5 
Per procedere a tale verifica, si traccerà un quadro sociale e normativo 
il più possibile ampio e dettagliato della famiglia, ripercorrendo le 
tappe fondamentali dell’evoluzione del diritto di famiglia, con lo 
scopo di verificare lo stato normativo e le aspettative sociali odierne in 
merito ai conflitti familiari. 
Si proseguirà con un approfondimento dell’evento critico individuale 
ad oggetto del presente lavoro, ossia l’adolescenza intesa come 
momento di crisi nella storia personale di genitori e di figli.  
Nel prosieguo del lavoro si approfondirà la sfida rappresentata 
dall’adolescenza per tutti i componenti del sistema familiare, 
intendendola come una fase critica del ciclo di vita della famiglia.  
Dopo queste premesse di approfondimento teorico si giungerà ad 
esporre le opportunità che la mediazione offre nella prevenzione e 
nella gestione della conflittualità originata, tra genitori e figli, 
dall’adolescenza e si procederà all’analisi della pratica di mediazione 
attraverso la discussione di un caso di mediazione tra un adolescente e 
i suoi genitori. 
 6 
2. LA FAMIGLIA DI FRONTE ALLA SFIDA DEL SUO 
TEMPO: L’EVOLUZIONE DEI MODELLI NORMATIVI 
 
2.1 Breve sguardo sulla famiglia italiana nel contesto sociale attuale 
 
I quotidiani hanno gridato con allarme alla “morte” della famiglia, ma 
nei sondaggi risulta che essa occupa i primi posti nella scala dei valori 
delle nuove generazioni. Se la famiglia costituisce ancora un valore 
profondamente radicato nella realtà sociale attuale, che è 
contraddistinta da notevoli dosi di flessibilità e di trasformazione, può 
essere interessante individuare gli elementi che caratterizzano tale 
istituto rimasto per secoli uguale a se stesso.
1
 
La famiglia, articolazione fondamentale di ogni società, si fonda su 
legami di amore, di affetto e di solidarietà e costituisce il luogo della 
formazione delle nuove generazioni verso le quali ha il compito di 
trasmettere cultura, valori morali e beni materiali. 
Tuttavia i modelli di famiglia non costituiscono una costante nelle 
diverse epoche storiche, ma evolvono e si trasformano di epoca in 
epoca, subendo l’influenza del contesto sociale economico e culturale 
in cui si sviluppano. Gli studi e le ricerche di antropologia culturale e 
di etnologia hanno permesso di conoscere modelli di organizzazione 
familiare molto diversi da quelli che caratterizzano la nostra 
tradizione, dove i rapporti di parentela non sono necessariamente 
coincidenti con i rapporti biologici di generazione. Nella società 
                                                           
1
 Maculotti P., “Bresciaoggi”, Brescia, 10 aprile 1997. 
 7 
contemporanea, con l’espressione famiglia ci si riferisce ad un gruppo 
piuttosto limitato di persone: solitamente i genitori e i figli.  
Si tratta della famiglia definita nucleare, perché di dimensioni ridotte, 
che si contrappone alla famiglia di grandi dimensioni detta 
patriarcale, la quale ha caratterizzato i secoli scorsi, fino a primi 
decenni del novecento ed era composta da molte persone (familiari, 
parenti, affini, persone non necessariamente legate da vincoli di 
parentela e domestici). 
La famiglia, assolveva ad una vasta gamma di funzioni: si occupava 
del mantenimento, della cura e dell’assistenza degli anziani che 
convivevano con figli e nipoti; la famiglia aveva anche funzioni 
educative, infatti spesso i figli, almeno nelle famiglie appartenenti alle 
categorie sociali più elevate, erano istruiti in famiglia da precettori e 
assistiti da balie ed istitutrici durante la prima infanzia; la famiglia 
inoltre aveva funzioni disciplinari poiché al padre era riconosciuto un 
“diritto di correzione” nei confronti sia dei figli sia della moglie. La 
famiglia aveva soprattutto una importante funzione economica di 
produzione del lavoro e dei beni; si pensi alle grandi famiglie 
coloniche, alle famiglie con grandi possedimenti terrieri o alle famiglie 
di artigiani. 
La famiglia tramite il matrimonio aveva la funzione di conservare, 
accrescere e trasferire il patrimonio. La funzione economica del 
matrimonio derivava dal fatto che esso non rappresentava solo 
l’unione indissolubile di un uomo e di una donna, ma era caratterizzato 
 8 
da importanti aspetti patrimoniali, disciplinati dal contratto di 
matrimonio, mediante il quale era possibile stabilire l’entità dei beni 
portati in dote dalla moglie e curare la loro amministrazione. 
Da tutto ciò dipende il particolare rilievo attribuito alla famiglia nella 
società dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento: nella sua 
funzione ineliminabile di cellula della società. 
Oggi, mediante l’intervento dello Stato il quale, definendosi 
assistenziale, si fa carico di diverse funzioni di assistenza (ospedali e 
ricoveri), di educazione (scuola dell’obbligo), di attività sociali (asili 
nido, consultori, luoghi e servizi di ricreazione), la famiglia ha 
profondamente modificato il suo ruolo. Anche la funzione economica 
della famiglia si è ridimensionata: normalmente infatti non si lavora 
più nell’ambito della famiglia, ma il lavoro si svolge al di fuori di essa, 
nelle fabbriche, negli uffici e comporta spostamenti, anche di rilevante 
entità, verso i centri urbani. 
Anche la funzione patrimoniale del matrimonio si è notevolmente 
ridotta con l’evolversi dell’economia moderna. Inoltre il 
mantenimento, l’educazione e la cura dei figli, sono gestiti 
socialmente ed in forma comunitaria. 
Si è parlato sempre più frequentemente, di crisi della famiglia, nel 
senso che non è più necessario costituire famiglie come un tempo, 
convivere per tutta la vita, creare una comunione di affetti duratura; si 
vive attualmente la crisi della famiglia, la crisi di coppia, la crisi del 
 9 
rapporto genitori-figli.
2
 Il modello della famiglia tradizionale è stato 
messo in discussione. Si sono verificati profondi cambiamenti che 
hanno comportato la trasformazione del significato delle relazioni di 
coppia, delle relazioni di filiazione e delle forme di coabitazione.  
Ci si riferisce alle relazioni coniugali intese anche come unioni libere 
o come matrimoni dopo un precedente divorzio, e alla relazione di 
filiazione intesa anche come adozione o affidamento. L’analisi delle 
tipologie familiari odierne, mette in evidenza la presenza di due 
fenomeni contrapposti: da un lato si assiste ad una riduzione e 
semplificazione dei ruoli che interagiscono nella famiglia (padre, 
madre e figlio) e dall’altro si moltiplicano le combinazioni tra figure: 
famiglie unipersonali, coppie di conviventi, famiglie caratterizzate 
protrarsi dalla permanenza dei figli “giovani adulti”, famiglie 
monogenitoriali, famiglie allargate; ricordiamo inoltre i fenomeni della 
filiazione artificiale, derivanti dalla continua evoluzione delle nuove 
tecniche di inseminazione e fecondazione assistita e la diffusione delle 
coppie omosessuali. 
                                                           
2
 Lo schema concettuale della presente trattazione è mutuato da: Bessone M., Alpa G., 
D’Angelo A., Ferrando G., Spallarossa M. R., La famiglia nel nuovo diritto. Principi 
costituzionali, riforme legislative, orientamenti della giurisprudenza. Zanichelli, Bologna, 
1997. 
 10 
Il fenomeno della instabilità coniugale, che comporta una crescita 
continua di separazioni
3
 e divorzi
4
, e al quale è legato il fenomeno 
della riduzione del tasso di natalità
5
, è connesso, da diversi punti di 
vista, al diffondersi delle convivenze o unioni libere o unioni di fatto.  
Una spiegazione del calo del tasso di nuzialità
6
 può essere costituita 
dalla scelta, da parte di un numero sempre crescente di coppie, di non 
istituzionalizzare le loro unioni. La cessazione di un vincolo 
matrimoniale e l’attesa di tre anni, stabilita per legge, può indurre i 
nuovi partner ad avviare una convivenza, in attesa dello scioglimento 
del precedente vincolo. Oppure può indurli ad una convivenza di 
                                                           
3
 Il dato a livello territoriale (ISTAT 1997) relativo al tasso di separazione è il seguente: 
   Italia   1,0 separazioni per 1000 abitanti 
   Nord-Ovest   1,4 separazioni per 1000 abitanti 
   Nord-Est  1,2 separazioni per 1000 abitanti 
   Centro  1,2 separazioni per 1000 abitanti 
   Sud   0,6 separazioni per 1000 abitanti 
   Isole   0,7 separazioni per 1000 abitanti 
4
 Il dato a livello territoriale (ISTAT 1997) relativo al tasso di divorzialità è il seguente: 
   Italia   0,6 divorzi per 1000 abitanti 
   Nord-Ovest   0,8 divorzi per 1000 abitanti 
   Nord-Est  0,7 divorzi per 1000 abitanti 
   Centro  0,6 divorzi per 1000 abitanti 
   Sud    0,3 divorzi per 1000 abitanti 
   Isole    0,3 divorzi per 1000 abitanti 
5
 Il dato a livello territoriale (ISTAT 1998) relativo al tasso di natalità è il seguente: 
   Italia    9,3 nati vivi per 1000 abitanti 
   Nord-Ovest    8,5 nati vivi per 1000 abitanti 
   Nord-Est   8,7 nati vivi per 1000 abitanti 
   Centro   8,3 nati vivi per 1000 abitanti 
   Sud  10,8 nati vivi per 1000 abitanti 
   Isole  10,1 nati vivi per 1000 abitanti 
6
 Il dato a livello territoriale (ISTAT 1996) relativo al tasso di  nuzialità è il seguente: 
   Italia    4,9 matrimoni per 1000 abitanti 
   Nord-Ovest    4,6 matrimoni per 1000 abitanti 
   Nord-Est   4,6 matrimoni per 1000 abitanti 
   Centro   4,5 matrimoni per 1000 abitanti 
   Sud    5,4 matrimoni per 1000 abitanti 
   Isole    5,2 matrimoni per 1000 abitanti 
 11 
coppia come alternativa ad un nuovo matrimonio, motivata dal timore 
dei costi di un ulteriore fallimento.  
La fragilità dei vincoli coniugali ha causato, inevitabilmente, un 
incremento dei nuclei monogenitoriali con minori a carico. Si tratta 
appunto, di quelle famiglie nelle quali un solo genitore vive con un 
figlio minorenne. Il fenomeno delle famiglie monogenitoriali 
comporta notevoli conseguenze sul piano della crescita e 
dell’educazione dei figli; ed anche se tale fenomeno non è 
riconducibile esclusivamente all’instabilità coniugale (le famiglie 
monogenitoriali possono essere originate anche da una vedovanza), la 
fragilità del vincolo coniugale ha indubbiamente inciso su questa 
realtà.
7
 
Nonostante i notevoli cambiamenti non si può negare però che ancora 
oggi la famiglia abbia un ruolo insostituibile: costituisce il luogo degli 
affetti e dei sentimenti, il luogo dell’amore e della comunità di intenti. 
In quest’ottica il legislatore del 1975 ha dato attuazione alle norme 
della Costituzione, riconoscendo i diritti della famiglia come “società 
naturale”(art. 29, c.1), l’uguaglianza dei coniugi e l’unità (in senso 
spirituale) della famiglia, i rapporti dei genitori con i figli, la stessa 
funzione del matrimonio.  
                                                           
7
 Trasformazioni della famiglia, in Scabini E., Psicologia sociale della famiglia, Bollati 
Boringhieri, Torino, 1995. 
 Rossi G., La famiglia multidimensionale, Vita e Pensiero, Milano, 1990. 
 12 
La funzione storica della famiglia ha indubbiamente subito, nel tempo, 
delle modificazioni, ma non si è sicuramente esaurita.
8
 
 
 
2.2 L’evoluzione del diritto di famiglia 
9
 
 
Al fine di elaborare uno schema dei principi che caratterizzano il diritto 
di famiglia é necessario ripercorrere le tappe fondamentali 
dell’evoluzione della normativa sulla famiglia. 
E’ importante premettere che per comprendere appieno il valore 
innovativo della riforma del diritto di famiglia degli anni settanta 
(legge 19 maggio 1975, n.151) occorre risalire alla codificazione del 
1942 e alla introduzione della Costituzione repubblicana. I modelli 
normativi di riferimento per delineare gli aspetti giuridici fondamentali 
del diritto di famiglia in Italia e per suddividere in fasi la storia della 
famiglia italiana, sono costituiti dalla disciplina relativa alla famiglia, 
contenuta nel libro primo del codice civile del 1942 (approvato ed 
entrato in vigore già nel 1939), e dai nuovi principi fondamentali 
contenuti nella Carta costituzionale. 
                                                           
8
 Bessone M., Alpa G., D’Angelo A., Ferrando G., Spallarossa M. R., La famiglia nel 
nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della 
giurisprudenza. Zanichelli, Bologna, 1997. 
9
 Lo schema concettuale della presente trattazione è mutuato da Bessone M., Alpa G., 
D’Angelo A., Ferrando G., Spallarossa M.R., La famiglia nel nuovo diritto, Zanichelli, 
Bologna, 1997. 
 Piotti M., Cosa ne è della famiglia? Oltre il diritto verso scelte consapevoli, Provincia di 
Brescia - Commissione Pari Opportunità, Brescia, 1997. 
 13 
Il codice offre un’immagine di famiglia “autoritaria”, alla quale si 
sommano i forti condizionamenti derivanti dall’ideologia fascista. La 
Costituzione, invece, considera la famiglia come una “formazione 
sociale” nella quale si svolge la personalità dei singoli, e proclama i 
principi di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, insieme ai diritti 
fondamentali dei figli. 
Per cogliere il significato autentico delle disposizioni della Carta 
costituzionale, le quali ricevono piena attuazione nel campo della 
famiglia a distanza di circa trent’anni dalla loro emanazione, é 
comunque opportuno evidenziare le caratteristiche della famiglia del 
codice del 1942 (1939).  
 
2.2.1 Dalla famiglia del Code Napoléon alla famiglia del Codice civile 
italiano del 1942 
La disciplina del codice civile italiano del 1942 non si differenziava di 
molto da quella del previgente codice unitario italiano del 1865 e si 
ricollegava al modello di famiglia del Codice Napoleone del 1804, 
assunto come modello ispiratore. 
Nella società francese post rivoluzionaria si consolidò un modello di 
famiglia caratterizzato da una “forte struttura di comando”, un modello 
di “forte famiglia nel forte Stato”. 
L’orientamento del Codice Napoleone del 1804 emerge chiaramente 
dalle norme relative ai rapporti familiari. Sostanzialmente la direzione 
della famiglia spettava al marito, mentre la moglie aveva un ruolo 
 14 
vicario (art. 213: “Il marito deve protezione alla moglie; la moglie 
obbedienza al marito”, art.214: “la moglie é obbligata ad abitare con il 
marito, o a seguirlo ovunque egli ritenga opportuno fissare la sua 
residenza: il marito é obbligato a tenerla con sè e a fornirle tutto quanto 
é necessario per i bisogni della vita, in proporzione alle sue sostanze e 
alle sue condizioni”). Il codice attribuiva al marito una ampia gamma 
di prerogative nei confronti della moglie designate con l’espressione 
“puissance maritale”. Anche in campo patrimoniale si riscontrava una 
posizione di inferiorità della moglie nei confronti del marito. Ci si 
riferisce all’istituto della “autorisation maritale”, alla quale la moglie 
si trovava soggetta senza avere la possibilità di disporre dei beni 
acquistati dopo matrimonio e di quelli portati in dote (art. 217: “La 
moglie, anche in regime di separazione dei beni, non potrà fare 
donazioni, alienare, ipotecare, compiere acquisti a titolo gratuito od 
oneroso senza la partecipazione del marito o senza il suo consenso per 
iscritto”; art.1421: “Il marito amministra da solo i beni della 
comunione; li può vendere, alienare, ipotecare senza il consenso della 
moglie”; art. 1428: “Il marito ha l’amministrazione di tutti i beni 
personali della moglie; può esercitare autonomamente tutte le azioni 
immobiliari e possessorie di cui é titolare la moglie”). 
Le prescrizioni di diritto sostanziale fin qui descritte, erano 
accompagnate da disposizioni relative al campo processuale (art. 215: 
“La moglie non può stare in giudizio senza l’autorizzazione del marito 
anche se eserciti pubblicamente un’attività commerciale o sia in regime 
 15 
di separazione dei beni.”). Questa regola subiva una sola eccezione 
(art.216: “L’autorizzazione del marito non é necessaria quando la 
moglie sia sottoposta a giudizio in materia criminale o di polizia”). 
Il modello del Codice Napoleone  caratterizzato da una “forte famiglia 
in un forte Stato” si rifletteva, inevitabilmente, sui rapporti con i figli. 
Il codice del 1804 attribuiva al padre (e in misura molto inferiore alla 
madre) una serie di poteri, di prerogative e di diritti rispetto al figlio, i 
quali sono stati definiti in termini di “puissance paternelle” (art. 374: 
“Il figlio non può abbandonare la casa paterna, senza il permesso del 
padre, tranne che nel caso di arruolamento volontario dopo i 18 anni 
compiuti”). Molto incisivi risultavano i poteri connessi al diritto di 
correzione del padre sul figlio (art. 375: “Il padre che avrà gravi motivi 
di lamentela intorno al comportamento del figlio, disporrà dei seguenti 
mezzi di correzione; art. 376: “Se il figlio é di età inferiore ai 16 anni, 
il padre potrà farlo tenere in stato di detenzione per un periodo non 
superiore ad un mese; a tal fine, su sua domanda, il presidente del 
tribunale dovrà emettere ordine di arresto”; art. 377: “Dopo il 
compimento dei 16 anni e fino alla maggior età o all’emancipazione, il 
padre potrà soltanto richiedere la detenzione del figlio per un periodo 
non superiore ai sei mesi; egli si rivolgerà al presidente del tribunale 
che, dopo essersi consultato con il procuratore del Re, emetterà o 
rifiuterà l’ordine di arresto, e potrà, nel primo caso, abbreviare il 
periodo di detenzione richiesto dal padre”). 
 16 
In un codice caratterizzato da un modello di “famiglia forte”, ispirato 
da valori di autorità, non poteva mancare un netto sfavore nei confronti 
della prole illegittima. Tale sfavore veniva espresso nel divieto di 
ricerca della paternità naturale (art. 340: “La ricerca della paternità é 
vietata. In caso di ratto allorché l’epoca di questo coincida con quella 
del concepimento, l’autore del ratto potrà, su domanda delle parti 
interessate, essere dichiarato père de l’enfant”). 
Il Codice Napoleone, immediato antecedente del primo codice unitario 
italiano del 1865, costituisce il modello ispiratore di quest’ultimo. 
Anche se viene conservata la linea “autoritaria” il codice del 1865 
presenta alcune soluzioni più avanzate in senso liberale rispetto al 
Codice Napoleone nell’ambito del diritto di famiglia. Si riscontra 
l’attuazione dell’affermazione del “principio separatista”, prerogativa 
della politica cavouriana della “libera Chiesa in libero Stato”, 
l’introduzione dell’istituto del matrimonio civile (con l’esclusione 
dell’istituto del divorzio). Viene inoltre mantenuta la separazione dei 
coniugi, in caso di convivenza diventata impossibile, ma si assicura una 
posizione di privilegio al marito (art. 150: “La separazione può essere 
domandata per causa di adulterio o di volontario abbandono, e per 
causa di eccessi, sevizie, minacce e ingiurie gravi. Non é ammessa 
l’azione di separazione per l’adulterio del marito, se non quando egli 
mantenga la concubina in casa o notoriamente in altro luogo, oppure 
concorrano circostanze tali che il fatto costituisca ingiuria grave alla 
moglie”). Anche se al marito viene riconosciuto un ruolo di supremazia 
 17 
rispetto alla moglie si riscontra una lieve attenuazione del rigore che 
caratterizzava il modello francese della puissance maritale (art. 130: “Il 
matrimonio impone ai coniugi l’obbligazione reciproca della 
coabitazione, della fedeltà e dell’assistenza; art. 131: “Il marito é capo 
della famiglia: la moglie segue la condizione civile di lui, ne assume il 
cognome ed é obbligata ad accompagnarlo ovunque egli creda 
opportuno di fissare la sua residenza”); al marito é attribuita la 
direzione della famiglia (art. 132: “Il marito ha il dovere di proteggere 
la moglie, di tenerla presso di sè e somministrarle tutto ciò che é 
necessario ai bisogni della vita in proporzione delle sue sostanze. La 
moglie deve contribuire al mantenimento del marito se questi non ha 
mezzi sufficienti”). In sostanza emerge ancora un’immagine della 
donna che é tenuta a dare obbedienza e rispetto al marito, in cambio di 
protezione morale e materiale. 
Per ciò che riguarda i rapporti patrimoniali tra i coniugi, si riscontra 
l’istituto della “autorizzazione maritale”, alla quale è subordinata ogni 
attività di acquisto ed alienazione da parte della moglie (art. 134: “La 
moglie non può donare, alienare beni immobili, sottoporli ad ipoteca, 
contrarre mutui, cedere o riscuotere capitali, costituirsi in sicurtà, nè 
transigere o stare in giudizio relativamente a tali atti, senza 
l’autorizzazione del marito. Il marito può con atto pubblico dare alla 
moglie l’autorizzazione in genere per tutti o per alcuni dei detti atti, 
salvo a lui il diritto di revocarla”).