La metafora tra “disgressione” e “pensosità” nella riflessione di Hans Blumenberg
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attraverso gli scritti di Blumenberg e la critica che ne deriva, le tappe fondamentali
dell‟evoluzione che il Filosofo di Lubecca imprime a suddetta tematica.
Sebbene la metafora sia stata oggetto di studio e di riflessione sin
dall‟antichità, soprattutto in riferimento alla retorica, l‟arte antica del bel parlare e
della persuasione, è intorno agli anni cinquanta del „900 che gli studi relativi alla
metafora si amplificano notevolmente; si comincia a vedere, in altre parole, la
metafora non più solo come un ornamento del discorso, ma come un elemento
essenziale del linguaggio, ed il suo utilizzo, inizialmente ritenuto essenziale
solamente a fini poetici e persuasivi, comincia ad estendersi anche alle altre
discipline, da quelle filosofiche a quelle scientifiche, passando per le discipline
politiche e per la cura dei disturbi psichiatrici.
Oltre a Blumenberg, altri autori a lui contemporanei dedicano una notevole
attenzione allo studio della metafora: basti ricordare, in proposito, Paul Ricoeur, che
con La métaphore vive1, opera di affascinante storia della retorica, proponendo
suggestive indicazioni teoriche sul ruolo della metafora all‟interno del discorso
speculativo, conferisce a questa un ruolo costitutivo nel processo di formazione dei
diversi campi semantici; la polisemia offerta dalla metafora permetterebbe al
linguaggio ed al pensiero, in altre parole, di non arenarsi né nell‟univocità
predicativa, ma neanche in quella riproduzione di meccanismi di equivocità che
invece caratterizza i linguaggi poetici. Un altro autore all‟interno della cui
riflessione la metafora occupa uno spazio centrale, è senz‟altro Jacques Derrida, il
quale, nella Mythologie blanche (La métaphore dans le texte philosophique)2,
affronta principalmente la questione dei processi di usura della metafora, in virtù
dei quali essa entra nel discorso filosofico: si tratta in sostanza di procedure
riguardanti l‟utilizzo delle metafore morte, che, nell‟apparire del concetto, sono
capaci di nascondere ciò che dicono. I filosofi devono necessariamente ricorrere a
schemi metaforici per tentare di far emergere nel modo più chiaro possibile la
problematica del concetto; questo perché, nella visione di Derrida, i concetti non
sarebbero nient‟altro che metafore obbliate configuratesi, in seguito, come la forma
in cui soggiace un‟intuizione sensibile fluida.
1
P. RICOEUR, La metafora viva. Dalla retorica alla poetica: per un linguaggio di rivelazione,
Milano, Jaca Book editore, 1997.
2
J. DERRIDA, La mitologia bianca. La metafora nel testo filosofico, in J. DERRIDA, Margini della
filosofia, Torino, Einaudi, 1997.
Introduzione
Diego Dadà 7
Ciò che allora ci proponiamo di mettere in risalto, è la peculiarità, l‟assoluta
originalità con cui Blumenberg tratta il tema della metafora, conferendo a questa un
valore autonomo, e non più propedeutico in vista del concetto puro, distanziandosi
così in maniera netta dalla tradizione a lui precedente. Le metafore proposte da
Blumenberg ineriscono al mondo della vita, e posseggono all‟interno del loro
nucleo l‟humus aurorale dell‟impredicabilità; se da un lato si configurano come
apertura ed accesso al mondo della vita, a quella zona non ancora tematizzata
dell‟esperienza, dall‟altro esse rappresentano il limite e l‟alone indicibile del
dicibile, l‟impensabile di ogni pensato.
La metafora diventa, in Blumenberg, “organo elementare di rapporto con il
mondo”, capace di “rendere possibile l‟abbandono della percezione e della
presentificazione come libera disponibilità su ciò che non è presente”3, inserendosi
nella forbice temporale irriducibile compresa tra Lebenszeit e Weltzeit, tra tempo
della vita e tempo del mondo. Ed è proprio l‟incommensurabilità di questi due
termini, da cui nasce quello che Blumenberg definisce l‟”assolutismo della realtà”,
il tema che fa da sfondo a tutta l‟opera del Filosofo di Lubecca; la sua filosofia può
essere intesa, pertanto, come lo studio di un‟esistenza umana che comprende sé
stessa ed il mondo a partire dalla liberazione da qualsiasi assolutismo, tramite quelle
“prestazioni della distanza”, siano esse miti, racconti, storie o metafore, esoneranti e
compensatorie. Il tema della libertà si colora infatti in Blumenberg di toni ogni volta
differenti, a seconda dell‟ambito analizzato; possiamo vederlo nelle antinomie tra
possibilità e fatticità, tra polisemia ed univocità, tra metafora e scienza o tra mito e
dogma4. Il tentativo quindi di comprendere l‟esistenza umana solo a partire da sé
stessa che Blumenberg porta avanti testimonia, dunque, il passaggio da una
riflessione di tipo ontologico ad una riflessione di tipo antropologico.
3
H. BLUMENBERG, Paradigmen zu einer Metaphorologie (Sonderdrück aus «Archiv für
Begriffsgeschichte»), Bonn, Bouvier, 1960, traduzione italiana a cura di M. Vittoria Serra,
Paradigmi per una metaforologia, Bologna, il Mulino, 1969, p. 27.
4
Nei Paradigmi, ad esempio, Blumenberg difende il diritto della metafora contro la tendenza
esclusiva della «scienza terminologizzata rigorosamente», con Elaborazione del mito, difende il
diritto dell‟uomo ai miti contro ogni forma di critica del mito frutto di posizioni dogmatiche, e con
La legittimità dell’era moderna, difende il diritto dell‟autoaffermazione umana e della curiosità
teoretica contro la pretesa ad escluderle motivata teologicamente.
La metafora tra “disgressione” e “pensosità” nella riflessione di Hans Blumenberg
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La lettura dei testi di Blumenberg pone dinanzi a quello che Gianni Carchia
ha definito il «dilemma metodico dell‟interprete»5; chi si trova ad analizzare gli
scritti blumenberghiani deve, in altre parole, scegliere tra due possibili approcci,
opposti tra di loro, per venire a capo dell‟estrema complessità dell‟opera del
Filosofo di Lubecca. Il primo polo di questa coppia di possibili interpretazioni è
costituito da una possibile indagine a carattere sistematico-teorico dell‟opera di
Blumenberg, finalizzata alla focalizzazione dell‟analisi tematico-concettuale
generale, capace di estrapolare i concetti fondanti e gli essenziali paradigmi
concettuali della sua filosofia dalla quasi sterminata deriva narrativa. L‟altro polo,
per contro, si impianterebbe invece in un approccio di tipo più prosastico, dando
luce ad una sorta di parafrasi del testo che, descrivendo la multitudine di percorsi in
cui il pensiero di Blumenberg si articola, ne possa rendere, seppure alla lontana, il
sapore originario, quella “brama dell‟aconcettuale” che sempre lo caratterizza.
Certo è che viaggino, insieme ad ambodue le possibilità di interpretazione, dei
rischi: da una parte, lo scadere in un‟ermeneutica lineare e riduzionista che
finirebbe per snaturare totalmente il significato del lavoro blumenberghiano,
svuotandolo della sua qualità irriverentemente retorica da cui emerge in maniera
nitida, attraverso le continue esitazioni del pensiero, il volto autentico di una
filosofia tendente invece alla pensosità, alla digressione; d‟altra parte, vero è che
un‟analisi che si lasci completamente trasportare alla deriva dei concetti e delle
deviazioni del pensiero, finirebbe probabilmente per venir risucchiata nell‟infinità
delle fonti e delle allusioni di cui si nutre la prosa di Blumenberg, assumendo
verosimilmente una mole pari a quella dei testi originari.
Ciò che dunque si tenta, alla luce di queste considerazioni riguardo le
differenti modalità interpretative, è un‟analisi equilibrata, che cerchi, per una parte,
di restituire, nei limiti del possibile, la vividezza della prosa blumenberghiana, la
bellezza dell‟indugio in quei rimandi pensosi che foggiano le basi della sua
filosofia, e, per altra parte, di venire a capo, sempre làddove possibile, dell‟estrema
complessità interpretativa causata dalla «mole smisurata» dei suoi scritti, arrivando
a cogliere il «Grundgedanke», ossia l‟insieme di idee e concetti fondamentali che di
5
G. CARCHIA, Platonismo dell’immanenza. Mito e storia in Hans Blumenberg, abstract della
relazione alla giornata di studio Hans Blumenberg. Mito, metafora, modernità, Centro Culturale
della Fondazione San Carlo, Modena, 16 maggio 1994.
Introduzione
Diego Dadà 9
volta in volta animano la ricerca blumenberghiana. Dove si cerca di arrivare è, in
sostanza, alla costituzione di una “terza via”, rispetto alle due proposte da Carchia,
capace di situarsi nel mezzo dei due opposti poli interpretativi.
Come già detto, ciò che qui si intende approfondire sono gli aspetti inerenti
lo studio della metafora, mettendo in risalto la caratteristicità con cui Blumenberg
affronta questa tematica e volgendo uno sguardo particolare all‟evoluzione che, in
un arco temporale di più di vent‟anni, suddetta tematica subisce. S‟inizierà quindi,
nel primo capitolo, con la disamina del ruolo e dell‟importanza che assume la
metafora all‟interno dell‟impianto speculativo blumenberghiano. Prendendo come
testo di riferimento i Paradigmi per una metaforologia, unica opera, almeno
nell‟intento dell‟autore, a carattere metodico-sistematico, analizzeremo dunque la
linea programmatica di ricerca adottata da Blumenberg a partire dal 1960, attraverso
l‟inaugurazione della metaforologia. La seconda parte di questo primo capitolo sarà
invece dedicata ad un particolare risvolto della metafora, ovverosia la sua valenza
antropologica. Si arriverà dunque in questo paragrafo, attraverso una lettura
incrociata di più testi, sia dello stesso Blumenberg (spaziando, in questo caso, dagli
scritti a carattere più sistematico, quali, oltre al già citato Paradigmi per una
metaforologia, Elaborazione del mito, Le realtà in cui viviamo e Tempo della vita e
tempo del mondo, agli scritti aventi un carattere più letterario, aforistico e
metaforico, quali risultano essere Il riso della donna di Tracia, L’ansia si specchia
sul fondo e Uscite dalla caverna), sia della critica che ne deriva, alla delineazione
delle forme di quella che potrebbe essere definita come una vera e propria
“antropologia filosofica” blumenberghiana, ovverosia quella parte speculativa che
mette in primo piano l‟esistenza dell‟uomo.
Dopo aver posto le basi per comprendere l‟importanza del ruolo della
metafora in Blumenberg, si passerà, nei due capitoli successivi, a quella che
potremo definire l‟analisi di due metaforiche specifiche, a cui peraltro lo stesso
Blumenberg dedica due opere: il naufragio come metafora dell‟esistenza, nel
capitolo II, ed, infine, nel capitolo III, la metafora del mondo come libro. Le opere
nelle quali Blumenberg svolge la disamina delle metaforiche sopra citate, e che
terremo qui come testi di riferimento, sono, rispettivamente, Naufragio con
spettatore (1979) e La leggibilità del mondo (1981). Ripercorreremo dunque, alla
luce di queste due opere, e anche del saggio Sguardo su una teoria
La metafora tra “disgressione” e “pensosità” nella riflessione di Hans Blumenberg
Università degli Studi di Firenze 10
dell’inconcettualità, che completa l‟edizione italiana di Naufragio con spettatore, le
principali tappe di sviluppo della teoria della metafora di Blumenberg. Se è vero
infatti, che i fondamenti della teoria metaforica posti dall‟autore nei Paradigmi
restano sostanzialmente intatti, i cambiamenti si registrano soprattutto per quanto
riguarda “la direzione verso cui si orienta il processo che in essa e attraverso essa
viene alla luce”6; arrivando cioè, a radicare la metaforologia in una teoria
dell‟inconcettualità, Blumenberg ne riduce la funzione, mostrandosi sempre meno
interessato al percorso di nominalizzazione che dalla metafora porta al concetto,
come accadeva invece nei Paradigmi, e orientando la sua ricerca sempre di più
verso il terreno in cui si formano le metafore, ovvero il mondo della vita.
6
A. BORSARI, L’«antinomia antropologica», in Hans Blumenberg, Mito, metafora, modernità, a
cura di A. Borsari, Bologna, Il Mulino, 1999, p. 379.
Il maestro dello sguardo obliquo: introduzione alla figura di Hans Blumenberg
Diego Dadà 11
Il maestro dello sguardo obliquo: introduzione alla figura
di Hans Blumenberg
Questa sorta di appendice all‟introduzione, mira ad introdurre, in maniera
sintetica, finalizzata a comprenderne il contesto storico, la figura intellettuale di
Hans Blumenberg, al fine di fornire, si spera, un utile ausilio per assimilare i temi
che verranno sviluppati nei seguenti capitoli.
Scrivere una sorta di biografia intellettuale di Hans Blumenberg, che
comporti la disamina della vastità e dello spessore teorico e problematico di tutta la
sua opera, è un‟impresa, come peraltro notano tutti coloro che per volontà o per
necessità si sono trovati nella condizione di dover svolgere tale compito, tutt‟altro
che facile. Proveremo tuttavia, nel presente capitolo, ad introdurre la figura di
Blumenberg, anche in relazione al contesto culturale da cui la sua opera prende le
mosse, anticipando i temi ed i concetti che rivestono una particolare importanza
all‟interno della sua riflessione.
Hans Blumenberg nacque a Lubecca, in Germania, il 13 luglio 1920, e qui
conseguì, nel 1939, la maturità al ginnasio del Katharineum. Iniziò poi a studiare
filosofia presso l‟Accademia filosofico-teologica di Paderborn prima, e presso la
Scuola superiore filosofico-teologica St. George di Francoforte poi. Essendo ebreo
da parte di madre, venne colpito dalle leggi razziali come «Halbjude» e fu costretto
ad interrompere gli studi accademici nel 1941 per continuare in maniera privata il
suo lavoro, subendo così, di fatto, in prima persona i tragici avvenimenti che hanno
segnato il XX secolo. Si laureò dopo la fine della guerra a Kiel, nel 1947, con una
tesi intitolata: «Contributi al problema dell‟originalità dell‟ontologia scolastico-
medievale». Nel 1950 ebbe poi modo di riprendere ed approfondire ulteriormente la
problematica ontologica, con la sua tesi di abilitazione alla libera docenza dal titolo:
«La distanza ontologica. Una ricerca sulla crisi della fenomenologia di Husserl», in
cui delimitava i confini tra la fenomenologia husserliana e l‟ontologia
heideggeriana. Nel 1958 iniziò ad insegnare filosofia all‟Università di Amburgo,
La metafora tra “disgressione” e “pensosità” nella riflessione di Hans Blumenberg
Università degli Studi di Firenze 12
passando poi, nel 1960, all‟Università di Gießen; nello stesso anno venne ammesso
come membro dell‟Accademia delle Scienza e della Letteratura di Magonza. Nel
1965, in seguito alla morte di Erich Rothacker, assunse la direzione della
commissione di filosofia di suddetta Accademia, che mantenne sino al 1973. Fu tra
i fondatori, insieme ad Hans Robert Jauß, Wolfgang Iser e Clemens Haselhaus, del
gruppo di ricerca e discussione «Poetik und Hermeneutik», attivo dal 1963, e, tra il
1964 ed il 1967, diresse, assieme a Jürgen Habermas e Dieter Heinrich, la collana
«Theorie» delle edizioni Suhrkamp. Da Gießen si trasferì, nel 1965, alla Ruhr-
Universität di Bochum e da lì, nel 1970, passò all‟Università di Münster, dove
rimase sino al congedo in pensione nel 1985. Nel corso della sua carriera ricevette
due importanti premi: il premio «Kuno Fischer» dell‟Università di Heidelberg nel
1974, ed il premio «Sigmund Freud» della Deutsche Akademie für Sprache und
Dichtung nel 1980, a Darmstadt. Nel 1982 ricevette, inoltre, la laurea ad honorem
della Justus-Liebig-Universität di Gießen. Si spense nella sua casa di Altenberge,
presso Münster, il 28 marzo 1996, a causa di un infarto cardiaco.
Nel 1960 uscì il suo lavoro Paradigmen zu einer Metaphorologie7, che lo
rese noto anche in Italia; nel 1965 la casa editrice Suhrkamp pubblicò Die
Kopernikanische Wende, e, l‟anno seguente, la prima edizione di Die Legimität der
Neuzeit8, ampliata poi nel 1974. Dal ‟66 in poi, non si ebbe la pubblicazione di
nessuna grossa opera di Blumenberg, ma solo di saggi ed articoli, ma dal 1979
cominciarono ad uscire, a distanza molto ravvicinata, nuovi libri. Nel 1979
apparirono infatti due importanti opere, quali Arbeit am Mythos9 e Schiffbruch mit
Zuschauer10; nel 1981 uscirono invece Die Genesis der kopernikanischen Welt11,
Wirklichkeiten in denen wir leben12 e Die Lesbarkeit der Welt13. Nel 1986 uscì poi
7
H. BLUMENBERG, Paradigmen zu einer Metaphorologie (Sonderdrück aus «Archiv für
Begriffsgeschichte»), Bonn, Bouvier, 1960, traduzione italiana a cura di M. Vittoria Serra,
Paradigmi per una metaforologia, Bologna, il Mulino, 1969.
8
H. BLUMENBERG, Die Legitimität der Neuzeit, Suhrkamp, Frankfurt am Main, 1966, seconda
edizione ampliata 1974, traduzione italiana La legittimità dell’era moderna, Marietti, Genova, 1992.
9
H. BLUMENBERG, Arbeit am Mythos, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1979, edizione italiana e
traduzione a cura di Bruno Argenton, Elaborazione del mito, Bologna, Il Mulino, 1989.
10
H. BLUMENBERG, Schiffbruch mit Zuschauer, Paradigma einer Daseinmetapher, Frankfurt am
Main, Suhrkamp, 1979, traduzione italiana a cura di F. Rigotti, Naufragio con spettatore, Paradigma
di una metafora dell’esistenza, Bologna. Il Mulino, 1985.
11
H: BLUMENBERG, Die Genesis der kopernikanischen Welt, Suhrkamp, Frankfurt am Main,
1981.
12
H. BLUMENBERG, Wirklichkeiten in denen wir leben. Aufsätze und eine Rede, Reclam,
Stuttgard, 1981, traduzione italiana Le realtà in cui viviamo, Feltrinelli, Milano, 1987.
Il maestro dello sguardo obliquo: introduzione alla figura di Hans Blumenberg
Diego Dadà 13
Lebenszeit und Weltzeit14, mentre l‟anno seguente toccò a Die Sorge geht über den
Fluß15 e a Das Lachen der Thrakerin16. Nell‟88 fu pubblicato il lavoro sulla
Passione secondo Matteo di Bach, Matthäuspassion17, ed infine, nel 1989,
Höhlenausgänge18. Blumenberg ha lasciato inoltre una vasta mole di scritti inediti,
la cui pubblicazione ha avuto inizio subito dopo la sua morte, nel 1996. Sono infatti
usciti su quotidiani e riviste diverse serie di volumi, tra cui le raccolte di alcuni
scritti, quali Ein mögliches Selbstverständnis19, Lebensthemen20 e Begriffe in
Geschichten21.
Blumenberg fu dunque uno degli intellettuali di spicco della cultura e
dell‟università tedesca tra gli anni ‟60 e gli anni ‟80, adottando però adottando una
veste insolita, vale a dire quella, come è stata definita da Laura Boella, “raffinata
dell‟homme de lettres piuttosto di quella militante dell‟intellettuale critico”22.
Circondato dalla fama di uomo schivo e riservato, chiuso nella riservatezza e nel
mistero dell‟animale notturno, divenuto, negli ultimi anni della sua vita quasi
invisibile, anche quando partecipò attivamente alla vita culturale del suo tempo, lo
fece riuscendo a non farsi imporre canoni e stili ben delineati, bensì provando “a
mettere in circolo il suo sapere in un regime di scambio con le illusioni, gli idoli, ma
anche le ansie confuse e inespresse dell‟epoca”23. Vanno ricordati in proposito
anche i dissensi avuti da Blumenberg nell‟impatto col movimento studentesco degli
anni Sessanta, che non fecero che accrescere la distanza con i maggiori esponenti
intellettuali dell‟epoca, tra cui, ad esempio, Habermas; dal decennio successivo e
13
H. BLUMENBERG, Die lesbarkeit der Welt, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1981, traduzione
italiana a cura di B. Argenton, La leggibilità del mondo, Bologna, Il Mulino, 1989.
14
H. BLUMENBERG, Lebenszeit und Weltzeit, Frankfurt am Main, Suhrkamp, edizione italiana a
cura di Gianni Carchia, traduzione di Bruno Argenton, Tempo della vita e tempo del mondo,
Bologna, Il Mulino, 1996.
15
H. BLUMENBERG, Die Sorge geht über den Fluß, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1987,
traduzione italiana a cura di B. Argenton, L’ansia si specchia sul fondo, Bologna, Il Mulino, 1989.
16
H. BLUMENBERG, Das Lachen der Tracherin. Eine Urgeschichte der Theorie, Suhrkamp,
Frankfurt am Main, 1987, traduzione italiana a cura di B. Argenton, Il riso della donna di Tracia,
Bologna, Il Mulino, 1988.
17
H: BLUMENBERG, Matthäuspassion, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1988, traduzione italiana a
cura di B. Argenton, Passione secondo Matteo, Bologna, Il Mulino, 1992.
18
H. BLUMENBERG, Hölenausgänge, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1989, traduzione italiana a
cura di M. Doni, Uscite dalla caverna, Milano, Medusa edizioni, 2006.
19
H. BLUMENBERG, Ein mögliches Selbstverständnis, Stuttgard, Reclam, 1997.
20
H. BLUMENBERG, Lebensthemen. Aus dem Nachlaß, Stuttgard, Reclam, 1998.
21
H. BLUMENBERG, Begriffe in Geschichten, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1998, traduzione
italiana a cura di M. Doni, Concetti in storie, Milano, Medusa edizioni, 2004.
22
L. BOELLA, Come preservare il desiderio di pensare, introduzione all‟edizione italiana di
Concetti in storie, Medusa edizioni, Milano, 2004, p. 9.
23
Ibidem.
La metafora tra “disgressione” e “pensosità” nella riflessione di Hans Blumenberg
Università degli Studi di Firenze 14
poi con il pensionamento, la vita di Blumenberg si fece sempre più ritirata, sino a
divenire pressoché circoscritta alla sua dimora di Altenberge dove, come detto,
continuò comunque a portare avanti il suo lavoro24. Quello che esercitò Blumenberg
fu quindi un ruolo di intellettuale piuttosto anomalo, soprattutto se visto in relazione
all‟atmosfera culturale e ideologica della Germania degli anni ‟60-‟80, dominata
dagli eredi della “teoria critica” e dalla rinascita della “filosofia pratica” su solide
basi neoaristoteliche.
Come detto in apertura, risulta estremamente arduo riuscire nell‟impresa di
schizzare un profilo intellettuale di Hans Blumenberg, soprattutto se dove si vuole
arrivare è ad uno sguardo d‟insieme capace di rendere conto e di riassumere la sua
fisionomia filosofica. Non è possibile infatti collocare Blumenberg in un preciso
ambito di pensiero, come non è possibile, quando si parla di lui, fare riferimento ad
una filosofia specifica; da ciò derivano la difficoltà nell‟individuare una «tematica
filosofica unitaria»25 negli scritti di Blumenberg, nonché la problematicità
nell‟identificare, all‟interno del testo, una qualche linearità che arrivi a connotare
una sorta di ipotetico “discorso blumenberghiano”. Va incontro ad un‟immediata
delusione chi si propone di individuare, all‟interno dei testi di Blumenberg, i passi
in cui il «suo» pensiero emerge in maniera chiara e nitida; le sue idee sono sempre
nascoste dietro l‟infinità di rimandi costituita dalle fonti a cui attinge e dai cerchi
concentrici creati da quella sottile trama di allusioni e suggestioni, prodotta al fine
di evitare condensazioni tematiche o fissazioni ontologiche, che dà luogo a quel
“movimento ellittico del pensiero”26 di cui parla Fabrizio Desideri. Quella del
Filosofo di Lubecca è, secondo la fortunata definizione data da Vattimo, una
«scrittura torrentizia»27, e la sua è una “filosofia che si presenta con i tratti
quantomeno esterni della letteratura”28; tentando di imbrigliare l‟opera di
24
A tal proposito, vale la pena menzionare la particolare abitudine di Blumenberg, testimoniata, oltre
che da Marquard, da una lettera inedita del 21.6.88 a Fernando Inciarte, di passare, dopo il
pensionamento e fino alla fine della sua vita, le notti tra il giovedì ed il venerdì studiando, per
recuperare il tempo perso a causa della seconda guerra mondiale, quando, come detto, aveva dovuto
interrompere gli studi.
25
F. DESIDERI, Una filosofia in contro-luce, in, Hans Blumenberg, Mito, metafora, modernità, a
cura di A. Borsari, Bologna, Il Mulino, 1999, p. 51.
26
Ibidem.
27
G. VATTIMO, Figli di Prometeo, in «La Stampa», Torino, 1991, n. 170, p. 6; è una recensione di
Elaborazione del mito.
28
C. GENTILI, Introduzione all’edizione italiana, in H: BLUMENBERG, Passione secondo
Matteo, Bologna, Il Mulino, 1993, p. 9.
Il maestro dello sguardo obliquo: introduzione alla figura di Hans Blumenberg
Diego Dadà 15
Blumenberg in “interpretazioni o esposizioni riduzionistiche”29 si corre dunque il
rischio di venir risucchiati dal vortice infinito dei suoi rimandi.
La difficoltà in cui ci si imbatte allorquando si vogliano interpretare i suoi
testi, non deriva solamente dalla ingente quantità della sua prosa, dalla «mole
smisurata»30 che spesso assumono i suoi scritti, quanto, altresì, dal peculiare metodo
di cui Blumenberg si serve per l‟analisi delle questioni ontologiche, che Koerner
descrive come “una grande sintesi di letteratura, filosofia, storia e filologia”31. Il più
delle volte infatti la speculazione blumenberghiana prende le mosse da un aneddoto,
per sviluppare, in seguito, la questione ontologica vera e propria, passando dal
concreto all‟astratto, e viceversa, creando in questo modo un circolo di rimandi che
costituisce l‟essenza stessa della sua filosofia; è l‟assenza quasi assoluta di
sistematicità, oltre al suo carattere frammentario, ciò che rende difficile
l‟interpretazione delle intenzioni filosofiche che stanno alla base di tutto il costrutto
intellettuale di Blumenberg. Siamo in presenza, di fronte agli scritti
blumenberghiani, di quella che Carlo Gentili definisce una “coincidenza totalmente
risolta tra stile e contenuto, tra scrittura e movimento del pensiero”32. D‟altro canto,
è qui che si gioca anche l‟originalità della riflessione blumenberghiana: non tanto,
forse, nell‟innovatività dei contenuti e dei temi trattati, quanto, piuttosto, nella
forma che Blumenberg imprime a questi stessi contenuti, organizzando la sua
riflessione a partire da una forma del tutto innovativa.
Nella rinuncia a comparire in primo piano dell‟autore-soggetto, realizzata
attraverso un impegnativo lavoro di decostruzione dell‟esposizione, Blumenberg
porta a compimento quella che è stata definita come l‟“estrema astuzia” del
pensiero, da cui emerge l‟essenza dell‟arte del “ritirarsi nascondendosi”33, adottata
da Blumenberg al fine di de-centralizzare l‟ordine del suo discorso filosofico: in
qualche maniera è come se l‟autore volesse nascondere il proprio pensiero
all‟interno dei testi che percorre. Il suo stile, definito “obliquo”, “poligrafo” e
“fortemente allusivo”34, è caratterizzato da un raro gioco di intrecci tra “testi” e
29
O. RIGNANI, Filosofia, scienza e multidimensionalità, Fidenza, Mattioli 1885, 2007, p. 66.
30
G. VATTIMO, Figli di Prometeo, op. cit., p. 6.
31
J. L. KOERNER, Ideas about the thing, not the thing itself: Hans Blumenberg’s style, History of
the Human ciences 6, 1993, n. 4, pp. 1-10.
32
C. GENTILI, Introduzione all’edizione italiana, op. cit., p. 9.
33
F. DESIDERI, Una filosofia in contro-luce, op. cit., p. 52.
34
O. RIGNANI, Filosofia, scienza e multidimensionalità, op. cit., p. 65.