- Introduzione -
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diventato il principale indice di benessere sociale, anche in virtù di una forte
correlazione positiva con altri “segnalatori” di benessere, quali ad esempio
la durata della vita media. Parallelamente si è sviluppato quel particolare
filone di studi economici che va sotto il nome di teoria della crescita, il cui
scopo è quello di spiegare sia i fattori che determinano la crescita economica
di un paese sia quelli che determinano i differenti tempi e ritmi di crescita
tra i diversi paesi.
Tuttavia negli ultimi anni molti studiosi hanno sottolineato come sempre più
spesso la crescita economica misurata dai sistemi di contabilità nazionale
non si sia tradotta in concreto sviluppo per gli individui, cioè in un
miglioramento effettivo della qualità di vita.
Uno degli obiettivi di questo lavoro è quello di descrivere i limiti intrinseci
del Prodotto Interno Lordo nell’assolvere correttamente al compito di
misurazione del benessere. Il PIL, infatti, considera solo alcuni degli aspetti
che possono avere un effetto sul benessere sociale e individuale
trascurandone altri ugualmente importanti, mentre attribuisce un valore
positivo ad elementi, quali ad esempio l’inquinamento e le spese di guerra,
che invece riducono la qualità di vita delle persone.
Le critiche rivolte verso questo indice hanno dato vita ad una vasta ricerca
volta a costruire una nuova misura del benessere di una società. Sono stati
creati in questo modo decine di nuovi indicatori molto differenti tra loro, ma
nessuno è ancora riuscito ad affermarsi quale sostituto del PIL.
Si vuole, quindi, individuare tra le varie proposte uno o più indicatori che
possano concretamente essere utilizzati in alternativa al Prodotto Interno
Lordo, sia come parametro guida delle politiche governative sia nella ricerca
economica, e valutare se l’utilizzo di questo indice abbia delle ripercussioni
sulla stima dei modelli di crescita tradizionali.
- Introduzione -
- 5 -
Il lavoro si articola in quattro capitoli. Nel primo capitolo si procede ad un
inquadramento teorico del problema introducendo i concetti di benessere,
crescita e sviluppo. In particolar modo si ripercorre a grandi linee il dibattito
che si è svolto intorno alla definizione di benessere sociale, con la
contrapposizione dei differenti approcci sull’argomento, dall’utilitarismo
classico di Pigou alle nuove elaborazioni sociali ispirate dall’opera di
Amartya Sen.
Parallelamente si osserva anche l’evoluzione della teoria della crescita, da
concezioni prettamente quantitative verso nuovi scenari di sviluppo, che
oltre la dimensione economica considerano rilevanti anche gli aspetti sociali
e ambientali.
Nel secondo capitolo si prende in considerazione il Prodotto Interno Lordo
descrivendone le modalità di calcolo, gli scopi per cui è stato concepito e le
ragioni che lo hanno portato a diventare il più importante indicatore in
campo economico. Inoltre si analizzano in dettaglio alcuni dei suoi limiti
nell’assolvere correttamente al compito di misura del benessere e le
implicazioni che questi possono avere sulle dinamiche di crescita.
Il terzo capitolo è dedicato ad una rassegna dei principali indicatori proposti
come misure alternative di benessere. Dopo aver descritto l’evoluzione di
questi indici e le possibili modalità di classificazione si approfondisce
l’analisi di quegli indici che sembrano avere i migliori requisiti concettuali
per essere impiegati nella teoria economica come misura del benessere.
Nell’ultimo capitolo si vuole verificare la possibilità di utilizzo di uno di
questi indici nella stima dei modelli di crescita tradizionali. Si procederà
infine ad un confronto tra i risultati ottenuti con il PIL e quelli ottenuti
utilizzando l’ISEW/GPI, ritenuto il più adatto a essere utilizzato nella teoria
della crescita rispetto a indicatori di tipo sociale come lo Human
Development Index.
- Benessere, sviluppo e crescita: aspetti introduttivi -
- 6 -
1. Benessere, sviluppo e crescita: aspetti
introduttivi
1.1. Evoluzione del concetto di benessere
Come indicato in precedenza uno degli obiettivi del presente lavoro è quello
di individuare un valido indicatore del benessere di una società che possa
essere utilizzato nella teoria economica della crescita.
Si ritiene, quindi, necessario innanzitutto cercare di chiarire il concetto stesso
di benessere, che seppur ampiamente utilizzato nel linguaggio comune,
presenta numerosi aspetti di ambiguità che ne rendono assai difficile una
definizione condivisa. Le definizioni di benessere sono, infatti, numerose e
ancor più numerose sono le modalità della sua misurazione. Esse hanno
dato luogo, tra l’altro, allo svilupparsi di un'intera disciplina di studi:
l'Economia del Benessere.
L’Economia del Benessere è, in sostanza, quel ramo della teoria economica
che indaga sulle condizioni e sui mezzi che consentono di aumentare il
benessere economico, sia per il singolo che per la collettività nel suo
complesso.
Se per benessere individuale si intende genericamente il grado di
soddisfazione dei bisogni dei singoli individui, il concetto di benessere
sociale o collettivo presenta, invece, numerosi problemi teorici. La
definizione di benessere sociale è legata, infatti, alla possibilità di conoscere
- Benessere, sviluppo e crescita: aspetti introduttivi -
- 7 -
le preferenze dei membri della collettività, aggregandole in qualche modo.
Ciò presuppone, però, la possibilità di poter confrontare le utilità
individuali, e proprio su questo punto si sono registrate profonde
divergenze fra gli economisti. Vi è, inoltre, disaccordo anche su quali
elementi sia giusto o possibile includere nel concetto stesso di benessere e, di
conseguenza, in un indicatore ideale per la sua misura. Alcuni cenni sul
decennale dibattito teorico che si è sviluppato su questi problemi possono
aiutare a capire meglio i termini della questione.
1.1.1. Utilitarismo e benessere classico
Il pensiero dell'economista inglese A.C. Pigou è generalmente considerato il
punto di partenza per ogni studio finalizzato alla definizione e alla
misurazione del benessere di una collettività, che lui interpretava come
somma delle soddisfazioni individuali. Il termine stesso di Economia del
Benessere deriva dal titolo di una sua opera del 1920 con la quale espose la
propria versione della teoria del benessere in termini di utilità cardinale
1
. La
teoria di Pigou si ricollega alle posizioni che ammettono la misurabilità e
1
Secondo il cardinalismo pigouviano le utilità o soddisfazioni che ogni individuo trae dalla
fruizione di beni economici godono di tre proprietà: a) sono misurabili in senso cardinale;
b) sono confrontabili fra individui diversi; c) possono essere sommate per calcolare l'utilità
collettiva della società in cui gli individui vivono.
Pigou assumeva, poi, che il reddito fosse soggetto ad un’utilità marginale decrescente. Così
il benessere complessivo di una società poteva aumentare anche con reddito nazionale
mantenuto costante: bastava che si operasse una redistribuzione del reddito dai più ricchi ai
più poveri. In questo consisteva la condizione di equità. D’altro canto, se il reddito di uno o
più componenti la società aumentava senza modificare la distribuzione negli altri individui,
il benessere complessivo cresceva. In questo consisteva la condizione di efficienza.
- Benessere, sviluppo e crescita: aspetti introduttivi -
- 8 -
comparabilità delle soddisfazioni dei vari individui, posizioni che si
ritrovano nella corrente filosofica dell'utilitarismo
2
.
Proprio il confronto interpersonale delle soddisfazioni individuali è stato al
centro di forti critiche da parte di numerosi autori. Essi hanno notato che
sarebbe stato possibile effettuare questo confronto soltanto nel caso in cui
tutti gli individui avessero posseduto la medesima funzione di utilità; ma
questa era un'ipotesi inverosimile e per di più non verificabile. Robbins
(1932) affermò che la comparabilità implicava un giudizio di valore e che nei
confronti interpersonali si ottenevano risultati diversi a seconda delle
premesse di valore fatte.
Molti economisti cercarono di superare le incongruità teoriche presenti nelle
teorie di Pigou sviluppando un filone di studi che viene indicato con il nome
di “Nuova Economia del Benessere” e le cui basi originarie vanno
individuate nell'opera di Vilfredo Pareto, il primo a proporre una
misurazione ordinale dell’utilità. Pareto aveva in precedenza affermato che i
singoli soggetti economici operanti sul mercato avrebbero volontariamente
acconsentito agli scambi nella misura in cui ne avrebbero potuto trarre dei
vantaggi, e che, quindi, la produzione e gli scambi si sarebbero arrestati nel
momento in cui si fosse raggiunta una posizione di massimo benessere. In
una tale situazione (definita punto di ottimo paretiano) non sarebbe stato,
infatti, possibile migliorare la posizione di un qualsiasi soggetto senza
peggiorare contemporaneamente quella di qualcun altro. In base alla teoria
paretiana il benessere sociale, dunque, aumenta se aumenta l'utilità di un
individuo e se al tempo stesso non si riduce quella di un altro. Si noti che la
2
Si tratta di una dottrina filosofica di natura etica per la quale è "bene" (o "giusto") ciò che
aumenta la felicità degli esseri sensibili. Si definisce perciò utilità la misura della felicità di
un essere sensibile. Tale dottrina, che ha le sue origini nel pensiero greco di Protagora ed
Epicuro, trova una formulazione compiuta nel XVIII secolo ad opera (poi ripresa da Mill) di
Jeremy Bentham, il quale definì l'utilità come ciò che produce vantaggio e che rende minimo
il dolore e massimo il piacere.
- Benessere, sviluppo e crescita: aspetti introduttivi -
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definizione di “ottimo” usata da Pareto non si riferisce a una specifica
situazione di allocazione delle risorse tra gli individui migliore secondo un
dato criterio, ma a un insieme di diversi possibili stati allocativi, ciascuno dei
quali è contraddistinto da una differente distribuzione della ricchezza
sociale. In questa prospettiva, quindi, il benessere è valutato esclusivamente
in termini di efficienza, escludendo ogni possibile considerazione di tipo
equitativo.
Negli anni Trenta molti economisti ritennero di poter ricorrere al concetto di
Pareto-ottimalità per valutare la performance di un sistema economico senza
dover esprimere giudizi di valore e descrissero le condizioni che si sarebbero
dovute verificare affinché l’economia venisse a collocarsi in un punto di
ottimo paretiano che massimizzasse il benessere. Vennero così formulati i
teoremi fondamentali dell’economia del benessere per esprimere la relazione
tra equilibrio concorrenziale e ottimalità paretiana
3
.
Si trattò di un periodo particolarmente fecondo per la letteratura economica
e non a caso tre premi Nobel (Arrow, Samuelson e Hicks) furono tra coloro
che diedero contribuiti significativi a questo filone di ricerca. Una
conseguenza dell’adozione da parte degli economisti della Pareto-ottimalità
quale criterio di analisi del benessere fu, però, che il tema della distribuzione
del reddito perse gradualmente di importanza, in virtù del fatto che tale
criterio di ottimalità tratta delle implicazioni di benessere a partire da una
“data” distribuzione del reddito.
3
I due teoremi fondamentali dell’Economia del benessere: nel primo si asserisce che nel
caso di concorrenza perfetta l’allocazione delle risorse che si ha in un mercato
concorrenziale, se esiste, costituisce un “ottimo” paretiano. Il secondo teorema si basa su
considerazioni di equità, che mancano nell’approccio di Pareto: sotto alcune condizioni
riguardanti le funzioni di utilità individuali e le funzioni di produzione, da un’allocazione
delle risorse efficiente, ma considerata non equa, è possibile passare ad un’altra qualsiasi
situazione di “ottimo”, e quindi anche ad una che sia considerata equa, modificando
adeguatamente quella distribuzione delle risorse e lasciando poi all'operare del mercato
concorrenziale il compito di attivare i meccanismi attraverso i quali può essere raggiunta
l'efficienza.
- Benessere, sviluppo e crescita: aspetti introduttivi -
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Per ovviare a tale criticismo alcuni autori, in particolare Kaldor (1939) e
Hicks (1939), cercarono di introdurre nella teoria economica l'aspetto della
distribuzione del reddito tramite il cosiddetto principio dell’indennizzo, in
base al quale un aumento del reddito complessivo di una società migliora
sempre il benessere dell'intera società qualora gli individui che ne siano
avvantaggiati indennizzino quelli svantaggiati pur conservando, i primi, un
vantaggio netto. Tuttavia anche questo approccio fu criticato per la
possibilità di situazioni paradossali in cui i soggetti danneggiati dalla
redistribuzione del reddito sono portati a compensare i soggetti che di quella
redistribuzione si avvantaggiano onde convincerli a tornare all'allocazione
originaria
4
.
Un altro punto di debolezza della concezione utilitarista (sia nella versione
di Pigout che in quella di Pareto) consisteva nell’attribuire alle preferenze
dei singoli individui un’autorità assoluta: in un’ottica sociale è evidente che
esistono delle cose che hanno valore anche se nessuno esprime delle
preferenze per esse, mentre, al contrario, esistono delle cose dannose per la
società in quanto tale, ma preferite da qualche singolo individuo (e quindi
inserite nel concetto di benessere sociale nella visione utilitarista). Ne
consegue che anche l’uso dell’operatore somma, quale metodo di
aggregazione delle utilità individuali per stabilire il valore da assegnare al
benessere sociale risulta inappropriato.
Bergson (1938) introdusse il concetto analitico di Funzione di benessere sociale,
espressa in forma ordinale al fine di specificare le preferenze della società;
concetto che in seguito venne ripreso da Samuelson (1947) che approfondì le
implicazioni e applicazioni di tale funzione. La forma funzionale proposta
da Bergson e Samuelson è molto generale, e l’additiva ne costituisce solo
4
Cosiddetto Paradosso di Scitovski, dal nome dell’economista che lo descrisse nel suo
lavoro del 1941, “A Note on Welfare Propositions in Economics”.
- Benessere, sviluppo e crescita: aspetti introduttivi -
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uno dei possibili casi (si ricordano, ad esempio, la forma moltiplicativa o la
cosiddetta Maxmin
5
, cioè la massimizzazione del benessere dei soggetti che
si trovano nella situazione peggiore); la funzione di benessere sociale
aggrega le utilità delle singole persone basandosi su quello che viene
definito individualismo etico (ciò che conta è il benessere degli individui; ogni
individuo, libero nei giudizi su se stesso e sugli stati del mondo in relazione
a se stesso, è il miglior giudice del proprio benessere). Per superare i limiti
derivanti dall’impossibilità di effettuare confronti intertemporali si pensò di
chiamare i singoli individui a esprimere le loro preferenze nei confronti delle
possibili alternative nell’ordinamento sociale
6
.
Una funzione del benessere sociale di questo tipo è definita
“individualistica” perché riflette le preferenze che ogni individuo di una
società esprime nell’ordinare ogni coppia di situazioni che gli si può
presentare, subordinatamente al fatto che le preferenze individuali non
siano in conflitto tra di loro.
Anche questa concezione di benessere collettivo venne, però, duramente
criticata. Arrow, nel suo celebre lavoro Scelte sociali e valori individuali del
1951 arrivò a dimostrare che, date alcune ipotesi ragionevoli, è impossibile
determinare una funzione di benessere sociale che preservi le scelte
sociali
7
. La sua opera è convenzionalmente considerata l’origine di nuova
5
Rawls J. (1971). A Teory of Justice. Harward University Press.
6
In quest’ottica ogni individuo nella scelta tra possibili alternative deve tener conto non
solo della quantità e della qualità dei beni e dei servizi che può ottenere nelle varie
alternative, ma anche del modo in cui essi possono essere ottenuti e venire distribuiti,
nonché di tutte le altre caratteristiche che possono contribuire a contraddistinguere una
situazione sociale da un'altra.
7
Cosiddetto “Teorema dell’impossibilità di Arrow”. Esso dice che, dati i requisiti di
universalità, non imposizione, non dittatorialità, monotonicità, indipendenza dalle
alternative irrivelenti, non è possibile determinare un sistema di votazione che preservi le
scelte sociali. Lo scopo era trovare una qualsiasi procedura di decisione collettiva che
potesse soddisfare alcuni requisiti ragionevoli per una scelta non dittatoriale.
- Benessere, sviluppo e crescita: aspetti introduttivi -
- 12 -
branca dell’economia del benessere, di natura fortemente astratta, nota con il
nome di teoria delle scelte sociali
8
.
Stante l’impossibilità dimostrata da Arrow, si sviluppò un particolare filone
di studi che, rifiutando l’individualismo etico, esaminò il benessere sociale in
termini di democrazia secondo un approccio multidisciplinare che
mescolava la trattazione più strettamente economica con varie impostazioni
sociologiche e politiche. Le difficoltà delineate nel passaggio da ordinamenti
di preferenza individuali a scelte sociali coerenti condussero alcuni autori,
tra i quali Tinbergen, a sostituire le preferenze individuali con le preferenze
dei responsabili della politica economica relativamente all’intera collettività.
Nell’opera di Tinbergen si assiste a un ampliamento del concetto stesso di
benessere, in precedenza inteso principalmente come soddisfazione di tipo
“materiale”: egli, infatti, distinse le componenti del benessere sociale in due
generiche categorie: (I) le componenti di un individuo considerato in quanto
tale e (II) le componenti dell’individuo come parte di una società. Alla prima
categoria appartengono gli elementi che determinano il benessere materiale
e spirituale dell’individuo, come, ad esempio, le quantità di beni disponibili,
le possibilità d’istruzione, il diritto di partecipare alle decisioni. Alla seconda
appartengono, invece, gli elementi che determinano le relazioni fra gli
individui, come il grado di libertà personale, il grado di giustizia, il clima
sociale e la pace, sia interna che internazionale.
8
La Teoria delle Scelte Sociali studia le proprietà e l’efficienza dei diversi strumenti
normativi (ad es. i criteri di voto) con cui è possibile trasformare, grazie alla definizione di
un opportuno criterio di scelta “collettivo”, un sistema di preferenze individuali, distinte e
potenzialmente antagoniste, in un nuovo e coerente ordinamento di preferenze avente
natura “sociale”. Posteriormente all'opera di Arrow furono sviluppate numerose linee
distinte di ricerca volte a superare l’impossibilità di aggregazione da lui dimostrata, ma, a
meno di cambiare l'impostazione di base, tutti gli studiosi finirono per arrivare a risultati di
impossibilità. Prendendo spunto da Arrow, Sen (1970), ad esempio, dimostrò che, in uno
stato che voglia far rispettare contemporaneamente efficienza paretiana e libertà possono
crearsi delle situazioni in cui al più un individuo ha garanzia dei suoi diritti. Egli dimostrò
dunque matematicamente l’impossibilità del liberismo di Vilfredo Pareto, basato appunto
sul concetto di efficienza.