese (globalizzazione);
3. i processi di concentrazione e di modernizzazione del settore commerciale, con i
relativi riflessi che ebbero sull’intera articolazione dei canali distributivi;
4. la crescente varietà e variabilità della domanda finale, collegata alla crescente
conoscenza dei consumatori, divenuti più capaci di valutare il rapporto
prezzo/qualità dei prodotti offerti.
Per l’impresa, quindi, diventò altrettanto complessa la progettazione e la gestione ai fini
competitivi dei rapporti con il mercato di riferimento e più in generale con l’ambiente
esterno. Di conseguenza, divenne una dimensione più problematica e critica anche la
ricerca dei modi appropriati di realizzare la funzione marketing.
In questo contesto, all’inizio degli anni ottanta, il paradigma del marketing concept, che
negli anni sessanta e settanta ebbe un ruolo fondamentale nell’indirizzare gli studi di
marketing, venne sottoposto ad una serie di critiche, che ebbero come conseguenza lo
sviluppo di nuove ricerche e l’elaborazione di nuovi paradigmi su cui fondare il
marketing
2
.
1
Ferrero G., Il marketing Relazionale, Lint Trieste, 1992;
2
Denominazione definita da Day G.S. e Wensley R., Marketing theory with a strategic orientation,
Journal of Marketing, Fall, 1983, e da Gummesson E., The new marketing: developing long-term
interactive relationships, Long Range Planning, 20(4), 1987.
8
Ancora oggi il marketing management consiste nell’analisi, nella pianificazione, nella
realizzazione e nel controllo di programmi che hanno lo scopo di raggiungere gli
obiettivi aziendali. In particolare, si occupa di adeguare l’offerta dell’impresa ai bisogni,
ai desideri del mercato-obiettivo e di utilizzare in modo efficace la comunicazione, le
tecniche di determinazione del prezzo e la distribuzione per informare, motivare e
servire il mercato. I concetti fondamentali su cui si fonda questo paradigma si
riassumono nel modello delle 4P
3
, che rappresenta l’orientamento al consumatore e il
cuore del marketing.
All’inizio degli anni ottanta, vennero rivolte diverse critiche a questo paradigma,
causate dai fattori di spinta al cambiamento precedentemente elencati. Le tre più
significative riguardavano questi tre aspetti:
1) Una definizione più ampia dell’oggetto del marketing. Negli anni settanta venne
esteso il campo di studi, così che prevalse la concezione del marketing come
“scienza comportamentale che si propone di spiegare le relazioni di scambio”
4
. Il
marketing è stato così identificato come l’analisi dei processi di strutturazione ed
organizzazione degli scambi fra e nelle istituzioni. L’ampliamento dei confini di
questi studi, tuttavia, ha comportato dei problemi interpretativi e di sistemazione
concettuale. Per questo motivo è stato giudicato inadeguato e ne è seguito un
riesame molto critico del paradigma.
2) Lo sviluppo a nuovi settori delle applicazioni del marketing. Negli anni settanta si
fecero dei tentativi per applicare i modelli utilizzati per i beni di largo consumo ai
settori dei servizi, dei beni industriali, delle organizzazioni senza fini di lucro e degli
approvvigionamenti, ma con scarso successo. Da qui scaturì la convinzione che, in
questi contesti, fosse necessario ricercare nuovi metodi di applicazione del
marketing. Tra i principali sostenitori di questa tesi si trovano gli esponenti della
Scuola Svedese di Marketing Industriale e della Scuola Nordica dei Servizi. Questi
studiosi misero in luce che alcune condizioni strutturali, tipiche dei mercati dei beni
di consumo di massa, non si riscontrano nei mercati dei beni industriali e dei servizi.
La constatazione della specificità dei mercati dei beni di massa e dell’impossibilità
di estendere i problemi da affrontare e le politiche da adottare per la loro gestione,
3
Il concetto di marketing mix delle 4P è stato sistematizzato e diffuso nella letteratura da diversi autori:
Lazer, Kelly 1962; Borden, 1964; McCarthy 1968.
4
Hunt S.D., General theories and the fundamental explanada of marketing, Journal of Marketing, Fall,
1983.
9
indusse vari autori a ricercare nuovi approcci al marketing, che permettessero di
superare i limiti del marketing concept.
3) L’ incapacità sempre più elevata del marketing management di contribuire in modo
efficace al successo competitivo delle imprese. La perdita di competitività registrata
dalle imprese statunitensi rispetto a quelle giapponesi ed europee negli anni settanta
e la decrescente influenza del marketing sulle scelte strategiche venne imputata ai
limiti del paradigma.
Fu, poi, messa in discussione l’efficacia del marketing concept anche in settori nei
quali esso aveva trovato più ampia diffusione.
Il paradigma del marketing concept venne, quindi, giudicato incompleto, troppo
semplicistico e ormai incapace di consentire una efficace interpretazione
dell’oggetto di studio.
In questo nuovo scenario il marketing inizia ad acquisire una dimensione relazionale
necessaria ad ottenere il coinvolgimento interattivo dei soggetti che vi si confrontano.
Un altro aspetto che ha contribuito alla genesi del marketing relazionale è la catena del
valore come “terreno di lavoro” del marketing relazionale
5
.
Michael Porter, in particolare, spiega che alla base della ricerca del vantaggio
competitivo da parte delle imprese, c’è il concetto di catena del valore, in base al quale,
l’impresa viene suddivisa nelle diverse attività che essa svolge: progettazione,
produzione, vendita e distribuzione dei prodotti. Sono infatti queste attività generatrici
di valore, nonché le relazioni che le collegano, a determinare il vantaggio competitivo.
6
La catena del valore, oltre a descrivere e collegare le attività interne di un’impresa,
possiede anche una proiezione esterna. Quest’ultima descrive il flusso di generazione
del valore che collega le catene dei fornitori, delle imprese di trasformazione, dei canali
e degli acquirenti finali.
Figura 1: la catena esterna del valore delle imprese.
Fonte: Grandinetti R., Reti di marketing. Dal marketing delle merci al marketing delle relazioni, Etaslibri,
Milano, 1993, p.11.
5
Grandinetti R., Reti di marketing. Dal marketing delle merci al marketing delle relazioni, Etaslibri
Milano, 1993;
6
Porter M. E., Il vantaggio competitivo, Edizioni Comunità, Milano (1987)
Catena
del valore
dei
fornitori
Catena del
valore
dell’impresa
Catena del
valore dei
canali
Catena del
valore degli
acquirenti
10
Rispetto alla funzionalità del concetto di catena del valore, in questo ambito viene
evidenziata la sua valenza relazionale. Infatti, le attività che compongono la catena
risultano interrelate da legami comunicativi e possono variare nella composizione e nel
confine interno/esterno definito rispetto alla singola impresa.
L’applicazione della metodologia della catena del valore consente di rendere
maggiormente interpretabili i fenomeni di marketing. In particolare:
a. è possibile mettere a fuoco la duplice natura relazionale della funzione marketing
che ha un’interfaccia nelle due catene del valore (interna ed esterna);
b. gli strumenti necessari alla gestione della complessità che si esprime nella catena
del valore, quali l’informazione, la comunicazione e l’interattività cooperativa,
possono essere adeguatamente teorizzati solo all’interno di un concetto relazionale
di marketing;
c. l’aspetto relazionale del marketing pone in luce la natura bilaterale delle relazioni a
ciascun livello della catena del valore, ed al contempo la duplice interfaccia di
azione del marketing dell’impresa nella sua focalizzazione locale (interna/esterna);
d. il concetto relazionale permette infine di estendere la divisione del lavoro di
marketing fino all’anello terminale della catena (esterna) del valore, integrando
nell’organizzazione della catena il consumatore, prima mancante.
1.2 I fattori alla base della nascita del marketing relazionale
Le ragioni
7
che hanno portato allo sviluppo del marketing relazionale e al superamento
del marketing concept tradizionale sono stati supportati da diversi limiti che ha mostrato
quest’ultimo.
Il primo di questi limiti risiede nel fatto che la disciplina del marketing transazionale
pone al centro dell’attenzione le singole transazioni poste in essere con i clienti. Il
comportamento dei soggetti coinvolti nella transazione è visto in funzione di alcuni
parametri che caratterizzano lo scambio stesso, tipicamente identificabili in termini di
prodotto/prestazione e di prezzo. Questi parametri sono gestiti unilateralmente dal
venditore, che rappresenta l’unico soggetto attivo dello scambio. Infatti, l’approccio di
marketing transazionale assume a riferimento un modello di scambio che si caratterizza
7
Ferrero G., Il marketing Relazionale, Lint Trieste, 1992; Grandinetti R., Concetti e strumenti di
marketing, Etaslibri Milano, 2002.
11
per la sua unidirezionalità; solamente il venditore, infatti, è chiamato a svolgere un
ruolo attivo nel processo di transazione. Inoltre, viene ipotizzata una struttura di potere
asimmetrica tra le parti nella quale l’acquirente, considerato singolarmente e data la
scarsa rilevanza dei suoi acquisti sul totale del venditore, non dispone di una forza
contrattuale tale da consentire la negoziazione delle caratteristiche del prodotto/servizio
e delle condizioni contrattuali. Ad avvalorare questa situazione, l’approccio tradizionale
fa, poi, riferimento ad una struttura atomistica del mercato cioè un mercato composto da
numerosi acquirenti anonimi e sostituibili per il venduto sviluppato dal fornitore. Questa
condizione strutturale comporta la presenza di costi di transazione
minimi, se non
addirittura nulli, dovuti all’elevata sostituibilità di questi acquirenti. In mercati con
queste caratteristiche gli operatori sono portati a porre in essere transazioni indipendenti
con un numero elevato di controparti; le relazioni collaborative, stabili e di lungo
periodo costituiscono, invece, un’eccezione.
In un mercato con tali caratteristiche, il marketing può solo definire la migliore
combinazione dei parametri dell’offerta, al fine di suscitare una risposta positiva nella
controparte. Il marketing transazionale individua così il marketing mix come strumento,
semplice ed immediato per la definizione dell’offerta. Il limite principale che, però, ha
mostrato questo strumento e che ha motivato il superamento di questo approccio, è il
riconoscimento di un’autonomia funzionale del marketing management, in quanto,
questo orientamento non ha permesso di individuare e sviluppare le sinergie derivanti
da un orientamento strategico integrato.
Un altro limite che ha mostrato di possedere il paradigma del marketing transazionale è
la scarsa attenzione al contesto internazionale e l’orientamento adattivo nei confronti
dell’ambiente. Infatti, i cambiamenti strutturali, che hanno interessato il contesto
competitivo, hanno reso i limiti dell’approccio di marketing tradizionale ancora più
evidenti. Ciò si è tradotto nello sviluppo di alcuni filoni di critica a questo paradigma
che hanno tratto spunto dall’analisi di alcune esperienze.
La prima di queste esperienze è stata la crescente perdita di competitività, a partire dagli
anni settanta, delle imprese americane rispetto alle concorrenti giapponesi. La causa di
questo fenomeno è stata attribuita all’orientamento strategico adottato dalle imprese
stesse, che dava sempre più importanza alle variabili del marketing mix individuate dal
paradigma tradizionale. Questo orientamento spingeva le imprese verso un’ottica di
breve termine, concentrata sulla progettazione ed il bilanciamento di queste variabili
che si traduceva, di conseguenza, in una limitata ricerca di vantaggi competitivi di lungo
12
periodo rispetto alla concorrenza. Si è evidenziata, inoltre, l’incapacità di questo
approccio di favorire un orientamento all’innovazione continua, favorendo piuttosto la
diffusione di prodotti imitativi, il cui successo era principalmente determinato dagli
elevati investimenti attuati in differenziazione e comunicazione. Oltre a ciò, il concetto
tradizionale di marketing si è dimostrato inadeguato di fronte ai mutamenti in atto nella
struttura dei mercati, in quanto non prendeva in considerazione l’eventualità che le
imprese facessero accordi tra di loro e quindi che i rapporti di scambio fossero basati su
regole negoziate.
La seconda esperienza che ha dato avvio ad un’altra critica al paradigma tradizionale di
marketing deriva dai tentativi di ampliare gli ambiti di applicazione dello stesso. Le
difficoltà incontrate in settori diversi, soprattutto con riferimento ai servizi,
evidenziarono come l’approccio tradizionale fosse molto più adatto al comportamento
degli operatori e alla struttura del mercato, tipici del mercato dei beni di consumo di
massa. Di fronte a questa situazione si sono proposti due differenti approcci al
problema. Il primo si è concretizzato nel tentativo di superare questi limiti mediante la
modificazione e la rielaborazione degli approcci già esistenti senza però arrivare ad un
vero e proprio superamento del marketing concept. Il secondo, invece, prevedeva la
formulazione di veri e propri approcci alternativi e differenti a seconda dei settori di
possibile applicazione, partendo dal fatto che il paradigma tradizionale fosse
inconciliabile con i cambiamenti in atto. A questi due differenti orientamenti
corrisponde, quindi, una diversa classificazione dei nuovi approcci di marketing che, nel
primo caso vengono visti come evoluzione, in una logica di complementarietà, rispetto
al paradigma tradizionale; mentre nel secondo ne viene riconosciuta la piena autonomia.
1.3 La definizione e lo sviluppo del marketing relazionale
Nell’ultimo ventennio la letteratura internazionale di management e di marketing si è
molto arricchita di contributi volti a evidenziare l’importanza delle relazioni e che
spostano la prospettiva relazionale come lente di lettura dei fenomeni. Nel marketing,
l’insieme di lavori ha dato vita al filone di studi denominato “Marketing Relazionale”
che ambisce ad ampliare il suo ruolo, facendosi interprete di un cambiamento
paradigmatico nella teoria e nella gestione del marketing. Si nota, come il soggetto
13
dell’azione nel mercato è costituito sempre più da reti di imprese piuttosto che dalla
singola entità aziendale indipendente. La competizione non avviene tra singole imprese,
ma tra network.
Il concetto di marketing relazionale si è diffuso rapidamente durante gli anni novanta
8
.
Tale espressione è stata preceduta prima da quella di marketing one-to-one
9
, poi di
CRM (Customer Relationship Management), prospettive che focalizzano l’attenzione
soltanto sull’interazione tra cliente e fornitore.
La prospettiva relazionale, in qualche modo, è sempre stata presente negli studi di
management e di marketing, attraverso i concetti di collaborazione e cooperazione. Ciò
che oggi cambia è l’enfasi posta sulle relazioni, sui network e sull’interazione e
l’affermarsi della logica interattiva/cooperativa che si pone al fianco (e talvolta al posto)
di quella conflittuale che ha dominato il business fino agli anni ottanta. Tra i diversi
fenomeni che hanno influenzato questa sostituzione, si ricordano in modo particolare la
qualità totale e la Resource Based View.
Il Total Quality Management si è affermato come modello manageriale innovativo in
contrapposizione a quello tradizionale del Quality Management. La differenza tra questi
due è che il primo accosta al Quality Management tradizionale, una dimensione esterna,
relativa al mercato, oppure una dimensione interna connessa all’organizzazione. Insieme
questi due approcci costituiscono il Total Quality Management
10
.
Secondo questo approccio alla qualità, il successo non è il risultato di una strategia che
prevede due alternative: orientamento alla produzione/quality management interno
oppure orientamento al marketing/quality management esterno, ma è il risultato di una
strategia basata su entrambe le alternative. L’impresa deve, infatti, riuscire a capire le
esigenze del cliente, saper progettare offerte che soddisfino tali esigenze e organizzare
la loro realizzazione.
Durante gli anni ottanta, la qualità iniziò ad assumere un nuovo significato e oggi, è
interpretata come “qualità percepita dal cliente”, quindi, orientata al marketing e
incentrata sulla soddisfazione del cliente. Inoltre, la qualità non può essere raggiunta
senza l’impegno di tutte le attività all’interno di un’impresa; è, cioè, necessaria
l’interazione interfunzionale e intergerarchica.
8
Gummesson E., Marketing Relazionale, Hoepli Milano, 2002;
9
Peppers e Rogers lanciano il one-to-one marketing nel 1993.
10
Crosby P., Quality is free, Mcgraw-Hill, New York, 1979 (ed. Italiana, La qualità non costa, Edigeo,
Milano, 1986);
14
Figura 2: il TQM crea una relazione tra la funzione marketing e le funzioni tecniche.
TOTAL QUALITY MANAGEMENT
Fonte: Gummesson E., Marketing Relazionale, Hoepli Milano, 2002, p. 191
La diffusione dell’approccio alla qualità totale ha fatto emergere e sviluppare la
consapevolezza che atteggiamenti e comportamenti volti alla cooperazione aumentano il
valore per tutti i soggetti che partecipano al processo di creazione di valore. Nel
modello di impresa che ne deriva i confini diventano indefiniti e le operazioni del
venditore costituiscono un’estensione di quelle del cliente. In tal senso la qualità si fa
promotrice di una nuova logica di relazione che muta il rapporto fra l’impresa e il
mercato.
Il secondo fenomeno che ha influenzato la nascita del marketing relazionale è la
prospettiva Resource Based View, che ha, da sempre, collegato il vantaggio competitivo
dell’impresa soprattutto alle risorse interne e fa dipendere le loro performance
differenziate, dal loro profilo di risorse piuttosto che dalle semplici uniformità
settoriali
11
. Le imprese che sono in grado di dotarsi di un patrimonio distintivo di risorse
immateriali saranno in grado di ottenere performance superori rispetto ai concorrenti che
non sono riusciti ad avere le stesse risorse. Le risorse per essere effettivamente distinte,
devono essere connotate da un elevato valore e dalla difficoltà di sostituzione
12
. Le
risorse esterne sono invece generalmente considerate come input immediatamente
disponibili a tutte le imprese e a prezzi vicini al valore economico che esse sono in
grado di generare.
11
Castaldo S., Fiducia e relazioni di mercato, Il Mulino, Bologna, 2002;
12
Quindi devono essere risorse tacite, difficili da ricondurre a relazioni casa-effetto con le performance
aziendali, complesse da ricostruire e rare.
Quality Management interno/
orientamento alla produzione
Quality Management esterno/
orientamento al marketing
fai le cose bene
conoscenza tecnica e dei sistemi
conformità ai requisiti
specifiche e progetti
prototipi
test
fai le cose giuste
marketing knowledge
idoneità all’uso
bisogni ed esigenze
soddisfazione del cliente
valore per il cliente
qualità percepita dal cliente
15
Gli studi nell’ambito della Resource Based View
13
, hanno evidenziato che le interazioni
tra imprese, influenzano lo sviluppo e la qualità dei processi di apprendimento aziendali,
influiscono sulla generazione di risorse e competenze dell’impresa, che sono ritenute le
fonti primarie del vantaggio competitivo. Grazie alle strutture reticolari previste nella
disciplina del marketing relazionale, le aziende possono specializzare il loro processo di
apprendimento, focalizzandosi sullo sviluppo di alcune competenze distintive, e
ricorrere a risorse e competenze complementari possedute da altri attori del network.
14
I contributi di questi due filoni hanno avuto il merito di modificare la cultura di business
e aziendale all’interno delle imprese e del mercato, dando vita a nuovi modelli mentali e
a nuovi sistemi di valori, in cui le relazioni, la collaborazione e l’adozione di strutture
reticolari non sono un’eccezione, ma un obiettivo a cui tendere, al fine di aumentare il
valore generato e diffuso.
I termini “marketing delle relazioni” sono stati utilizzati la prime volta nei primi anni
ottanta da Barbara Bund Jackson
15
nel suo progetto sul B2B, utilizzando questo nuovo
concetto in opposizione al “marketing delle transazioni”. La stessa espressione è stata
usata da Len Berry in un contributo a una conferenza nel 1983 che discuteva
esclusivamente del settore dei servizi. Questo sta a significare che il termine è apparso
simultaneamente nel B2B e nel marketing dei servizi.
Di seguito si riportano alcune definizioni di relationship marketing e CRM di importanti
autori di marketing:
1. Gummesson
16
definisce il marketing relazionale basandolo sull’interazione in
network di relazioni. Questa definizione si fonda su tre variabili centrali (relazioni,
network, interazione) che sono emerse dalla ricerca e sono comuni a beni e servizi,
B2B e B2C. Mentre le altre definizioni di relationship marketing ne elencano attività
e proprietà, questa è basata su una prospettiva interamente relazionale, da cui la
nozione di “lenti delle relazioni” ed è l’unica ad includere i concetti di network e
interazione. Secondo Gummesson il CRM si basa sui valori del marketing
relazionale applicati in particolare alle relazioni con il cliente. In particolare,
consiste nella traduzione di questi valori in strategie e in applicazioni pratiche da
13
Grant R.M., Toward a knowledge-based theory of the firm, Strategic Management Journal, 17 (Winter)
Special Issue, 1996; Lanza A., Knowledge governance, Egea, Milano, 2000;
14
La relazione tra marketing e qualità e l’applicazione della resource-based-view nel marketing, sono
temi che non hanno ancora ricevuto la dovuta attenzione da parte degli studiosi di marketing, sia in
ambito internazionale che nazionale;
15
Jackson B. Bund, Build customer relationships that last, Harvard Business Review, novembre-
dicembre 1985b, pp. 120-128.
16
Gummesson E., Il marketing relazionale, 1999.
16
applicare nel rapporto coi clienti. Gummesson in pratica considera il CRM come
applicazione pratica della filosofia e della strategia del marketing relazionale;
2. Secondo Berry
17
il marketing relazionale consiste nell’attrarre, nel mantenere e
nell’estendere le relazioni con i clienti. Questa definizione si sviluppa nell’ambito
del marketing dei servizi. L’interesse dell’autore è rivolto in particolare alla
customer retention e all’allocazione delle risorse per mantenere i clienti e rafforzare
le relazioni;
3. Jackson
18
considera il marketing relazionale quel marketing necessario ad ottenere,
costruire e mantenere forti e durature relazioni con i clienti industriali. Questa
definizione coinvolge i clienti B2B e gli individui in un paragone fra i mercati e i
segmenti di massa. Il fornitore B2B deve scegliere la strategia migliore per ciascun
cliente in ogni specifica situazione, sia che si tratti di marketing relazionale che di
marketing di transazione;
4. Per Grönroos
19
lo scopo del marketing è di identificare, stabilire, mantenere,
accrescere e, se necessario, interrompere le relazioni con i clienti in modo da
raggiungere gli obiettivi, economici e non, di tutte le parti coinvolte. Ciò è attuabile
attraverso lo scambio reciproco e l’adempimento delle promesse. Questa definizione
aspira a essere una definizione generale di marketing. Il relationship marketing
sarebbe, quindi, più adeguato come teoria generale di marketing rispetto al
tradizionale marketing management, al marketing mix e alle 4P. L’autore ha
gradualmente ampliato la definizione fino a includere le relazioni con un numero
maggiore di stakehoder. Un aspetto non considerato dagli altri è l’eventuale
necessità di interrompere le relazioni.
Dalle critiche formulate al marketing tradizionale sono emerse nuove ricerche che
hanno portato a tutte queste definizioni della nuova disciplina del marketing relazionale.
Queste ricerche hanno seguito percorsi diversi, dando origine a teorie che in alcuni casi
risultavano essere integrative e complementari, mentre in altri alternative e in contrasto
rispetto a quelle tradizionali.
In merito a questo confronto con il marketing concept, si sono sviluppate due scuole di
pensiero: la Scuola Svedese di Marketing Industriale e la Scuola Nordica dei Servizi. Gli
studi di queste due Scuole si svilupparono, all’inizio degli anni ottanta e assunsero una
17
Berry L. L., Emerging perspectives in services marketing, Chicag: AMA, 1983, p. 25
18
Jackson B. Bund, Winnig and keeping industriale customers, Lexington, Lexington Books, 1985, p.
165
19
Grönroos C., Service management and marketing, Chichester, Wiley, 2000, pp. 242-3
17
posizione fortemente critica nei confronti del marketing concept, evidenziandone i limiti
di applicabilità e l’inadeguatezza rispetto agli sviluppi intervenuti negli studi di
organizzazione e di strategia aziendale.
Il complesso delle teorie elaborate dai vari studiosi e, in particolare da queste due scuole
di pensiero, può essere indicato con il termine di Marketing Relazionale, sviluppandosi
quasi contemporaneamente, con l’obiettivo di iniziare, negoziare e gestire le relazioni di
scambio con gruppi di interesse al fine di perseguire vantaggi competitivi sostenibili in
specifici mercati, sulla base di accordi a lungo termine con clienti e fornitori.
Il marketing relazionale, quindi, focalizza l’attenzione sull’analisi delle relazioni
interattive a lungo termine fra acquirenti e venditori e studia come tali relazioni possano
svilupparsi, le politiche da adottare per una loro efficace gestione e i fattori che ne
condizionino le caratteristiche e l’evoluzione. Secondo questo approccio le imprese non
sono considerate unità indipendenti, i cui rapporti sono regolati dalle forze di mercato,
ma unità interconnesse nell’ambito di strutture complesse ed altamente specializzate,
dette network. Quindi, il marketing andrebbe inteso come management delle relazioni,
volto a creare, mantenere e gestire un network di rapporti di lungo periodo.
Il marketing mix tradizionale basato sulle 4P non è superato del tutto, con l’introduzione
del relationship marketing e del CRM. Il prodotto, il prezzo, la comunicazione, la
distribuzione sono importanti anche in questa nuova disciplina, cambia solo il loro ruolo
che non deve essere più di guida ma di supporto alle attività di marketing. I motivi per
cui è cambiato il ruolo di queste variabili sono diversi.
Innanzitutto, nel marketing concept, le P hanno assunto una posizione troppo
manipolativa danneggiando la credibilità e la funzionalità del marketing. Erano
diventate lo strumento per manipolare il cliente affinché accettasse l’offerta del
fornitore.
La tendenza attuale va verso una produzione in cui beni e servizi sono sviluppati
assieme ai clienti in modo da creare maggior valore per entrambi i soggetti e il ruolo dei
clienti in tutto questo processo è in crescita.
Il marketing relazionale si fonda su tre concetti principali: le relazioni, i network e le
interazioni.
20
L’instaurarsi di una relazione richiede la presenza di almeno due parti che
entrano in contatto tra loro.
20
Gummesson E., Il marketing relazionale, 1999;