PRESENTAZIONE DELLA TESI
d’indipendenza, erano oggetto di una celebrazione annuale organizzata
congiuntamente dal Comune e dall’Associazione Reduci delle Patrie Battaglie.
Allo scoppio della guerra, la città fu catapultata quasi in prima linea, perché
tutto il confine svizzero, potenzialmente pericoloso, s’inseriva profondamente nel
territorio della provincia, dividendola in due: da una parte la zona della
sottoprefettura di Varese, dall’altra il territorio di Como e Lecco.
Nonostante la città fosse dichiarata “zona di guerra
3
” (14 dicembre 1917) il
timore di un’invasione tedesca proveniente dalla Svizzera diminuiva col passare
del tempo, lasciando spazio alla quotidiana preoccupazione per il razionamento
dei viveri e per la sorte delle persone care al fronte.
Molti cittadini erano stati arruolati soprattutto nel 67° Reggimento Fanteria
e nelle altre unità militari cittadine costituite man mano che le operazioni belliche
lo esigevano. Altri combatterono nelle formazioni alpine, nella Cavalleria,
nell’Artiglieria e nel Genio. Molti partirono, compresi i “ragazzi del ‘99”, ma
420 non tornarono.
Dopo l’iniziale euforia causata dalla Vittoria prevalse un generale
sentimento di smarrimento. A Como, la situazione post bellica non era meno
caotica che altrove. C’era un profondo malcontento per il razionamento
alimentare e per la contrazione della produzione industriale, causata sia dalla fine
della guerra sia dal taglio dei rifornimenti di materie prime che gli alleati
avevano garantito durante il conflitto. Di questo malcontento, grazie
2
L. Rovelli, Storia di Como, Milano, Marzorati, 1963, volume III.
3
“La Provincia di Como” in Cronaca Cittadina, 7 febbraio 1918: “Da qualche giorno i concittadini e le
altre persone che accedono a Como dalla Ferrovia dello Stato (stazione di San Giovanni) o dalla Ferrovia
Nord Milano (Como Borghi e Como Lago) prima di uscire dalla stazione per tornare alle proprie case o
accudire ai propri affari devono presentare il passaporto per l’interno o qualche altro documento che
possa convalidare la loro più completa identificazione. Probabilmente misure identiche saranno adottate a
Camerlata ed a Villa Salazar quanto prima per coloro che entrano a Como da via ordinaria.”
6
PRESENTAZIONE DELLA TESI
all’organizzazione capillare delle camere del lavoro e dei sindacati,
approfittarono i socialisti che presentandosi più come partito di protesta che
rivoluzionario, riuscirono ad ottenere anche i consensi di alcuni dei moderati
scontenti dell’atteggiamento rinunciatario dei loro movimenti di riferimento.
Dopo aver ottenuto in città quattro seggi nelle elezioni nazionali, i socialisti
si imposero anche nelle consultazioni comunali. Subito dopo le elezioni, però,
abbandonarono la bandiera della protesta per ritornare alle idee rivoluzionarie.
Questo mutamento di rotta non piacque ai cosiddetti indecisi, che si pentirono
della loro scelta.
Nel frattempo, dalla direzione della neonata Associazione Nazionale
Combattenti si staccarono i vertici che formarono il Fascio di Como, che si
mostrò subito battagliero, in tutti i sensi, nel ricercare nuovi adepti anche tra i
socialisti ed i cattolici.
Iniziò un periodo di forti tensioni sociali e politiche costellate da scioperi
socialisti, spedizioni punitive fasciste e da un ambiguo atteggiamento delle forze
di pubblica sicurezza, mentre i fanti del 67° Reggimento Fanteria ingrossavano le
adunate dei fascisti. La placida tranquillità della cittadina di provincia era rimasta
profondamente turbata dagli sconvolgimenti del dopoguerra.
In questo caotico quadro si era anche inserita l’Associazione Nazionale
Combattenti che puntava ad essere il movimento di riferimento di tutti i Reduci,
in modo da facilitarne il reinserimento sociale. Il ritorno alla vita normale
continuava ad essere difficile. Fuori dell’ambiente familiare, gli ex Combattenti
vivevano in una sorta di indifferenza generale. Era una condizione che i soldati
non potevano accettare, anche perché la partecipazione ad una guerra era
considerata una prestazione straordinaria, viste le scarse tradizioni militari
7
PRESENTAZIONE DELLA TESI
italiane. L’aver partecipato al conflitto doveva già di per sé garantire qualcosa ai
Reduci
4
.
Le istituzioni combattentistiche che nacquero in questo periodo avrebbero
dovuto rendere più facile la risoluzione del problema del reinserimento. In realtà,
l’azione delle associazioni fu fortemente penalizzata dal disinteresse delle forze
di governo, con la parziale eccezione di Nitti
5
che, però, valutava l’utilità degli
ex Combattenti solo in chiave antibolscevica accontentandone solo in parte le
richieste. Parte di queste richieste erano state fatte durante il primo congresso
nazionale tenutosi a Roma dal 22 al 27 giugno 1919 e volevano inserirsi in un più
ampio progetto di rinnovamento morale e democratico della Nazione. Le
proposte dei Combattenti riguardavano il decentramento amministrativo,
l’introduzione del sistema proporzionale nelle elezioni e la divisione del
latifondo a favore di grandi cooperative agricole.
Il travagliato periodo successivo alla guerra ebbe come attori principali i
socialisti, che speravano di imporre la rivoluzione come in Russia; i fascisti,
reclutati tra le file degli ex Combattenti (soprattutto Arditi e Volontari), che si
4
Cfr. su questo argomento: M. Isnenghi, La prima guerra mondiale, Bologna, Zanichelli, 1972. B. Croce,
Pagine sulla guerra, Bari, G. Laterza e Figli, 1928.
5
Francesco Saverio Nitti (1868-1953): professore di scienza delle finanze all’università di Napoli,
deputato dal 1904, ministro dell’Agricoltura in un gabinetto Giolitti (1911-1914), poi ministro del Tesoro
nel gabinetto Orlando (1917-1919) a lui si deve l’istituzione del monopolio delle assicurazioni. Presidente
del Consiglio e ministro dell’Interno (1919-1920) dovette affrontare nella crisi economica e sociale ma
specialmente morale del dopoguerra, esacerbata dalle violenze della lotta tra la sinistra socialista e le
destre nazionalfasciste, una situazione assai difficile, per dominare la quale gli mancò anche un sicuro
appoggio dei partiti di centro, mentre soprattutto le destre lo denigravano per la sua politica estera
propensa ad accordi con la Iugoslavia e per la sua politica socialisteggiante; più feconda di risultati la sua
politica finanziaria per sanare il disavanzo creato dalla guerra. Esule dopo l’avvento del fascismo fu
arrestato in Francia dai tedeschi e deportato. Senatore di diritto della prima legislatura repubblicana.
Autore di moltissime opere di economia, sociologia e finanza. Dizionario Enciclopedico Italiano
Treccani, Roma, Istituto poligrafico dello Stato, volume VIII (MOM-PAN), 1970, p. 365.
8
PRESENTAZIONE DELLA TESI
battevano per il ripristino delle condizioni di legalità nella società civile. Le forze
di governo erano state messe all’angolo dallo sviluppo impetuoso di queste due
correnti e cercarono di barcamenarsi tra l’uno e l’altro, senza riuscirvi e
alienandosi le simpatie e il rispetto dell’opinione pubblica. Non erano pochi,
infatti, i quotidiani che nel 1922 auspicavano una svolta autoritaria.
Dopo questo riassunto, per sommi capi, della situazione politica è
necessario capire come questa influì sul ricordo dei Caduti a Como. Innanzi tutto
nel periodo successivo alla guerra, la tradizione patriottica, sviluppatasi nel
risorgimento si appropriò del conflitto, basti pensare all’unificazione delle
celebrazioni del 24 (dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria) e 27 maggio
(battaglia risorgimentale di San Fermo), con il beneplacito del governo di Roma.
La grande guerra era ancora vissuta come quarta guerra d’indipendenza, grazie
alla quale tutti i territori irredenti erano tornati alla madrepatria, o così si credeva,
prima che il trattato di Versailles cancellasse molte illusioni.
Dopo la vittoria socialista nelle elezioni comunali, ci fu il tentativo di
contrastare il culto della Patria dalla vita pubblica. Alle scolaresche fu impedita
la partecipazione alle manifestazioni patriottiche “politicizzate”. Questa scelta
del Comune ebbe delle ripercussioni negative immediate, quasi nessuno poteva
provare simpatia per chi cercava di cancellare la Patria, per la quale si era
combattuto e sofferto. In questo periodo, precedente alla marcia su Roma, solo i
socialisti comaschi rimasero a condannare le violenze compiute dai fascisti in
città e nella provincia, anche i moderati e gli indecisi li avevano abbandonati.
Dopo la marcia su Roma, ci fu il tentativo fascista per la creazione di un
culto della Patria, basato sul ricordo del sacrificio della grande guerra. Alcuni
avvenimenti del conflitto furono in parte riscritti costellandoli di eroi e martiri. Il
regime riuscì nel suo intento assimilando, per estrometterle, le altre forze che
avevano una primogenitura sull’esaltazione della guerra: l’Arditismo, il
Combattentismo e il Fiumanesimo. La Nazione aveva indossato la camicia nera e
9
PRESENTAZIONE DELLA TESI
il fascismo era diventato l’unico referente autorizzato nella conservazione della
memoria storica della Nazione, solo molto più avanti questo compito sarà
restituito ai Combattenti.
Il grimaldello del culto della Patria fece saltare, in poco tempo, le resistenze
iniziali della piccola e media borghesia. La mossa successiva fu quella di
costruire il mito della Rivoluzione Fascista, la cui essenza fu la Mostra del
Decennale della Rivoluzione Fascista, da cui partì l’assimilazione dei Caduti per
la Patria a quelli per la “Causa”, tutti furono ricordati dal suggestivo Presente!.
A Como, dopo l’avvento del fascismo, i Combattenti speravano che fosse
giunta l’ora dell’accettazione incondizionata delle loro richieste, ma dovettero
ancora scontrarsi con il mantenimento della vecchia impalcatura burocratica, che
li intralciava. I nomi degli amministratori erano ancora quelli dell’Italia liberale.
Il nuovo regime esigeva l’efficienza come parte fondamentale dello Stato.
Invece le cose non mutarono, la confusione rimaneva: chiarificatrice, in questo
senso, la scelta inadeguata della via da ornare con le “Piante della
Rimembranza”, nonostante le cospicue donazioni dei Combattenti e della
cittadinanza.
Esisteva, indiscutibilmente, un reale desiderio di onorare la memoria dei
Caduti, forse perché quasi tutti avevano avuto qualcuno da piangere. Ne è prova
la cifra di oltre 300.000 lire
6
, raccolta in pochi mesi per il monumento ai Caduti.
La volontà di onorare i Caduti si scontrò, purtroppo, con il progetto di
modificare radicalmente la città in espansione; già da prima della guerra era nel
cassetto un progetto per il nuovo piano regolatore, approvato poi nel 1916, che
avrebbe rivoluzionato la città, provvedendo all’interramento di buona parte del
Torrente Cosia, che taglia in due Como. Ci sarebbe stato un esborso economico
6
Pari a circa 678.000.000 di lire attuali. Dati dal bollettino valori inflazione I.S.T.A.T. 2001.
10
PRESENTAZIONE DELLA TESI
non indifferente per attuare questo progetto, quindi gran parte delle risorse
furono dirottate nelle opere urbanistiche anche per alleviare la piaga della
disoccupazione.
Con l’avvento del podestà, la situazione ebbe un rilevante miglioramento.
In pochi anni si liquidarono tutte le pendenze. Nel nuovo quartiere razionalista-
monumentale a lago trovò spazio il monumento ai Caduti, elaborato da un
disegno del futurista Sant’Elia; nelle colline che collegano Como alla frazione di
Camerlata fu collocato definitivamente e degnamente il Parco della
Rimembranza. Gli ex Combattenti furono investiti del compito di diventare gli
alfieri del patriottismo, custodi della memoria dei Caduti della grande guerra e
della “rivoluzione fascista” che seguì.
La zona del culto dei Caduti per la Patria e per la Rivoluzione fu delimitata,
ad ovest dalla Via della Rimembranza (poi Bixio) e ad est dal Viale Corridoni: in
questa zona furono costruiti i nuovi quartieri razionalisti, monumenti essi stessi.
Oltre al monumento ai Caduti furono costruiti la Casa del Balilla e lo stadio, da
vivere, non solo in chiave sportiva, ma come luogo di crescita degli “uomini
nuovi”, formatisi all’ombra del Culto della Patria e del Littorio, e pronti, anche a
morire, consapevolmente, per Essa. A questi monumenti si aggiunse, in seguito,
la Casa del Fascio, col suo Sacrario e la Fiamma Eterna, che perpetuava il
ricordo del Sacrificio.
A questo proposito va ricordata l’evoluzione dell’Associazione Nazionale
Combattenti e le manifestazioni che questa realizzò nel corso degli anni Venti e
Trenta. I soci e i sostenitori cercarono sempre di indirizzare la vita politica
cittadina nei confronti del ricordo dei Caduti, pur mantenendo una neutralità
nelle scelte di campo. Fu una lenta operazione intrapresa subito dopo la fine della
guerra, ma che doveva vedere i propri frutti maturare solo con l’avvento del
fascismo, che, anche se in maniera interessata, si preoccupò sempre di ascoltare
le rivendicazioni dei Reduci e di accontentarle.
11