2
Amleto rappresenta l’esperienza più complessa che Shakepseare abbia potuto
immaginare con l’universo femminile, sia come espressione del sentimento materno,
che come pulsione erotica.
In Macbeth la donna ricopre il ruolo di demone tentatore, e non mancano
allusioni all’erotismo come arma di persuasione.
In Cleopatra Shakespeare estremizza l’esperienza erotica fino al surreale,
dove eros e thanatos sono componenti indissolubili.
Per capire l’evoluzione che Shakespeare opera del complesso universo
femminile, è indispensabile un’analisi di quelle opere in cui emerge con più forza la
sua personalità, cioè la poesia. Nei Sonetti la protagonista femminile è espressione di
un eros corruttore e amorale, ma allo stesso tempo l’io lirico ammette la dipendenza
da questa passione. La Dark Lady è descritta con tono sprezzante, ella è crudele e
infida, di una bellezza trasgressiva, ma altera. Dietro quest’immagine si nasconde
un’esperienza di vita concreta dell’autore, non è importante individuare i termini
biografici di questa, come spesso molti critici hanno fatto. Per un’indagine
sull’evoluzione della femminilità nell’immaginario shakespeariano è indispensabile
partire dai Sonetti, in quanto nella poesia si elabora un esempio di donna che sarà il
modello di riferimento per tutta la produzione teatrale successiva.
L’analisi nella poesia shakespeariana permette di individuare quelle parole
chiave che descrivono la sensualità femminile, termini che si ripresentano anche nei
drammi teatrali per esprimere gli stessi concetti, e sono la conferma di un sostrato
comune che caratterizza tutto l’immaginario femminile shakespeariano.
Maturata l’esperienza dell’infedeltà Shakespeare, sia come traditore che come
tradito, non riesce a immaginare un rapporto equilibrato con le donne, il che
inevitabilmente si riflette nelle sue opere, dove i rapporti di coppia sono minati dalla
mancanza di fiducia reciproca.
Quando Shakespeare pensa di raccontare il rapporto di una coppia in termini
di reciproca fiducia, il risultato è sconvolgente: Amleto e Macbeth. Nel primo
dramma il rapporto tra Gertrude e Claudio è macchiato dall’ombra del delitto; quello
tra Ofelia e Amleto è reso impossibile dalla particolare misoginia che il protagonista
sviluppa a seguito del rapporto complesso e ambivalente con un’altra donna: la
madre. Spesso dietro le parole di Amleto sembra di leggere il vero pensiero
3
dell’autore sull’universo femminile, in particolare l’espressione: “Fragilità il tuo
nome è donna” rappresenta il giudizio complessivo sulle donne. Una fragilità che si
esprime nella propensione alla lussuria e nella capacità di tradimento, due
caratteristiche che ritroviamo nella Dark Lady.
In Macbeth il rapporto coniugale è all’insegna della fedeltà e del rispetto
reciproco, siamo di fronte a una coppia “perfetta”, se non fosse che il legame tra i
due amanti si basa sul male. Espressione della forza demoniaca, che coinvolge e
trascina con sé l’uomo in una trama di malvagità, sono le tre streghe e Lady
Macbeth. Ancora una volta Shakespeare non riesce a creare un’immagine positiva
della donna, che in questo caso non tradisce, ma usa abilmente le armi della sua
seduzione, e della magia, per strumentalizzare l’uomo. Macbeth nelle scene iniziali
del dramma assume il ruolo di vittima inconsapevole del fato, e in seguito egli è del
tutto dipendente dal potere decisionale dalla moglie: una passività e un vittimismo
che s’incontra nell’io lirico dei Sonetti.
Solo nella pazzia con Ofelia e nel sonnambulismo con Lady Macbeth,
Shakespeare riesce a immaginare una donna che riscopre la propria dolcezza e una
sensualità ingenua e spontanea. Sia la pazzia sia il sonnambulismo sono stati mentali
che alterano e sconvolgono le facoltà razionali dell’individuo, e solo in questi
particolari momenti Shakespeare riscopre il bello e il buono della donna.
In Ofelia vediamo l’amore puro e sincero che si ribella alle convezioni sociali
e al maschilismo della corte. Lady Macbeth esprime la sua natura sensibile,
l’inconscio di una donna tormentata dal rimorso, riscopriamo in lei quella
femminilità che aveva rifiutato più volte, ma che ritorna come espressione dominante
del proprio essere.
Nello stato d’incoscienza di Ofelia e Lady Macbeth, Shakespeare riesce a
delineare l’immagine di una femminilità pura e sensibile; motivo per cui entrambe le
donne sono accomunate dall’idea del suicidio come unica possibilità di rivolta contro
quell’immaginario negativo che aveva cercato di assorbirle e da cui fuggono con la
pazzia e con il sonnambulismo, poi con la morte.
4
Capitolo I
Shakespeare e il rapporto con le donne nella vita e nelle
opere
1)Anne Hatheway e Susan
Manca una biografia esauriente e autorevole di Shakespeare; a molte
congetture corrispondono pochi fatti. La tradizione vuole che sia nato il 23 aprile
1564 a Stratford-upon-Avon. I suoi genitori erano John Shakespeare, un mercante
impegnato per un certo periodo anche in politica, e Mary Arden, proveniente da una
famiglia cattolica della piccola nobiltà terriera.
Per quel poco che conosciamo della vita di Shakespeare, anche nella realtà, il
rapporto con le donne era abbastanza complesso: all’età di diciotto anni, nel 1582,
Shakespeare fu costretto a sposare Anne Hathaway, figlia di un agricoltore. Dal
matrimonio nacquero Susan nel 1583 e nel 1585 una coppia di gemelli. Il maschio
morì a undici anni. Qualche anno dopo Shakespeare abbandonava la sua famiglia alla
ricerca del successo e, solo nel 1592, egli inizia a godere di una certa fama come
attore e autore di testi teatrali. Quindi gli anni dal 1585 al 1592 furono caratterizzati
da un’incertezza economica che sicuramente affliggeva la famiglia, rimasta a
Stratford, che inoltre lamentava l’assenza di un padre e di un marito.
Negli anni della giovinezza il rapporto matrimoniale doveva essere visto
come un ostacolo al successo, e in seguito solo sporadicamente Shakespeare tornò
nel paese d’origine. Anche perché la scelta di sposare di Anne fu vissuta come una
costrizione, poiché la donna era rimasta incinta
1
.
I biografi di Shakespeare hanno molto speculato sul rapporto tra Anne e
William, ma ogni possibile ipotesi elaborata alla base non ha nessuna testimonianza
1
«Il sospetto che Shakespeare sia stato trascinato all’altare ricevette nuovo vigore in seguito a un altro
documento. La garanzia (una forma vincolante per i due contraenti) per l’emissione di una licenza
matrimoniale a William Shagspere e Anne Hathwey …» S. Greenblatt, Vita, arte e passioni di
William Shakespeare, Come Shakespeare divenne Shakespeare, Torino, Einaudi, 2005, p. 123.
5
accertata. Molti critici hanno letto nel distico finale del sonetto 145 un riferimento al
nome della moglie:
“Io odio” lo affrancò dall’odio,
e salvò la mia vita dicendo “non te” (145,vv.13-14)
2
L’espressione hate away, contiene un gioco di parole su Hathaway, forse il
sonetto è stato scritto nella giovinezza dell’autore, e la moglie è evocata con tono
scherzoso e ironico.
3
Mentre nel sonetto 142 l’io lirico ammette di essere infedele
alla propria legittima compagna, e sente su di sé tutto il peso morale del tradimento, e
del peccato. Forse Shakespeare allude in quest’ultimo sonetto con maggiore
risentimento alla propria vita coniugale.
È strano che un autore produttivo come Shakespeare non scriva nulla alla
propria famiglia durante tutta la sua permanenza a Londra, ma è ammissibile che non
ne sia rimasta testimonianza.
L’unico documento in cui Shakespeare menziona la moglie è nel testamento,
dove la donna eredita ben poco delle ricchezze accumulate negli anni, il grosso del
patrimonio va alla figlia Susan. Per quasi tutta a sua vita matrimoniale Shakespeare
visse a Londra; questo fatto non implica necessariamente un’estraneità reciproca, in
quanto mariti e mogli sono stati spesso costretti a vivere molto lontani. Ma doveva
essere straordinariamente difficile, all’epoca di Shakespeare, tenere vivo un rapporto
a distanza, anche perché sua moglie non sapeva né leggere, né scrivere, come la
maggioranza delle donne era analfabeta. È possibile che nonostante i lunghi anni di
separazione la loro relazione sia stata felice, Shakespeare acquistò per la moglie e per
i figli New Palace, una bella e lussuosa casa, ed è possibile che spesso facesse loro
visita.
Shakespeare accumulò capitali, investendoli oculatamente in modo che da
vecchio non sarebbe mai dovuto dipendere dalle figlie o dal teatro. A giudicare
dall’organizzazione dei suoi investimenti, il pensiero che un giorno avrebbe
2
W. Shakespeare, Sonetti, a cura di A. Serpieri. Testo inglese a fronte, Milano, Rizzoli, 1995. Tutte le
citazioni sono tratte da questa edizione.
3
Riporto il testo anche in lingua inglese per prendere più chiaro il gioco di parole: «“I hate” from hate
away she threw / and saved my life, saying “not you”.» (145, vv. 13-14)
6
abbandonato il teatro aveva accompagnato a lungo il nostro autore. Infatti, quasi tutti
i soldi furono impiegati nell’acquisto di terreni e beni immobili nelle zone circostanti
a Stratford, quindi Shakespeare pensava veramente che un giorno avrebbe lasciato
Londra per ritornare a casa.
Dal 1609 al 1611 la presenza di Shakespeare a Stratford divenne sempre più
costante, alla fine della carriera l’autore si ritirò qui circondato dall’affetto dei suoi
famigliari, in particolare della figlia Susan.
A pochi mesi dalla morte Shakespeare fece testamento, la figlia Judith non
avrebbe ricevuto molto delle ricchezze paterne, e la moglie ne era stata esclusa.
Quasi tutta l’eredità di Shakespeare venne consegnata alla figlia Sussan e a suo
marito, le uniche due persone degne della sua fiducia e che si erano occupate di lui
nella vecchiaia. La sola donna che Shakespeare ha sicuramente amato con costanza
per tutta la sua vita è questa figlia, che rappresenta il vero motivo del suo ritorno a
Stratford.
2) Complessi rapporti di coppia
Shakespeare scrisse moltissimo sulle diverse forme di corteggiamento tra un
uomo e una donna, analizzando questa situazione in tutti i suoi aspetti, basti pensare
ai sonetti dedicati al bel giovane, oppure all’ansia di Venere per Adone, o a Orlando
e Rosalind.
Shakespeare era anche il grande poeta della famiglia, con un profondo e
speciale interesse per la competizione fraterna, per la complessità dei rapporti padre e
figlia, ricordiamo re Lear e le sue tre figlie o il legame morboso tra Prospero e
Miranda. Sebbene il matrimonio fosse la meta ambita verso cui aspiravano i
protagonisti delle sue commedie, e nonostante la scissione famigliare fosse il tema
ossessivo delle sue tragedie, Shakespeare non descrisse mai un rapporto
matrimoniale equilibrato e sereno.
Tutto ciò che Shakespeare dice sul rapporto matrimoniale emerge da poche
opere, dove ritroviamo coppie che finiscono per detestarsi, ad esempio in Re Lear il
duca di Albany urla disgustato alla moglie:
7
O Gonerill,
via non valete nemmeno la polvere che il vento screanzato
vi soffia in volto. Il vostro carattere mi fa paura:
una natura che tiene a vile chi l’ha generata
non può dare alcun affidamento.
Gonerill altrettanto ostile risponde:
Fegato da lattante!
Faccia da schiaffi, testa da birillo! (Re Lear, IV. 2. 29-33, 50-51)
4
Il dialogo tra i due procede con tono acceso, e Albany rinfaccia alla donna la
sua vera natura di essere senza cuore, di valere meno di un animale, mentre dal canto
suo Gonerill lo accusa di viltà.
5
Questa tipologia di scontro coniugale si ripete in
Macbeth, dove, però la donna ha la subdola capacità di trascinare il marito nel
proprio vortice demoniaco.
Le coppie shakespeariane si trovano in uno stato di alienazione complesso e
di solito sono le mogli a sentirsi trascurate o rifiutate, come in Giulio Cesare la
moglie di Bruto, Porzia, si lamenta di essere stata deliberatamente esclusa
dall’intimità della vita del marito, in particolare si sente esclusa dai suoi pensieri, il
che la fa sentire come una prostituta.
Nel contratto di matrimonio, dimmi, Bruto,
viene escluso che io conosca segreti
che ti appartengono? Sono forse te stesso
ma soltanto per modo di dire o ad ore,
per farti compagnia a pranzo, riscaldarti il letto
e parlarti ogni tanto? Abito solo nei sobborghi
4
W. Shakespeare, Re Lear, in Teatro completo di William Shakespeare.Le tragedie, a cura di G.
Melchiori, trad. di G. Melchiori, vol. IV, Milano, “I Meridiani”, Mondadori, 1977. Tutte le citazioni
dell’opera sono tratte da questa edizione.
5
ALBANY:«Guardati, diavolo!/Codeste tue boccacce sembrano meno orribili/in un demonio che non
in una donna.» GONERILL:«Mentecatto insensato!» ALBANY:«Creatura contraffatta e ingannevole,
vergogna!/ Non renderti mostruosa. Solo ch’io permettessi / a queste mani d’obbedire il mio sangue,
bene potrebbero / lacerarti la carne e spezzarti le ossa. Benché tu sia un demonio/, la tua forma di
donna ti protegge.» GONERILL: «Ah, la tua virilità! Miaoo!» (Re Lear, IV 2. 59-68)
8
del tuo piacere? Se non c’è altro, allora
Porzia è la puttana di Bruto, non sua moglie. (Giulio Cesare, II. 1. 280-288)
6
Shakespeare descrive nelle sue opere un livello minimo d’intimità coniugale,
ma questa difficoltà è riscontrata da molti uomini del suo tempo; ci vollero decenni
d’insistenza puritana sull’importanza del matrimonio, come unione indissolubile, sul
valore reciproca compagnia, che solo marito e moglie potevano avere, prima che
cambiasse qualcosa.
Nel contesto sociale in cui Shakespeare viveva non c’era posto per esprimere
il desiderio d’amore verso la propria consorte, in quanto il matrimonio era solo luogo
dove ritrovare aggio o sicurezza, nel migliore dei casi, o un’istituzione vincolante e
oppressiva da cui era impossibile liberasi, per il divieto di divorzio. Non a caso da
Dante a Petrarca o a Sidney, in tutta Europa, le poesie d’amore erano ispirate a
sentimenti provati verso un’altra donna, ma non la moglie.
Questa situazione oppressiva si ripercuoteva, in modo più o meno evidente,
nelle opere di Shakespeare, tanto più che egli era sposato. Questo aspetto culturale
può solo in parte spiegare l’esitazione e l’incapacità dell’autore di rappresentare il
matrimonio dall’interno.
Shakespeare espresse il desiderio frustato dell’intimità coniugale, ma lo
attribuì quasi esclusivamente alle donne: la sua più lucida rappresentazione di una
moglie trascurata la delinea in Adriana nella Commedia degli errori. Il modello di
quest’opera è la farsa latina, quindi l’aspetto emotivo non è il tema centrale, ma è
sorprendente come Shakespeare sa cogliere, anche in una situazione ironica,
l’angoscia della donna allontanata dal marito:
Oh, cos’è accaduto, cos’è accaduto, sposo mio, che cosa
ti ha spinto ad estraniarmi da te stesso?
Te stesso, dico: tu non riconosci
una parte di te che sempre unita
e indivisa al tuo corpo e alla tua anima
più d’ogni altra ti deve essere cara.
6
W. Shakespeare, Giulio Cesare, in Teatro completo di William Shakespeare. I drammi classici, a
cura di G. Melchiori, trad. di S. Perosa, vol. V, “I Meridiani”, Milano, Mondadori, 1977. Tutte le
citazioni dell’opera sono tratte da questa edizione.
9
Ah, non allontanarti, resta unito
alla tua sposa; se tu getti in mare
una singola goccia, puoi sperare
di ritrovare poi la stessa goccia
intatta, non mischiata ad altri liquidi?
Lo stesso per noi due: non puoi dividere
da me te stesso senza che io ti segua. (Commedia degli errori, II. 2. 119-129)
7
Nonostante la scena in cui vengono pronunciate queste parole è comica,
perché Adriana si sta rivolgendo inconsapevolmente al fratello gemello del marito, il
dolore che si esprime è troppo intenso perché sia completamente annullato dalla
comicità. La sofferenza insolita di Adriana ha un’aura di verità, come se la miseria
della moglie trascurata o abbandonata fosse qualcosa che Shakespeare conosceva fin
troppo bene. Anche in questa commedia, come in tutte le sue opere, sfugge la scena
di una riconciliazione matrimoniale.
Solo in Racconto d’inverno tra Ermione e Loente c’è un rapporto coniugale in
cui è espressa l’intimità della coppia, è espresso il desiderio dell’uno per l’altro, ma
questo momento è minacciato da tensioni, in quanto il marito è colto dalla paura
paranoica che la moglie sia infedele. E alla fine il matrimonio tra i due è scevro
dell’intimità emotiva, sessuale e psicologica che una volta lo caratterizzava.
Rosalid in Come vi piace, travestita da ragazzo, sta giocosamente mettendo
alla prova l’amore di Orlando, e al suo “per sempre” cinicamente risponde:
Di’ “un giorno” senza il “per sempre”. No, no, Orlando, gli uomini sono come aprile
quando s’innamorano, come dicembre quando si sposano; le ragazze sono come maggio da
fanciulle, ma da mogli, per loro il cielo cambia. (Come vi piace, IV. 1. 142-145)
8
7
W. Shakespeare, Commedia degli errori, in Teatro completo di William Shakespeare .Commedie, a
cura di G. Melchiori, trad. di A. Cozza, vol. I, Milano, “I Meridiani”, Mondadori, 1977 Tutte le
citazioni dell’opera sono tratte da questa edizione.
8
W. Shakespeare, Come vi piace, in Teatro completo di William Shakespeare. Tragicommedie e
commedie romantiche, cura di G. Melchiori, trad. di A. Calenda e A. Nediani, vol. I, Milano, “I
Meridiani”, Mondadori 1977. Tutte le citazioni dell’opera sono tratte da questa edizione.
10
In queste parole leggiamo l’incapacità di credere che sia possibile un rapporto
d’amore duraturo. In particolare è il matrimonio che limita l’espressione del
sentimento, che ostacola la coppia determinando il cambiamento in entrambi.
In Otello, Shakespeare porta al massimo la disgregazione del nucleo
famigliare, fortemente minato dalla gelosia del protagonista. La presenza spavalda e
assertiva di Desdemona nel matrimonio è dichiarata apertamente con parole d’amore,
ma ciò non riesce a frenare la gelosia omicida di lui.
9
Molte delle celebri coppie shakespeariane sono state separate dall’autore
prima dell’inizio del racconto, di solito a sparire sono le donne: non c’è la moglie di
Lear, né di Prospero, e solo per la moglie di Shylock c’è una piccola traccia
nell’opera, poiché la moglie diede al marito un anello di turchese, che la loro figlia,
spietatamente, ha barattato per una scimmietta. È evidente che in queste opere
Shakespeare non vuole dare spazio alla rappresentazione di una vita matrimoniale
completa, e nella descrizione delle altre figure femminile emerge in generale una
forte misoginia.
L’immaginazione di Shakespeare fatica a evocare una coppia che aveva una
prospettiva di vita felice e duratura insieme. In Sogno di una notte di mezza estate
l’amore tra Lisandro ed Ermira svanisce in un secondo, mentre l’amore tra Demetrio
ed Elena è frutto di un filtro d’amore. Anche se la conclusione della commedia
prevede delle nozze felici, il contesto in cui si realizzano non è realistico, ma siamo
in un luogo lontano nel tempo e nello spazio, dove solo un intervento provvidenziale
determina il lieto fine.
Nella Dodicesima notte il rapporto di coppia viene esasperato fino a giungere
al paradosso, e alla fine della commedia Orsino, sembra essere ingannato da Viola, il
cui corteggiamento nasce dal raggiro, e la scelta finale di sposarla non è dettata
dell’amore ma appare essere imposta dalla situazione. Infatti, il lieto fine di
quest’opera non convince molto, e sembra addirittura forzato. Il travestimento di
9
Dice Desdemona davanti al Doge: «La mia aperta ribellione e le mie burrascose vicende/ provano
che io amo il Moro e che desidero/ vivere con lui. Il mio cuore è legato/ anche alle esigenze della sua
condizione./ Ho imparato a conoscere il vero volto di Otello/ delle sue qualità spirituali e della sua
fama/ e al suo valore ho consacrato il mio cuore/ e la mia felicità. Dunque, signori, / se dovrò restare
qui, come una larva, / in riposo, mentre egli va in guerra, / sarò privata dei diritti dell’amore;/ e
l’assenza del mio caro mi lascerà/ un vuoto penoso. Lasciatemi partire con lui.» Otello, I. 3. 246-257.
W. Shakespeare, Otello, in Teatro completo di William Shakespeare. Le tragedie, a cura di G.
Melchiori, trad. di S. Quasimodo, vol. IV, Milano, “I Meridiani”, Mondadori, 1977. Tutte le citazioni
dell’opera sono tratte da questa edizione.
11
Viola è l’unico modo che le permette di stare vicino al suo amato, ma diventa
d’impedimento per la conquista del suo amore. Se altri personaggi femminili
shakespeariani raggiungono l’emancipazione attraverso il travestimento, come nel
caso di Porzia e di Rosalind, questo per Viola rappresenta uno stratagemma
vincolante per la conquista amorosa. Tuttavia solo vestendo panni maschili Viola
riesce a esprimere apertamente i suoi sentimenti; come se alla donna fosse preclusa la
possibilità di essere se stessa fino in fondo.
Dunque nelle commedie scritte intorno al 1595, dove emerge una prospettiva
romantica, e il compimento del desiderio si realizza nel matrimonio, nessuna coppia
sembra essere formata da amanti profondamente legati l’uno all’altro. C’è il
desiderio della conquista maschile e la civetteria femminile, ma nessuna promessa è
destinata a essere duratura.
Significativa è la storia di Romeo e Giulietta (scritta tra il 1591-96), la coppia
più romantica del teatro di tutti i tempi, dove gli amanti vengono fatti morire proprio
quando la felicità per i due sembra essere possibile. In questa tragedia è la morte a
trionfare sull’amore, come se l’autore non vedesse altro finale possibile per questa
vicenda. Giulietta non nasconde i propri sentimenti, che con meravigliosa poesia
vengono espressi; diversamente da Ofelia, ella non si nasconde dietro la pazzia per
esprimere il suo desiderio di donna. Giulietta si concede al suo Romeo consapevole
dei rischi che ciò comporta, la sua impetuosa accettazione dell’amore la rende così
diversa e costituisce il primo “scandalo” della storia.
A differenza di personaggi come Cressida e Cleopatra, Giulietta non reca con
sé nessun sinistro incubo sessuale, ma è vero che essa non rimane costretta a recitare
a lungo il ruolo di vergine pudica e riottosa in cui appare alla festa dei Capuleti, e si
trasforma rapidamente in una creatura sensuale, che invoca presto l’arrivo della notte
affinché possa esprimere pienamente il suo desiderio.
Shakespeare conferisce per la prima volta a un personaggio femminile, a
Giulietta, la capacità di esprimere con le parole il proprio amore, che per tradizione
era esclusivo appannaggio del sesso maschile:
12
Sfidando ogni regola, Giulietta si appropria della parola non per corteggiare o
inseguire o convincere, com’è nella maschile tradizione cortese, ma per inventare e
intrecciare con la parola di Romeo un nuovo e sorprendente discorso amoroso.
10
A quest’amore Shakespeare oppone un contesto sociale occupato in faide
militari, che contagiano i due amanti come un’infezione mortale e inevitabile.
In Misura per misura, la protagonista femminile Mariana insiste nel voler
sposare il ripugnante Angelo con evidente vocazione al masochismo. Sempre nella
stessa opera il duca Vincenzo chiede la mano Isabella, che spesso aveva manifestato
il desiderio di andare in convento. L’inquietudine aumenta quando il duca ordina al
malvagio Lucio di sposare una donna incita di lui per punirlo. Il matrimonio viene
visto come un’imposizione, non una scelta serena. Anche se le commedie continuano
a insistere sul matrimonio come l’unica condizione legittima e soddisfacente del
desiderio umano, emerge la problematicità e la mancanza di serenità con cui
Shakespeare vive e affronta il rapporto con l’altro sesso.
Ci sono due eccezioni significative alla riluttanza di Shakespeare
nell’immaginare una coppia sposata, che vive una relazione di solida intimità:
Gertrude e Claudio nell’Amleto, e i due Macbeth. Sono coppie felici nella loro
relazione, ma presentano entrambe elementi di forte inquietudine: sono matrimoni
nati dall’amore e dalla passione, ma profondamente disturbati dalla violenza, dal
tradimento e dall’omicidio.
Tra Gertrude e Claudio c’è una reciproca attrazione sessuale che viene
descritta con disgusto da Amleto, mentre in Macbeth la complicità coniugale è votata
alla malvagità più negletta. Questi due matrimoni non sono il risultato di una
contemplazione felice della vita insieme, ma sono dei veri e propri incubi.
Nella rappresentazione di un’impossibile serenità nel rapporto con le donne è
presente il pensiero reale dell’autore sulla femminilità. Motivo per cui i personaggi
femminili immaginati da Shakespeare non sono certo le compagne ideali per una
felice vita insieme, se consideriamo solo la Dark Lady, Ofelia, Gertrude, e Lady
Macbeth nessuna di esse rappresenta l’ideale di donna.
10
P. Bertinetti, Storia della letteratura inglese, Torino, Einaudi, 2000, p. 154.
13
3) L’ipotesi di Jones
Nelle opere di Shakespeare è presente un mutamento di pensiero per quel che
riguarda la concezione della donna fino a determinare un rifiuto della sessualità
femminile, che raggiunge la sua massima espressione in Amleto. Come individua
Jones, nella sua analisi psicologica sull’Amleto, una sorta di nausea per il sesso
pervade tutto ciò che Shakespeare scrive dopo il 1600, ovvero le grandi tragedie,
forse dovuto a una profonda esperienza emotiva e privata.
11
Su questo punto concorda
anche Lacan:
Il problema della donna è ovunque presente nell’opera di Shakespeare, e ci sono
proprio delle donne esuberanti prima dell’Amleto, ma di così abissali, di così feroci e tristi
non ce ne sono che a partire a qui.
12
Lacan individua in Troilo e Cressida un antecedente, rispetto a Gertrude e
Ofelia, della femminilità guidata dal solo desiderio erotico, ma in quest’opera il
clima è talmente surreale che non lo rende minimamente paragonabile a quanto
avviene nell’Amleto.
Tra gli eventi tragici che Shakespeare è costretto ad affrontare, e che ne
influenzano la scrittura, Jones ricorda la morte del figlio Hamnet nel 1596, e poi un
avvenimento politico lo colpisce in particolar modo: il 25 febbraio 1601 viene
giustiziato per ordine della regina Elisabetta il conte di Essex, Southempton che era
stato il suo protettore. Nel 1601 muore anche il padre dell’autore.
Gran parte di queste vicende stimolano la scrittura dell’Amleto, dove il tema
della morte, della morte del padre o di figure assimilate a esso, è significativo. Ma
non si trova nessuna spiegazione per la misoginia e per il disgusto per il sesso che
sono evidenti nell’Amleto. Occorre quindi riscoprire nella vita dell’autore qual è la
causa per l’amara delusione e per la riprovazione provata nei confronti delle donne.
Jones individua la possibilità di un’esperienza terribile capitata nella vita
adulta di Shakespeare:
11
E. Jones, Amleto ed Edipo, a cura di P. Caruso, Milano, Il Formichiere, 1975.
12
J. Lacan, Desiderio e interpretazione del desiderio in «Amleto», in «Calibano», 4, Milano, 1979,
pp.108-141. Le citazioni del saggio sono tratte da: R. Galvagno (a cura di), Introduzione a J. Lacan, in
Lettura dell’Amleto, in corso di stampa, pp.1-65, p. 35.
14
Dovremmo quindi presumere l’esistenza d’una irresistibile passione che si concluse
con un tradimento in circostanze tali da suscitare impulsi omicidi verso la coppia infedele ma
senza ch’essi potessero esser ammessi alla coscienza.
13
Ed è proprio nei Sonetti che Shakespeare descrive un’esperienza del genere,
di un doppio tradimento, da cui probabilmente ha origine la misoginia dell’autore. Il
giovane amico dei Sonetti preferisce al poeta la compagnia di una donna, questa è
con probabilità la donna di cui Shakespeare era innamorato e che ispira gli ultimi
componimenti della raccolta.
Nei Sonetti il poeta descrive le sue sofferenze ed è significativo che,
nonostante il giovane amico e la donna si siano macchiati della stessa colpa, egli
inveisca più contro la donna che contro l’amico infedele, con cui poco dopo si
riconcilia.
È evidente che aveva sofferto della perdita dell’amico più di quella della donna, alla
quale attribuiva la colpa principale di quanto era successo.
14
Di questo doppio tradimento Shakespeare cerca di liberarsi nelle opere,
elaborando una visione negativa della donna, e portando in scena mariti o amanti
troppo gelosi che ingiustamente colpevolizzano le proprie donne (vedi il caso
esemplare di Otello).
Jones spiega la dinamica psicologica per cui nasce la gelosia, sentimento
intimamente connesso alla genesi delle opere shakespeariane, oltre che manifestato
più volte verso la Dark Lady.
La gelosia è più spesso un atteggiamento dettato da certi motivi interni e, strano a
dirsi, spesso indica un desiderio rimorso del tradimento. Questo stato di cose può avere su un
partner l’effetto di condurre, per così dire, l’altro all’infedeltà, allorché si raggiunge il punto
massimo di tensione, desiderato e paventato insieme. Ciò vale soprattutto per le persone con
un temperamento bisessuale, che quindi vogliono fare sia la parte del maschio sia quella
13
E. Jones, Amleto ed Edipo, op. cit., p.121.
14
Ibidem.