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Introduzione
Questa tesi di laurea nasce come resoconto di un lavoro di collaborazione con
the POOL Factory alla creazione delle scenografie per Il campanello di Gaetano
Donizetti, che ha avuto l’onere e l’onore di aprire il Reate festival di Rieti il 21
agosto 2010. Il piccolo contributo alla modellazione e all’animazione, la
realizzazione di alcune riprese durante le prove dello spettacolo effettuatesi tra il 16
e il 19 agosto e il lavoro di stesura della tesi sono stati condivisi con Lucia
Manginelli. Quest’ultimo è stato in realtà piø diviso che condiviso, nel senso che si
è cercato di incentrare i due lavori su aspetti diversi della messa in scena, in modo
tale che essi risultassero come due discorsi complementari, che partendo da punti
diversi arrivassero a incrociarsi nel punto focale (Il campanello) per poi riprendere
il proprio cammino.
La sottoscritta ha approfondito gli aspetti tecnici della realizzazione di questa
scenografia, la quale presenta aspetti innovativi sia dal punto di vista contenutistico
che tecnologico. Dal punto di vista tematico l’innovazione maggiore sta nell’uso
narrativo degli elementi scenografici, nel senso che ambienti e oggetti non si
limitano a fornire un’ambientazione alle vicende, ma vi partecipano, la traducono in
immagini o le fanno da eco. Inoltre questa realizzazione costituisce uno dei pochi
esperimenti in Europa sulla tecnica della proiezione olografica, e ciò colloca questo
spettacolo in un processo di ricerca e sviluppo sulle nuove tecnologie. La difficoltà
maggiore nella stesura di questa tesi è stata infatti la mancanza di letteratura, in
quanto mancano studi su questi procedimenti scenografici e le informazioni piø
precise si sono potute captare solo dagli stessi fornitori dei sistemi per realizzarle, e
di altre realizzazioni con cui confrontarsi, dal momento che ci sono stati pochi
esperimenti che sfruttano questa tecnica, ognuno utilizza delle modalità diverse e
spesso queste non sono rivelate.
Nel primo capitolo di questo elaborato si è introdotta l’opera di Donizetti, dando
fuggevoli cenni alla vita del musicista bergamasco e al particolare momento della
4
sua vita in cui egli ha scritto questa farsa, per meglio metterne in rilievo gli aspetti
piø nascosti; si è quindi descritta la messa in scena di Rieti nelle sue peculiarità, sia
dal punto musicale (prima fra tutte quella di essere promotrice della renaissance del
Belcanto attraverso la formazione di un’orchestra di strumenti d’epoca o ricostruiti,
la composizione di un coro che prende il nome dallo stile musicale stesso e
l’impiego di giovanissimi cantanti provenienti dalla sezione Opera Studio
dell’Accademia Santa Cecilia) che teatrale e tecnico. Dopo la citazione delle
componenti artistiche che hanno creato la mise en scØne, tra cui le piø importanti
sono ovviamente il regista Cesare Scarton e gli scenografi di the POOL Factory, si è
proceduto alla descrizione delle componenti della messa in scena e dalle scelte
registiche, a partire dai costumi fino alle scenografie, che costituiscono la
componente verso cui è indirizzato l’interesse di questa trattazione.
Nel secondo capitolo si è ritenuto necessario fare una piccola panoramica sulle
varie tecniche di riproduzione tridimensionale delle immagini, al fine di chiarire la
distinzione tra l’olografia ottica (e gli altri tipi di olografia come tecnica basata
sull’interferenza dei fronti d’onda), la stereoscopia e l’olografia nell’accezione
ampia di proiezione tridimensionale, che è la tecnica utilizzata per Il campanello e
in generale negli spettacoli che utilizzano gli ologrammi. Si è proceduto quindi
all’analisi delle scelte e degli avvenimenti verificatisi durante le prove dello
spettacolo (la difformità del telo rispetto alle aspettative, la scarsa luminosità del
proiettore) che hanno indotto la decisione di usare la retroproiezione; in appendice
A sono presenti alcuni frame estratti dalle riprese effettuate dalla sottoscritta e da
Manginelli e altri estratti dal video dello spettacolo un elemento che permettono di
visualizzare quanto esposto. Al di là dei problemi insorti in teatro, per i quali non è
stato portato alle ultime conseguenze, questo spettacolo è stato un motivo di ricerca
e sviluppo sull'olografia, importantissimo a livello nazionale e internazionale.
Nel terzo e ultimo capitolo si è infatti proceduto all’analisi di alcuni punti chiave
nell’utilizzo della tecnologia nello spettacolo: nella ricerca effettuata dalla
sottoscritta, non sono emersi altri esempi di proiezione olografica nell’opera lirica,
per cui si sono volute illustrare a grandi linee le precedenti sperimentazioni sulla
5
realizzazione di scenografie che aspirassero alla tridimensionalità o proiezioni di
ambienti tridimensionali nel teatro e nel teatro d’opera, mentre sono stati descritti, o
per lo meno si è cercato di farlo con i mezzi a disposizione e non avendo alcuna
letteratura sull’argomento, alcuni eventi in cui sono state realizzate delle proiezioni
olografiche utilizzando le varie tecniche a disposizione.
In appendice B sono riportate le interviste rilasciate per aiutare il nostro lavoro
dal regista Cesare Scarton, dal direttore delle scenografie Flaviano Pizzardi e dal
light designer Corrado Verini, mentre nell’appendice C sono presenti alcune pagine
della rassegna stampa disponibili sul sito del Reate Festival
(http://www.reatefestival.it).
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Capitolo 1
Il campanello e la regia di Scarton
1.1. Presentazione dell’autore e dell’opera
Domenico Gaetano Maria Donizetti (Bergamo, 29 novembre 1797 – Bergamo,
8 aprile 1848) è stato un compositore italiano, celebre soprattutto per i suoi
melodrammi. Scrisse sessantanove opere tra cui L'elisir d'amore, Lucia di
Lammermoor e Don Pasquale, ma anche musica sacra e da camera.
Nato da una famiglia di modeste condizioni economiche, ebbe la fortuna di
vivere la sua infanzia nel periodo in cui Johann Simon Mayr (1763-1845) fu il piø
autorevole musicista attivo a Bergamo. Grazie alla scuola gratuita denominata “Le
Lezioni Caritatevoli”
1
che costui riuscì a far convenzionare per la formazione di
coristi e strumentisti per le funzioni liturgiche in Santa Maria Maggiore (di cui lui
era maestro di cappella) Donizetti studiò musica dall’età di otto anni e Mayr rimase
una figura importantissima nella sua formazione e nella sua vita, essendo stato non
solo un maestro, ma anche «un benefattore e una amico, che per tutta la vita gli
prodigò incondizionatamente assistenza e incoraggiamento».
2
Fu lo stesso Mayr a
introdurre Donizetti nel mondo dell’opera italiana contemporanea, essendo egli un
fecondo operista; d’altronde nei primi dell’Ottocento Bergamo contava due teatri
stabilmente attivi e numerosi di tenori nativi della zona.
La carriera di Donizetti si svolse inizialmente nell’area veneta per poi avere i
suoi picchi tra Roma e Napoli, al tempo fiorenti centri dell’opera lirica. Il successo
già dal principio arrise al musicista bergamasco grazie a opere come Zoraida di
Granata, le cui melodie evidenziano abbellimenti in stile rossiniano che Donizetti
1
Tutt’oggi esistente come Istituto Superiore di Studi Musicali Gaetano Donizetti, Via Scotti 17,
24122 Bergamo, URL: http://www.issmdonizetti.it/, consultato il 03/11/2010 ore 11.28
2
Ashbrook, William, Donizetti. La vita, EDT, Torino, 1986, p. 3
7
dovette utilizzare, non senza riluttanza, per conquistare il pubblico del tempo. Come
sostiene Ashbrook, infatti,
ai tempi di Donizetti, un operista italiano alle prime armi, se voleva sfondare,
(…) doveva adottare, sia pure in un modo non troppo pedissequo, il linguaggio
che piø seduceva il pubblico, e nel 1821 il metro di giudizio applicato dal
pubblico alle nuove opere era la musica di Rossini.
3
Ciò non sminuisce il talento di Donizetti: già nelle prime opere sono presenti i
gli elementi stilistici derivanti dalla sua formazione e le sue peculiari tendenze
musicali, come dimostrano i vari tentativi di affrancarsi da alcune tradizioni
profondamente radicate nell’opera seria, come p. es. il lieto fine. Già in opere come
Gabriella di Vergy (1826) o L’esule di Roma (1828) è presente in nuce «l’esigenza
di allentare la morsa conservatrice e il desiderio crescente di scegliere soggetti con
conclusione tragica che tocchino dal vivo e suscitino un’autentica commozione»,
4
esigenza coronata con la realizzazione di Anna Bolena (1830). Quest’opera segnala
anche «un mutamento di rotta» nella carriera di Donizetti che da una produzione
prevalentemente farsesca «lo condurrà quasi senza deviazioni verso le contrade del
melodramma».
5
Nel quadro di questo mutamento è significativa la produzione di due commedie
nel 1836, Il campanello di notte e Betly che in realtà ha le sue radici nella situazione
generale ma soprattutto personale di Donizetti. I teatri napoletani attraversavano un
momento di profonda crisi: il San Carlo e il Fondo erano chiusi, solo il Teatro
Nuovo restava ancora aperto, ma a stento e probabilmente per questo motivo
6
egli
stesso scrisse anche il libretto del Campanello. Inoltre la popolazione napoletana era
atterrita dalle epidemie di colera infurianti nelle zone settentrionali della penisola. A
questo si aggiungevano i recentissimi lutti dei genitori e l’aborto della moglie.
Secondo Ashbrook proprio per la situazione interiore del musicista queste due opere
3
Ashbrook, William, Donizetti. La vita, cit., p.17
4
Ivi, p.41
5
Ivi, p.100
6
Cfr. l’introduzione storica di Ilaria Narici in Donizetti, Gaetano, Il campanello. Farsa, Narici,
Ilaria (cur.), Ricordi, Milano, 1994. Disponibile in parte sul sito della fondazione Donizetti:
http://www.donizetti.org/media/1/20070704-Il_campanello.pdf, consultato il 15/10/2010 alle ore
16.18
8
«sono la dimostrazione della sua inesauribile capacità di ripresa, del fondamentale
ottimismo della sua vena creativa».
7
Del resto lo studioso donizettiano nota come Il
campanello «costituisce la migliore realizzazione di Donizetti nel genere della
commedia “nera”».
8
Il campanello di notte è tratto dal vaudeville
9
francesi, cioè La sonnette de nuit
di LØon LØvy Brunswick, Mathieu-BarthØlemy Troin e Victor LhØrie. Ashbrook
afferma che il soggetto dell’opera fu consigliato al musicista da Cottrau,
10
mentre
egli già conosceva il vaudeville grazie a Julius Benedict, fino a qualche tempo
prima direttore d’orchestra del San Carlo. Probabilmente il musicista compose
musica e libretto nella prima metà del maggio 1836. Donizetti ambientò la vicenda
a Napoli inserendo alcune parti in dialetto napoletano (la parte del buffo), ma
quando l’opera fu ripresa nel maggio del 1837 al Teatro del Fondo, egli vi apportò
alcune modifiche tra le quali la sostituzione del brindisi, l’aggiunta di un nuovo
pezzo per i due protagonisti maschili e, secondo quanto testimoniato da Guillaume
Cottrau in una lettera all’impresario Lanari, la conversione delle parti di prosa in
recitativi e la traduzione italiana della parte in dialetto napoletano
11
.
La farsa andò in scena il 1° giugno 1836 al Teatro Nuovo, con Giorgio Ronconi
(uno dei cantanti preferiti di Donizetti, che già a ventidue anni si era imposto
all’attenzione per le sue doti drammatiche e per il quale scrisse la parte del
protagonista del Campanello su misura) nei multiformi panni di Enrico.
L’accoglienza de Il campanello fu festosa, un’eccezione in una stagione di
declino dell’opera a Napoli, forse anche per la “napoletanità” data in primis dall’uso
diretto del dialetto nei recitativi, ma anche dalle allusioni vocali e l’evocazione
7
Ashbrook, William, Donizetti. La vita, op. cit., p.100
8
Ashbrook, William, Donizetti. Le opere, EDT, Torino, 1987, p.154,155
9
Il vaudeville è definito come «genere di teatro leggero e farsesco, misto di prosa e di musica, con
intreccio macchinoso e ingegnoso, fondato soprattutto sull'equivoco e sull'intrigo, popolare in
Francia per tutto il XIX sec., fino agli inizi del XX». Fonte:
http://www.ipertesto.net/v/vaudeville_93122.html consultato il 13/10/2010 ore 18.13
10
Guillaume Louis Cottrau (1797-1847), socio della casa di edizioni musicali di B. Girard e intimo
amico di Donizetti, si interessava di opera lirica ma anche di canzone e letteratura napoletana. Cfr.
nota 2.IV di Ashbrook, William, Donizetti. La vita, cit., p. 220
11
Cfr, Donizetti, Gaetano, Il campanello, op. cit.
9
rinnovata dello stile della canzone napoletana,
12
oltre che dalle fioriture vocali
rossiniane tanto care al pubblico partenopeo.
Con i suoi picchi di fisicità e loquacità, il ruolo di Enrico è un vero e proprio
tour de force. A proposito di questa parte Carlo Rizzari, direttore d’orchestra nella
rappresentazione del 20 agosto 2010 a Rieti che dà origine e motivazione a questa
tesi, afferma che «ci sono delle linee di canto soprattutto per il protagonista molto
scabrose, direi, perchØ è una parte pensata per un baritono che ha una voce molto
acuta e quindi la parte veleggia verso la tessitura alta della voce di baritono e questo
presuppone e richiede uno sforzo particolare al cantante».
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Protagonista dell’opera,
Enrico è un corteggiatore respinto (poichØ un po’ libertino) che trama un’atroce
vendetta verso il vecchio speziale don Annibale e la giovane Serafina. Questa è
messa in atto proprio nella prima notte di nozze: sfruttando il decreto secondo cui
ciascun farmacista era obbligato a rispondere personalmente alle richieste diurne e
notturne pena la prigionia, Enrico utilizza vari travestimenti e stratagemmi di ogni
genere perchØ la notte trascorra senza che lui riesca a coronare i suoi sogni d’amore
con la bella Serafina. D’altronde all’indomani lo speziale dovrà partire
inderogabilmente per Roma lasciandogli l’ultima possibilità di conquistarla.
Mentre fin dall’inizio (dal coro “Facciamo lieti brindisi”, cioè la festa nuziale di
don Annibale e Serafina) è stabilito il tono della commedia borghese, al
protagonista viene affidato il ruolo piø cinico: come nota Ashbrook
al Campanello manca quel tocco patetico, quella furtiva lacrima, che infonde
calore umano alla maggior parte delle commedie musicali di Donizetti. (…)
Sotto la caricatura delle dichiarazioni solenni di Enrico si intravede un uomo
infatuato di se stesso e delle proprie arti irresistibili.
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Tutto ciò è comunque celato sotto la forma di una farsa ricca di effervescenze
verbali e musicali, giocosa e divertente, che aveva come obiettivo primario offrire
uno spazio ricreativo al pubblico.
12
Cfr. Ashbrook, William, Donizetti. Le opere, cit., p. 155
13
Di Lena, Carla, intervista a Carlo Rizzari per la sezione Belcanto dell’ufficio stampa del Reate
Festival, 21/08/2010, disponibile nella sezione Rassegna audio del sito del Reate Festival:
http://www.reatefestival.it/it/interviste-audio.asp, consultato il 13/10/2010 ore 11.30
14
Ashbrook, William, Donizetti. Le opere, cit., p. 154
10
1.2. La rappresentazione del 20 agosto 2010 tra tradizione e
innovazione
Figura 1-1 - Immagini scansionate del libretto
11
Figura 1-2