I
INTRODUZIONE
“Scoraggia la lite. Favorisci l’accordo ogni volta che puoi. Mostra come
l’apparente vincitore sia spesso un reale sconfitto…in onorari, spese e perdite di
tempo”, così scriveva Abraham Lincoln (1809-1865), avvocato prima che
Presidente degli Stati Uniti d’America, con l’intenzione di porre in luce
come ogni apparente vincitore possa essere un reale sconfitto, a causa
della perdita di tempo e delle spese che la lite stessa comporta. Il modo
migliore per vincere la controversia sarebbe dunque, secondo la sua
concezione, non portarla in giudizio.
È un dato comune come la giustizia civile sia da tempo immemore
in crisi. La carenza di personale, accomunata dall’insanabile mancanza
di fondi, mezzi e strumenti hanno comportato nel corso degli anni uno
smisurato aumento della durata dei processi e la costante crescita dei
costi legali. Questa constatazione non riguarda solo l’ordinamento
italiano ma ogni ordinamento moderno, così da rendere sempre più
pressante la necessità di ricercare delle soluzioni.
Il legislatore ha risposto muovendosi fondamentalmente in due
direzioni: in primo luogo cercando di rendere il processo più agile e
snello, semplificando le procedure e la burocrazia laddove possibile; ed
in secondo luogo disincentivando il ricorso al giudice e favorendo
l’approccio ai paralleli sistemi di risoluzione alternativa delle
controversie. Le prime applicazioni di tali tendenze si ebbero con lo
sviluppo delle Alternative Dispute Resolution (ADR) in seguito
all’affermarsi di un movimento di pensiero anglosassone diffusosi
specialmente nel Nord America, a partire dagli anni Settanta del secolo
scorso. È in quel contesto che si delinea prima che altrove l’istituto
della mediation, consistente in una procedura privata alternativa al
processo, caratterizzata dalla definizione della controversia mediante
II
l’accordo delle parti, agevolato dall’intervento di un terzo. Sono
tuttavia espressione di ADR anche la conciliazione e l’arbitrato e
diverse combinazioni di questi due. L’esperienza nordamericana ha
lentamente sancito il successo di tali tecniche integrative del sistema
giudiziario che da lì si sono successivamente propagate nella quasi
totalità degli ordinamenti giuridici moderni. In ambito europeo, in
particolare, sono state tre le esperienze maggiormente rilevanti che, a
causa della diversità dei sistemi in cui si inseriscono e delle forme per
mezzo delle quali vennero disciplinate in origine, risultano idonee ad
offrire un quadro generale dell’evoluzione delle modalità alternative al
giudizio. Si tratta nello specifico delle vicende di Inghilterra (il Paese
europeo in cui il movimento statunitense ha trovato una prima
propagazione), Francia (la cui cultura della conciliazione risulta la più
affine a quella italiana) e Germania (in cui è invece presente una certa
“resistenza” nei confronti del modello culturale dell’Alternative Dispute
Resolution).
In passato mancava una disciplina generale della mediazione e della
conciliazione, rimanendo tali istituti privi sia di principi che di norme
regolatrici. Tale “lacuna” si faceva particolarmente sentire a livello
comunitario, ove sarebbe stato necessario predisporre una normativa
capace di armonizzare ed implementare il loro sviluppo all’interno
dell’Unione europea.
Il successo riscosso dai metodi di ADR, dapprima negli Stati Uniti e
poi negli altri Paesi di origine anglosassone, spinse il legislatore
dell’Unione Europea a valutare l’incidenza di tali strumenti nei sistemi
giudiziari degli Stati membri. Fu così che iniziò il cammino dell’Unione
verso l’introduzione delle metodologie alternative al procedimento
ordinario. La produzione normativa maggiormente significativa in
materia si ebbe a partire dal 19 aprile 2002, data in cui la Commissione
europea licenziò il Libro verde relativo alle modalità alternative di
composizione delle controversie in materia civile e commerciale, per rispondere al
mandato politico affidatole dal Consiglio con cui le si chiedeva di fare
III
il punto della situazione esistente e lanciare un’ampia consultazione ai
fini della predisposizione di misure concrete. Nel Libro verde venivano
valutate le diverse forme di ADR, prendendo atto di quanto nel
frattempo realizzato nei Paesi membri e confermando l’impegno degli
organi dell’Unione per lo sviluppo di procedure atte a garantire ai
cittadini europei l’accesso alla giustizia secondo modalità semplici e
poco costose.
Il percorso intrapreso con il Libro verde si concluse anni dopo, il 24
aprile 2008, con la pubblicazione della Direttiva 2008/52/CE emanata
con la finalità di agevolare, in materia civile e commerciale, l’adozione
di metodi per la composizione della lite alternativi alle ordinarie
controversie giudiziarie transfrontaliere, garantendo così un accesso più
rapido e meno costoso alla giustizia.
Al pari di quanto avvenuto negli altri ordinamenti europei, anche il
legislatore italiano ha recepito la Direttiva dell’Unione, rispondendo
contemporaneamente alla delega conferitagli con la legge numero 69
del 2009, la quale, da un lato, ha introdotto significative modifiche alla
disciplina del processo civile, finalizzate in primo luogo a ridurre la
durata dei processi e, dall’altro, ha delegato il Governo ad emanare
norme in materia di mediazione e conciliazione tese all’introduzione di
un procedimento bifasico ove il ricorso al tentativo di mediazione
costituisce un filtro idoneo a comporre i conflitti anteriormente
all’audizione dell’autorità giudiziaria. La delega in parola ha trovato
attuazione con il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, con cui si
sono previste due differenti tipologie di mediazione: una facoltativa ed
una obbligatoria, quest’ultima prevista per tutta una serie di fattispecie
espressamente elencate.
Nel regolare la mediazione il legislatore ha in parte mutuato la
disciplina di istituti similari già presenti nell’ordinamento, quali la
conciliazione stragiudiziale amministrata dalle Camere di Commercio e
da altri organismi pubblici o privati, rifacendosi anche per molti aspetti
alla conciliazione societaria. Difatti l’istituto della conciliazione era già
IV
presente nel nostro ordinamento nell’ambito del processo ordinario,
ove si prevedeva in via generale il tentativo di conciliazione, ma
nonostante ciò non era possibile rinvenire nei codici una precisa
definizione dell’istituto in esame, né era presente un complesso unitario
di norme che lo regolassero puntualmente. Si notava poi come le
esperienze conciliative non avessero mai trovato larga applicazione
nella pratica del nostro ordinamento, risultando di fatto incapaci di
ridurre l’eccessiva mole di contenzioso che paralizzava la giustizia.
La disciplina della mediazione è entrata in vigore il 20 marzo 2 010,
mentre la concreta operatività della cd. mediazione obbligatoria è
slittata all’anno successivo, essendo in vigore dal 21 marzo 2011.
Proprio l’aver previsto la mediazione quale condizione di procedibilità
per una vasta serie di controversie, concernenti un campo applicativo
molto vasto, in un settore che dovrebbe essere dominato dalla
volontarietà, intesa quale libera volontà delle parti di farvi ricorso, ha
sollevato varie perplessità; sono infatti stati sollevati dubbi di
illegittimità in ordine al decreto legislativo tanto che, a breve distanza
dalla sua entrata in vigore, né è già stata modificata la portata, cercando
di colmarne le lacune e precisando i punti critici.
Va rilevato come permangano comunque le perplessità a riguardo;
la soluzione del nodo cruciale è ora rimessa alla decisione della Corte
Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla presunta illegittimità
costituzionale dello strumento introdotto, con particolare attenzione
alla prevista obbligatorietà ed agli influssi della mediazion e sul
successivo giudizio.
In via di prima approssimazione, possiamo dunque dire che la
mediazione civile e commerciale è un istituto che, quantomeno in
origine, si proponeva l’intento di evitare il ricorso al canale ordinario di
giustizia, non intasandolo ma cercando di disincentivarlo, ottenendo
così una progressiva riduzione dell’arretrato pendente e scongiurando
l’accumulo di nuovi ritardi. Le parti in conflitto cercano di raggiungere,
aiutati da un soggetto terzo imparziale (il mediatore), una soluzione
V
soddisfacente e duratura per la composizione dei loro interessi e
bisogni.
CAPITOLO 1:
NASCITA ED EVOLUZIONE DEI METODI DI
RISOLUZIONE ALTERNATIVI ALLE
CONTROVERSIE
1. L’origine del fenomeno nell’esperienza americana
La situazione di crisi in cui versava la giustizia americana nella metà
del novecento ha posto in luce la necessità di ricercare adeguate
soluzioni per deflazionare il carico giudiziario e rendere il sistema più
efficiente
1
. Con l’acronimo ADR (Alternative dispute resolution) si fa
riferimento ai metodi alternativi di risoluzione delle controversie:
“Alternative dispute resolution or ADR may be defined as a range of procedures
that serve as alternatives to litigation through the courts for the resolution of the
dispute, generally involving the intercession and assistance of a neutral and
impartial third party
2
”. Si tratta di fenomeni molto eterogenei,
accomunati semplicemente da un elemento negativo, che si concretizza
nel loro essere estranei alla potestà giurisdizionale dello Stato
3
.
Parlando di ADR si fa dunque, generalmente, riferimento ad un sistema
unitario di risoluzione delle controversie, costituito dal sistematico
ricorso da parte dei litiganti ad una varietà di procedimenti (ed, in
particolare, negoziazione, mediazione, arbitrato ed alcune combinazioni
1
PEEPLES, “ADR: un panorama delle alternative alla causa civile”, in Riv. notariato, 2003, fasc. 1, pp.
7ss. ; DE PALO-GUIDI, Risoluzione alternativa delle controversie nelle Corti federali degli Stati Uniti, Milano,
1999, p. 355.
2
“I metodi ADR possono essere definiti come una serie di procedimenti utilizzabili
alternativamente alle cause in tribunale per risolvere una controversia, generalmente prevedendo
l’intervento e l’assistenza di una terza parte neutrale ed imparziale”, questa la definizione data da
BROWN-MARRIOTT, Alternative dispute resolution: principles and practice, Londra, 1999, p. 9.
3
CHIARLONI, “Nuovi modelli processuali”, in Riv. Dir. Civ., 1993, fasc. 2, p. 279.
6
di questi ultimi due) allo scopo di prevenire e risolvere le liti nel modo
più efficiente e meno dispendioso possibile
4
.
Il movimento che portò alla ribalta l’uso delle ADR si sviluppò
negli Stati Uniti all’inizio degli anni settanta del secolo scorso ed
affondava le sue radici nel dissestato sistema politico-economico
dell’epoca
5
il quale comportò, come conseguenza, un aumento
esponenziale del contenzioso (identificato oggi come litigation explosion).
Emerse, così, la necessità di rinvenire meccanismi per gestire un carico
giudiziale divenuto oramai eccessivamente gravoso, mediante modalità
alternative a quelle del processo ordinario
6
. Fra le concause di questa
paralisi della giustizia statale andavano annoverati anche l’incremento
della legificazione in materie dapprima lasciate all’autodeterminazione
contrattuale delle parti, l’imprevedibilità dei verdetti delle giu rie
popolari e la crescita esponenziale del numero di professionisti legali
7
.
E’ in questo contesto che le modalità di risoluzione alternative alla
giurisdizione statale diventarono uno strumento privilegiato con cui
tentare di porre rimedio alla situazione di crisi in cui versava la giustizia
civile. I motivi per cui i meccanismi di ADR risultavano attraenti, al
punto da spingere il legislatore a promuovere la possibilità di farvi
ricorso, si rinvengono volgendo lo sguardo alle finalità che queste
modalità servivano: il loro obiettivo era infatti forgiare un sistema
giudiziario più efficiente, che potesse, in questo modo, garantire
risultati migliori in termini di durata processuale e soddisfazione per
tutte le parti in causa
8
.
4
DE PALO- D’URSO -GOLANN, Manuale del mediatore professionista. Strategie e tecniche per la mediazione
delle controversie civili e commerciali, Milano, 2010, p. 12.
5
Sono vari e diversi gli eventi che influiscono sul sistema americano nella metà degli anni
settanta: il conflitto arabo israeliano aveva improvvisamente decuplicato il prezzo del petrolio;
l’impeachment e le conseguenti dimissioni di Nixon a seguito dello scandalo Watergate e la sconfitta nel
conflitto vietnamita avevano delineato una situazione di profonda crisi economica; COSI-ROMUALDI,
La mediazione dei conflitti. Teoria e pratica dei metodi ADR, Torino, 2010, pp. 27 ss.
6
DE PALO-GUIDI, op. cit., p. 6.
7
Così secondo COSI-ROMUALDI, op. cit., pp. 26 ss.
8
PEEPLES, op. cit.,p. 8.
7
1.1 Dalla Conferenza del 1976 al Judicial Improvements and Acces
to Justice Act del 1988
L’evento chiave per lo sviluppo del movimento, considerato un
vero e proprio punto di svolta nell’analisi dei problemi relativi alla
giustizia civile americana, fu la Conferenza svoltasi a Minneapolis nel
1976 denominata “National Conference on the causes of popoular
dissatisfaction with the administration of justice
9
”. Vi presero parte i maggiori
esponenti dell’apparato giudiziario ed i più prestigiosi rappresentanti
dell’avvocatura, specializzati nella rappresentanza degli interessi
pubblici
10
. Con la Conferenza si celebrava il settantesimo anniversario
del discorso, avente ad oggetto lo stesso tema, tenuto da Roscoe Pound
dinanzi all’associazione degli avvocati americani, rimasto attuale nel
corso del tempo evidenziando problematiche ancora tangenti. Pound
osservava come, nonostante le riforme succedutesi in cinquant’anni,
riguardanti sia l’organizzazione giudiziaria che la disciplina del
processo, i risultati in termini di arretrato del carico giudi ziario del
contenzioso civile giacente non fossero affatto migliorati; formulava
perciò una serie di proposte volte a sottrarre alle corti civili americane
alcune tipologie di controversie che sarebbe stato preferibile dirottare
verso organi decisori di natura privata, estranei alla giurisdizione ed
operanti mediante regole e procedure flessibili ed informali
11
.
9
La “Conferenza nazionale sulle cause dell’insoddisfazione popolare nei confronti dell’amministrazione della
giustizia” è meglio conosciuta come Pound Conference poiché celebrava il settantesimo anniversario del
discorso tenuto da Roscoe Pound nel 1906 dinanzi all’American Bar Association. In tale occasione, il
relatore, aveva evidenziato come il formalismo giuridico si potesse risolvere in un fattore capace di
incoraggiare un uso strumentale del diritto, poiché incapace di favorire l’accordo fra le parti, basato su
un consenso intorno ai valori realmente in gioco nel conflitto; a riguardo LEVIN-WIBELER, The Pound
conference: prospective on justice, St. Paul west, 1979, pp. 337 ss. Fa poi notare CHIARLONI (op. cit., p. 270)
come, oltre a valutare negativamente inefficienze, durata e costi eccessivi, Pound aggiungeva: “above all,
the injustice of deciding causes upon points of practice, which are the mere etiquette of justice, direct results of the
organization of our courts and the backwardness of our procedure”.
10
Con l’appellativo di Public Interest Lawyers (PIL) si indicano i professionisti legali specializzati in
materia di accesso alla giustizia che operano a favore dei portatori di interessi collettivi. Si sviluppano
negli anni sessanta e la loro diffusione prende le mosse dai movimenti studenteschi del periodo. È,
infatti, in quegli anni che la difesa del public interest iniziò ad apparire a molti neolaureati come il modo
migliore per conciliare l’impegno sociale col lavoro prescelto; in questo senso COSI, “Sistemi alternativi
di soluzione delle controversie. Intorno all’esperienza americana”, in Studi sen., fasc. 1, pp. 29-30.
11
CONTALDO- GORGA, “La mediazione civile e commerciale alla luce del D.M. 180 del 4 novembre 2010”,
in Corr. giur., 2011, fasc. speciale 1, p. 5.
8
Le stesse linee vennero seguite dalla Conferenza del 1976, nel corso
della quale il professor Frank Sander
12
introdusse il suggestivo concetto
della multi-door courthouse, alludendo alle molteplici porte del palazzo di
giustizia che simboleggiano le varie opzioni di trattamento della lite
verso cui le parti che entrano in tribunale possono essere indirizzate.
Secondo questa visione, il cittadino, proponeva la sua domanda non più
ad una Corte ma ad un dispute resolution center
13
(rappresentato,
nell’immaginario del professore, da un funzionario situato all’ingresso)
avente più porte d’accesso, e da qui questa sarebbe poi stata
reindirizzata verso il meccanismo di risoluzione per essa più adatto.
Ciascuna porta conduceva la controversia ad una differente procedura
di risoluzione, tra cui l’arbitrato, la mediazione e, ovviamente, il
processo ordinario, prevedendosi una serie di steps o passaggi rispetto ai
quali la decisione giudiziaria si configurava come extrema ratio, da
utilizzarsi solo per i casi più complessi
14
. Diveniva in questo modo
possibile ambire ad una risoluzione delle controversie maggiormente
efficace sotto il profilo di costi, tempi, accuratezza, credibilità e
fattibilità
15
. Così, mentre in precedenza il ricorso alle procedure
conciliative veniva lasciato alla libera determinazione delle parti, in
seguito alla Conferenza, nacque negli Stati Uniti un sistema
istituzionalizzato di ADR, in cui tali procedure venivano promosse e
gestite dagli stessi organi giudiziari.
12
Frank Sander era un professore emerito della Harvard School of Law, ed è proprio qui che
introdusse, nel 1981, un Mediation program tra i corsi di insegnamento; l’intento, oltre a curare la
preparazione degli studenti, era diffondere la pratica della mediazione come strumento di
composizione delle controversie. Sander aveva capito, in anticipo rispetto ad altri giuristi e teorici del
diritto, che la “A” di ADR doveva essere intesa come “mezzo adeguato”, piuttosto che alternativo; sul
punto COSI, op. cit., p. 28.
13
L’idea, presente sin dall’epoca della conferenza, si concretizzò solamente nel 2000, anno in cui
divenne operativo il Dispute Resolution Center.
14
Secondo PERA-RICCIO (a cura di, Mediazione e conciliazione. Diritto interno, comparato e
internazionale, Padova, 2011, p. 8) era importante e necessario che la procedura utilizzata fosse la più
idonea per dirimere il conflitto, ed è per questo motivo che si devono tenere in considerazione
interessi ed esigenze delle parti, il loro bisogno di dialogo ovvero di decisione e controllo. Si rileva,
infatti, che la soddisfazione dei litiganti si caratterizza come un elemento essenziale per il buon
funzionamento del sistema.
15
BESSO, (a cura di), La mediazione civile e commerciale, Torino, 2010, p. 8.
9
Per conseguire una riduzione del sovraccarico delle Corti , e
consentire che le scarse risorse a disposizione della giustizia venissero
impiegate per quei casi rispetto ai quali il processo non costituisse la
soluzione più antieconomica tra quelle ipotizzabili in astratto , la
Conferenza si prefiggeva quale scopo primario il pervenire ad una
diversificazione delle procedure in funzione della materia del
contendere
16
. Si sviluppò in sintesi un nuovo modo di fare giustizia,
incrementandosi il numero delle vie che il cittadino poteva
intraprendere per ottenere la tutela dei propri interessi.
Così come emerso già dalla Conferenza in esame, le tecniche di
ADR si possono ricondurre a due modelli fondamentali che
corrispondono alla distinzione sistematica tra adjudicative ADR e non
adjudicative ADR
17
. Per quanto riguarda le prime, esse si configurano
come mezzi decisionali, di cui l’archetipo è l’arbitrato, che definiscono
la controversia attraverso una decisione pronunciata da un soggetto
terzo. Le seconde (tra cui la mediazione), dette anche facilitative, sono
invece mezzi non decisionali appartenenti al modello conciliativo che si
svolgono con l’assistenza di un terzo, il quale non decide ma si limita
ad assistere le parti, sia nella fase procedimentale di dialogo che nella
fase di accordo
18
.
Il Congresso degli Stati Uniti si allineò, negli anni immediatamente
successivi, agli orientamenti emersi nel corso della Conferenza,
avviando la sperimentazione di forme di risoluzione alternative delle
controversie all’interno delle Corti federali distrettuali
19
. Vennero
infatti presentati in quella sede i lineamenti di una legge,
successivamente approvata nel 1978, con cui si sanciva il finanziamento
di alcuni programmi pilota per attivare la sperimentazione di un
16
AUTORINO-NOVIELLO-TROISI, Mediazione e conciliazione nelle controversie civili e commerciali,
Santarcangelo di Romagna, 2011, p. 30.
17
“All ADR can probably be divided into two main categories. The one comprises adjudicatory processes, where
third party neutral makes a binding determination of the issues. The other comprises consensual processes, where the
parties retain the power to control the outcome and the terms of resolution”. BROWN-MARRIOTT, op. cit., p. 46.
18
CUOMO ULLOA, “Modelli di conciliazione nell’esperienza nordamericana”, in Riv. trim. dir. proc. civ.,
2000, fasc. 2, p. 1296.
19
COSI, op. cit., p. 30.
10
“arbitrato endoprocessuale” nelle corti federali dei distretti Est
Pennsylvania, Nord California e Connecticut
20
. In generale questa legge
prevedeva che tutte le controversie rispondenti a determinati requisiti
di materia e valore fossero soggette ad una trattazione preliminare
mediante arbitrato (gestita dagli organi giudiziari all’interno delle Corti
federali), il cui previo esperimento diveniva condizione di procedibilità
dell’azione civile. L’intento perseguito voleva costringere le parti ad un
tempestivo tentativo di risoluzione della lite, che consentisse di
comporla nel modo meno dispendioso possibile. Fu proprio il successo
di questi esperimenti a fare si che alcune corti, seppure in assenza di
specifici provvedimenti legislativi in materia, ne seguissero, nella
pratica, l’esempio
21
.
L’obiettivo verso cui tendeva tale sperimentazione era anticipare il
momento della soluzione non giudiziale della controversia
incoraggiando, quando non addirittura imponendo, un tentativo di
conciliazione nella fase iniziale
22
.
Coerentemente con questa tendenza, nel 1983, nel contesto di un
generale intervento di riforma delle Federal Rules
23
, si giunse ad un
riconoscimento anche formale della funzione conciliativa del giudice.
Veniva infatti emendata la Rule 16 delle Federal Rules of Civil Procedure
24
.
Nelle prime norme processuali per le corti federali (promulgate nel
1983) il ruolo del giudice, nel comporre e dirigere le controversie,
rivestiva un ruolo marginale, prevedendosi unicamente la facoltà in
20
Nel Connecticut il programma fu però interrotto nel 1982 a causa degli elevati costi
amministrativi.
21
DE PALO-GUIDI, op. cit., p. 16.
22
DE PALO-GUIDI, op. cit., p 17.
23
Federal Rules of Civil Procedure: federal rules of appellate procedure: federal rules of criminal procedure, as
amended to April 28, 1983.
24
Un ruolo fondamentale nell’elaborazione delle norme processuali viene svolto dalla Corte
suprema degli Stati Uniti. Questa promulgò, nel 1938 le Federal Rules of Civil Procedure, redatte da un
Advisory Committee appositamente nominato. Da allora la Corte ha continuato ad esercitare il suo potere
legislativo, modificando ed aggiornando il testo originario. Ad elaborare e proporre gli emendamenti è
proprio l’Advisory Committee, trasformatosi in organo stabile, mentre alla Corte spetta l’approvazione
finale. Va ricordato inoltre che, laddove manchino disposizioni legislative specifiche, la Corte suprema
può influire sulla disciplina del processo mediante le sue disposizioni, che, alla luce del principio dello
stare decisis vigente negli ordinamenti di common law, sono idonee a divenire fonti di diritto processuale;
sul punto RESNIK, “Risoluzione alternativa delle controversie e processo: uno sguardo alla situazione
nordamericana”, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1997, fasc. 3, p. 705.
11
capo ad esso di convocare una pretrial conference
25
. Nella nuova
formulazione veniva esplicitamente menzionato tra gli obiettivi di
quest’ultima (che è la fase processuale in cui l’autorità giudiziaria
delinea l’oggetto) quello di facilitare la transazione della lite (settlement),
prevedendosi che il giudice possa assumere le iniziative che ritiene più
appropriate e utili al riguardo, includendo tra gli argomenti da discutere
una preliminare valutazione circa l’opportunità di ricorrere a procedure
extragiudiziali o endoprocessuali di arbitrato obbligatorio o strumenti
alternativi al giudizio ordinario tramite l’adesione a programmi court
annexed e stabilendo che almeno un avvocato per ciascuna parte sia
presente ed abbia mandato a transigere
26
. Veniva forgiato in capo al
giudice un potere-dovere di iniziativa in favore della conciliazione che,
sul piano processuale, si traduceva nella configurazione di un obbligo,
in capo alle parti, di partecipare al tentativo di composizione promosso
dal giudice
27
. La funzione giudicante si scinde rispetto a quella
conciliativa del giudice, pur continuando a svolgersi nel corso del
processo; si configura così un modello di court annexed mediation, cioè
una mediazione stragiudiziale che il giudice ha la facoltà di imporre alle
parti, come alternativa al giudizio contenzioso ordinario. Si
realizzarono così i primi procedimenti di conciliazione giudiziale
tipicamente endoprocessuale e obbligatoria
28
. Questa riforma non
introdusse tuttavia una novità, limitandosi a sancire uno stato di fatto,
poiché il ricorso a procedure extragiudiziali era praticato in maniera
25
RESNIK, op. cit., pp. 704- 705. La pretrial conference è la fase per così dire istruttoria del caso, cioè
il momento procedimentale in cui il giudice, esaminando con le parti i problemi di fatto e diritto,
delinea l’oggetto della causa per garantirne una trattazione quanto più possibile spedita ed efficiente.
E’ in questa sede che si dovrebbe quindi valutare la possibilità di chiudere la controversia con un
accordo o tentare la soluzione della lite con l’uso di una procedura alternativa.
26
Rule 16, purpose of a Pretrial Conference. “In any action the court may order the attorneys and any
unrepresented parties to appear for one or more pretrial conference for such purposes as: 1) expediting disposition of the
action; 2) establishing early and continuing control so that the case will not be protracted because of lack of management;
3) discouraging wasteful pretrial activities; 4) improving the quality of the trial through more thorough preparation, and;
5) facilitating settlement”.
27
Questo il contenuto della norma in seguito all’emendamento del 1983 e successive integrazioni
avvenute nel 1993. L’emendamento del 1993, in particolare, ha rivisto la definizione di ADR,
definendo le sue forme quali “procedure speciali per l’assistenza nella risoluzione delle controversie,
quando ciò sia autorizzato dalla legge o da regole locali”. RESNIK, op. cit., p. 706.
28
CUOMO ULLOA, La conciliazione: modelli di composizione dei conflitti, Padova, 2008, pp. 75- 77.