Premessa Scrivere una tesi di laurea che abbia come argomento il fenomeno dei 
videogiochi , suscita nel mio cosiddetto “gruppo dei pari ” ancora molta ilarità , 
nonostante il fatto che , anche nel nostro paese , negli ultimi anni si siano 
moltiplicati i lavori accademici su questo argomento , conseguenza forse del 
successo – almeno in termini di iscrizioni – di facoltà umanistiche come Scienze 
della Comunicazione .
Se però in molti ritengono interessanti , e talvolta anche utili , tesi di analisi 
sociologica e culturale su argomenti quali Intenet , Cinema , Musica e Letteratura , 
il videogioco è ancora relegato alla iniziale minuscola , probabilmente per quella 
etimologia ludica del termine che evoca l'immagine di una attività legata ad una 
semplice distrazione di natura infantile ( e maschile ), nonostante sia ormai sotto gli 
occhi di tutti che determinate barriere psicologiche e demografiche siano cadute 
molti anni or sono .
Questo pregiudizio che sembrerebbe esclusivamente e tipicamente italiano , ma 
che in realtà non lo è affatto , trova una giustificazione nell 'origine dei primi studi 
umanistici che hanno avuto come oggetto i videogiochi . Se , da un lato , durante gli 
anni sessanta nelle aule del MIT studenti e programmatori erano intenti a 
realizzare Spacewar ! per dimostrare le potenzialità dei nuovi calcolatori 
elettronici , dall 'altro , bisogna aspettare molti anni per vedere le prime 
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pubblicazioni scientifiche circa gli effetti dei videogiochi , soprattutto sui bambini .
Questi studi di derivazione massmediologica , incentrati comprensibilmente sulle 
preoccupazioni relative alla possibile relazione fra comportamenti violenti e 
stimoli audiovisivi , sembrano però sovvertire un meccanismo fondamentale del 
metodo scientifico - analizzando gli “effetti ” senza considerare la “causa ”: i 
videogiochi  appunto -  a cui tanto cercano di ispirarsi . L'esperienza di giocatore e 
la preparazione come studente di chi scrive impone che la tesi che avete fra le 
mani sia un capovolgimento di questi studi – senza rinnegarli né approfondirli , 
almeno in questa sede rimettendo il videogioco al centro della questione e 
analizzandolo sia come medium che come forma di narrazione e socializzazione , 
fino al punto di chiedersi se e in che modo esso possa essere considerato come una 
forma d 'arte .
Senza dubbio si può affermare che ormai il fatturato annuo del mercato 
dell 'intrattenimento elettronico sia in crescente espansione : dopo aver superato 
quello musicale nel 2007, il mercato videoludico ha recentemente sorpassato 
anche il mercato cinematografico primario ( quello legato alla vendita dei biglietti 
nelle sale ), mentre resta ancora distante da quello cinematografico complessivo 
(che comprende anche il mercato secondario : payTV , home video , ecc …).
Oltre a dimostrare la portata e l'importanza del fenomeno preso in esame , questi 
dati ci portano ad uno dei temi fondamentali di questo studio : il rapporto fra 
cinema e videogame .
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Il paragone fra questi due colossi dell 'intrattenimento potrebbe essere trattato in 
maniera trasversale : economico , culturale , tecnico e strutturale ; ma neanche una 
analisi di ognuna di queste categorie riuscirebbe a descrivere in maniera esaustiva 
il tipo di rapporto che si è andato a creare fra questi due mezzi di comunicazione .
Infatti , ciò che risulta più rilevante non è lo studio di analogie o differenze fra 
cinema e videogame , bensì come i meccanismi di produzione e soprattutto di 
narrazione stiano vivendo ormai da molti anni una fase di intreccio e correlazione .
Sempre più spesso in quest 'era crossmediale il processo produttivo è 
transmediale : vengono coordinati a monte il lancio del film , del gioco , del 
merchandising e così via , in modo da massimizzare gli sforzi pubblicitari in un 
arco di tempo circoscritto , senza contare i continui scambi di licenze tra i due 
campi . Inoltre , videogiochi e cinema sono legati a doppio filo da un aspetto 
tecnico ( e quindi espressivo ): la realizzazione di alcune scene o interi film grazie 
alla tecnologia digitale è una prassi sempre più diffusa . Ma ancor più di quello 
tecnico o commerciale , il legame più importante sembra essere quello legato ai 
contenuti e alle modalità espressive dei due media . 
Non solo film basati su videogiochi o tie -in su console , ma soprattutto film che 
utilizzano il modello espressivo del mondo ludico virtuale ( il caso del film cult 
Scott Pilgrim vs . The World ), o videogiochi che fanno del linguaggio 
cinematografico il loro cavallo di battaglia ( come nel capolavoro a base di cut 
scenes L. A. Noire ) e il fulcro dei processi di identificazione. Una identificazione 
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non più intesa come immedesimazione dell 'io in un mondo fittizio , ma come 
collegamento intertestuale di un mondo fittizio in un universo di mondi fittizi , 
reso credibile dalle regole di riconoscimento del genere in quel mare magnum 
sempre più caotico che sta diventando la pop -culture .
Quindi ci si sente un po ' spiazzati quando ci si ritrova a dover affrontare le tesi 
dei più radicali studiosi di ludologia : nel tentativo di conferire al l' oggetto dei loro 
studi una valenza culturale autonoma – indipendente dai rapporti classici di 
autore /lettore e autore /spettatore tipici di letteratura e cinema - essi hanno 
espresso il concetto di “testo ergodico ” applicato ai contenuti interattivi dei 
videogiochi . Secondo questi “scienziati ” dei videogame ( tra cui Aarseth ed 
Eskelinen ) ogni elemento narrativo sarebbe superfluo , se non addirittura dannoso 
nei riguardi della natura interattiva del rapporto esclusivo tra giocatore e testo , 
così intriso di materialità e ergodicità .
Questo tipo di approccio alla materia ha permesso di isolare inizialmente le 
caratteristiche peculiari del medium , ma sembra essere diventato obsoleto alla 
luce dell 'evoluzione del videogioco stesso , il quale da una situazione di semplice 
“contiguità ” con il mezzo cinematografico – d 'altronde stiamo parlando di 
audiovisivi – ha iniziato a condividerne meccanismi tecnici e narrativi , arrivando 
ad instaurarsi fra le due realtà un intreccio tutt 'altro che superficiale . Con la 
descrizione di fenomeni quali la demoscene , il game movie e , infine , il machinima 
(prima espressione di creatività artistica “dal basso ” legata al mondo videoludico ), 
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si potranno analizzare non solo i punti d 'incontro e di scontro fra film e 
videogioco , ma emergeranno altri due aspetti fondamentali per compiere una 
analisi approfondita su quest 'ultimo : Internet e hackers . Se da un lato , infatti ,  la 
realizzazione dei giochi multiplayer on -line ha ampliato la dimensione “sociale ” 
del videogiocare – sdoganando finalmente il tanto temuto solipsismo estremo del 
giocatore accanito – dall 'altro la Rete è stata il coacervo della comunità più 
creativa dei nostri giorni , che ha eletto il videogame forma espressiva principe 
della cosiddetta “estetica del remix ” attraverso la pratica del modding .
L'hacker , però , è solo un esponente – probabilmente il più estremo – di un 
insieme di nuove figure che stanno emergendo relativamente ai consumi dei mezzi 
di comunicazione : fan , cyberatleta , performer , prosumer . Dall 'analisi di queste 
realtà sociali si delinea un nuovo ruolo del video -giocatore che spesso è 
attore /lettore /regista nell 'agire videoludico .
Senza dubbio lo sviluppo tecnologico e l'espansione del mercato videoludico 
rendono lo studio del fenomeno molto complesso e in continuo divenire : 
basti pensare alle nuove forme di distribuzione del software ( destinato nel tempo a 
scomparire dagli scaffali dei negozi in favore di download appositi ) e alle nuove 
forme di hardware , sia in termini di potenza delle console che in quelli di 
controller ( le interfacce uomo -macchina dei videogiochi , che da ingombranti 
telecomandi si stanno trasformando sempre di più fino a scomparire come, ad 
esempio, nei nuovi sistemi che rendono il corpo del giocatore l'unico vero 
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strumento di controllo delle azioni su schermo ).
Nonostante questo universo di informazioni relative alla materia ormai 
disponibili sia in Rete che sotto forma di pubblicazioni cartacee , in Italia stenta a 
nascere una disciplina che analizzi il videogame nelle sue istanze fondamentali ; 
probabilmente questa situazione si inserisce in uno scenario , quello italiano, in cui 
il consumo di videogiochi è in costante aumento , mentre la produzione è 
praticamente assente ( nonostante negli U.S.A. ci siano tante menti nostrane tra le 
fila dei game designer ).
Quindi, ci ritroviamo in un contesto culturale lontanissimo da quello delle patrie 
dei videogiochi ( Giappone e Stati Uniti su tutti ): in Italia risultano totalmente 
assenti gli strumenti conoscitivi dei game studies e la critica nostrana si limita 
ancora a classificare i prodotti in termini sterili e superficiali quali grafica , sonoro , 
giocabilità e longevità , senza addentrarsi in analisi più stimolanti e produttive .
Per fortuna in ambito accademico qualcosa sta cambiando , così come 
testimoniano le numerose tesi sull 'argomento che proliferano - costituendo un 
primo vero e proprio “corpus nostrano ” - e tra le quali si vuole inserire questo 
studio che ha come scopo quello di analizzare il fenomeno del videogioco in un 
continuum crossmediale ( con una sguardo privilegiato al linguaggio 
cinematografico ) e a considerare il videogame come un artefatto culturale , se non 
addirittura , in certi casi, una vera forma d 'arte caratterizzata da una propria 
estetica precisa.
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Nell 'analisi del discorso dentro ed intorno ai videogiochi saranno fondamentali i 
richiami alle teorie dei più grandi massmediologi che – più o meno 
coscientemente – hanno aperto la strada a studi di questo genere: in questo 
quadro spiccano sicuramente per profondità di tematiche gli studi di Henry 
Jenkins e Marshall McLuhan .
Il riconoscimento del successo di critica e pubblico che hanno riscosso e 
continuano a riscuotere titoli come Final Fantasy , Metal Gear Solid , Tomb Rider , 
Resident Evil , Assassin 's Creed , giusto per fare qualche nome , mette chiunque di 
fronte al dato di fatto che ormai i videogame si sono guadagnati di diritto un posto 
privilegiato nell 'industria culturale , contribuendo in maniera massiva a realizzare 
quello che in tempi non sospetti Edgar Morin aveva definito come “immaginario 
collettivo ”.
                                       
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PRIMO CAPITOLO
L'evoluzione del medium : dalla nicchia al mainstream 1.1 Insert Coin Trattare di videogame in ambito universitario è come vendere mele nel giardino 
dell 'Eden : urlare che “il re è nudo ” nel luogo in cui si è spogliato , o meglio , è 
nato . Senza volere in questa sede analizzare mezzo secolo di storia videoludica 
(facilmente reperibile sul web 1
 o su saggi cartacei d 'oltreoceano 2
), è necessario 
però ricordare come – e soprattutto dove – sono stati realizzati gli antenati di 
Super Mario e Lara Croft .
Infatti , nel 1961, è proprio in un 'aula universitaria del MIT di Boston che nasce 
Spacewar !, il primo computer game , sviluppato da un piccolo gruppo di studenti -
hacker tra cui Steve Russel , Martin Graez e Wayne Wiitanen del fantomatico 
1
http  ://  it  .  wikipedia  .  org  /  wiki  /  Storia  _  dei  _  videogiochi   .
2
Wolf Mark . J. P., The medium of the videogame , Austin , University of Texas press , 2001.
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Higham Institute . Il gioco consisteva nello scontro fra due navicelle spaziali , 
controllate ognuna da un giocatore diverso , intente a colpirsi a vicenda cercando 
al contempo di evitare l'impatto con una stella . 
I giovani studenti avrebbero voluto in realtà proporre un adattamento 
cinematografico della serie di romanzi pulp Skylar 3
 di Doc E. Smith , ma la 
carenza di risorse li fece ripiegare su questo progetto che riproponeva in un modo 
completamente nuovo uno scenario fantastico di combattimenti spaziali , facendo 
vivere al giocatore le emozioni di un pilota da combattimento . Ovviamente la 
grafica lasciava molto spazio all 'immaginazione - si trattava di puntini bianchi su 
uno sfondo nero - ma l'interattività del medium innesca va un nuovo modello di 
immedesimazione : un modello sconosciuto e differente rispetto a quelli letterari e 
cinematografici dai quali , però , già attingeva a piene mani . Inoltre , non bisogna 
dimenticare la televisione e la situazione socioculturale del 1961: il 12 aprile di 
quell 'anno il cosmonauta Jurij Gagarin fu il primo uomo ad orbitare intorno alla 
Terra ( Space ), mentre l'11 dicembre gli U.S.A. intervennero nella guerra del 
Vietnam ( war !).
Nel momento in cui si passa dalla preistoria alla storia vera e propria del 
videogioco sono già evidenti alcune caratteristiche transmediali del medium : nel 
grande mare dell 'immaginario collettivo sembra valere la legge chimica della 
conservazione della massa teorizzata da Antoine Lavoisier  “ nulla si crea , nulla si 
3
La serie di Smith è stata tradotta e pubblicata in Italia da Editrice Nord con il nome L'Allodola 
dello Spazio .
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